Azione di disconoscimento del coniuge del figlio premorto

Francesco Bartolini

Inquadramento

L'art. 246, comma 2, c.c. abilita all'azione di disconoscimento della paternità il coniuge o i discendenti del figlio, titolare dell'azione suddetta, nel caso in cui egli sia morto senza averla promossa. La norma assegna un nuovo termine di decadenza, che ha inizio dalla morte dal figlio o dal raggiungimento della maggiore età da parte di ciascuno dei discendenti. La formula che segue osserva le norme di cui al rito unificato in materia di stato delle persone, minori e famiglia introdotte dal d.lgs. n. 149/2022, di riforma del processo civile, per i procedimenti instaurati dopo il 28 febbraio 2023, data di entrata in vigore del provvedimento.

Formula

TRIBUNALE DI ...

RICORSO PER IL DISCONOSCIMENTO DI PATERNITÀ

(ART. 246, COMMA 2, C.C.)

Il Sig. ..., nato a ..., il ..., residente in ..., cittadino italiano, rappresentato dall'Avv. ..., del Foro di ..., C.F. ..., PEC ..., 1, presso il cui studio in ... è elettivamente domiciliato, come da mandato in calce, propone il presente ricorso:

OGGETTO DELLA DOMANDA

Azione di disconoscimento della paternità

PARTI NEI CUI CONFRONTI IL RICORSO E' PROPOSTO

……, nato a ….., il …., residente a ……, codice fiscale …..

….., nato a ….., il …., residente a ……, codice fiscale …..

FATTI ED ELEMENTI DI DIRITTO SUI QUALI LA DOMANDA SI FONDA

PREMESSO CHE

L'esponente è il coniuge di ..., nata a ..., il ..., già residente in ..., deceduta in data ...;

la predetta era stata denunciata all'ufficiale di stato civile, al momento della nascita, come figlia di: ..., nato a ..., il ... e di ..., nata a ..., il ..., uniti in matrimonio contratto il ..., avendo, di conseguenza, lo status di figlia nata in costanza del loro matrimonio;

in occasione del divorzio di costoro, dichiarato il ..., la predetta venne a conoscenza dell'impotenza di generare del presunto padre, sino ad allora taciuta a tutti;

tempestivi controlli medici consentirono di accertare la verità della circostanza;

tale circostanza rendeva palese che colei che era stata dichiarata come figlia non poteva essere stata generata dal marito della madre;

in proposito la madre ha dichiarato che la figlia doveva essere stata concepita nell'occasione di uno dei rapporti adulterini cui essa si era abbandonata nel momento di crisi del suo matrimonio e intrattenuti con certo Sig. ..., poi divenuto suo compagno e nuovo coniuge, dopo il divorzio;

da questa presa di conoscenza era maturata nella moglie dell'esponente, figlia della predetta Sig.ra ..., la volontà di esercitare l'azione di disconoscimento della paternità, in vista del futuro reclamo di uno status rispondente alla realtà effettiva della sua condizione;

la prematura morte, avvenuta improvvisamente in data ..., ha impedito di attuare questa volontà, che era stata comunicata all'esponente e, in alcune lettere, ai parenti, nonché avviata con contatti presi con un legale;

ritiene l'esponente che sussistano le condizioni per esercitare, in nome e per conto della titolare prematuramente deceduta, l'azione di disconoscimento della paternità,  azione che, ai sensi dell'art. 246 c.c. è , per il figlio, imprescrittibile.

Tanto premesso, e nella sua qualità di coniuge del titolare premorto dell'azione di disconoscimento, ex art. 246 c.c.

CHIEDE

All'Ill.mo Sig. Presidente del Tribunale di ... :

- di designare il Sig. Giudice relatore, con fissazione dell'udienza di comparizione delle parti e termine al ricorrente per la notifica del ricorso e del decreto ai sigg. ….. e ….., come in atti generalizzati, in modo che, sentite le parti, e assunti i provvedimenti temporanei e urgenti, il Tribunale voglia accogliere le seguenti

CONCLUSIONI

Voglia l'ill.mo Tribunale, ritenuta l'avvenuta trasmissione dell'azione di disconoscimento in capo all'esponente, quale coniuge della Sig.ra ..., nata a ..., il ..., deceduta in data ...; e, ritenuta la tempestività della presente azione, ai sensi degli artt. 244 e 246 c.c.:

accertare e dichiarare che la deceduta Sig.ra ... non era figlia del Sig. ..., nato a ..., il ..., per i motivi sopra esposti, così vinta la presunzione di cui agli artt. 231 e 232 c.c. in relazione al matrimonio di questi con ...;

ordinare, conseguentemente, all'ufficiale di stato civile del comune di ..., di procedere alle dovute annotazioni della sentenza, come prescritto dal d.P.R. n. 396/2000;

con vittoria di spese e diritti in caso di opposizione.

