Comparsa di costituzione e risposta nel giudizio per la richiesta di alimentiInquadramentoGli artt. 433 e ss. c.c. disciplinano gli alimenti e la relativa obbligazione, volta a prestare i mezzi di sostentamento necessari a consentire alla persona una vita dignitosa. L'obbligazione alla prestazione degli alimenti ha natura legale e trova fondamento nella solidarietà familiare, nell'esigenza di aiuto e soccorso, che esiste, o dovrebbe esistere, tra i membri della famiglia, nelle ipotesi in cui gli stessi vengano a trovarsi in stato di bisogno. Tale obbligazione può peraltro sorgere a carico anche di un soggetto estraneo alla cerchia familiare, ossia il donatario, al primo posto nell'ordine degli obbligati agli alimenti ed a favore del donante in stato di bisogno (cfr. Ravot, Alimenti, in ilfamiliarista.it). FormulaTRIBUNALE ORDINARIO DI .... COMPARSA DI COSTITUZIONE E RISPOSTA [1] Per la Sig.ra [2]...., nata a .... il .... (C.F. [3] : ....), residente in ...., via/piazza .... n. ...., elettivamente domiciliato in ...., via ...., n. ...., presso lo studio dell'Avv. [4]...., C.F. [5]...., che la rappresenta e difende giusta procura alle liti in calce al presente atto. Per le comunicazioni riguardanti il presente giudizio l'avvocato .... indica il numero fax .... [6]. - convenuta - CONTRO Il Sig. ...., rappresentato e difeso come in atti; - attore - PREMESSO CHE Il Sig. .... ha convenuto in giudizio l'esponente deducendo il proprio diritto agli alimenti nei confronti della stessa, quale unica parente, in ragione del proprio stato di bisogno. L'avversa domanda è evidentemente priva di fondamento. In primo luogo occorre evidenziare, infatti, che, come sarà dimostrato in corso di causa, l'attore non ha trovato un nuovo lavoro soltanto per inerzia e che comunque potrebbe trarre una forma di reddito dalla locazione di alcune stanze dell'immobile nel quale vive, di sua proprietà, di ampia metratura [7]. In ogni caso, la convenuta non dispone di mezzi sufficienti per poter provvedere agli alimenti nei confronti del fratello, atteso che ..... In subordine, si evidenzia che le somme da porre a carico dell'odierna convenuta devono essere limitate allo stretto necessario ex art. 439 c.c.[8]. CONCLUSIONI [9] Voglia l'Ecc.mo Tribunale adito, previa ogni più utile declaratoria, contrariis reiectis, per i motivi sopra esposti: - Rigettare l'avversa domanda [10]; - Condannare l'attore al pagamento delle spese. *** In via istruttoria Si deposita copia dei seguenti documenti, con riserva di ulteriori produzioni ed articolazione di richieste istruttorie: 1. ....; 2. ..... Luogo e data .... Firma Avv. .... PROCURA Delego a rappresentarmi e difendermi nel presente giudizio l'Avv. ...., eleggendo domicilio nello studio dello stesso in ...., via .... e conferendo al medesimo ogni più ampia facoltà di legge. Per autentica della sottoscrizione .... Firma Avv. .... [1]In base all'art. 2 del d.m. 7 agosto 2023, n. 110 (Regolamento per la definizione dei criteri di redazione, dei limiti e degli schemi informatici degli atti giudiziari con la strutturazione dei campi necessari per l'inserimento delle informazioni nei registri del processo, ai sensi dell'articolo 46 delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile), al fine di assicurare la chiarezza e la sinteticità degli atti processuali in conformità a quanto prescritto dall'articolo 121 del codice di procedura civile, la comparsa di risposta è redatta con la seguente articolazione: a) intestazione, contenente l'indicazione dell'ufficio giudiziario davanti al quale la domanda è proposta e della tipologia di atto; b) parti, comprensive di tutte le indicazioni richieste dalla legge; c) parole chiave, nel numero massimo di venti, che individuano l'oggetto del giudizio; d) nelle impugnazioni, estremi del provvedimento impugnato con l'indicazione dell'autorità giudiziaria che lo ha emesso, la data della pubblicazione e dell'eventuale notifica; e) esposizione distinta e specifica, in parti dell'atto separate e rubricate, dei fatti e dei motivi in diritto, nonché, quanto alle impugnazioni, individuazione