Comparsadicostituzioneerisposta,coneccezionericonvenzionale, nel giudizio di divisione dei beni dopo lo scioglimento della comunione legale (art. 194 c.c.)

Gustavo Danise
Aggiornato da Francesco Bartolini

Inquadramento

Al momento dello scioglimento della comunione legale dei coniugi, qualsiasi ne sia la causa tra quelle elencate nell'art. 191 c.c., si determina una situazione di contitolarità tra i coniugi per quote eguali sui beni che ne fanno parte e su quelli che ricadono in comunione de residuo in base agli artt. 177, lett. b) e c), e 178 c.c. Ciascuno dei coniugi può quindi attivare il giudizio di divisione del patrimonio in comunione legale, con atto di citazione innanzi al Tribunale competente, all'esito del quale, detratti i debiti comuni verso terzi, compensati i reciproci rapporti debito-credito tra i coniugi, effettuati i rimborsi ex artt. 192 e 193 c.c., si devono formare sul patrimonio che residua due lotti di pari valore, ognuno dei quali dovrà essere attribuito ad un coniuge. Nel giudizio di divisione trovano applicazione analogica le norme sulla divisione dell'eredità. Nel caso in cui residuino nel patrimonio beni immobili non comodamente divisibili, le parti potranno accordarsi per l'attribuzione in proprietà esclusiva di singoli beni immobili, riequilibrando le quote col versamento di un conguaglio. In mancanza di accordo, il progetto divisionale con attribuzione della proprietà esclusiva ad entrambi i coniugi di singoli cespiti sarà redatto dal CTU nominato dal giudice. La norma si applica anche alle parti di un'unione civile ex art. 1, comma 13 e 20, l. n. 76/2016, se non hanno optato per un diverso regime patrimoniale.

Formula

TRIBUNALE CIVILE DI .... 1

COMPARSA DI COSTITUZIONE E RISPOSTA 2 CON ECCEZIONE RICONVENZIONALE

nella causa pendente dinanzi all'intestato Tribunale, sez. ...., iscritta al n. .... R.G.A.C. anno ...., G.I. Dott. ....,

PER

Sig. ...., nato a .... il ...., residente in ...., via .... C.F. .... 3, rappresentato e difeso, giusta procura in calce al presente atto (o a margine del presente atto), dall'Avv. .... (C.F. ........ PEC ....), presso lo studio del quale in ...., via .... è elettivamente domiciliato;

CONTRO

la Sig.ra ...., nata a .... il ...., residente in ...., via .... C.F. .... rappresentato e difeso dall'Avv. ....;

FATTO

Con atto di citazione notificato in data .... la Sig. .... conveniva innanzi l'intestata autorità giudiziaria il Sig. .... al fine di vedere accolte le seguenti conclusioni: “a) accertato il patrimonio in comunione, ivi compreso il denaro sussistente sul conto corrente cointestato tra i coniugi, ed i valori sussistenti sul conto corrente intestato personalmente al convenuto al momento dello scioglimento del matrimonio, che ricadono in comunione de residuo, e valutati i rapporti di debito-credito (anche a titolo personale) tra i coniugi, e predisposto il progetto di divisione, determini le rispettive quote anche indicando eventuali conguagli in denaro all'esito dell'espletanda consulenza tecnica d ‘ufficio; b) conseguentemente proceda alla divisione dei beni in comunione tra i coniugi con attribuzione delle quote, e facendo espressa richiesta di attribuzione all'attrice dell'appartamento sito in ....; c) condanni in ogni caso il convenuto al rimborso delle somme prelevate dall'attrice dal proprio patrimonio personale per la ristrutturazione dell'immobile adibito a casa coniugale; d) condanni il convenuto al pagamento delle spese di giudizio, oltre accessori”.