Si producono:

estratto dell'atto di matrimonio ...;

certificato di stato di famiglia;

atto integrale di nascita ...;

atti del giudizio di divorzio ....

certificazioni mediche.

Lo scrivente difensore dichiara di voler ricevere le comunicazioni di cancelleria all'indirizzo di PEC

Ai sensi dell'art. 10 del d.P.R. n. 115/2002 si dichiara che la presente causa è esente dal contributo unificato.

Luogo e data ...

Firma Avv. ...

PROCURA

Delego a rappresentarmi e difendermi nel presente giudizio l'Avv. ..., eleggendo domicilio nello studio dello stesso in ..., via ... e conferendo al medesimo ogni più ampia facoltà di legge.

...

Per autentica della sottoscrizione

Avv. ...

[1] L'art. 125 c.p.c. fa obbligo al difensore di indicare nell'atto di citazione il proprio codice fiscale; l'obbligo di indicare anche il numero di fax è stato soppresso dal d.lgs. 149/2022 di riforma del processo civile . L'art. 3-bis, d.lgs. n. 82/2005 fa obbligo ai professionisti tenuti all'iscrizione ad albi ed elenchi di dotarsi di un domicilio digitale iscritto nell'elenco dell'Indice nazionale dei domicili digitali dei professionisti e delle imprese. Tutti gli atti processuali devono essere redatti in forma chiara e sintetica (art. 121 c.p.c.) e devono essere depositati con modalità telematiche (art. 87 e 196-quater disp. att. c.p.c.). Il d.m. 7 agosto 2023, n. 110, ha dettato il regolamento per la definizione dei criteri di redazione, dei limiti e degli schemi informatici degli atti processuali. Il decreto ha incontrato applicazioni difformi, nella prassi, e molti tribunali hanno pubblicato protocolli contenenti le indicazioni che gli operatori devono osservare.

Commento

Il presupposto per l'applicazione dell'art. 246 è che il titolare dell'azione di disconoscimento sia deceduto, senza averla esercitata. La trasmissione dell'azione è disciplinata senza la fissazione di condizioni particolari e senza un ordine di precedenza o di preferenza tra i legittimati: ciascuno di essi può esercitare l'azione in modo autonomo dagli altri. La dottrina ha, però, chiarito che: se è stata pronunciata una sentenza passata in giudicato, nessuna azione è più proponibile; e che, se la morte del titolare dell'azione è avvenuta in corso di causa, si applica l'art. 110 c.p.c. ma la trasmissione dell'azione avviene a favore dei soli soggetti indicati nell'art. 246 c.c. perché i diritti personalissimi non si trasferiscono per successione, si estinguono con la morte del titolare e possono essere trasferiti soltanto con una specifica disposizione di legge (qual è l'art. 246 c.c.). A sua volta, Cass. I, n. 1233/1977 ha affermato che, in tema di azioni di disconoscimento della paternità o della maternità, avendo la legge conferito agli ascendenti e discendenti del primo titolare il potere di promuovere l'azione anche quando il legittimato in via primaria non abbia ritenuto di agire, non può non riconoscersi a detti componenti del nucleo familiare il più ristretto potere di proseguire l'azione iniziata dal primo titolare, che non abbia esaurito la potenzialità del completo suo svolgimento. In particolare, la stessa ha precisato, il legislatore ha previsto una legittimazione plurima, facendo riferimento generico agli ascendenti e ai discendenti, secondo il criterio della parentela di cui all'art. 74 c.c.: ciò impedisce all'interprete di porre qualsiasi limitazione o preferenza, richiamandosi ai gradi previsti dall'art. 76 c.c., oppure ad altre disposizioni concernenti la tutela di prevalenti interessi patrimoniali, per dare al discendente prossimo la forza di escludere quello remoto.

Non sono legittimati i collaterali del defunto (Cass. I, n. 9357/1992).

