Comparsa di costituzione e risposta nel giudizio intentato dal terzo per l'adempimento dell'obbligazione contratta nell'interesse della famiglia (art. 186 c.c.)

Gustavo Danise
Aggiornato da Francesco Bartolini

Inquadramento

L'art. 186 c.c., disciplina la responsabilità della comunione legale per l'adempimento delle obbligazioni relative ai pesi ed oneri gravanti su di essi al momento dell'acquisto (lett. a); ai carichi dell'amministrazione (lett. b); alle spese per il mantenimento della famiglia e per l'istruzione e l'educazione dei figli e di ogni obbligazione contratta dai coniugi, anche separatamente, nell'interesse della famiglia (lett. c); ad ogni obbligazione contratta congiuntamente dai coniugi. Il creditore di un'obbligazione che rientra in una di tali tipologie può escutere il patrimonio in comunione legale; laddove non riesca a soddisfarsi integralmente potrà poi agire sui beni personali di entrambi i coniugi nei limiti della metà del credito (art. 190 c.c.). La norma si applica anche alle parti di un'unione civile ex art. 1, commi 13 e 20, l. n. 76/2016 se non hanno optato per un diverso regime patrimoniale.

Formula

TRIBUNALE CIVILE DI ...

COMPARSA DI COSTITUZIONE E RISPOSTA 1

nella causa pendente dinanzi all'intestato Tribunale, sez. ..., iscritta al n. ... R.G.A.C. anno ..., G.I. Dott. ...,

PER

il Sig. ..., nato a ... il ..., residente in ..., via ... C.F. ..., e per la Sig.ra ..., nata a ... il ..., residente in ..., via ... C.F. ... 2 entrambi rappresentati e difesi, giusta procura in calce al presente atto, dall'Avv. ... (C.F. ... fax ... PEC ... ), presso lo studio del quale in ..., via ... elettivamente sono domiciliati

- convenuti -

CONTRO

Istituto Scolastico ..., ..., con sede legale in ..., via ... n ... , in perona. del legale rappresentante sig. . ... C.F. ..., rappresentato e difeso dall'Avv. ....

- attore -

FATTO

Con atto di citazione notificato in data ... la Sig.ra ... ...e la Sig.ra ……, coniugi, conveniva innanzi l'intestata autorità giudiziaria il Sig. ... al fine di vedere accolte le seguenti conclusioni: “a) condannare i convenuti al pagamento in solido della somma di Euro ..., oltre interessi legali ex d.lgs. n. 231/2002 dalla data di maturazione del loro debito e fino al soddisfo; b) condannare i convenuti al pagamento in solido delle spese di giudizio, oltre IVA, CPA e rimborso forfettario delle spese generali”.

A sostegno l'istituto scolastico deduceva:

- che la Sig.ra ... aveva iscritto le due figlie minori presso l'istituto ... nell'anno scolastico ... firmando il relativo modulo di iscrizione;

- che le minori ... avevano regolarmente seguito le lezioni impartite dai docenti dello scrivente Istituto e rispettato l'orario scolastico giornaliero;

- che al termine dell'anno scolastico, la Sig.ra ... ed il marito Sig.. ... non avevano pagato le rette scolastiche previste nel modulo di adesione per l'importo complessivo di Euro ...;

- che sussisteva l'obbligazione solidale anche del Sig. ...padre delle due alunne, sebbene il modello di iscrizione fosse stato sottoscritto dalla sola madre, essendo stata l'obbligazione contratta nell'interesse della prole, ai sensi dell'art. 186, lett. c), c.c.

Tutto ciò premesso, con il presente atto il Sig. ... impugna e contesta integralmente la domanda avversaria per le seguenti considerazioni in

DIRITTO

Eccezione preliminare di difetto di legittimazione passiva del Sig. ....