Con la presente comparsa, si costituisce in giudizio il Sig. .... aderendo solo parzialmente alla domanda di divisione dei beni in comunione legale, ma contestando ed eccependo l'infondatezza della richiesta di condanna al pagamento delle somme sussistenti sul suo conto corrente personale in virtù delle seguenti ragioni di

DIRITTO

Nel merito 4, il Sig. .... contesta la circostanza di avere sottratto arredi e suppellettili dalla casa coniugale, dovendo l'attrice, in forza del criterio di riparto dell'onere della prova stabilito dall'art. 2697 c.c., provare la veridicità della condotta che imputa all'odierno convenuto;

– contesta il diritto della Sig.ra .... al rimborso delle somme impiegate per la ristrutturazione della casa coniugale, in quanto seppure l'attrice ha materialmente eseguito il pagamento alla ditta appaltatrice su esplicito mandato conferito oralmente dal marito, l'attrice non ha impiegato somme personali provenute dall'eredità del defunto padre, ma le ha prelevate dal conto corrente cointestato ad entrambi i coniugi su cui era depositato denaro, in regime di comunione legale, per gran parte versato dall'odierno convenuto, che è l'unico a percepire reddito, svolgendo la Sig.ra .... l'attività di casalinga (ad es.);

– il comparente contesta, altresì, il preteso diritto della sig.ra .... a conseguire la metà della somma di Euro ...., depositata sul conto corrente intestato esclusivamente al marito presso la Banca ...., e dell'ulteriore somma di Euro .... in titoli giacenti in un deposito a custodia intestato sempre a lui presso lo stesso istituto di credito, che secondo l'attrice formerebbero oggetto di comunione de residuo, in quanto dette somme e titoli non costituiscono proventi dell'attività imprenditoriale/ commerciale/professionale/separata .... dell'odierno convenuto, ma denaro ottenuto a titolo di risarcimento dei danni accertato in sentenza n. .... del Tribunale di ..... Infatti il comparente deduce che la sua attività .... ha fatto registrare perdite negli ultimi 5 anni precedenti alla data di scioglimento della comunione legale, mentre il risarcimento del danno è stato liquidato in data .... e pochi giorni dopo ha effettuato il versamento sul conto corrente personale ed acquistato i titoli come si evince dall'estratto conto che si allega.

– l'odierno convenuto contesta altresì che l'immobile .... (descrivere) sia oggetto di comunione legale; infatti lo stesso è stato acquistato con i proventi della alienazione di un suo precedente bene personale. Ancorché la Sig.ra .... sia comparsa nel rogito notarile e risulti co-acquirente dell'immobile in questione, in precedenza la stessa aveva redatto e sottoscritto una dichiarazione, nella scrittura privata che si allega, in cui riconosce che la sua compartecipazione alla stipula dell'atto di acquisto dell'immobile è simulata, in quanto il bene viene acquistato dal Sig. .... con il prezzo della cessione di un suo immobile personale. Come si può notare dall'esame del documento, tale scrittura privata reca data antecedente alla stipula dell'atto notarile; per questo motivo, lo scrivente spiega eccezione riconvenzionale di accertamento della proprietà esclusiva dell'immobile sito in .... ai sensi e per gli effetti dell'art. 179, lett. f);

– In virtù delle considerazioni appena svolte, la divisione della comunione legale dovrà riguardare esclusivamente l'immobile adibito a casa coniugale ed il denaro sussistente sul conto corrente cointestato ai coniugi al momento dello scioglimento della comunione legale.

– Il Sig. .... non si oppone all'attribuzione del predetto immobile in proprietà esclusiva alla Sig.ra .... purché ella gli versi il conguaglio pari al 50% del valore dell'immobile, corrispondente alla quota di contitolarità spettante a lui, senza che incida sulla determinazione del conguaglio la circostanza che il bene immobile in questione sia stato già assegnato dal Tribunale nel giudizio di separazione alla Sig.ra .... per coabitarvi coi figli. Allo scopo si ricorda che la S.C. di Cassazione con sentenza n. 17843/16 ha stabilito che “L'assegnazione del godimento della casa familiare, ex art. 155 c.c. previgente e art. 155-quater c.c., ovvero in forza della legge sul divorzio, non può essere considerata in occasione della divisione dell'immobile in comproprietà tra i coniugi al fine di determinare il valore di mercato del bene qualora l'immobile venga attribuito al coniuge titolare del diritto al godimento stesso, atteso che tale diritto è attribuito nell'esclusivo interesse dei figli e non del coniuge affidatario e, diversamente, si realizzerebbe una indebita locupletazione a suo favore, potendo egli, dopo la divisione, alienare il bene a terzi senza alcun vincolo e per il prezzo integrale”.

