Comparsa di costituzione e risposta nell'azione per dichiarazione giudiziale di maternità

Francesco Bartolini

Inquadramento

La domanda di dichiarazione giudiziale di paternità o maternità apre dinanzi al tribunale in composizione collegiale un procedimento che, per i procedimenti pendenti al 28 febbraio 2023, si svolge ancora nelle forme del giudizio ordinario di cognizione. Ai procedimenti instaurati dopo tale data, momento di efficacia del d.lgs. n. 149/2022, di riforma del processo civile, si applicano le norme del rito unico per le controversie in materia di stato delle persone, di minori e di famiglia (artt. 473-bis e ss. c.p.c.). La resistenza nel giudizio, ad opera di chi si oppone alla domanda, presuppone la costituzione a mezzo di comparsa di risposta.

Formula

TRIBUNALE DI ...

COMPARSA DI COSTITUZIONE E RISPOSTA

Nella causa civile n. R.G. ...

PROMOSSA

da: il Sig. ..., attore, rappresentato e difeso dall'Avv. ..., del Foro di ..., C.F. ......, PEC, come in atti

CONTRO

 la Sig.ra ..., convenuta

L'Avv. ..., del Foro di ..., C.F. ..., PEC ... 1, che rappresenta, in forza di delega a margine del presente atto, la Sig.ra ..., nata a ..., il ..., C.F. ... 2, residente in ..., cittadina italiana, ai fini del giudizio elettivamente domiciliata presso la persona e nello studio dello scrivente, in ...

VISTO

il ricorso notificato in data ..., dichiara di costituirsi in giudizio per opporsi alla domanda ed a tal fine espone quanto segue.

ESPOSIZIONE DEI FATTI

L'attore sostiene di essere figlio della convenuta, che lo abbandonò alle cure di terze persone subito dopo la nascita; e conseguentemente chiede la dichiarazione giudiziale di maternità dell'esponente convenuta.

Si assume in ricorso essere vero che….

Il ricorrente ha prodotto documenti la cui inverosimiglianza appare evidente, atteso che …..

MOTIVI DI DIRITTO

L'attore sostiene di essere figlio della convenuta, che lo abbandonò alle cure di terze persone subito dopo la nascita; e conseguentemente chiede la dichiarazione giudiziale di maternità dell'esponente convenuta.

Si contesta 3 in fatto e in diritto quanto per tal modo esposto in citazione ed in contrario si deduce 4 :

...;

...;

....

In particolare, si eccepisce che ....

Tanto precisato, e fatta ogni riserva di meglio precisare, dedurre e argomentare, si rassegnano le seguenti

CONCLUSIONI

Voglia l'Ill.mo Tribunale adito, contrariis reiectis ed effettuati gli eventuali ed opportuni accertamenti,

respingere siccome infondata nel merito e comunque indimostrata la domanda della parte attrice;

con vittoria di spese.

In via istruttoria 5 chiede ammettersi prova per testi sui seguenti capitoli:

“vero che ...;

vero che ... ”.

Si indicano a testimoni: ...

Luogo e data ...

Firma Avv. ...

PROCURA

Delego a rappresentarmi e difendermi con riguardo alla redazione del presente atto l'Avv. ..., eleggendo domicilio nello studio dello stesso in ..., via ... e conferendo al medesimo ogni più ampia facoltà di legge.

...

Per autentica della sottoscrizione

Firma Avv. ...

[1] L'art. 125 c.p.c. fa obbligo al difensore di indicare nella comparsa il proprio codice fiscale. L'obbligo di indicare anche il numero di fax è stato soppresso dal d.lgs. 164/2024 di correzione del d.ls. 149/2022, riforma del processo civile. Tutti gli atti del processo devono essere redatti in forma chiara e sintetica (art. 121 c.p.c.) e devono essere depositati esclusivamente con modalità telematiche (artt. 87 e 196-quater disp. att. c.p.c.). Il d.m. 7 agosto 2023, n. 110, ha dettato il regolamento per la determinazione dei criteri di redazione, dei limiti e degli schemi informatici degli atti giudiziari, le cui disposizioni riguardano anche la comparsa di risposta. I professionisti tenuti all'iscrizione in albi ed elenchi hanno l'obbligo di dotarsi di un domicilio digitale iscritto nell'elenco dell'Indice nazionale dei domicili digitali dei professionisti e delle imprese (art. 3-bis, d.lgs. n. 82/2005).

