Comparsa di costituzione nel giudizio per sentenza che tenga luogo del consenso (art. 250 c.c.)InquadramentoQuando è rifiutato, dal genitore che ha effettuato per primo il riconoscimento, il consenso al riconoscimento ad opera dell'altro genitore, questi può rivolgersi al giudice perché sia pronunciata una sentenza (se ne sussistono i presupposti) che tenga luogo del consenso negato. Il procedimento era disciplinato dal quarto comma dell'art. 250 c.c. e prevedeva la fissazione di un termine al coniuge che rifiutava il consenso perchè esprimesse formalmente la sua determinazione, positiva o ancora negativa. Dopo la sostituzione del testo della disposizione dettata dalla norma indicata il ricorso del genitore che ha riconosciuto per primo apre direttamente un procedimento regolato dalle disposizioni vigenti per le controversie in materia di stato delle persone, di minori e di famiglie (artt. 473-bis ss, c.p.c.). FormulaTRIBUNALE PER I MINORENNIDI ....1 (ART. 250 C.C.) L'Avv. ...., del Foro di ...., C.F. ...., fax ...., P.E.C. .... 2, che rappresenta, in forza di delega a margine del presente atto, la Sig.ra ...., nata a ...., residente in ...., C.F. .... 3, cittadina italiana, ai fini del giudizio elettivamente domiciliata presso la persona e nello studio dello scrivente, in .... si costituisce nel giudizio promosso da ….., in atti generalizzato ESPOSIZIONE DEI FATTI L'esponente è madre di un bambino, nato a ...., il ...., di nome ...., da essa denunciato come nato fuori del matrimonio all'ufficiale di stato civile del comune di ....; dalla nascita detto bambino ha vissuto con l'esponente, che ha provveduto integralmente, da sola e con il saltuario aiuto dei genitori, alle sue necessità di mantenimento e di cura; in data .... l'esponente si è vista recapitare una richiesta di prestare il consenso al riconoscimento del detto minore ad opera di tale ...., nato a ...., il ...., con il quale la stessa ebbe una breve e contrastata relazione; alla richiesta l'esponente rispose negativamente e il nominato Sig. .... si è rivolto a codesto ill.mo Tribunale con un ricorso che è stato notificato il giorno ....; al minore è stato nominato un curatore speciale nella persona del dott. …..; la comparizione delle parti è stata fissata con decreto del Presidente del tribunale per la data delli; con il presente atto l'esponente Sig.ra .... Si costituisce in causa per ribadire il proprio rifiuto alla prestazione del consenso al riconoscimento ad opera di controparte, Sig. ...., e in proposito espone i seguenti motivi: MOTIVI DI DIRITTO il riconoscimento di un figlio naturale deve privilegiare gli interessi di questi, soprattutto quando si tratta di un minorenne, piuttosto che far risultare una verità storica: sul favor veritatis, per dottrina e giurisprudenza conformi, deve prevalere il favor filiationis, non essendo strettamente necessario che sia rispettata la realtà dei fatti quando tale realtà risulta contraria alla salute e al benessere del minore interessato; nella vicenda di specie l'esponente non ammette che il ricorrente Sig. .... sia il padre naturale del minore di cui chiede il riconoscimento e, in ogni caso, tale riconoscimento sarebbe di grave pericolo per il minore, in quanto lo esporrebbe a: ....; il minore ha necessità, per le sue condizioni fisiche e psichiche instabili, di vivere in un ambiente sereno e protettivo mentre il riconoscimento ad opera di un soggetto che gli è praticamente sconosciuto, che è del tutto inaffidabile e privo di senso di responsabilità, e motivato unicamente da intenti economici, cagionerebbe gravi traumi psicologici e sofferenze ..... Tanto premesso, CHIEDE A codesto Ill.mo Tribunale, assunte sommarie informazioni 4, di respingere la richiesta del ricorrente e di negare la pronuncia della sentenza che tenga luogo del consenso dell'esponente al riconoscimento preteso dal predetto; con vittoria di spese. Luogo e data .... Firma Avv. .... PROCURA Delego a