***

TUTTO CIÒ CONSIDERATO E PREMESSO

VOGLIA IL TRIBUNALE

Disattesa ogni contraria istanza, eccezione e difesa,

accogliere la domanda di divisione dei beni in comunione legale formulata dalla controparte esclusivamente con riguardo all'immobile sito in .... adibito a casa coniugale ove coabita attualmente la controparte coi figli ed al denaro che risulta depositato sul conto corrente cointestato ai coniugi presso la Banca .... al momento dello scioglimento della comunione legale;

3) accogliere l'eccezione riconvenzionale spiegata dal convenuto accertando che l'altro immobile sito in. .... è di proprietà esclusiva del Sig. .... ai sensi dell'art. 179, lett. f); che le somme di Euro ...., depositata sul conto corrente intestato esclusivamente al marito presso la Banca ...., e di Euro .... in titoli giacenti in un deposito a custodia intestato sempre a lui presso lo stesso istituto di credito, sono di proprietà esclusiva del sig. .... ai sensi dell'art. 179, lett. e); che le somme impiegate per la ristrutturazione della casa adibita a comunione legale erano oggetto di comunione legale e non denaro personale della Sig.ra ....;

4) per effetto dell'accertamento dei fatti indicati nel punto precedente, rigettare integralmente la domanda della Sig.ra .... di condanna del sig. .... al pagamento delle somme pretese per tali titoli;

Con vittoria di spese.

In via istruttoria, si chiede ammettersi prova per interrogatorio formale della sig.ra sui seguenti capitoli di prova: “Vero che .... ”; prova testimoniale sui seguenti capitoli di prova: “Vero che .... ”, indicando i seguenti testimoni .... con riserva di meglio precisare le richieste istruttorie nelle memorie ex art. 7-ter c.p.c. 5.

Si chiede, inoltre, l'espletamento di una CTU che accerti il valore dell'immobile della casa coniugale, lo sommi al denaro presente sul conto corrente cointestato al momento dello scioglimento della comunione legale, e rediga quindi un progetto divisionale per quote eguali; indichi altresì il conguaglio che la Sig.ra .... sarà tenuta a versare al Sig. ...., pari al 50% del suo valore, nel caso in cui l'attrice insista nella richiesta di attribuzione in sua proprietà esclusiva del predetto bene.

Si producono i seguenti documenti:

1) copia dell'atto di citazione notificato;

2) copia dell'estratto conto bancario da cui si evince il prelievo effettuato da entrambi i coniugi per eseguire il pagamento della ditta che ha eseguito i lavori di ristrutturazione dell'immobile;

3) documentazione reddituale afferente all'attività esercitata dal Sig. .... relativa agli ultimi cinque anni prima dello scioglimento della comunione legale;

4) copia della sentenza ....;

5) Bonifico di pagamento eseguito da .... in favore del Sig. .... a titolo di risarcimento danni;

6) estratto conto del conto corrente personale del Sig. ....;

7) copia dell'atto di alienazione dell'immobile ....;

8) copia della scrittura privata sottoscritta dai coniugi in data ....;

9) copia dell'atto di acquisto del bene immobile sito in .....

Si dichiara che l'eccezione riconvenzionale proposta non muta il valore della causa.

Luogo e data ....

Firma Avv. ....

