Ricorso per intervento del Giudice (art. 145 c.c.)

Gustavo Danise
Aggiornato da Francesco Bartolini

Inquadramento

L'art. 145 c.c., prevede la proponibilità di un procedimento di volontaria giurisdizione per dirimere un contrasto insanabile sorto tra i coniugi in merito ad una decisione sull'indirizzo della vita familiare. La norma si applica anche alle parti di un'unione civile ex art. 1, commi 13 e 20, l. n. 76/2016, se non hanno optato per un diverso regime patrimoniale. La disposizione prevede che il Giudice adotti la propria decisione, sentite le opinioni espresse dai coniugi e, dai figli conviventi che abbiano compiuto gli anni dodici o anche di età inferiore ove capaci di discernimento. Tale inciso della disposizione è stato modificato dal decreto attuativo della riforma Cartabia e precisamente dall'art. 1, comma 1, lett. a) del d.lgs. n. 149/2022 che ha ridotto appunto da sedici a dodici anni l'età dei figli ai fini della loro audizione. Tale modifica normativa si è resa necessaria per ragioni di coerenza sistematica dell'ordinamento, e in particolare per allineare la disposizione all'istituto dell'audizione del minore come regolato dall'art. 315-bis c.c. che recita: “Il figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici, e anche di età inferiore ove capace di discernimento, ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano”. Il d.lgs. 149/2022 ha introdotto altresì un comma 3 che recita “In caso di inadempimento all'obbligo di contribuire ai bisogni della famiglia previsto dall'articolo 143, il Giudice, su istanza di chiunque vi ha interesse, provvede ai sensi dell'articolo 316-bis”.

Formula

TRIBUNALE DI ... 1

RICORSO PER INTERVENTO DEL GIUDICE EX ART. 145 C.C.

La Sig.ra ..., C.F. ..., nata a ..., il ..., residente in ... 2, via ..., n. ..., rappresentata e difesa dall'Avv. ..., del foro di ..., C.F. ..., PEC....., giusta procura alle liti in calce al presente atto, ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in ..., via ..., n. ..., 

PREMESSO IN FATTO

— che è coniugata (o parte di una unione civile) con il Sig. ... dal ... e dal loro matrimonio sono nati ... di anni ...;

— che tra loro è sorta questione in merito ... 3;

- che le ragioni del contrasto sono così riassumibili ... 4;

- che la ricorrente ha formulato una proposta alternativa che si può così riassumere ... 5;

- che il marito non ha accettato la proposta formulata dalla ricorrente, rimanendo fermo sulla sua posizione;

— che essendo insorto un contrasto su tale questione di essenziale importanza per la famiglia, e su cui nonostante lunghe discussioni, non si è a tutt'oggi raggiunto un accordo;

TUTTO CIÒ PREMESSO

CHIEDE

che la S.V. Ill.ma voglia, ai sensi dell'art. 145 c.c., disporre la comparizione delle parti al fine di effettuare il tentativo di raggiungere una soluzione concordata ed, in mancanza, trattandosi di affare essenziale, di voler adottare la soluzione ritenuta più adeguata alle esigenze dell'unità e della vita della famiglia.

Il presente procedimento è esente da contributo unificato ai sensi dell'art. 10, d.P.R. n. 115/2002.

Luogo e data ...

Firma ...

PROCURA

Delego a rappresentarmi e difendermi nel presente giudizio l'Avv. ..., eleggendo domicilio nello studio dello stesso in ..., via ... e conferendo al medesimo ogni più ampia facoltà di legge.

Per autentica della sottoscrizione ...

Firma Avv. ...

[1] 1. Il procedimento si incardina con ricorso innanzi al Tribunale del luogo ove si trova la residenza dei coniugi. Risalente giurisprudenza aveva affermato che qualora per un procedimento di volontaria giurisdizione la legge nulla disponga circa la competenza territoriale, deve ritenersi competente il giudice del luogo in cui si trova il soggetto della cui posizione giuridica si discute (Cass. n. 167/1975). Il rito è camerale per cui il Tribunale giudica in composizione collegiale secondo le norme di cui agli artt. 737 ss. c.p.c. ·Deve sempre essere sentito il pubblico ministero (art. 32 disp. att.  c.c.). Il d.lgs. 149/2022, di riforma del processo civile prevede la costituzione di un Tribunale unico per le persone, per i minorenni e per le famiglie innanzi al quale  dovrà essere incardinato il procedimento.

[2] 2. L'art. 145 c.c. dispone che l'intervento del giudice è chiesto senza osservanza di formalità. Tutti gli atti processuali delle parti devono essere depositati in forma telematica e dunque è necessario che l'istanza sia formulata per iscritto. L'atto segue pertanto le forme di cui all'art. 125 c.p.c.: esso deve indicare l'ufficio giudiziario, le parti, l'oggetto della domanda e le conclusioni; e deve essere sottoscritto dalla parte se essa sta in giudizio personalmente, altrimenti dal difensore.

[3] 3. Occorre indicare puntualmente il motivo di contrasto, come ad esempio lo spostamento della residenza familiare nella città ove ha sede l'azienda con cui il resistente ha stipulato un contratto di lavoro.

[4] 4. È necessaria una specifica indicazione delle ragioni del contrasto, ad esempio che la ricorrente si è opposta alla decisione perché dovrebbe interrompere l'attività lavorativa svolta presso la città ove attualmente risiede ed anche i figli dovrebbero lasciare gli istituti scolastici, gli amici ed il contesto ambientale e sociale dove è il centro dei loro interessi.

[5] 5. Occorre indicare la proposta: ad esempio, la moglie gli propone di viaggiare tutti i giorni per raggiungere la sede di lavoro e fare rientro a casa in serata; oppure di trascorrere alcuni giorni della settimana nella città ove ha trovato il nuovo lavoro rientrando a casa per il weekend.

Commento

Il d.lgs. n. 149/2022 ha modificato il codice di procedura civile prevedendo, in particolare, nuove disposizioni nel libro II, titolo VI-bis ove sono state introdotte: «Norme per il procedimento in materia di persone, minorenni e famiglie», c.d. pPMF). Quanto al campo di applicazione del nuovo rito unitario – che non è più un procedimento speciale – l'art. 473-bis c.p.c. prevede che le disposizioni contenute nel nuovo titolo IV-bis si applichino a tutti i procedimenti (di natura contenziosa) relativi allo stato delle persone, ai minorenni e alle famiglie di competenza del tribunale ordinario, di quello per i minorenni e del Giudice tutelare, salvo che non sia diversamente stabilito e salve le esclusioni espressamente indicate dallo stesso articolo. Queste ultime riguardano, in particolare, i procedimenti volti alla dichiarazione dello stato di adottabilità e all'adozione dei minori, nonché i procedimenti (di diversa natura e oggetto) attribuiti alla competenza delle sezioni specializzate in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell'Unione europea. Altre fattispecie cui non si applica il disposto dell'art. 473-bis sono da ricercare tra quelle per le quali la legge stabilisce forme procedurali diverse dal rito familiare, pur se le materie cui si riferiscono rientrano tra quelle in senso lato riguardanti la famiglia. Esse sono costituite soprattutto dai casi in cui la normativa stabilisce che si proceda in camera di consiglio, rito che resta disciplinato dalle disposizioni di cui agli artt. 737 e seguenti c.p.c. pur dopo la riforma processuale di cui al d.lgs. 149/2022. La riforma introduttiva del rito familiare, infatti, fa salvo quanto diversamente previsto. Nell'interpretazione corrente, inoltre, le forme del processo per le controversie familiari si applicano unicamente ai “giudizi” e non anche alle procedure di volontaria giurisdizione, tradizionalmente soggette al più semplice rito camerale.

Contro gran parte della dottrina la giurisprudenza, peraltro in non numerose decisioni,  si è schierata nel senso che per tutti i procedimenti aventi natura di volontaria giurisdizione e da trattarsi nelle forme della camera di consiglio il ministero del difensore non è obbligatorio. L'art. 82, si è affermato, stabilisce l'obbligo difensivo unicamente in relazione ai “giudizi”, per essi da intendersi i procedimenti caratterizzati da cognizione piena ed esauriente, aventi ad oggetto rapporti giuridici e diritti soggettivi, non riconducibili alla pronuncia di provvedimenti sostanzialmente amministrativi (Cass. n. 5770/1997; Cass. 5814/1987; Cass. 2015/1983). La rappresentanza tecnica occorre, invece, nei procedimenti che hanno ad oggetto i diritti e gli status (Cass. n. 5025/1990 e Cass. n. 4260/1990, in tema di delibazione di sentenze ecclesiastiche; Cass. n. 1066/1989).

L'art. 145 c.c., prevede l'esperibilità di un procedimento da ritenersi avente natura di volontaria giurisdizione per dirimere un contrasto non altrimenti risolvibile tra i coniugi in merito ad una decisione importante sull'indirizzo della vita coniugale, ivi compresa la fissazione della residenza familiare. Il principio di fondo stabilito dal legislatore della legge di riforma del diritto di famiglia del 1975 è che i coniugi devono concordare l'indirizzo della vita famigliare (art. 144, comma 1, c.c.) ed a ciascuno di essi è affidato il compito di attuare l'indirizzo concordato (art. 144 cpv.); il legislatore prevede poi l'intervento suppletivo giudiziale quale strumento di risoluzione dei conflitti in diversi ambiti della vita familiare. Oltre all'art. 145 in commento, le altre disposizioni a ciò deputate sono contenute negli artt. 181 che recita “Se uno dei coniugi rifiuta il consenso per la stipulazione di un atto di straordinaria amministrazione o per gli altri atti per cui il consenso è richiesto, l'altro coniuge può rivolgersi al Giudice per ottenere l'autorizzazione nel caso in cui la stipulazione dell'atto è necessaria nell'interesse della famiglia o dell'azienda che a norma della lett. d) dell'art. 177 fa parte della comunione”, e 316, comma 2, c.c. “In caso di contrasto su questioni di particolare importanza ciascuno dei genitori può ricorrere senza formalità al Giudice indicando i provvedimenti che ritiene più idonei”. Tali norme hanno struttura, contenuto e finalità analoghe, ma non entrano in conflitto tra loro, né interferiscono vicendevolmente, se non in maniera indiretta ed incidentale. Spetterà quindi ai coniugi ed ai genitori individuare quale tra i tre procedimenti esperire in relazione allo specifico settore ove è sorto il contrasto. Questa premessa ci consente di delimitare l'ambito di applicazione dell'intervento giudiziale ex art. 145 c.c., esclusivamente ai rapporti personali tra i coniugi, perché se, invece, il contrasto sorge su una decisione che attiene all'interesse della prole ed alla responsabilità genitoriale, l'intervento giudiziale dovrà essere invocato con ricorso promosso ai sensi dell'art. 316, comma 2, c.c. L'intervento del Giudice ex art. 145 c.c., può essere richiesto sia per dirimere un contrasto preventivo tra i coniugi sull'indirizzo della vita famigliare (ad es. subito dopo la celebrazione del matrimonio i coniugi non riescono a trovare un accordo sulla fissazione della residenza famigliare, dal momento che entrambi lavorano in due città diverse) sia successivo ed attinente alla modifica dell'indirizzo famigliare già concordato (nel caso in cui uno dei coniugi trovi un nuovo lavoro in un'altra città e l'altro coniuge rifiuti di spostare ivi la residenza famigliare, essendosi oramai integrato nel contesto cittadino attuale). Il conflitto può riguardare anche aspetti patrimoniali, come ad es. nel caso in cui un coniuge, proprietario esclusivo dell'immobile adibito a casa coniugale, intende alienarlo per acquistarne un altro nella stessa città. L'intervento giudiziale può essere richiesto solo se il contrasto verte su diritti disponibili; ne consegue che non è attivabile da un coniuge per esimersi da uno degli obblighi inderogabili previsti per legge, come quelli stabiliti dall'art. 143 c.c.; ed infatti in caso di inadempimento a tali obblighi da parte di un coniuge, su istanza di chiunque vi abbia interesse l'A.G. adita può adottare i provvedimenti ex art. 316-bis c.c. Per quanto concerne gli aspetti processuali, come anticipato il procedimento rientra nell'ambito della V.G. per cui si propone con ricorso innanzi al Tribunale territorialmente competente, che decide in composizione collegiale secondo il rito camerale (artt. 737 ss. c.p.c.). A seguito dell'introduzione dell'art. 315-bis c.c. è prevista la comparizione personale non solo dei coniugi ma anche dei figli, con loro conviventi, che abbiano compiuto gli anni dodici o comunque che siano capaci di discernimento, per essere sentiti al fine di tentare una composizione amichevole del contrasto.

Ove non si raggiunga l'accordo, il Tribunale deciderà imperativamente con decreto non impugnabile, se il contrasto riguarda la fissazione della residenza familiare, o impugnabile se attiene ad altra questione. In dottrina si sostiene che il provvedimento del Tribunale, non avendo natura giurisdizionale, deve essere equiparato al pronunciato di un arbitratore ed è di per sé insuscettibile di coercizione, in quanto privo di efficacia esecutiva. L'art. 145 c.c., non prevede che il Giudice possa pronunciare provvedimenti giurisdizionali volti ad imporre una data condotta ad uno dei coniugi che si trovi in conflitto con l'altro sull'interpretazione o sull'attuazione delle direttive concordemente assunte. Quanto riferito in questo commento si estende alle parti di un'unione civile ex art. 1, comma 13, l. n. 76/2016, se non hanno optato per un diverso regime patrimoniale.

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