dei capi della decisione impugnati ed esposizione dei motivi; f) nella parte in fatto, puntuale riferimento ai documenti offerti in comunicazione, indicati in ordine numerico progressivo e denominati in modo corrispondente al loro contenuto, preferibilmente consultabili con apposito collegamento ipertestuale; g) con riguardo ai motivi di diritto, esposizione delle eventuali questioni pregiudiziali e preliminari e di quelle di merito, con indicazione delle norme di legge e dei precedenti giurisprudenziali che si assumono rilevanti; h) conclusioni, con indicazione distinta di ciascuna questione pregiudiziale, preliminare e di merito e delle eventuali subordinate; i) indicazione specifica dei mezzi di prova e indice dei documenti prodotti, con la stessa numerazione e denominazione contenute nel corpo dell'atto, preferibilmente consultabili con collegamento ipertestuale; l) valore della controversia; m) richiesta di distrazione delle spese; n) indicazione del provvedimento di ammissione al patrocinio a spese dello Stato. L'art. 3 lett. a) precisa che la comparsa di risposta deve avere un'estensione massima di 80.000 caratteri, salvi gli elementi esclusi dall'art. 4, e ferma restando (ex art. 5) la possibilità di superare detti limiti se la controversia presenta questioni di particolare complessità, anche in ragione della tipologia, del valore, del numero delle parti o della natura degli interessi coinvolti, ipotesi nella quale il difensore espone sinteticamente nell'atto le ragioni per le quali si è reso necessario il superamento dei limiti. Il richiamato Regolamento non trova applicazione nelle controversie di valore superiore a 500.000 euro e, dunque, sembra anche per le cause di valore indeterminabile, tra le quali sono frequenti quelle in materia familiare. [2]L'art. 163, comma 3, n. 2, c.p.c. contempla tra i requisiti della vocatio in ius quello relativo all'indicazione delle parti, cioè dell'attore e del convenuto (o dei convenuti). [3]In tutti gli atti introduttivi di un giudizio, compresa l'azione civile in sede penale e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati, le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il C.F., oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011, conv., con modif., in l. n. 111/2011). [4]A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore, è sufficiente l'indicazione del numero di fax, poiché l'indirizzo PEC è un dato ormai acquisito nei rapporti con la cancelleria: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002 modificati dalla l. n. 114/2014. [5]L'indicazione del C.F. dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. come modificato dalla disposizione sopra citata. [6]L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. come modificato dalla disposizione sopra citata. Ai sensi del citato art. 13, comma 3-bis: “Ove il difensore non indichi il proprio numero di fax ....... .... ovvero qualora la parte ometta di indicare il C.F. ....... .... il contributo unificato è aumentato della metà”. [7]Sul punto, la S.C. ha chiarito che il presupposto per la richiesta di alimenti costituito dallo stato di bisogno riguarda l'impossibilità per il soggetto di provvedere al soddisfacimento dei propri bisogni primari, e deve essere valutato tenendo conto di tutte le risorse economiche, compresi i redditi ricavabili dal godimento di beni immobili in proprietà o in usufrutto, di guisa che il giudice, nell'accertare la sussistenza dello stato di bisogno, dopo aver valutato la sussistenza delle risorse economiche del donante, deve accertare l'idoneità delle stesse a soddisfare le sue esigenze di vita (Cass. II, n. 25248/2013). [8]L'art. 439 c.c. chiarisce che tra fratelli e sorelle gli alimenti sono dovuti nella misura dello stretto necessario. La S.C. ha tuttavia chiarito che la circostanza che la pretesa alimentare sia rivolta nei confronti di un fratello non comporta la sua infondatezza, ma solo la determinazione del relativo importo nella misura dello stretto necessario, ai sensi dell'art. 439 c.c. (Cass. I, n. 15397/2013). [9]Altro requisito