PROCURA

Delego a rappresentarmi e difendermi nel presente giudizio l'Avv. ...., eleggendo domicilio nello studio dello stesso in ...., via .... e conferendo al medesimo ogni più ampia facoltà di legge.

Per autentica della sottoscrizione ....

Firma Avv. ....

[1] [1]La causa rientra nell'ambito dei giudizi ordinari di cognizione. Si applicano gli ordinari criteri di competenza stabiliti dagli artt. 18 ss. c.p.c.

[2] [2]In base all'art. 2 del d.m. 7 agosto 2023, n. 110 “Regolamento per la definizione dei criteri di redazione, dei limiti e degli schemi informatici degli atti giudiziari con la strutturazione dei campi necessari per l'inserimento delle informazioni nei registri del processo, ai sensi dell'articolo 46 delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile”, al fine di assicurare la chiarezza e la sinteticità degli atti processuali in conformità a quanto prescritto dall'art. 121 c.p.c., la comparsa di risposta è redatta con la seguente articolazione: a) intestazione, contenente l'indicazione dell'ufficio giudiziario davanti al quale la domanda è proposta e della tipologia di atto; b) parti, comprensive di tutte le indicazioni richieste dalla legge; c) parole chiave, nel numero massimo di venti, che individuano l'oggetto del giudizio; d) nelle impugnazioni, estremi del provvedimento impugnato con l'indicazione dell'autorità giudiziaria che lo ha emesso, la data della pubblicazione e dell'eventuale notifica; e) esposizione distinta e specifica, in parti dell'atto separate e rubricate, dei fatti e dei motivi in diritto, nonché, quanto alle impugnazioni, individuazione dei capi della decisione impugnati ed esposizione dei motivi; f) nella parte in fatto, puntuale riferimento ai documenti offerti in comunicazione, indicati in ordine numerico progressivo e denominati in modo corrispondente al loro contenuto, preferibilmente consultabili con apposito collegamento ipertestuale; g) con riguardo ai motivi di diritto, esposizione delle eventuali questioni pregiudiziali e preliminari e di quelle di merito, con indicazione delle norme di legge e dei precedenti giurisprudenziali che si assumono rilevanti; h) conclusioni, con indicazione distinta di ciascuna questione pregiudiziale, preliminare e di merito e delle eventuali subordinate; i) indicazione specifica dei mezzi di prova e indice dei documenti prodotti, con la stessa numerazione e denominazione contenute nel corpo dell'atto, preferibilmente consultabili con collegamento ipertestuale; l) valore della controversia; m) richiesta di distrazione delle spese; n) indicazione del provvedimento di ammissione al patrocinio a spese dello Stato. L'art. 3 lett. a) precisa che la comparsa di risposta deve avere un'estensione massima di 80.000 caratteri, salvi gli elementi esclusi dall'art. 4, e ferma restando (ex art. 5) la possibilità di superare detti limiti se la controversia presenta questioni di particolare complessità, anche in ragione della tipologia, del valore, del numero delle parti o della natura degli interessi coinvolti, ipotesi nella quale il difensore espone sinteticamente nell'atto le ragioni per le quali si è reso necessario il superamento dei limiti. Il richiamato Regolamento non trova applicazione, rispetto ai soli limiti dimensionali, nelle controversie di valore superiore a 500.000 euro e, dunque, sembra anche per le cause di valore indeterminabile, le quali sono frequenti in materia familiare.

[3] [3]In tutti gli atti introduttivi di un giudizio, compresa l'azione civile in sede penale e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati, le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il C.F., oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011, conv., con modif., in l. n. 111/2011).

[4] [4]Per completezza e chiarezza argomentativa dovranno essere esposte le difese appropriate avverso le circostanze indicate nella correlata formula dell'atto di citazione per divisione dei beni dopo lo scioglimento della comunione legale.

[5] [5]Nel giudizio ordinario di cognizione, è soltanto con la seconda memoria di cui all'art. 171-ter c.p.c. che le parti devono formulare a pena di decadenza le richieste istruttorie in via diretta.

