Atto di citazione per rivendica dei beni (art. 219 c.c.)

Gustavo Danise
Aggiornato da Francesco Bartolini

Inquadramento

L'art. 219 c.c., fornisce il criterio probatorio per risolvere i conflitti tra i coniugi in ordine alla proprietà dei beni personali. La norma prevede al comma 1 che ognuno dei due possa dimostrare “con ogni mezzo” (si tratta di un onere semplificato, assolvibile anche mediante presunzioni) la proprietà esclusiva dei beni. Il comma 2, che è un completamento del primo, pone la presunzione che i beni, dei quali nessuno dei coniugi dimostri la proprietà esclusiva, devono intendersi in comproprietà di entrambi. La norma si estende alle parti di un'unione civile legalmente costituita che abbiano adottato il regime di separazione dei beni.

Formula

TRIBUNALE CIVILE DI ... 1

ATTO DI CITAZIONE 2

Per la Sig.ra ..., C.F. ..., nato a ..., il ..., residente in ..., via ..., n. ..., rappresentata e difesa dall'Avv. ..., del foro di ..., C.F. ..., PEC..., giusta procura alle liti in calce al presente atto, ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in ..., via ..., n. ...

- attrice -

CONTRO

Sig. ... C.F. ... nato a ..., il ..., residente in ..., via ..., n. ...,

- convenuto -

FATTO

- La Sig.ra ... contraeva matrimonio concordatario con il Sig. ... in data ..., optando i coniugi per il regime di separazione dei beni (All. 1);

- i coniugi stabilivano la residenza coniugale nell'appartamento sito in ... di proprietà esclusiva del marito;

- i coniugi sono cointestatari, con firma disgiunta, del conto corrente bancario n. ... acceso su Banca ... s.p.a. su cui nel corso degli anni hanno depositato i proventi delle loro attività;

- dopo anni di serena e felice convivenza, il rapporto coniugale si incrinava ed i coniugi decidevano di separarsi;

- I coniugi comparivano dinanzi al Presidente del Tribunale di ... in data ... per l'udienza di comparizione personale, sottoscrivendo l'accordo di separazione consensuale, che veniva omologato dal Tribunale con decreto del ... (All. 2);

- Dall'ultimo estratto conto, prima della separazione, relativo al c/c bancario n. ... cointestato ai coniugi, risulta un saldo attivo di Euro ... (All. 3);

- subito dopo l'udienza di comparizione personale innanzi al Presidente del Tribunale, il Sig. ... si è recato in banca prelevando l'intera liquidità ivi depositata, come si evince dal prospetto bancario che si allega (All. 4);

Descritti così i fatti, con il presente atto, la Sig.ra ... propone domanda di rivendica di metà del denaro presente sul conto corrente sulla base dei seguenti motivi di ....

DIRITTO

L'art. 219 c.c., recita “Il coniuge può provare con ogni mezzo nei confronti dell'altro la proprietà esclusiva di un bene. I beni di cui nessuno dei coniugi può dimostrare la proprietà esclusiva sono di proprietà indivisa per pari quota di entrambi i coniugi”. Nonostante i coniugi avessero optato per il regime di separazione dei beni, decisero di aprire il c/c n. ... presso la Banca ... s.p.a. cointestandoselo con firma disgiunta. Su tale conto entrambi hanno depositato nel corso degli anni i proventi delle rispettive attività. Al momento della separazione risulta depositata su tale conto la somma di Euro ..., che il marito ha provveduto a prelevare interamente subito dopo la separazione. Tuttavia, non essendo possibile stabilire la proprietà esclusiva di tale somma, attesa l'alternanza di depositi e prelievi continui nel corso degli anni, opera la presunzione di comproprietà in capo ad entrambi disposta dal comma 2 della disposizione, per cui spetta all'attrice la metà della somma sopra indicata 3 .

Tanto ciò premesso la Sig.ra,

come sopra rappresentato, difeso e domiciliato,

CITA

Il Sig. ..., C.F. ..., nato a ... il ... e residente in ... alla via ... n. ... a comparire il giorno ... ore di rito ... innanzi all'intestato Tribunale di ..., Giudice designando, con invito a costituirsi nel termine di 70 giorni prima dell'udienza indicata, con avvertimento che la mancata costituzione o la costituzione oltre i termini comporterà le decadenze di cui agli artt. 38 e 167 c.p.c., e che la difesa tecnica mediante avvocato è obbligatoria in tutti i giudizi davanti al Tribunale, fatta eccezione per i casi previsti dall'art. 86 c.p.c. o da leggi speciali, e che esso convenuto, sussistendone i presupposti di legge, può presentare istanza per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, e che in caso di mancata costituzione si procederà in sua legittima e dichiaranda contumacia, per ivi sentir accogliere le seguenti conclusioni:

a) condannare il Sig. ... a restituire alla Sig.ra la somma di Euro ... pari alla metà della somma depositata sul c/c bancario al momento della separazione, oltre interessi legali in misura di legge;

b) condannare il convenuto al pagamento delle spese di giudizio, oltre IVA, CPA e rimborso forfettario delle spese generali.

