Ricorso per il compimento di atti di straordinaria amministrazione (art. 181 c.c.)

Gustavo Danise
Aggiornato da Francesco Bartolini

Inquadramento

L'art. 181 c.c., prevede la possibilità per un coniuge (o una parte di un'unione civile) di ricorrere al Tribunale per ottenere l'autorizzazione al compimento di un atto di straordinaria amministrazione alla cui stipulazione abbia opposto rifiuto l'altro coniuge, con cui è in regime di comunione legale. La normativa non dispone che debba essere sentito il pubblico ministero.

Formula

TRIBUNALE DI ... 1

RICORSO EX ART. 181 C.C.

Il Sig. ..., C.F. ..., nato a ..., il ..., residente in ... 2, via ..., n. ..., rappresentato e difeso dall'Avv. ..., del foro di ..., C.F. ..., PEC …giusta procura alle liti in calce al presente atto, ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in ..., via ..., n. ..., 

PREMESSO IN FATTO

- che è coniugato (ha costituito un'unione civile) con la Sig.ra ... dal ... in regime di comunione legale dei beni (All. 1);

- che svolte l'attività di imprenditore essendo titolare/socio della ... (Specificare), mentre la moglie/partner svolge attività di ... (Specificare);

- che è necessario procedere alla vendita (o all'acquisto) 3 del seguente bene immobile in comunione legale 4 ... per acquistare macchinari in grado di accrescere la produzione aziendale nell'interesse della sua impresa che sta vivendo un momento di difficoltà economica dovuto a ... 5;

- che la Sig.ra ... rifiuta di esprimere il consenso al compimento dell'atto e di comparire innanzi al notaio al momento della stipula, adducendo che ... 6;

tutto ciò premesso,

CHIEDE

che la S.V. Ill.ma voglia, ai sensi dell'art. 181 c.c., concedere l'autorizzazione all'istante a stipulare l'atto indicato in premessa.

Con concessione di provvisoria esecuzione del provvedimento ai sensi dell'art. 741 c.p.c.

Si allegano:

Estratto atto di matrimonio;

Visura catastale immobile.

Il presente procedimento è esente da contributo unificato ai sensi dell'art. 10, d.P.R. n. 115/20027 .

Luogo e data ...

Firma ...

PROCURA

Delego a rappresentarmi e difendermi nel presente procedimento l'Avv. ..., eleggendo domicilio nello studio dello stesso in ..., via ... e conferendo al medesimo ogni più ampia facoltà di legge.

Per autentica della sottoscrizione

Firma Avv. ...

[1] 1. Il procedimento si incardina con ricorso innanzi al Tribunale del luogo ove si trova la residenza della famiglia. Il rito è camerale per cui il Tribunale giudica in composizione collegiale secondo le norme di cui agli artt. 737 ss. c.p.c.. Risalente giurisprudenza ha affermato che, qualora la legge non dispone altrimenti, nei procedimenti di volontaria giurisdizione la competenza territoriale appartiene al giudice del luogo in cui si trova il soggetto della cui posizione giuridica si discute (Cass. n. 167/1975).  

[2] 2. In tutti gli atti introduttivi di un giudizio, compresa l'azione civile in sede penale e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati, le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il C.F., oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011, conv., con modif., in l. n. 111/2011).

[3] 3. La Corte di Cassazione in sentenza Cass. n. 9513/1991 ha precisato che l'autorizzazione giudiziale ex art. 181 c.c., è richiesta per il compimento di atti di straordinaria amministrazione o per la stipula di contratti per la concessione o per l'acquisto di diritti reali di godimento, e non è invocabile dal coniuge che, sostituendosi all'altro nell'azione nascente da un contratto preliminare, intenda conseguire ex art. 2932 c.c., una sentenza sostitutiva del contratto definitivo non concluso. Sempre in merito ai presupposti costitutivi dell'istituto, si ricorda la sentenza della Cass. n. 5201/1987 in cui si è statuito che in caso di gestione in comunione di un'azienda agricola, in virtù di un contratto agrario stipulato da uno solo dei coniugi, il diritto di prelazione agraria e quello sussidiario di riscatto non competono ad entrambi, ma solo a quello dei due che ha stipulato il contratto, salva la possibilità per l'altro di ricorrere al Giudice a norma dell'art. 181 c.c., per ottenere l'autorizzazione al compimento dell'atto (accettazione della proposta contrattuale o esercizio del riscatto) non voluto dal primo e ritenuto necessario nell'interesse della famiglia o dell'azienda comune. In giurisprudenza di merito, si segnala una pronuncia in cui si ammette l'autorizzazione giudiziale ex art. 181, c.c., nelle more del giudizio di separazione personale tra i coniugi, per consentire l'alienazione di un bene con il cui ricavato provvedere all'estinzione di debiti altrimenti idonei a compromettere, mediante azioni esecutive, la consistenza del patrimonio familiare e l'adempimento degli obblighi di mantenimento (Trib. Piacenza, decreto 16 ottobre 1997).

[4] 4. Occorre descrivere compiutamente l'immobile, mediante indicazione dei dati catastali.

[5] 5. È opportuno specificare il motivo.

[6] 6. È opportuno specificare anche tale motivo.

[7] 7. Sono dovuti i diritti di cancelleria pari ad Euro 27,00.

Commento

L'art. 181 c.c., deve essere correlato all'art. 180, comma 2, c.c., di cui costituisce lo strumento processuale di applicazione. Infatti, la norma prevede un procedimento di risoluzione del conflitto tra i coniugi circa il compimento di un atto di straordinaria amministrazione, per il quale è richiesto dall'art. 180 cpv., c.c., il consenso e la partecipazione di entrambi. Sotto questo profilo, la norma mira a perseguire la concreta realizzazione degli interessi superiori della famiglia e dell'azienda familiare, che rischierebbero di essere compromessi dai capricci o dall'inesperienza di un coniuge che rifiuti il compimento di un atto vantaggioso per il nucleo familiare. Altra finalità è quella di preservare un coniuge dai ricatti dell'altro, il quale pretenda altri vantaggi per prestare il consenso al compimento dell'atto. La risoluzione del conflitto avviene mediante autorizzazione del Giudice, adito dal coniuge interessato, al compimento dell'atto pur senza il consenso dell'altro coniuge. L'art. 181 c.c., costituisce, quindi, una delle norme che prevedono l'intervento giudiziale per superare il dissidio familiare (le altre sono contenute negli artt. 145, 155 e 316, comma 2, c.c.), allo scopo di preservare un interesse superiore a quello individuale delle parti.

Contro gran parte della dottrina la giurisprudenza, peraltro in non numerose decisioni,  si è schierata nel senso che per tutti i procedimenti aventi natura di volontaria giurisdizione e da trattarsi nelle forme della camera di consiglio il ministero del difensore non è obbligatorio. L'art. 82, si è affermato, stabilisce l'obbligo difensivo unicamente in relazione ai “giudizi”, per essi da intendersi i procedimenti caratterizzati da cognizione piena ed esauriente, aventi ad oggetto rapporti giuridici e diritti soggettivi, non riconducibili alla pronuncia di provvedimenti sostanzialmente amministrativi (Cass. n. 5770/1997; Cass. 5814/1987; Cass. 2015/1983). La rappresentanza tecnica occorre, invece, nei procedimenti che hanno ad oggetto i diritti e gli status (Cass. n. 5025/1990 e Cass. n. 4260/1990, in tema di delibazione di sentenze ecclesiastiche; Cass. n. 1066/1989).

L'intervento giudiziale rientra nell'ambito della volontaria giurisdizione, per cui il procedimento si instaura con ricorso avanti al tribunale del luogo in cui è stabilita la residenza familiare o in cui uno dei coniugi ha il proprio domicilio.

Risalente giurisprudenza aveva affermato che qualora per un procedimento di volontaria giurisdizione la legge nulla disponga circa la competenza territoriale, deve ritenersi competente il giudice del luogo in cui si trova il soggetto della cui posizione giuridica si discute (Cass. n. 167/1975). Il Tribunale decide, in camera di consiglio (art. 737 ss. c.p.c.), con decreto, sentito il Pubblico Ministero e l'altro coniuge in sede di sommarie informazioni (art. 738, ultimo comma, c.p.c.). Il provvedimento è reclamabile, entro dieci giorni dalla comunicazione, avanti alla Corte d'Appello. Quanto ai presupposti per il ricorso al Giudice, la dottrina è divisa tra chi, sposando un'interpretazione meramente letterale e restrittiva della norma, sostiene che l'intervento giudiziale sia attivabile solo per il compimento di un atto “necessario” a preservare l'interesse della famiglia o dell'azienda in comunione legale; e chi propende per una lettura estensiva della disposizione che tende ad ammettere il ricorso al Giudice anche in caso di rifiuto di un coniuge al compimento di un atto non propriamente necessario ed imprescindibile, ma certamente “utile” ad assicurare il consolidamento o l'incremento del patrimonio familiare o aziendale. L'intervento del Giudice deve essere richiesto preventivamente e preordinatamente al compimento dell'atto; è inammissibile, pertanto, la richiesta di autorizzazione postuma con ricorso presentato dopo la stipula dell'atto da parte del coniuge interessato; così come è certamente inammissibile la richiesta di autorizzazione postuma richiesta dal coniuge disponente in comparsa di costituzione e risposta nell'ambito del giudizio di annullamento ex art. 184 c.c., proposto dall'altro coniuge. Tutto quanto riferito si estende alle parti di un'unione civile in forza del combinato disposto dei commi 13 e 20 dell'art. 1, l. n. 76/2016.

La realizzazione da parte di uno dei coniugi senza il consenso dell'altro su un fondo in comunione legale di uno o più edifici costituisce atto eccedente l'ordinaria amministrazione di cui è possibile fare valere l'annullabilità in giudizio (Cass. II, n. 4676/2018). L'art. 181 cod. civ., in tema di amministrazione dei beni della comunione legale fra coniugi, prevede l'emanazione di provvedimenti autorizzativi, nell'ambito di un procedimento non contenzioso (art. 737 e seg. cod. proc. civ.), al fine di superare il rifiuto di consenso che uno dei coniugi frapponga al compimento di atti di straordinaria amministrazione od alla stipula di contratti per la concessione o per l'acquisto di diritti reali di godimento, e non è pertanto invocabile dal coniuge che, sostituendosi all'altro nell' azione nascente da un contratto preliminare, intenda conseguire ex art. 2932 cod. civ. una sentenza sostitutiva del contratto definitivo non concluso (Cass. II, n. 9513/1991).

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