[2] 2. In tutti gli atti introduttivi di un giudizio, compresa l'azione civile in sede penale e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati: le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il C.F., oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011, conv., con modif., in l. n. 111/2011).

[3] 3. Il convenuto, ai sensi dell'art. 167 c.p.c., è tenuto a prendere posizione, in modo chiaro ed analitico, sui fatti posti dall'attore a fondamento della propria domanda, i quali devono ritenersi ammessi, senza necessità di prova, ove la parte, nella comparsa di costituzione e risposta, si sia limitata a negare genericamente la sussistenza dei presupposti di legge per l'accoglimento della domanda dell'attore, senza elevare alcuna contestazione chiara e specifica (cfr. Cass. III, n. 19896/2015).

[4] 4. Ove l'azione fosse incardinata nei confronti di donna che al momento del parto ha dichiarato di non voler essere nominata, dovrebbe essere chiesta la declaratoria di inammissibilità della domanda su eccezione della madre stessa. Invero, gli artt. 30 del d.P.R. n. 396/2000 (ordinamento dello stato civile), e 93 del d.lgs. n. 196/2003 (Tutela dei dati personali) consentono alla donna che partorisce di non essere nominata nell'atto di nascita del figlio. La giurisprudenza ha ripetutamente affermato che non può essere accolta la domanda di dichiarazione giudiziale di maternità se essa riguarda una donna che al momento del parto ha dichiarato di non voler essere nominata. Sia la Corte costituzionale (Corte cost. n. 278/2013) e sia la Corte europea dei diritti dell'uomo (sent. Godelli c. Italia, 2012) hanno confermato la validità del diritto della donna a non essere identificata; salvo il diritto del figlio all'esercizio di una azione rivolta a verificare la persistenza della volontà della madre di mantenere l'anonimato. In tal senso si è espresso anche Trib. Milano 14 ottobre 2015, n. 11475.

[5] 5. Il convenuto può formulare le proprie istanze istruttorie mediante la comparsa di costituzione e risposta, tuttavia la relativa preclusione “scatta” per intero soltanto con la seconda memoria di cui all'art. 473-bis.17 c.p.c.

Commento

La legittimazione attiva e passiva all'azione è indicata dalla legge in modo esclusivo e tassativo. Sul punto la giurisprudenza ha affermato che nelle controversie concernenti la dichiarazione giudiziale della paternità o maternità i soggetti attivamente e passivamente legittimati non possono conferire ad altri il potere di stare in giudizio in loro nome e conto, in quanto la rappresentanza negoziale è inammissibile in relazione a diritti indisponibili (Cass. I, n. 11727/2003).

La contrarietà all'interesse del minore sussiste (per Cass. I, ord. n. 16356/2018) solo in caso di concreto accertamento di una condotta del preteso padre che sarebbe tale da giustificare una dichiarazione di decadenza dalla responsabilità genitoriale ovvero della prova dell'esistenza di gravi rischi per l'equilibrio affettivo e psicologico del minore e per la sua collocazione sociale; in mancanza di tali elementi l'interesse del minore all'accertamento della paternità deve essere ritenuto, di regola, sussistente. L'interesse umano e affettivo alla dichiarazione giudiziale di paternità o maternità non va più valutato dal tribunale quando il minore ha raggiunto i quattordici anni, essendo in tal caso la valutazione di detto interesse rimessa allo stesso minore (Cass. I, n. 3935/2012, riferita all'allora vigente limite di anni sedici).

La competenza a conoscere dell'azione spetta al tribunale ordinario, anche se riguarda soggetti minorenni, ed il rito applicabile ai procedimenti pendenti del 28 febbraio 2023, che proseguono secondo la disciplina vigente, è quello del giudizio ordinario di cognizione e non quello camerale (cfr. Cass. I, n. 23970/2010). Ai procedimenti instaurati dopo la data suddetta si applicano le norme del rito unificato per le controversie in materia di stato delle persone, di minori e fi famiglia introdotte dal d.lgs. n. 249/2022, e di cui agli artt. 473-bis ss. c.p.c. È obbligatorio l'intervento del Pubblico Ministero, come è disposto per tutte le cause in tema di stato delle persone (Cass. I, ord. n. 17664/2015).