Come lo stesso Istituto attore riconosce, il modello di iscrizione delle minori ... è stato sottoscritto dalla sola madre, Sig.ra .... Considerando che la sottoscrizione del predetto modello costituisce il momento in cui si è perfezionato il contratto con l'Istituto scolastico ed in cui è sorta l'obbligazione di pagamento delle rette, deve convenirsi che detta obbligazione sia riferibile esclusivamente al genitore che l'abbia contratta, ossia la madre, ancorché l'obbligazione sia stata assunta per soddisfare un interesse della prole, in quanto il contratto ha effetto solo tra le parti contraenti (art. 1372 c.c.). Si riporta sul punto la pronuncia della S.C. di Cassazione n. 25026/2008, ove si enuncia il seguente principio di diritto: “l'obbligazione assunta dal coniuge, sebbene finalizzata a soddisfare esigenze familiari, non pone l'altro coniuge nella veste di debitore solidale, trovando applicazione il principio generale secondo cui il contratto non produce effetti rispetto ai terzi ai sensi dell'art. 1372 c.c.”.

È da escludersi l'obbligazione solidale del Sig. ... anche per un altro motivo: egli non ha conferito mandato orale alla moglie di sottoscrivere anche per suo conto il modulo di iscrizione delle figlie presso l'istituto scolastico attore; anzi, sul punto è sorto un dissidio tra i genitori, in quanto il padre avrebbe voluto che le figlie frequentassero la scuola pubblica che garantisce pari livello di istruzione ma a costi notevolmente più contenuti. Ma la madre non ha voluto sentire ragioni sul punto, insistendo sulla necessità che le figlie frequentassero il prestigioso istituto privato, al che il marito ha ribadito la sua opposizione riferendo alla moglie che si sarebbe assunta in via esclusiva la responsabilità ed i relativi oneri economici della scelta arbitrariamente assunta.

Per tale motivo il Sig. ... marito della Sig.ra ... e padre delle minori eccepisce il proprio difetto di legittimazione passiva in merito alla domanda avversaria di condanna in solido al pagamento delle rette scolastiche.

Esclusione di un'obbligazione a carico della comunione legale.

Alla luce delle argomentazioni svolte nel paragrafo precedente l'obbligazione contratta non rientra tra quelle indicate nell'art. 186 c.c., ma di esse deve rispondere esclusivamente il coniuge che l'ha assunta con il proprio patrimonio personale; l'Istituto creditore potrà aggredire il patrimonio in comunione legale esclusivamente nei limiti della quota spettante al coniuge debitore ai sensi dell'art. 189, comma 2, c.c.3 .

Tutto ciò considerato e premesso, la scrivente difesa rassegna le seguenti conclusioni.

VOGLIA IL TRIBUNALE

Disattesa ogni contraria istanza, eccezione e difesa,

- In via preliminare dichiarare il difetto di legittimazione sostanziale passiva del Sig. ... in merito all'obbligazione assunta dalla Sig.ra ... nei confronti dell'Istituto scolastico attore;

- Per l'effetto accertare l'insussistenza dell'obbligazione solidale del Sig. ... nei confronti dell'istituto attore, essendo la responsabilità per l'obbligazione ascrivibile esclusivamente alla Sig.ra ...;

- accertare e dichiarare, altresì, che l'obbligazione non rientra tra quelle previste nell'art. 186 c.c., ma si tratta di un'obbligazione personale della Sig.ra ... ex art. 189, comma 2, c.c.

- per l'effetto rigettare la domanda attorea

- Condannare l'Istituto attore alla rifusione delle spese di giudizio in favore del convenuto Sig. ....

Con riserva di meglio precisare le richieste istruttorie nelle memorie ex art. 171 ter, comma 6, c.p.c.

Si allegano i seguenti documenti

....

Luogo e data ...

Firma Avv. ...

PROCURA

Delego a rappresentarmi e difendermi nel presente giudizio l'Avv. ..., eleggendo domicilio nello studio dello stesso in ..., via ... e conferendo al medesimo ogni più ampia facoltà di legge.