dell'edictio actionis è racchiuso nell'art. 163, comma 3, n. 3 il quale prevede che debba essere identificata la “cosa oggetto della domanda”, espressione da intendersi sia sotto il profilo formale, come provvedimento giurisdizionale richiesto al giudice (petitum immediato), sia sotto l'aspetto sostanziale come bene della vita di cui si chiede il riconoscimento (petitum mediato). [10]L'art. 443 c.c. precisa tuttavia che l'adempimento della prestazione può avvenire, a scelta di chi deve somministrare gli alimenti, mediante corresponsione di un assegno periodico anticipato o accogliendo e mantenendo nella propria casa colui che vi ha diritto. CommentoGli artt. 433 e ss. c.c. disciplinano gli alimenti e la relativa obbligazione, volta a prestare i mezzi di sostentamento necessari a consentire alla persona una vita dignitosa. L'obbligazione alla prestazione degli alimenti ha natura legale e trova fondamento nella solidarietà familiare, nell'esigenza di aiuto e soccorso, che esiste, o dovrebbe esistere, tra i membri della famiglia, in ipotesi in cui gli stessi vengano a trovarsi in stato di bisogno. Tale obbligazione può peraltro sorgere a carico anche di soggetto estraneo alla cerchia familiare, il donatario, al primo posto nell'ordine degli obbligati agli alimenti ed a favore del donante in stato di bisogno (cfr. Ravot, Alimenti, in ilfamiliarista.it). L'art. 1, comma 65, della l. n. 76/2016 ha introdotto l'obbligo degli alimenti anche a favore dell'ex convivente more uxorio che versi in stato di bisogno. In sede applicativa si è ritenuto che, tuttavia, una pretesa alimentare del convivente nei confronti dell'altro a norma dell'art. 1, comma 65, l. n. 76/2016 è possibile solo per quelle convivenze che siano cessate successivamente al 5 giugno 2016, data di entrata in vigore della l. n. 76, sicché è inammissibile una domanda di alimenti proposta con riguardo a una convivenza cessata anteriormente (Trib. Milano IX, 23 gennaio 2017, in Guida al dir., 2017, n. 19, 56, con nota di Finocchiaro; v. anche Trib. Milano IX, 12 luglio 2019). Ai sensi dell'art. 438 c.c. gli alimenti possono essere richiesti solo da chi versa in stato di bisogno e non è in grado di provvedere al proprio sostentamento. In sostanza, il soggetto in stato di bisogno è colui che non ha alcun mezzo o, comunque, non ha redditi sufficienti a soddisfare le esigenze di vita, né può procurarseli lavorando, o non vi sono beni di cui sia titolare, o di cui comunque abbia disponibilità, da alienare per utilizzarne il ricavato. La misura degli alimenti è limitata a quanto indispensabile per la vita dell'alimentando in considerazione della sua posizione sociale. Inoltre, gli alimenti vengono disposti in modo proporzionale al bisogno di chi domanda, ma anche alle condizioni economiche di chi li deve somministrare. Si ritiene che, pertanto, l'obbligato è in grado di prestare gli alimenti, se è titolare di un reddito, che soddisfi i bisogni necessari dell'alimentando, dopo aver soddisfatto le proprie necessità, i desideri e le aspirazioni e quelle delle persone a suo carico, in modo da assicurare una vita agiata a sé e alla famiglia. Se le sostanze dell'obbligato non sono sufficienti, egli contribuirà solo in parte al superamento del bisogno dell'alimentando e saranno chiamati in concorso altri obbligati di grado successivo. In mancanza di altri obbligati, tuttavia, si dovrebbero contemperare le esigenze dell'avente diritto con la situazione di colui che deve somministrare gli alimenti, in attuazione di quel dovere di solidarietà familiare che è fondamento dell'obbligazione alimentare (Figone, Gli alimenti, in Zatti (diretto da), Trattato di diritto di famiglia, 2011, I, 1, 238). La S.C. ha chiarito che, ai fini della decisione, occorre considerare gli eventuali mutamenti delle condizioni economiche delle parti verificatisi in corso di causa (Cass. VI ord., n. 1577/2019). Gli alimenti sono dovuti, ai sensi dell'art. 445 c.c., dal giorno della domanda giudiziale o da quello della costituzione in mora dell'obbligato, ove sia seguita l'introduzione del giudizio entro sei mesi. |