La prova può essere fornita con ogni mezzo. Particolare importanza è stata attribuita al riscontro ematico. La giurisprudenza ha affermato che, in tema di dichiarazione giudiziale di paternità, deve escludersi qualsiasi subordinazione dell'ammissione degli accertamenti immuno-ematologici all'esito della prova storica dell'esistenza di un rapporto sessuale tra il presunto padre e la madre, giacché il principio della libertà di prova, sancito in materia dall'art. 269, comma 2, c.c. non tollera surrettizie limitazioni, né mediante la fissazione di una sorta di gerarchia assiologica tra i mezzi di prova idonei a dimostrare la paternità, né - conseguentemente - mediante l'imposizione al Giudice di una sorta di ordine cronologico nella loro ammissione e assunzione, a seconda del tipo di prova dedotta, avendo, per converso, tutti i mezzi di prova pari valore per espressa disposizione di legge e ogni diversa interpretazione si risolverebbe in un sostanziale impedimento all'esercizio del diritto di azione garantito dall'art. 24 Cost. in relazione alla tutela di diritti fondamentali attinenti allo status (Cass. I, n. 783/2017). Cass. VI, ord. n. 28886/2019 ha affermato che il rifiuto del preteso padre di sottoporsi a indagini ematologiche costituisce un comportamento valutabile dal Giudice, ex art. 116, comma 2, c.p.c., di così elevato valore indiziario da consentire, esso solo, di ritenere fondata la domanda. L'accertamento immuno-ematologico non è subordinato alla prova dell'esistenza di una relazione e il rifiuto ingiustificato a sottoporvisi è suscettibile di essere valutato come ammissione (Cass. I, n. 16128/2019). La prova può essere data con ogni mezzo (Trib. Treviso I, 18 marzo 2020, n. 534) ma la consulenza tecnica ha funzione di mezzo obiettivo di prova e costituisce lo strumento più idoneo, avente margine di sicurezza elevatissimi, per l'accertamento del rapporto di filiazione: non un mezzo per valutare elementi di prova offerto dalle parti ma strumento per l'acquisizione della conoscenza del rapporto di filiazione (Cass. I, n. 14916/2020).

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno chiarito che il riconoscimento di un provvedimento giurisdizionale straniero di accertamento del rapporto di filiazione tra un figlio nato all'estero mediante maternità surrogata e il genitore d'intenzione cittadino italiano trova ostacolo nel divieto di surrogazione di maternità (art. 12, comma 6, l. n. 40/2004) qualificabile come principio di ordine pubblico, posto a tutela di valori fondamentali ritenuti dal legislatore prevalenti anche su quelli di un minore; tale principio non può essere superato dal giudice ma non esclude possa ricorrersi ad istituti diversi, quali l'adozione in casi particolari (Cass. S.U., n. 12193/2019).

Sul punto Cass. I, n. 472/2023 ha affermato che il consenso del figlio ultraquattordicenne, necessario per promuovere o proseguire validamente l'azione, è configurabile come un requisito del diritto di azione, integrativo della legittimazione ad agire del genitore, quale sostituto processuale del figlio minorenne, la cui mancanza determina una situazione di improponibilità o di improseguibilità dell'azione; detto consenso può sopravvenire in qualsiasi momento ed è necessario che sussista al momento della decisione ma non può essere prestato al di fuori del processo. Di recente le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno ribadito il principio secondo cui Il giudizio di disconoscimento di paternità è pregiudiziale rispetto a quello in cui viene richiesto l'accertamento di altra paternità così che, nel caso della loro contemporanea pendenza, si applica l'istituto della sospensione per pregiudizialità ex art. 295 c.p.c. (sent. n. 8268/2023; conforme Cass. n. 17392/2018).

L'art. 49, ultimo comma, del d.P.R. n. 396/2000 dispone che la dichiarazione giudiziale di paternità o maternità [naturale], dopo il passaggio in giudicato, è comunicata, a cura del procuratore della Repubblica, o è notificata dagli interessati, all'ufficiale dello stato civile che ne fa annotazione nell'atto di nascita.

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