Commento

La divisione dei beni in comunione legale costituisce solo una fase eventuale, cui i coniugi possono dar vita dopo lo scioglimento della comunione legale. Infatti, se i coniugi ritengono che le rispettive intestazioni di beni rispecchino l'equa corrispondenza ai valori patrimoniali impegnati da ciascuno di essi durante lo svolgimento della vita matrimoniale, ben possono decidere di non procedere alla divisione e di lasciare inalterato lo status quo; diversamente, sui beni acquistati congiuntamente e cointestati ad entrambi si determina, al momento dello scioglimento della comunione legale, una comunione ordinaria incidentale che durerà fino al momento in cui i coniugi decideranno di procedere alla divisione. Fatta questa premessa, laddove i coniugi decidano di procedere alla divisione per ripartire più equamente e correttamente i rispettivi apporti forniti alla costruzione del patrimonio in comunione durante il matrimonio, tutti gli acquisti di cui all'art. 177 c.c. saranno oggetto della comunione legale, a prescindere dall'intestazione formale dei beni, e dovranno essere ripartiti nel giudizio di divisione secondo il criterio dettato dall'art. 194, comma 1, c.c. È stato precisato in giurisprudenza che a fronte della maturazione del fatto costitutivo del diritto del coniuge allo scioglimento della comunione familiare, si deve procedere alla divisione dell'intero compendio, se le parti non abbiano espresso la concorde e specifica volontà di limitare la divisione solo a una parte dei relativi cespiti, anche se i beni da dividere siano solo genericamente indicati, in quanto la loro specifica individuazione fa parte della fase attuativa della divisione (Cass. II, ord. n. 16622/2023).