rappresentarmi e difendermi nel presente giudizio l'Avv. ...., eleggendo domicilio nello studio dello stesso in ...., via .... e conferendo al medesimo ogni più ampia facoltà di legge. Per autentica della sottoscrizione .... Firma Avv. .... [1] [1]In base all'art. 2 del d.m. 7 agosto 2023, n. 110 “Regolamento per la definizione dei criteri di redazione, dei limiti e degli schemi informatici degli atti giudiziari con la strutturazione dei campi necessari per l'inserimento delle informazioni nei registri del processo, ai sensi dell'articolo 46 delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile”, al fine di assicurare la chiarezza e la sinteticità degli atti processuali in conformità a quanto prescritto dall'articolo 121 del codice di procedura civile, la comparsa di risposta deve avere la seguente articolazione: a) intestazione, contenente l'indicazione dell'ufficio giudiziario davanti al quale la domanda è proposta e della tipologia di atto; b) parti, comprensive di tutte le indicazioni richieste dalla legge; c) parole chiave, nel numero massimo di venti, che individuano l'oggetto del giudizio; d) nelle impugnazioni, estremi del provvedimento impugnato con l'indicazione dell'autorità giudiziaria che lo ha emesso, la data della pubblicazione e dell'eventuale notifica; e) esposizione distinta e specifica, in parti dell'atto separate e rubricate, dei fatti e dei motivi in diritto, nonché, quanto alle impugnazioni, individuazione dei capi della decisione impugnati ed esposizione dei motivi; f) nella parte in fatto, puntuale riferimento ai documenti offerti in comunicazione, indicati in ordine numerico progressivo e denominati in modo corrispondente al loro contenuto, preferibilmente consultabili con apposito collegamento ipertestuale; g) con riguardo ai motivi di diritto, esposizione delle eventuali questioni pregiudiziali e preliminari e di quelle di merito, con indicazione delle norme di legge e dei precedenti giurisprudenziali che si assumono rilevanti; h) conclusioni, con indicazione distinta di ciascuna questione pregiudiziale, preliminare e di merito e delle eventuali subordinate; i) indicazione specifica dei mezzi di prova e indice dei documenti prodotti, con la stessa numerazione e denominazione contenute nel corpo dell'atto, preferibilmente consultabili con collegamento ipertestuale; l) valore della controversia; m) richiesta di distrazione delle spese; n) indicazione del provvedimento di ammissione al patrocinio a spese dello Stato. L'art. 3 del richiamato Regolamento non trova applicazione nelle controversie di valore superiore a 500.000 euro e, dunque, deve ritenersi, anche per le cause di valore indeterminabile, tra le quali sembra doversi annoverare quella in esame. [2] [2]L'art. 125 c.p.c. fa obbligo al difensore di indicare nella comparsa il proprio codice fiscale; l’obbligo di indicare anche il numero di fax è stato soppresso dal Correttivo al d.lgs. 149/2022, di riforma del processo civile. Tutti gli atti del processo devono essere redatti in forma chiara e sintetica (art. 121 c.p.c.; art. 46 disp. att. c.p.c.; d.m. 7 agosto 2023, n. 110) e devono essere depositati con modalità telematiche (artt. 87 e 196-quater disp. att. c.p.c.). [3] [3]In tutti gli atti introduttivi di un giudizio, compresa l'azione civile in sede penale e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati: le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il C.F., oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011, conv., con modif., in l. n. 111/2011). I professionisti tenuti all'iscrizione in albi o elenchi hanno l'obbligo di dotarsi di un domicilio digitale iscritto nell'Elenco nazionale dei domicili digitali dei professionisti e delle imprese (art. 3-bis d.lgs. n. 82/2005). [4] [4]Il minore capace di discernimento e comunque di età superiore a dodici anni deve essere ascoltato (artt. 473-bis.4, 473-bis.5 c.p.c.; 152-quater, 152-quinquies disp. att. c.p.c.). CommentoIl procedimento previsto dall'art. 250, comma 4, c.c., al fine di conseguire dal tribunale una pronuncia che tenga luogo del mancato consenso al riconoscimento del figlio minore da parte del genitore che abbia già effettuato tale riconoscimento, è volto esclusivamente ad accertare che il secondo riconoscimento risponda all'interesse del minore stesso, sicché in esso resta irrilevante ogni indagine sulla veridicità del secondo riconoscimento, indagine, questa, che presuppone sia stato effettuato il riconoscimento e che può essere svolta in separato giudizio (v., tra le altre, Cass. I, n. 4325/1999; Cass. I, n. 1958/1991). In tema di riconoscimento di figlio naturale, l'art. 250 c.c. (come modificato dall'art. 1, comma 2, lett. b), della l. n. 219/2012) subordina, nell'ipotesi di minore infraquattordicenne, la possibilità del secondo riconoscimento al consenso del genitore che detto riconoscimento ha già effettuato e dispone, altresì, che, al compimento del quattordicesimo anno, il minore (anche se nato o concepito prima dell'entrata in vigore della l. n. 219/2012 cit.) divenga titolare di un autonomo potere di incidere sul diritto del genitore al riconoscimento, configurando il suo assenso quale elemento costitutivo dell'efficacia della domanda stessa di riconoscimento. Ne consegue che il raggiungimento, da parte del minore, della età ritenuta dal legislatore adeguata ad esprimere un meditato giudizio, rilevabile d'ufficio, determina il venir meno della necessità del consenso del primo genitore al riconoscimento da parte dell'altro e, in difetto, dell'intervento del giudice. In tal senso si è espressa Cass. I, n. 781/2017, la quale, preso atto che il minore aveva compiuto quattordici anni nel corso del processo ed aveva rifiutato il suo assenso al riconoscimento, ha dichiarato, su ricorso della madre, cessata la materia del contendere, cassando senza rinvio la sentenza di riconoscimento della paternità. Il principio è stato ribadito da Cass. II, n. 22953/2022: “La prestazione del consenso al riconoscimento del figlio infraquattordicenne da parte del genitore che l'abbia già riconosciuto, ai sensi del comma 3 dell'art. 250 c.c., non è elemento costitutivo della fattispecie, ma “condicio iuris” dell'efficacia dell'atto di riconoscimento, di talché, ove tale consenso manchi la fattispecie è perfetta, ma improduttiva di effetti. Ne consegue che ove il figlio, raggiunti i quattordici anni, abbia inequivocabilmente manifestato il proprio assenso al riconoscimento da parte di uno dei genitori, il mancato consenso da parte dell'altro che l'abbia già riconosciuto non determina l'inefficacia del secondo riconoscimento”. L'art. 250, come modificato dal d.lgs. n. 149/2022, dispone che il consenso non può essere rifiutato se risponde all'interesse del figlio. Il genitore che vuole riconoscere il figlio, qualora il consenso dell'altro genitore sia rifiutato, ricorre al giudice competente il quale, assunta ogni opportuna informazione e disposto l'ascolto del minore, adotta eventuali provvedimenti temporanei e urgenti al fine di instaurare la relazione, salvo che la difesa del convenuto non sia palesemente fondata. Con la sentenza che tiene luogo del consenso mancante, il giudice adotta i provvedimenti opportuni in relazione all'affidamento e al mantenimento del minore ai sensi dell'art. 315-bis e al suo cognome ai sensi dell'art. 262. La competenza a provvedere apparteneva al tribunale ordinario. La l. 26 novembre 2021, n. 206 (di delega per la riforma del processo civile), modificò, tra l'altro, l'art. 38 disp. att. al c.p.c. in tema di ripartizione di attribuzioni tra tribunale ordinario e tribunale per i minorenni; e trasferì la competenza a quest'ultimo. Il successivo d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, ha introdotto un rito uniforme per le controversie in materia di persone, di minori e di famiglia; ed ha conservato il testo dell'art. 38 in punto competenza per il