***

Con riserva di meglio precisare le richieste istruttorie nelle memorie di cui all'art. 171 ter c.p.c., chiede sin d'ora ammettersi interrogatorio formale del convenuto Sig. ... sui seguenti capitoli di prova “vero è che ... ”.

Produce in copia fotostatica, con riserva di produrre gli originali a semplice richiesta, i seguenti documenti:

1) estratto dell'atto di matrimonio;

2) ordinanza presidenziale ex art. 708 c.p.c.;

3) estratto conto del c/c bancario;

4) quietanza di prelievo sottoscritta dal Sig. ....

Dichiarazione di valore della controversia:

Si dichiara che il valore della presente controversia è ricompreso nello scaglione delle cause di valore da ... a ... e che all'atto dell'iscrizione a ruolo della causa viene versato il contributo unificato nella misura di Euro ....

Luogo e data ...

Firma Avv. ...

PROCURA

Delego a rappresentarmi e difendermi nel presente giudizio l'Avv. ..., eleggendo domicilio nello studio dello stesso in ..., via ... e conferendo al medesimo ogni più ampia facoltà di legge.

Per autentica della sottoscrizione

Firma Avv. ...

[1] 1. La causa rientra nell'ambito dei giudizi ordinari di cognizione. Si applicano gli ordinari criteri di competenza stabiliti dagli artt. 18 ss. c.p.c.

[2] 2. si rammenta che con DM del 7 agosto 2023, n. 110 recante “Regolamento per la definizione dei criteri di redazione, dei limiti e degli schemi informatici degli atti giudiziari con la strutturazione dei campi necessari per l'inserimento delle informazioni nei registri del processo, ai sensi dell'articolo 46 delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile” pubblicato in GU Serie Generale n.187 del 11-08-2023 ed entrato in vigore in data 26/08/2023 sono stati indicati dal Ministero della Giustizia i criteri di redazione degli atti processuali delle parti private e dei Giudici. Si precisa nell'art 3 che l'esposizione deve essere contenuta nel limite massimo di: a) 80.000 caratteri, corrispondenti approssimativamente a 40 pagine nel formato di cui all'articolo 6, quanto all'atto di citazione e al ricorso, alla comparsa di risposta e alla memoria difensiva, agli atti di intervento e chiamata di terzi, alle comparse e note conclusionali, nonché agli atti introduttivi dei giudizi di impugnazione; b) 50.000 caratteri, corrispondenti approssimativamente a 26 pagine nel formato di cui all'articolo 6, quanto alle memorie, alle repliche e in genere a tutti gli altri atti del giudizio; c) 10.000 caratteri, corrispondenti approssimativamente a 5 pagine nel formato di cui all'articolo 6, quanto alle note scritte in sostituzione dell'udienza di cui all'articolo 127-ter del codice di procedura civile, quando non è necessario svolgere attività difensive possibili soltanto all'udienza. Nel successivo art 5 si precisa che i suddetti limiti dimensionali possono essere superati se la controversia presenta questioni di particolare complessità, anche in ragione della tipologia, del valore, del numero delle parti o della natura degli interessi coinvolti, ovvero nel caso di proposizione di una domanda riconvenzionale, di una chiamata di terzo, di un atto di integrazione del contraddittorio, di un atto di riassunzione o di un'impugnazione incidentale. Altro importante criterio di redazione degli atti è contenuto nell'art.6 rubricato “tecniche redazionali” ove si invita l'utilizzo di caratteri di dimensioni di 12 punti; con interlinea di 1,5 e con margini orizzontali e verticali di 2,5 centimetri, con esclusione dell'inserimento di note.

[3] 3. Cfr. Cass. n. 18777/2015, la quale ha ribadito che la cointestazione di un conto corrente tra coniugi attribuisce agli stessi, ex art. 1854 c.c., la qualità di creditori o debitori solidali dei saldi del conto, sia nei confronti dei terzi che nei rapporti interni, e fa presumere la contitolarità dell'oggetto del contratto ai sensi dell'art. 1298, comma 2, c.c.; tale presunzione dà luogo ad una inversione dell'onere probatorio che può essere superata attraverso presunzioni semplici - purché gravi, precise e concordanti - dalla parte che deduca una situazione giuridica diversa da quella risultante dalla cointestazione stessa. Nello stesso senso Trib. Torino I, 24 gennaio 2019, n. 320. La norma si applica anche alle parti di un'unione legale ex art. 1, commi 13 e 20, l. n. 76/2016.

Commento

La disposizione dell'art. 219, comma 1, c.c., mira a definire i conflitti petitori tra i coniugi relativi ai beni acquistati che sono nella loro disponibilità materiale durante la convivenza matrimoniale, prevedendo un onere probatorio semplificato, assolvibile “con ogni mezzo”. La S.C. ha preso posizione su un problema discusso e molto ricorrente nella casistica giurisprudenziale: ossia l'ammissibilità della prova testimoniale per accertare la simulazione del trasferimento di proprietà di un immobile da un coniuge all'altro. Nel caso della simulazione reale, che si configura quando un coniuge, che risulta unico acquirente ed intestatario formale del bene, lo acquisti con denaro in tutto o in parte proveniente dall'altro coniuge, verso cui assume l'obbligo (c.d. pactum fiduciae) di ritrasferirgli la proprietà in un secondo momento, il patto fiduciario deve recare la stessa forma - scritta ad substantiam - del negozio cui accede, per cui, se difetta di tale prova, essendo stato convenuto solo oralmente dai coniugi, l'acquirente interposto non potrà vantare né provare la proprietà reale dell'immobile ai sensi dell'art. 219 c.c., ferma l'ovvia possibilità di agire nei confronti dell'altro coniuge, acquirente interponente, per il risarcimento dei danni patiti dall'inadempimento dell'obbligo di ritrasferimento del bene. L'orientamento della giurisprudenza citata si estende anche all'ipotesi di interposizione fittizia di persona, che ricorre quando un coniuge funge da prestanome, risultando intestatario formale del bene che in realtà è stato acquistato dall'altro. Per entrambe le ipotesi, la prova della simulazione deve essere offerta esclusivamente mediante l'allegazione in giudizio dell'atto dissimulato inter partes, ferma l'ammissibilità della prova orale se ricorre una delle eccezioni di cui all'art. 2724 c.c. A conclusione diversa potrebbe pervenirsi in caso di simulazione assoluta, che ricorre quando un coniuge già proprietario esclusivo di uno o più beni immobili, li intesti all'altro per ragioni fiscali o per sottrarli alle aggressioni esecutive dei suoi creditori. Sul punto, è consolidato in giurisprudenza di legittimità l'orientamento che ammette la prova testimoniale senza limiti, sul presupposto che l'accordo simulatorio, in caso di simulazione assoluta, pur essendo riconducibile tra i patti per i quali opera il divieto di cui all'art. 2722 c.c., non rientra tra gli atti per i quali è richiesta la forma scritta ad substantiam o ad probationem, menzionati dall'art. 2725 c.c., avendo natura ricognitiva dell'inesistenza del contratto apparentemente stipulato (v., da ultimo, Cass. n. 7093/2017). Tale regola si spiega in base all'affectio coniugalis che lega i coniugi, per effetto del quale nessuno dei due avverte, al momento dell'acquisto di un bene, la necessità di conservare il titolo di acquisto dei beni, ma, anzi, è animato dall'intento di mettere il suddetto bene a disposizione anche dell'altro, nell'interesse del nucleo familiare. L'onere probatorio semplificato si riferisce esclusivamente ai beni mobili non registrati, perché privi di un sistema di pubblicità, mentre i coniugi possono provare la proprietà di quelli mobili registrati e di quelli immobili esibendo l'atto di acquisto redatto in forma scritta, unitamente alla trascrizione nei relativi registri. La semplificazione probatoria prevista dall'art. 219, comma 1, c.c., operante solo nei rapporti interni tra i coniugi, si riferisce alla prova della proprietà esclusiva dei beni mobili, ed è volta principalmente a derogare, attraverso la presunzione posta nel comma 2, alla regola generale sull'onere della prova in tema di rivendicazione, mentre nessuna eccezione configura alla normale disciplina della prova dei contratti formali, in particolare degli acquisti immobiliari per cui, quando un immobile è intestato ad uno dei coniugi in virtù di idoneo titolo d'acquisto, l'altro coniuge, che alleghi l'interposizione reale, non può provarla con giuramento, né con testimoni, giacché l'obbligo dell'interposto di ritrasmettere all'interponente i diritti acquistati deve risultare, a pena di nullità, da atto scritto, salvo che nell'ipotesi di perdita incolpevole del documento e non anche, dunque, nel caso in cui si deduce un semplice principio di prova per iscritto (Cass. n. 18554/2013; Cass. n. 6589/1998; Cass. n. 11327/1997; Cass. n. 1482/1995; Cass. n. 2540/1990; Cass. S.U., n. 2494/1982; in sede di merito sulla necessità della prova scritta per provare la proprietà di diritti immobiliari v., tra le altre, Trib. Roma 1° febbraio 2008; Trib. Catania 11 luglio 1986; Trib. Milano 19 settembre 1983). La norma di cui all'art. 219 c.c., è destinata a trovare applicazione solo nei rapporti (e quindi nei giudizi) tra coniugi o tra un coniuge e gli eredi dell'altro o tra gli eredi di entrambi; non invece nei giudizi di rivendica di un bene instauratisi tra uno dei coniugi ed un terzo, ostandovi a ciò sia il dato letterale evidente ed univoco del comma 1 sia la ratio della norma. Quindi, ad esempio, un coniuge, che voglia dimostrare la sua proprietà esclusiva di un bene pignorato da un creditore dell'altro coniuge, non potrà giovarsi del regime probatorio semplificato di cui all'art. 219 c.p.c., ma, nel proporre opposizione di terzo all'esecuzione, ex art. 619 ss. c.p.c., sarà assoggettato ai limiti della prova testimoniale sanciti nell'art. 621 c.p.c.

Il comma 2 dell'art. 219 c.c., dispone che laddove l'onere probatorio della proprietà esclusiva di uno o più beni non sia assolto, scatta la presunzione di comproprietà dei coniugi, sui beni medesimi, per quote paritarie, in regime di comunione ordinaria. Tale previsione, secondo alcuni autori, si ispira alla solidarietà familiare che discende dal rapporto coniugale e soprattutto riecheggia la ratio ed i principi ispiratori della comunione legale tra coniugi, con particolare riguardo al principio secondo cui l'acquisto di beni in costanza di matrimonio è generalmente reso possibile dallo sforzo e dai sacrifici di entrambi i coniugi. La dottrina maggioritaria interpreta, invece, la presunzione del comma 2 dell'art. 219 c.c., come una soluzione equitativa in caso di irrisolvibile contrasto sull'accertamento della proprietà esclusiva di alcuni beni, rifiutando quindi ogni accostamento ai principi ispiratori della comunione legale. Il comma 2 dell'art. 219 c.c., rappresenta una norma eccezionale, innovativa, perché pone una deroga rilevante al criterio di riparto dell'onere della prova nei giudizi di rivendicazione: nel caso in cui il coniuge rivendicante non riesca a dimostrare la proprietà esclusiva del bene, la sua domanda non sarà interamente rigettata, ma ne sarà considerato contitolare in regime di comproprietà indivisa, laddove neppure il coniuge convenuto riesca a dimostrare la proprietà del bene. La norma quindi ripartisce in misura paritaria su entrambi i coniugi il rischio relativo al mancato raggiungimento della prova della proprietà esclusiva dei beni mobili, e, se da un lato costituisce una deroga ai principi probatori che governano i giudizi di rivendicazione, dall'altro costituisce una conferma, un'espressione, una proiezione applicativa, in ambito probatorio, del principio di parità giuridica tra coniugi. La presunzione non opera nei giudizi tra un coniuge ed un terzo che agisca per rivendicare la proprietà del bene. Si ipotizzi ad esempio il conflitto che investe la proprietà di un bene mobile ceduto da un coniuge ad un terzo, di cui l'altro coniuge invochi la proprietà esclusiva, potendola dimostrare in giudizio, o in subordine rivendichi almeno la comproprietà indivisa ai sensi dell'art. 219, comma 2, c.c. Deve ritenersi che l'acquisto del terzo è fatto salvo, se questi ha conseguito il possesso materiale del bene, ha agito in buona fede ed in virtù di titolo idoneo al trasferimento, per effetto del meccanismo di risoluzione dei conflitti stabilito dall'art. 1153 c.c. L'altro coniuge non avrà quindi alcuna possibilità di invalidare l'alienazione del bene mobile al terzo, ma potrà agire nei confronti del coniuge per conseguire l'intero prezzo, o la metà, ricevuto dal terzo acquirente dall'alienazione del bene, ove riesca nel primo caso a dimostrare la proprietà esclusiva del bene ovvero, nel secondo, se nessuno dei due dovesse riuscire ad offrire in giudizio tale prova. Tutto quanto riferito si estende alle parti di un'unione civile in forza del combinato disposto dei commi 13 e 20 dell'art. 1, l. n. 76/2016.

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