La divisione della comunione legale presenta natura diversa rispetto alla divisione della comunione ordinaria o ereditaria. Essendo la comunione legale, infatti, una comunione senza quote (Corte cost. n. 311/1988; Cass. II, n. 2047/2019), la sentenza di divisione può determinare il trasferimento in favore di un coniuge del diritto su beni in precedenza acquistati e intestati esclusivamente all'altro coniuge o su beni che, in quanto facenti parte della comunione de residuo, si trovavano, prima dello scioglimento della comunione, nell'esclusiva titolarità e disponibilità dell'altro coniuge. Pertanto, tale pronuncia possiede natura costitutiva, perché determina il mutamento nella titolarità dei diritti sui beni facenti parte della massa. Poiché l'art. 194, comma 1, c.c. si limita a stabilire il principio della ripartizione in parti eguali dell'attivo e del passivo, senza indicazioni sulle modalità e sui tempi della divisione, la dottrina unanime ritiene che si applichino analogicamente le norme sulla comunione ereditaria. I coniugi possono evitare di instaurare un giudizio e procedere alla divisione equa dei beni in comunione legale con un apposito contratto, che potrebbe avere effetti traslativi nel senso di assegnare in proprietà ad un coniuge un bene immobile o mobile registrato che risulta intestato esclusivamente all'altro, che l'aveva acquistato personalmente durante il matrimonio. Il contratto di divisione deve rivestire la forma prevista per i beni che ne sono oggetto (così, per i beni immobili o mobili registrati, il contratto deve essere stipulato in forma scritta a pena di nullità ex art. 1350 c.c.) e deve essere trascritto nei relativi registri affinché il mutamento della titolarità del diritto di proprietà sul bene diventi opponibile ai terzi. In mancanza di accordo, ciascun coniuge può intentare il giudizio di divisione dei beni in comunione, nelle forme del giudizio di cognizione entro il termine ordinario decennale di prescrizione. Nel giudizio si applica analogicamente il disposto dell'art. 727 c.c., per cui si dovrà procedere alla stima dei beni appartenenti al patrimonio coniugale avuto riguardo al loro valore attuale al momento della divisione (Cass. n. 11141/2009), indi alla formazione di due lotti distinti, comprensivi ciascuno di una quantità di beni mobili e immobili di eguale natura e qualità ed all'esito da ripartire. Ove alcuni beni non siano divisibili per natura (come gli immobili), si stabilirà con un progetto divisionale, redatto da un CTU nominato dal Giudice, il coniuge a cui ne verrà attribuita la proprietà esclusiva, con l'obbligo a suo carico di versare un conguaglio in denaro all'altra parte, corrispondente al valore della quota ceduta. L'art. 194, comma 1, c.c. sancisce il criterio della ripartizione paritaria dell'attivo e del passivo della comunione legale; si tratta di un principio fondamentale dell'intero istituto della comunione legale dei coniugi ed inderogabile, sulle base delle indicazioni in tal senso offerte dagli artt. 162, comma 3 e 210, comma 3, c.c. (cfr. Cass. n. 11467/2003). Per quanto concerne i beni che possono essere oggetto del giudizio di divisione, vi rientra innanzitutto il denaro. A riguardo, la S.C. ha chiarito che il denaro rinvenuto al momento dello scioglimento della comunione, qualora costituisca provento dell'attività separata di ciascuno (o di uno) dei coniugi, è oggetto della comunione in via assoluta, ai sensi dell'art. 177, lett. c), senza che possa ammettersi una prova contraria a norma dell'ultima parte dell'art. 195 c.c., e di conseguenza deve essere ripartito in parti uguali al momento della divisione dei beni, sia che provenga dall'attività di uno solo dei coniugi, sia che provenga dalle singole attività dei due coniugi, ancorché in misura diversa per ciascuno di essi (Cass. n. 2182/1992); principio ribadito recentemente in ord. 14 giugno 2023 n. 16993 ove si è precisato che sono oggetto di divisione ai sensi dell'art. 177 lett. c), i proventi dell'attività separata svolta da ciascuno dei coniugi maturati in epoca precedente allo scioglimento della comunione ed anche se non ancora percepiti al momento dello scioglimento della comunione e ancora non esigibili, purché costituiscano il corrispettivo di prestazioni o del godimento relativi al periodo di vigenza della comunione legale; tra essi sono compresi i crediti che il professionista vanta verso clienti per prestazioni già eseguite e non ancora pagate. In secondo luogo, vi rientra la casa coniugale: sul punto, ponendo fine ad un contrasto tra precedenti pronunce in materia, la Corte di Cassazione ha precisato che se il bene immobile adibito a casa coniugale, di proprietà di entrambi i coniugi, viene assegnato ai sensi dell'art. 337-sexies c.c. (già art. 155-quater c.c.) dal Presidente del Tribunale, nell'ordinanza ex art. 708 c.p.c. o dal Tribunale nella sentenza che pronuncia la separazione giudiziale o la cessazione degli effetti civili del matrimonio o lo scioglimento del matrimonio civile ad un coniuge per coabitarvi con i figli, non deve tenersene conto in sede di divisione dei beni in comunione, ove tale immobile venga attribuito in proprietà esclusiva proprio al coniuge assegnatario, sia perché il diritto di abitazione, che è un atipico diritto personale di godimento e non un diritto reale, è previsto nell'esclusivo interesse dei figli e non del coniuge affidatario degli stessi, sia perché, intervenuto lo scioglimento della comunione a seguito di separazione personale o di divorzio, non può più darsi rilievo, per la valutazione dell'immobile, ad un diritto, che, con l'assegnazione della casa familiare in proprietà esclusiva al coniuge affidatario dei figli, non ha più ragione di esistere; diversamente, si realizzerebbe una indebita locupletazione a favore dell'altro coniuge, che potrebbe, dopo la divisione, alienare il bene a terzi senza alcun vincolo e per il prezzo integrale (Cass. n. 17843/2016). Quindi, se in sede di divisione si attribuirà la proprietà esclusiva dell'immobile, adibito a casa coniugale, al coniuge che ne è assegnatario per effetto di un provvedimento giudiziale al fine di coabitarvi coi figli, il coniuge predetto dovrà versare a titolo di conguaglio all'altro coniuge il corrispettivo in denaro corrispondente al 50% del valore commerciale dell'immobile, non determinando il vincolo giudiziale di assegnazione del diritto di abitazione alcuna riduzione di tale conguaglio, come in passato era stato affermato in alcune pronunce di merito ed anche della stessa Cassazione, sul presupposto che detto vincolo limitasse la commerciabilità dell'immobile. In particolare, il credito verso il coniuge socio di una società di persone, a favore dell'altro coniuge in comunione de residuo, esigibile al momento dello scioglimento della comunione, è quantificabile nella metà del plusvalore realizzato a tale momento, consentendosi altrimenti al coniuge socio di procrastinare sine die la liquidazione della società o di annullarne il valore patrimoniale (Cass. n. 6876/2013, conforme a Cass. n. 2569/2009 e Cass. n. 14897/2000).

Le Sezioni Unite hanno affermato che in caso di attribuzione, in sede di divisione, dell'immobile adibito a casa familiare in proprietà esclusiva al coniuge che non era assegnatario dello stesso quale casa coniugale, né affidatario della prole, si realizza una situazione comparabile a quella del terzo acquirente dell'intero, sicché, posto che continua a sussistere il diritto di godimento in capo all'altro coniuge, il coniuge non assegnatario diventerà titolare di un diritto di proprietà il cui valore dovrà essere decurtato dalla limitazione delle facoltà di godimento da correlare all'assegnazione dell'immobile al coniuge affidatario della prole, permanendo il relativo vincolo sullo stesso, con i relativi effetti pregiudizievoli derivanti anche dalla sua trascrizione ed opponibilità ai terzi ai sensi dell'art. 2643 c.c. Se ne è tratta la conclusione per cui l'attribuzione, in sede di divisione, dell'immobile adibito a casa familiare in proprietà esclusiva al coniuge che ne era già assegnatario, comportando la concentrazione, in capo a quest'ultimo, del diritto personale di godimento scaturito dall'assegnazione giudiziale e di quello dominicale sull'intero immobile, che permane privo di vincoli, configura una causa automatica di estinzione del primo, che, pertanto, non potrà avere alcuna incidenza sulla valutazione economica del bene in comunione a fini divisori, o sulla determinazione del conguaglio dovuto al coniuge comproprietario non assegnatario, dovendosi conferire all'immobile un valore economico pieno, corrispondente a quello venale di mercato; né, a tal fine, rileva che nell'immobile stesso continuino a vivere i figli minori, o non ancora autosufficienti, affidati al coniuge divenutone proprietario esclusivo, rientrando tale aspetto nell'ambito dei complessivi e reciproci obblighi di mantenimento della prole, da regolamentare nella sede propria, anche con la eventuale modificazione dell'assegno di mantenimento (Cass. S.U. n. 18641/2022).Conforme: Cass. n. 17843/2016.

 

Al momento dello scioglimento della comunione legale, devono essere restituiti solo gli importi impiegati in spese ed investimenti per il patrimonio comune già costituito ex art. 192 c.c., ma non il denaro personale impiegato per l'acquisto di un immobile che concorre a formare la comunione, trovando, in tale ipotesi, applicazione l'art. 194, comma 1, c.c., secondo cui il quale all'atto dello scioglimento l'attivo ed il passivo devono essere ripartiti in quote uguali indipendentemente dalla misura della partecipazione di ciascuno dei coniugi (Cass. n. 19454/2012; in senso conforme cfr. Cass. n. 10896/2005 e Cass. n. 2354/2005). Si tratta di un orientamento molto importante perché spiega in modo chiaro il funzionamento del sistema normativo in merito all'acquisizione dei beni in comunione legale. In pratica, se un coniuge impiega proprio denaro personale per pagare interamente il prezzo per l'acquisto di un bene immobile, quest'ultimo ricadrà in comunione ai sensi dell'art. 177, lett. a), c.c.; e tale effetto si verifica anche quando il coniuge in questione impiega denaro che è provenuto dall'alienazione di un altro suo bene personale; affinché si configuri l'acquisto di un bene personale c.d. “per surrogazione” ai sensi dell'art. 179, lett. f) è necessaria una dichiarazione in tal senso nell'atto da parte dell'altro coniuge che riconosca che il bene viene acquistato con denaro proveniente dalla cessione di un bene personale del coniuge acquirente, che acquisterà così la proprietà esclusiva del nuovo immobile. Se manca questa dichiarazione, il bene ricadrà in comunione nonostante sia stato acquistato con denaro versato esclusivamente da uno dei due. È diverso il caso in cui un coniuge impiega proprio denaro personale non per acquistare beni, ma esclusivamente per la manutenzione, ristrutturazione, miglioramenti o addizioni di un immobile che già è oggetto di comunione legale (come l'appartamento adibito a casa coniugale nell'esempio della formula); costui avrà diritto infatti al rimborso di tale somma ai sensi dell'art. 192, comma 3, c.c. Nell'operazione di divisione dei beni al momento dello scioglimento della comunione legale, il giudice non deve limitarsi ad una ricognizione dei cespiti immobiliari esistenti al momento dello scioglimento della comunione, conseguente all'instaurazione del regime di separazione, ma deve anche contabilizzare la massa passiva afferente all'attività economica in cui essi erano dedotti, consistentemente gravata – nello stesso periodo – di perdite aziendali, e dunque incidenti sulla nozione economica di bene caduto in divisione; quest'ultimo va inteso alla stregua di valore netto, solo così realizzativo dell'effettivo credito esercitabile sulla comunione de residuo, secondo il criterio giuridico posto dall'art. 194 c.c. e violato (App. Cagliari 25 luglio 2019). Altra precisazione fatta dalla giurisprudenza è che la determinazione del periodo per il quale spetta il corrispettivo dovuto con riguardo al mancato godimento della quota di pertinenza del bene immobile fruttifero decorre, ai sensi dell'art. 1148 c.c., dalla data di proposizione della domanda di divisione, quale momento d'insorgenza del debito di restituzione pro quota in capo al possessore di buona fede in senso oggettivo e non dal (precedente) momento dello scioglimento della comunione (Cass. n. 9845/2012). È molto dibattuta la questione della possibilità di promuovere il giudizio di divisione nell'ambito del già incardinato giudizio di separazione personale dei coniugi. Il problema si pone perché i due giudizi sono assoggettati a riti differenti. A prescindere dalle innovazioni apportate dalla modifica dell'art. 191, comma 2, c.c. ad opera dell'art. 2, l. n. 55/2015 sul momento determinativo dello scioglimento della comunione legale dei coniugi: a tale quesito la giurisprudenza di legittimità in un primo momento ha offerto risposta negativa, escludendo la cumulabilità delle due azioni per insussistenza della connessione forte richiesta dall'art. 40, comma 3 c.p.c. (in tal senso Cass., ord. n. 6424/2017), ma recentemente la Corte di Cassazione sembra aver mutato opinione ammettendo il cumulo tra la domanda di cessazione degli effetti civili del matrimonio e quella, proposta in via riconvenzionale, volta ad ottenere l'annullamento dell'accordo di separazione consensuale per vizio del consenso, in quanto, sebbene assoggettate a riti diversi, sono legate da connessione “per subordinazione” o “forte”, atteso il nesso di pregiudizialità che lega le azioni, la quale rende applicabile l'art. 40, comma 3, c.p.c., salva ogni determinazione del giudice di merito in ordine alla sospensione ex art. 295 c.p.c. della domanda (pregiudicata) di divorzio in attesa della definizione di quella (pregiudicante) sul richiesto annullamento della separazione (Cass., ord. n. 22700/2021). Quanto riferito in questo commento si estende alle parti di un'unione civile ex art. 1, comma 13, l. n. 76/2016, se non hanno optato per un diverso regime patrimoniale.

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