Reclamo contro il decreto che conferma il rifiuto di celebrazione del matrimonio (art. 112 c.c.)InquadramentoL'art. 112 c.c., non prevede che si possa proporre ricorso alla Corte d'Appello contro il decreto del Tribunale che conferma il rifiuto dell'ufficiale di stato civile di celebrare il matrimonio. . In proposito occorre colmare la mancanza di disposizioni specifiche con il richiamo ai principi generali. FormulaCORTE DI APPELLO DI ... RECLAMO EX ARTT. 112 C.C. e 739 C.P.C. (RECLAMO CONTRO IL DECRETO CHE CONFERMA IL RIFIUTO DI CELEBRAZIONE DEL MATRIMONIO) Il sottoscritto: ... (C.F. ...), nato il ..., in data ..., cittadinanza: ..., residente in ..., alla via ..., stato: libero, elettivamente domiciliato in ..., alla via ..., presso lo studio legale dell'Avv. ..., C.F. ..., del Foro di ..., che lo rappresenta e difende in forza di mandato alle liti steso a margine del/in calce al presente atto; con dichiarazione di voler ricevere ogni comunicazione all'indirizzo di posta elettronica certificata ... @ ...; E La sottoscritta: ... (C.F. ...), nata il ..., in data ..., cittadinanza: ..., residente in ..., alla via ..., stato: libero, elettivamente domiciliata in ..., alla via ..., presso lo studio legale dell'Avv. ..., C.F. ..., del Foro di ..., che la rappresenta e difende in forza di mandato alle liti steso a margine del/in calce al presente atto; con dichiarazione di voler ricevere ogni comunicazione all'indirizzo di posta elettronica certificata ... @ ...; PREMESSO CHE - i ricorrenti intendono contrarre matrimonio; - i ricorrenti, in data ..., hanno richiesto all'ufficiale di stato civile di ..., di procedere alla celebrazione del matrimonio; - l'ufficiale ha rifiutato l'adempimento e nel certificato depositato il … ha esposto i seguenti motivi ...; - il rifiuto di celebrare il matrimonio è stato impugnato davanti al Tribunale di ... con atto di ricorso depositato in data ...; - il Tribunale adito ha respinto il ricorso con provvedimento del ..., depositato in data ..., comunicato ai ricorrenti il ...; - avverso la pronuncia di prime cure, i ricorrenti interpongono reclamo ai sensi dell’art. 739 c.p.c.. IN DIRITTO - l'Ufficiale di Stato Civile richiesto di un adempimento ha il potere di rifiutarlo (v. art. 7, d.P.R. n. 396/2000); tuttavia, con riguardo alla celebrazione del matrimonio, “l'ufficiale dello stato civile può rifiutarla (...) solo per una causa ammessa dalla legge”; - i ricorrenti ritengono il rifiuto opposto illegittimo, per i seguenti motivi: ...; P.Q.M. chiedono che la Corte adita 1 voglia accogliere il reclamo proposto e per l'effetto, in riforma del decreto impugnato, ordinare all'ufficiale di stato civile di provvedere alla celebrazione del matrimonio. ALLEGANO 1. provvedimento impugnato e comunicazione (con data); 2. provvedimento di rifiuto; 3. certificati anagrafici; 4. altra documentazione utile ai fini della domanda. Luogo e data ... Firma ... [1] 1. La Corte d'Appello procede secondo il procedimento in camera di consiglio exartt. 737 ss. c.p.c. CommentoRito applicabile L’art. 112 c.c. dispone che sul ricorso avverso il rifiuto della celebrazione del matrimonio decide il tribunale in camera di consiglio. Le controversie in materia matrimoniale sono attualmente sottoposte al rito uniforme familiare, di cui agli artt. 473-bis ss. c.p.c. che ha natura contenziosa e si conclude con sentenza. Le relative forme processuali non si applicano nel caso di specie. Il d.lgs. n. 149/2022 ha modificato il codice di procedura civile prevedendo, in particolare, nuove disposizioni nel libro II, titolo VI-bis ove sono state introdotte: «Norme per il procedimento in materia di persone, minorenni e famiglie», c.d. pPMF). Quanto al campo di applicazione del nuovo rito unitario – che non è più un procedimento speciale – l'art. 473-bis c.p.c. prevede che le disposizioni contenute nel nuovo titolo IV-bis si applichino a tutti i procedimenti (di natura contenziosa) relativi allo stato delle persone, ai minorenni e alle famiglie di competenza del Tribunale ordinario, di quello per i minorenni e del Giudice tutelare, salvo che non sia diversamente stabilito e salve le esclusioni espressamente indicate dallo stesso articolo. Queste ultime riguardano, in particolare, i procedimenti volti alla dichiarazione dello stato di adottabilità, dei procedimenti di adozione dei minori, sia, infine, i procedimenti (di diversa natura e oggetto) attribuiti alla competenza delle sezioni specializzate in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell'Unione europea. Altre fattispecie cui non si applica il rito familiare sono da reperire tra quelle per le quali la legge stabilisce