Ricorso per esclusione di un coniuge dall'amministrazione dei beni (art. 183 c.c.)InquadramentoL'art. 183 c.c. disciplina il procedimento con cui un coniuge (oppure parte di un'unione civile) può chiedere al Giudice l'esclusione dell'altro dall'amministrazione dei beni in comunione legale per una delle causali descritte nel comma 1. L'esclusione può essere revocata su istanza del coniuge (o parte) allorché venga meno la causa che l'ha determinata. La norma si applica anche alle parti di un'unione civile ex art. 1, commi 13 e 20, l. n. 76/2016, se non hanno optato per un diverso regime patrimoniale. FormulaTRIBUNALE DI ... 1 RICORSO EX ART. 183 C.C. La Sig.ra ..., C.F. ...,PEC..., nata a ..., il ..., residente in ... 2, via ..., n. ..., rappresentata e difesa dall'Avv. ..., del foro di ..., C.F. ..., giusta procura alle liti in calce al presente atto, ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in ..., via ..., n. ..., PREMESSO IN FATTO — l'istante è coniugata (ha costituito un'unione civile) con il Sig. ... dal ... in regime di comunione legale dei beni; — il Sig. ... è impossibilitato ad amministrare i beni perché ... 3; IN DIRITTO Ai sensi dell'art. 183 c.c., il coniuge che ... 4 può essere escluso dall'amministrazione dei beni; tutto ciò premesso, CHIEDE che la S.V. Ill.ma voglia, ai sensi dell'art. 183 c.c., escludere il Sig. ... dall'amministrazione dei beni in comunione legale; Il presente procedimento è esente da contributo ai sensi dell'art. 10, d.P.R. n. 115/20025 . Si allegano: .... Luogo e data ... Firma ... PROCURA Delego a rappresentarmi e difendermi nel presente giudizio l'Avv. ..., eleggendo domicilio nello studio dello stesso in ..., via ... e conferendo al medesimo ogni più ampia facoltà di legge. Per autentica della sottoscrizione Firma Avv. ... [1] 1. Il procedimento si incardina con ricorso innanzi al Tribunale del luogo dove si trova la residenza dei coniugi. Risalente giurisprudenza ha affermato che, qualora la legge non dispone altrimenti, nei procedimenti di volontaria giurisdizione la competenza territoriale appartiene al giudice del luogo in cui si trova il soggetto della cui posizione giuridica si discute (Cass. n. 167/1975). Il rito è camerale per cui il Tribunale giudica in composizione collegiale secondo le norme di cui agli artt. 737 ss. c.p.c. [2] 2. In tutti gli atti introduttivi di un giudizio, compresa l'azione civile in sede penale e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati, le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il C.F., oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011, conv., con modif., in l. n. 111/2011). L’art. 125 c.p.c. dispone che, salvo la legge disponga altrimenti, il ricorso deve indicare l’ufficio giudiziario, le parti, l’oggetto, le ragioni della domanda e le conclusioni o l’istanza; e, tanto nell’originale quanto nelle copie da notificare, deve essere sottoscritto dalla parte se essa sta in giudizio personalmente altrimenti dal difensore, che indica il proprio codice fiscale. [3] 3. Descrivere la causale tra quelle indicate nell'art. 183, comma 1, c.c., ed allegare i documenti a supporto, come ad esempio la sentenza di interdizione. [4] 4. Occorre nuovamente inserire i motivi dell'esclusione. [5] 5. Sono tuttavia dovuti i diritti di cancelleria pari ad Euro 27,00. CommentoL'art. 183 c.c., regola il procedimento con cui un coniuge (o la parte di un'unione civile) può chiedere l'esclusione dell'altro dall'amministrazione della comunione legale . L'esclusione è consentita soltanto nei tassativi casi previsti dalla legge, i quali presuppongono che l'uno dei coniugi (o il partner) non possa validamente amministrare perché minore, impossibilitato ovvero per avere male amministrato; in caso di interdizione l'esclusione opera di diritto. Il provvedimento di esclusione del coniuge (o parte) dall'amministrazione è revocabile dal Giudice su istanza dell'interessato, ove