procedimento ex art. 250, quarto comma. Sino a quando sarà costituito il tribunale specializzato per le persone, i minori e la famiglia permane la competenza deferita al tribunale per i minorenni; questo organo giudiziario sarà assorbito dal giudice specializzato (art. 50 r.d.l. 30 gennaio 1941, n. 12, Ordinamento giudiziario, come sostituito dall'art. 30 del d.lgs. n. 149/2022). Per il Tribunale di Monza (sent. 18 dicembre 2019, n. 2787) l'art. 250 c.c. devolve alla cognizione del giudice una valutazione circa l'interesse primario del figlio al riconoscimento, di guisa che il giudice è chiamato non solo a ratificare un fatto naturale (quale la procreazione del figlio da parte di un soggetto che si afferma esserne il padre) ma anche a valutare l'interesse del figlio ad avere quel soggetto come padre: la valutazione di rispondenza all'interesse del minore passa attraverso il necessario bilanciamento tra diritti tutti costituzionalmente garantiti, vale a dire, il diritto alla paternità e il diritto del minore ad avere un padre. In proposito la giurisprudenza è conforme: il ricorso all'autorità giudiziaria, nel caso in cui l'altro genitore (che ha già effettuato il riconoscimento) rifiuti il consenso, richiede al giudice un bilanciamento tra il diritto soggettivo di chi vuole riconoscere il figlio e l'interesse del minore a non subire una forte compromissione del proprio sviluppo psicosomatico: bilanciamento da compiersi operando un giudizio prognostico che valuti non già il concreto esercizio della responsabilità genitoriale ma la sussistenza, nel caso specifico, di un grave pregiudizio per il minore che derivi dal puro e semplice acquisto dello status genitoriale e che si riveli superiore al disagio psichico conseguente alla mancanza o alla non conoscenza di uno dei genitori (Cass. I, ord. n. 24718/2021). Nello stesso ordine di idee si è affermato che occorre procedere al bilanciamento tra l'esigenza di affermare la verità biologica e l'interesse alla stabilità dei rapporti familiari e che tale bilanciamento non può costituire il risultato di una valutazione astratta in quanto deve procedersi ad un accertamento in concreto dell'interesse del minore alle vicende che lo riguardano (Cass. I, ord. n. 18600/2021). A questo proposito Cass. I, n. 24718/2021 ha ricordato che il riconoscimento del figlio naturale minorenne, già riconosciuto da un genitore, è un diritto soggettivo primario dell'altro genitore, costituzionalmente garantito dall'art. 30 Cost., che non si pone in termini di contrapposizione con l'interesse del minore ma come misura ed elemento di definizione dello stesso, atteso il diritto del bambino ad identificarsi come figlio di una madre e di un padre e ad assumere, così, una precisa identità. Ne consegue che il secondo riconoscimento può essere sacrificato solo in presenza di motivi gravi ed irreversibili, tali da far ravvisare la probabilità di una forte compromissione dello sviluppo psico-fisico del minore. È stata dichiarata manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 250, commi 3 e 4 c.c., sollevata in relazione agli artt. 2,3,24,31 e 32 Cost. - nella parte in cui rimette al giudice la decisione finale circa la rispondenza del riconoscimento all'interesse del figlio che non abbia ancora compiuto i quattordici anni, in assenza del consenso del genitore che lo abbia riconosciuto per primo - poiché la scelta del legislatore di dettare una clausola generale affidandone al giudice la concretizzazione nella singola fattispecie, non costituisce una delega al giudizio personale del singolo giudice, ma risponde all'esigenza di consentire l'adattamento del concetto generale dell'interesse del figlio, alle infinite varietà delle situazioni concrete che non potrebbero mai essere tutte previste nella norma scritta, consentendo così, senza lacune, in ogni caso il bilanciamento degli interessi costituzionalmente protetti dalla norma (Cass. I, ord. n. 21428/2022). |