Per autentica della sottoscrizione

Firma Avv. ...

[1] 1. Si rammenta che con DM del 7 agosto 2023, n. 110 recante “Regolamento per la definizione dei criteri di redazione, dei limiti e degli schemi informatici degli atti giudiziari con la strutturazione dei campi necessari per l'inserimento delle informazioni nei registri del processo, ai sensi dell'articolo 46 delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile” pubblicato in GU Serie Generale n.187 del 11-08-2023 ed entrato in vigore in data 26/08/2023 sono stati indicati dal Ministero della Giustizia i criteri di redazione degli atti processuali delle parti private e dei Giudici. Si precisa nell'art 3 che l'esposizione deve essere contenuta nel limite massimo di: a) 80.000 caratteri, corrispondenti approssimativamente a 40 pagine nel formato di cui all'articolo 6, quanto all'atto di citazione e al ricorso, alla comparsa di risposta e alla memoria difensiva, agli atti di intervento e chiamata di terzi, alle comparse e note conclusionali, nonché agli atti introduttivi dei giudizi di impugnazione; b) 50.000 caratteri, corrispondenti approssimativamente a 26 pagine nel formato di cui all'articolo 6, quanto alle memorie, alle repliche e in genere a tutti gli altri atti del giudizio; c) 10.000 caratteri, corrispondenti approssimativamente a 5 pagine nel formato di cui all'articolo 6, quanto alle note scritte in sostituzione dell'udienza di cui all'articolo 127-ter del codice di procedura civile, quando non è necessario svolgere attività difensive possibili soltanto all'udienza. Nel successivo art. 5 si precisa che i suddetti limiti dimensionali possono essere superati se la controversia presenta questioni di particolare complessità, anche in ragione della tipologia, del valore, del numero delle parti o della natura degli interessi coinvolti, ovvero nel caso di proposizione di una domanda riconvenzionale, di una chiamata di terzo, di un atto di integrazione del contraddittorio, di un atto di riassunzione o di un'impugnazione incidentale. Altro importante criterio di redazione degli atti è contenuto nell'art.6 rubricato “tecniche redazionali” ove si invita l'utilizzo di caratteri di dimensioni di 12 punti; con interlinea di 1,5 e con margini orizzontali e verticali di 2,5 centimetri, con esclusione dell'inserimento di note.

[2] 2. In tutti gli atti introduttivi di un giudizio, compresa l'azione civile in sede penale e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati, le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il C.F., oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011, conv., con modif., in l. n. 111/2011).

[3] 3. Tale tipo di difesa assume una sua utilità allorquando il coniuge che ha contratto personalmente l'obbligazione e sul quale si cerca di indirizzare in via esclusiva l'accollo della responsabilità, non è titolare di alcun bene o reddito, come nel caso della moglie casalinga o del marito disoccupato, non possidenti. In tal caso infatti l'accoglimento della descritta prospettazione difensiva imporrebbe al creditore, che ottenga il titolo esecutivo (id est la sentenza di condanna passata in giudicato), di agire in via prioritaria su un patrimonio vuoto ed assolutamente incapiente, potendo aggredire solo sussidiariamente quello in comunione nei limiti di quanto previsto dall'art. 189, comma 2, c.c. Naturalmente gli acquisti compiuti dall'altro coniuge, produttore di reddito, ricadono in comunione legale ai sensi dell'art. 177, lett. a), c.c., per cui il creditore, pur agendo in via sussidiaria sui beni acquistati dopo il matrimonio entro il limite della quota di metà spettante al coniuge debitore, riuscirebbe ugualmente a soddisfare interamente il credito, se ha oggetto una somma di denaro modesta, come nel caso ipotizzato delle rette scolastiche, ma tale difesa potrà rivelarsi vincente nel caso in cui l'obbligazione sia di importo superiore alla metà del valore dei beni in comunione legale.