dimostri il venir meno dei motivi che l'avevano determinata; ed è revocato ope legis in caso di passaggio in giudicato della sentenza che revoca l'interdizione. Per quanto concerne le causali che giustificano l'esclusione dall'amministrazione la dottrina ha osservato che quella riguardante la minore età non sembra avere una qualche rilevanza posto che: per contrarre il matrimonio il minore deve avere sedici anni e deve essere stato riconosciuto capace di contrarre il matrimonio e di stipulare le convenzioni matrimoniali. L'art. 84 c.c., infatti, ne richiede la maturità psicofisica e pertanto diventa difficile ipotizzare situazioni legate solo alla minore età che siano di impedimento a compiere atti sui beni della comunione. Quanto alla impossibilità ad amministrare, la dottrina prevalente tende ad identificarla con situazioni afferenti le condizioni personali del soggetto quale può essere il suo stato di incapacità di intendere e di volere. Indubbiamente, questa causale si sovrappone all'impedimento ad amministrare previsto dall'art. 182 c.c. La dottrina prevalente ritiene che il criterio discretivo tra le due disposizioni risieda nella durata dell'incapacità: se è temporanea e limitata nel tempo, il coniuge/parte incapace non deve essere escluso dall'amministrazione della comunione legale, ed il consorte potrà chiedere al Giudice l'autorizzazione alla stipula di un atto urgente di straordinaria amministrazione ai sensi dell'art. 182 c.c.; diversamente se l'incapacità è permanente o comunque destinata a protrarsi nel tempo, soccorre la disposizione dell'art. 183 c.c. (cfr. App. Milano, dec. 7 marzo 2003; Trib. Torino, dec. 25 ottobre 1999) che esclude il coniuge/parte incapace dall'amministrazione della comunione e lascia l'amministrazione all'altro coniuge/parte. L'esclusione disposta dal giudice non esenta il coniuge che intende agire dall'onere di chiedere per gli atti di amministrazione straordinaria l'autorizzazione di cui all'art. 182 c.c. Nel caso in cui il coniuge/parte incapace non sia ancora interdetto, inabilitato o rappresentato da un amministratore di sostegno, la sua incapacità naturale di intendere e di volere deve essere accertata in concreto dal Giudice, adito dall'altro coniuge/parte. L'accertamento dovrà basarsi sull'esame diretto della persona ed eventualmente sulle risultanze di una CTU. Venendo adesso alla causale della mala gestio, essa deve sostanziarsi in un inaffidabile e negligente andamento dell'amministrazione che abbia comportato un pregiudizio economico al patrimonio in comunione (ad es. se il coniuge ha alienato beni ad un prezzo svalutato o viceversa ne ha acquistati ad un prezzo notevolmente superiore al loro valore di mercato; se ha sperperato denaro al gioco o con investimenti azzardati e rischiosi senza la necessaria ponderazione ecc.). Il pregiudizio può consistere sia nello sperpero del patrimonio comune, sia nel mancato incremento a causa dell'atteggiamento negligente ed incurante del coniuge/parte, che si sia disinteressato al compimento di attività giuridiche volte ad es. a recuperare crediti o esercitare azioni possessorie o rivendicatorie su immobili in comunione. La fattispecie attiene a situazioni di minore entità e incidenza di quelle previste dall'art. 193 quali titolo per la separazione dei beni. L'accertamento del Giudice sull'inaffidabilità gestoria del coniuge/parte dovrà estendersi anche agli atti concernenti i beni personali, i frutti di essi e i proventi dell'attività separata, considerato che anche la mala gestio di questi ultimi può determinare, in concreto, un pregiudizio (ex art. 189 c.c.) a carico della comunione legale. L'istanza di esclusione va promossa con ricorso al Tribunale in volontaria giurisdizione; il Tribunale decide con decreto motivato emesso in camera di consiglio reclamabile con ricorso alla Corte di Appello entro 10 giorni dalla comunicazione (art. 739 c.p.c.). |