esplicitamente forme procedurali diverse dal rito familiare, anche se le materie cui si riferiscono rientrano tra quelle in senso lato riguardanti la famiglia. Esse sono costituite soprattutto dai casi in cui la normativa stabilisce che si proceda in camera di consiglio, rito che resta disciplinato dalle disposizioni di cui agli artt. 737 ss. c.p.c. pur dopo la riforma processuale di cui al d.lgs. 149/2022. La riforma introduttiva del rito familiare, infatti, fa salvo quanto diversamente previsto dalla legge; e l’art. 112 c.c. dispone espressamente che nel primo grado del procedimento il tribunale procede nelle forme camerali. Ne segue l’applicazione delle disposizioni regolatrici di tali forme camerali. Nell’interpretazione corrente, inoltre, le forme del processo per le controversie familiari si applicano unicamente ai “giudizi” e non anche alle procedure di volontaria giurisdizione, tradizionalmente soggette al più semplice rito camerale. La giurisprudenza ha escluso che per le procedure di giurisdizione volontaria il ricorrente debba munirsi di un difensore. In esse, infatti, non si applica il disposto dell’art. 82 c.p.c. che riferisce l’obbligo della difesa tecnica ai giudizi: per essi da intendersi i procedimenti caratterizzati da cognizione piena ed esauriente, aventi ad oggetto rapporti giuridici e diritti soggettivi, non riconducibili alla pronuncia di provvedimenti sostanzialmente amministrativi (Cass. I, n. 5770/1997; Cass. n. 5814/1987; Cass. 2015/1983). L'Ufficiale di Stato Civile richiesto di un adempimento ha il potere di rifiutarlo (v. art. 7, d.P.R. n. 396/2000). Il potere di rifiutare l'atto del suo ufficio nella specifica materia matrimoniale è attribuito dall'art. 112 c.c., ove è previsto che “l'ufficiale dello stato civile può rifiutare la celebrazione del matrimonio (...) per una causa ammessa dalla legge”. Se la rifiuta, deve rilasciare un certificato con l'indicazione dei motivi. Contro il rifiuto è dato ricorso al Tribunale, che provvede in camera di consiglio, sentito il Pubblico Ministero. Il rifiuto può essere opposto per una “causa ammessa dalla legge”, ossia per un impedimento ostativo alla formazione del vincolo matrimoniale: l'età, lo stato di interdizione, la mancanza di stato libero, l'esistenza di legami parentali, adottivi o di affinità ostativi, il delitto ex art. 88 c.c., l'impedimento temporaneo alle nozze ex art. 89 c.c. Sono pure cause che giustificano il rifiuto quelle specificamente enunciate in disposizioni recanti divieti o limiti: ad esempio, il decorso di centottanta giorni dalle pubblicazioni, la pendenza del giudizio di opposizione al matrimonio e la notizia di impedimenti sopraggiunta dopo le pubblicazioni. “Causa ammessa dalla legge” deve ritenersi anche lo stato di palese incapacità di intendere e volere di uno o entrambi i nubendi. Se non sussistono cause legittimanti il rifiuto, l'ufficiale è tenuto a celebrare il matrimonio: pertanto, nel caso in cui il rifiuto stesso sia arbitrario o la giustificazione opposta sia in malafede, si configura il reato di omissione o rifiuto di atti d'ufficio, ex art. 328 c.p. Il potere di rifiutare atti del proprio ufficio è previsto, come detto, in via generale, dall'art. 7 del d.P.R. n. 396/2000 («nel caso in cui l'ufficiale dello stato civile rifiuti l'adempimento di un atto da chiunque richiesto, deve indicare per iscritto al richiedente i motivi del rifiuto»). A questa regola generalizzata devono essere ricondotti i poteri previsti in capo all'ufficiale di Stato Civile da norme speciali o da altre previsioni (Trib. Milano 24 settembre 2015) con conseguente applicabilità del relativo regime impugnatorio, nel silenzio del legislatore serbato sul punto. Per quanto concerne l'impugnazione del rifiuto, il riferimento normativo è duplice. Può farsi infatti applicazione del disposto degli artt. 95 e 96 del già citato d.P.R. n. 396/2000 per i quali avverso il diniego «dell'ufficiale dello Stato Civile di ricevere in tutto o in parte una dichiarazione» è dato ricorso al Tribunale. Il termine per la proposizione della impugnazione deve desumersi in senso logico dal periodo di efficacia della pubblicazione: pertanto, potrà essere promosso entro il termine di 180 giorni dalla medesima. Contro il decreto del Tribunale è ammesso reclamo dinanzi alla Corte di Appello. La dottrina afferma che avverso il provvedimento del Giudice superiore può essere esperito il ricorso straordinario per Cassazione ex art. 111 Cost., La Corte di Cassazione si è espressa in senso contrario contrario in quanto la decisione non è definitiva: la richiesta infatti può essere ripresentata (sent. n. 2400/2015). |