Commento

Le norme degli artt. 186-190 c.c., dettano una disciplina speciale in punto di responsabilità patrimoniale per l'adempimento delle obbligazioni rispetto al principio generale della responsabilità illimitata del debitore con tutti i suoi beni presenti e futuri ex art. 2740 c.c. Difatti, per le obbligazioni personali assunte da ciascun coniuge, ognuno ne risponde coi propri beni personali, ma se insufficienti, in via sussidiaria, anche coi beni in comunione per la sua quota di metà (art. 189 c.c.); per le obbligazioni contratte dai coniugi per la famiglia, risponde prioritariamente il patrimonio in comunione legale (art. 186 c.c.), ma, se non è sufficiente, in via sussidiaria il patrimonio personale di ogni coniuge fino alla metà del credito (art. 190 c.c.). Questa articolata disciplina si spiega sulla base dell'assunto che la comunione legale tende ad attuare sul piano economico la condivisione dei benefici e delle perdite, che normalmente caratterizzano la vita della coppia. La nozione di “pesi ed oneri” gravanti sui beni della comunione dal momento del loro acquisto si riferisce in primo luogo ai vincoli reali ‘‘in senso stretto”, quali pegni, ipoteche, privilegi speciali o altri vincoli di natura pubblicistica anche se il vincolo è imposto a favore del creditore per un'obbligazione contratta da un solo coniuge. Nella nozione di ‘‘pesi ed oneri” rientrano, accanto ai vincoli reali, anche le obbligazioni propter rem gravanti sui beni della comunione legale al momento dell'acquisto, come ad esempio, l'obbligazione di provvedere all'amministrazione e manutenzione ordinaria del bene oggetto di usufrutto (artt. 980, comma 2, e 1004, comma 1, c.c.) e quella di contribuire alle spese necessarie per la conservazione ed il godimento della cosa comune ai sensi degli artt. 1104, commi 1 e 3, c.c., per adempiere alle quali rispondono i beni della comunione legale intesi nella loro complessità: non soltanto, quindi, i singoli beni gravati dell'obbligazione, ma anche gli ulteriori beni che, pur non costituendo specifico oggetto dell'obbligazione stessa, fanno parte, tuttavia, del patrimonio della comunione legale. Per quanto concerne i «carichi dell'amministrazione» tale nozione comprende le obbligazioni contratte dai coniugi per l'amministrazione ordinaria e straordinaria dei beni della comunione legale, come ad esempio, le spese di manutenzione e custodia, i contributi condominiali, i premi di assicurazione, i debiti di imposta ecc. Tra i carichi dell'amministrazione rientrano anche le obbligazioni discendenti da responsabilità extracontrattuale ai sensi degli artt. 2043 ss. c.c. (ad es. il danno causato ad un terzo dal bene in comunione a seguito della violazione dell'obbligo di custodia), solo se vi sia responsabilità solidale dei coniugi (ad es. entrambi hanno violato l'obbligo di custodia del bene che ha causato un sinistro a danno di un terzo); diversamente se la responsabilità extracontrattuale è ascrivibile ad uno solo di essi, solo questi ne risponderà coi propri beni personali. Indubbiamente la tipologia di obbligazioni che ha suscitato maggior interesse nell'applicazione pratica della norma è quella contenuta nella lett. c) avente ad oggetto le spese per il mantenimento della famiglia e per l'istruzione e l'educazione dei figli e di ogni obbligazione contratta dai coniugi, anche separatamente, nell'interesse della famiglia. Tali obbligazioni sono poste dal legislatore a carico della comunione legale, anche se i negozi giuridici cui afferiscono sono stipulati da un solo coniuge. Su tale aspetto si registra un contrasto di pronunce in seno alla giurisprudenza di legittimità. In una fattispecie in cui la moglie aveva contratto l'obbligo di ingenti spese odontoiatriche per sé e per i due figli minori, sostenute dal marito per lungo tempo, che aveva rifiutato, al termine delle cure, il pagamento del saldo finale, la Cassazione, in sentenza