Il termine stabilito per la proposizione dell'azione ha natura decadenziale e afferisce a materia sottratta alla disponibilità delle parti; il Giudice deve accertarne d'ufficio il rispetto mentre l'attore deve correlativamente fornire la prova che l'azione è stata proposta entro il termine previsto (Trib. Arezzo 24 giugno 2020, n. 313). Si applica al termine decadenziale la sospensione per il periodo feriale, in base al principio per cui anche ai termini di decadenza di carattere sostanziale a rilevanza processuale è applicabile la disciplina della detta sospensione allorché la possibilità di agire in giudizio costituisce, per il titolare che deve munirsi di una difesa tecnica, l'unico rimedio idoneo a far valere il suo diritto (Cass. I, n, 1868/2016).

La disciplina del procedimento di disconoscimento è stata mutata dal d.lgs. n. 149/2022, per i giudizi intrapresi dopo il 28 febbraio 2023, data di entrata in vigore del provvedimento (i procedimenti pendenti a tale data proseguono secondo le norme in allora vigenti). Si applicano ai procedimenti di nuova introduzione le disposizioni del rito unificato in materia di stato delle persone, minori e famiglia, di cui agli artt. 473-bis e ss. c.p.c. La competenza, quando si tratta di assumere decisioni che riguardano minori, spetta al tribunale ordinario del luogo di residenza abituale del minore; se vi è stato trasferimento non autorizzato del minore, la competenza spetta, entro l'anno dal trasferimento, al tribunale del luogo di ultima residenza abituale del minore. Se il procedimento non riguarda minorenni, si applicano le ordinarie regole del foro generale per le persone fisiche. Il ricorso introduttivo deve contenere i dati elencati nell'art. 473-bis.12 e indicare l'esistenza eventuale di altri procedimenti aventi a oggetto, in tutto o in parte, le medesime domande o domande connesse. Dato il particolare contenuto della domanda (il disconoscimento di uno status e non certo una richiesta di affidamento o di assunzione di responsabilità) è da ritenere che all'atto non devono essere allegati i documenti riguardanti la situazione economica, patrimoniale e finanziaria e neppure il piano genitoriale.

Nel giudizio trovano applicazione le regole ordinarie in tema di riparto dell'onere probatorio sicché spetta a chi esercita l'azione dimostrare l'insussistenza del rapporto biologico con il presunto figlio (cfr., Cass. n. 7965/2017). Per la giurisprudenza di merito (Trib. Lecce II, 15 giugno 2020, n. 1352) le deposizioni testimoniali che riferiscono circostanze apprese de relato e anche ex parte actoris sono idonee a integrare, unitamente ad altri elementi di prova indiziari valutabili ex art. 116 c.p.c., il quadro probatorio utilizzabile dal Giudice, essendo in gioco diritti personalissimi afferenti alla sfera intima e personale.

La sentenza di accoglimento della domanda assume, una volta passata in giudicato, efficacia di cosa giudicata erga omnes, in quanto inerente allo status della persona (Cass. ord., n. 19956/2021; Cass. n. 7581/2013). La pronuncia che accolga la domanda di disconoscimento di paternità, pur accertando "ab origine" l'inesistenza del rapporto di filiazione, efficacia di giudicato "rebus sic stantibus", concernenti il mantenimento di colui che all'epoca risultava figlio, poiché gli effetti riflessi della decisione sullo "status" operano automaticamente solo dal passaggio in giudicato della sentenza di disconoscimento, momento a partire dal quale gli obblighi di mantenimento diventano configgenti con la realtà giuridica definitivamente acclarata e, quindi, privi di giustificazione (Cass. I ord., n. 27558/2021). Il giudizio di disconoscimento di paternità è pregiudiziale rispetto a quello in cui viene chiesto l'accertamento di altra paternità, così che nel caso della loro contemporanea pendenza, si applica l'istituto della sospensione per pregiudizialità ex art. 295 c.p.c. (Cass. S.U., n. 8268/2023; Cass. n. 650189/2018).

Le deposizioni testimoniali che riferiscono circostanze apprese de relato, anche ex parte actoris, sono idonee a integrare unitamente ad altri elementi di prova indiziari valutabili ex art. 116 c.p.c., il quadro probatorio utilizzabile dal Giudice del merito, essendo in gioco diritti personalissimi afferenti alla sfera intima e personale (Trib. Lecce II, 15 giugno 2020, n. 1352).

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