ha affermato (Cass. n. 8995/1992) che, ove si tratti di obbligazioni derivanti dal soddisfacimento di “esigenze primarie della famiglia”, quali in particolare la cura della salute dei componenti della famiglia, deve riconoscersi il potere dell'uno e dell'altro coniuge di fronte ai terzi di compiere gli atti e di assumere le relative obbligazioni con effetti vincolanti per entrambi, in deroga al principio secondo cui soltanto il coniuge che ha personalmente stipulato l'obbligazione risponde del debito contratto. Tale conclusione si basa sull'assunto che in presenza di obbligazioni connesse a esigenze primarie, si deve ritenere, da un lato, che il singolo coniuge abbia agito sulla base di un mandato tacito conferitogli dall'altro e, dall'altro, che il terzo possa ritenere con incolpevole affidamento che l'obbligazione sia stata contratta anche per conto del coniuge non stipulante. La S.C. è pervenuta al medesimo risultato della responsabilità solidale dei coniugi, traendola dai principi generali in materia di rappresentanza, apparenza giuridica e procura tacita (Cass. n. 7501/1995 e Cass. n. 19947/2004 in cui si afferma il principio secondo cui la moglie è di regola responsabile in proprio per le obbligazioni da lei contratte nell'interesse della famiglia; ma il marito è responsabile delle obbligazioni in suo nome contratte dalla moglie oltre che nei casi in cui le abbia conferito procura, in forma espressa o tacita, tutte le volte in cui sia stata posta in essere una situazione tale da far ritenere alla stregua del principio dell'apparenza giuridica che la moglie abbia contratto una determinata obbligazione non già in proprio ma a nome del marito). In altre pronunce, invece, la S.C. ha statuito che l'obbligazione assunta dal coniuge, sebbene finalizzata a soddisfare esigenze familiari, non pone l'altro coniuge nella veste di debitore solidale, trovando applicazione il principio generale secondo cui il contratto non produce effetti rispetto ai terzi ai sensi dell'art. 1372 c.c. (Cass. n. 5709/86; Cass. n. 6118/1990; Cass. n. 5063/1992; Cass. n. 3471/2007; Cass. n. 25026/2008 più recentemente in sentenza n. 37612/2021 “Nella disciplina del diritto di famiglia, introdotta dalla l. n. 151/1975, l'obbligazione assunta da un coniuge, per soddisfare bisogni familiari, non pone l'altro coniuge nella veste di debitore solidale, difettando una deroga rispetto alla regola generale secondo cui il contratto non produce effetti rispetto ai terzi. Tale principio opera indipendentemente dal fatto che i coniugi si trovino in regime di comunione dei beni, essendo la circostanza rilevante solo sotto il diverso profilo della possibilità, da parte del creditore, di invocare la garanzia dei beni della comunione o del coniuge non stipulante, nei casi e nei limiti di cui agli artt. 189 e 190 c.c.”). Ne consegue che sebbene il coniuge abbia assunto l'obbligazione nell'interesse della famiglia in regime di comunione di beni, il creditore possa invocare la garanzia dei beni della comunione o dei beni personali dei coniugi nei limiti degli artt. 189 e 190 c.c., e non secondo il principio dell'art. 186, lett. c), c.c. Il primo dei due orientamenti è prevalente e da ritenersi preferibile, perché posto a tutela del principio dell'affidamento incolpevole dei creditori. La S.C. di Cassazione ha rimarcato tale aspetto in sentenza n. 10116/2015 “In tema di rapporti patrimoniali tra coniugi, non sussiste vincolo di solidarietà per le obbligazioni assunte da uno di essi per soddisfare i bisogni familiari pur in presenza di un regime di comunione legale, fatto salvo il principio di affidamento del creditore che abbia ragionevolmente confidato nell'apparente realtà giuridica, desumibile dallo stato di fatto, che il coniuge contraente agisse anche in nome e per conto dell'altro. Ne consegue che il credito vantato dalla collaboratrice domestica per le obbligazioni assunte dalla moglie, da cui promanavano le quotidiane direttive del servizio, rende coobbligato anche il marito, datore della provvista in danaro ordinariamente utilizzata per la corresponsione della retribuzione sì da ingenerare l'affidamento di esser l'effettivo datore di lavoro”. L'interesse della famiglia deve essere rappresentato in concreto dal coniuge contraente, al momento della stipula del negozio. I beni della comunione legale rispondono delle obbligazioni contratte nell'interesse della famiglia anche qualora esse derivino da atti di amministrazione straordinaria compiuti da un coniuge senza il consenso dell'altro: la disciplina dei rapporti interni tra coniugi non può incidere infatti sulla responsabilità per le obbligazioni assunte nei confronti dei terzi; in altre parole, la violazione di parte di un coniuge delle regole dell'amministrazione congiunta (art. 180, comma 2, c.c.) e l'omessa attivazione del procedimento volto a conseguire l'autorizzazione giudiziale al compimento dell'atto dissentito dall'altro coniuge, ai sensi dell'art. 181 c.c., non possono creare disparità di trattamento del creditore dell'obbligazione assunta da un solo coniuge rispetto ai creditori della comunione legale; se l'obbligazione è stata assunta nell'interesse della famiglia, entrambi devono poter contare sui beni della comunione, in primis, e su quelli personali (art. 189 c.c.) in seconda battuta, per soddisfare il proprio credito. L'onere della prova dell'effettiva rispondenza all'interesse della famiglia dell'obbligazione assunta separatamente dal coniuge, grava sul creditore, il quale, peraltro, in quanto estraneo alla vita familiare, può assolvervi con il ricorso alla prova logica mediante presunzioni o per massime di comune esperienza. L'art. 186, lett. d), c.c., pone una disciplina speciale rispetto all'obbligazione solidale dei condebitori ex art. 1294 c.c.; infatti, mentre in quest'ultimo caso il debitore nei cui confronti è rivolta la richiesta di pagamento ne risponde con tutto il proprio patrimonio personale ai sensi dell'art. 2740 c.c., la norma in commento in questa sede sancisce il vincolo patrimoniale dei beni della comunione legale, che costituiscono un'entità patrimoniale distinta dai beni oggetto del patrimonio personale di ciascun coniuge. Ne consegue che il creditore delle obbligazioni contratte congiuntamente dai coniugi può aggredire tutti i beni che ricadono in comunione legale, anche quelli intestati ad un solo coniuge, a patto che, appunto, il bene, nonostante il dato dell'intestazione formale, rientri con certezza in comunione. In dettaglio, per “obbligazione contratta congiuntamente” deve intendersi ogni ipotesi di obbligazione soggettivamente complessa: non soltanto, le obbligazioni solidali stricto sensu, ma anche le obbligazioni parziarie, quelle indivisibili e quelle – in senso proprio – congiunte. Sono obbligazioni contratte congiuntamente anche quelle derivanti da fatto illecito, quando la responsabilità dell'illecito sia causalmente e giuridicamente ascrivibile ad entrambi i coniugi, per l'adempimento delle quali i coniugi stessi rispondono, oltre che col rispettivo patrimonio personale, anche con i beni della comunione legale. L'art. 186, lett. d), c.c., presuppone che l'obbligazione sia assunta per il medesimo titolo; essa non si estende, pertanto, all'ipotesi dell'obbligazione di garanzia assunta da un coniuge in favore dell'altro (ad es. fideiussione); nel qual caso, infatti, le obbligazioni non possono considerarsi “congiuntamente” contratte e, pertanto ciascun coniuge risponderà per l'adempimento con i propri beni personali, salvo che ricorra un interesse familiare ai sensi dell'art. 186, lett. c), c.c. Quanto riferito in questo commento si estende alle parti di un'unione civile ex art. 1, comma 13, l. n. 76/2016 se non hanno optato per un diverso regime patrimoniale.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario