Project financing: operatività del principio generale del legittimo affidamento in caso di responsabilità precontrattuale nei rapporti di diritto amministrativo
06 Dicembre 2023
Una società presentava al Comune una proposta di finanza di progetto per il recupero di un'area che, con atto della Giunta comunale, veniva condivisa e dichiarata di interesse pubblico, e la società veniva nominata promotore dell'intervento, successivamente inserito nella programmazione triennale delle oo.pp. In seguito, il Commissario straordinario del Comune annullava in autotutela la delibera giuntale, a causa di un possibile pregiudizio economico per il Comune. La società impugnava il provvedimento commissariale avanti il TAR per la Campania e formulava domanda di risarcimento a titolo di responsabilità precontrattuale, ai sensi dell'art. 1337 c.c. per la lesione del legittimo affidamento nella positiva conclusione delle trattative, ossia della finalizzazione del procedimento di finanza di progetto, per l'illegittimo annullamento dell'atto di dichiarazione di pubblico interesse della proposta e dell'atto di nomina quale Promotore, che avrebbe abilitato la società alla stipula del contratto. Al riguardo, innanzi tutto, il Collegio, sulla base della consolidata giurisprudenza, ha chiarito il modello procedimentale dell'affidamento tramite finanza di progetto, articolato in tre fasi, ancorché sulla base della disciplina di cui agli artt. 153 ss. d.lgs. n. 163/2006, vigente all'epoca dei fatti, benché riprodotta negli artt. da 183 a 186 d.lgs. n. 50/2016. La prima fase preliminare di competenza dell'organo di governo è inerente alla presentazione della proposta di finanza di progetto, ed è connotata da amplia discrezionalità amministrativa, sindacabile in sede giurisdizionale entro certi limiti, in quanto è volta non alla scelta della migliore fra le offerte, ma alla valutazione dell'esistenza di un interesse pubblico che giustifichi l'accoglimento della proposta dall'aspirante promotore; la seconda fase, di competenza del consiglio, attiene all'inserimento dell'opera dichiarata di pubblico interesse nella programmazione triennale delle oo.pp; la terza fase, di competenza della dirigenza, consiste nell'indizione di una gara sul progetto approvato, ed in quanto tale è disciplinata dalle regole comunitarie e nazionali di evidenza pubblica. Nel caso di specie, ad avviso del Collegio, la prima fase non è stata mai superata, per cui nessuna procedura competitiva volta all'affidamento, ossia all'atto di scelta del contraente e di attribuzione della titolarità del relativo rapporto, è stata mai avviata, con conseguente inapplicabilità delle regole del rito speciale di cui agli artt. 119 e 120 c.p.a., che per il suo carattere derogatorio, rispetto alla disciplina processuale comune, preclude all'interprete canoni interpretativi estensivi e/o analogici. Quanto alla pretesa risarcitoria da responsabilità precontrattuale, ai sensi dell'art. 1337 c.c. il Collegio ha richiamato i princìpi della giurisprudenza amministrativa in materia, secondo i quali le regole di legittimità amministrativa e quelle di correttezza operano su piani distinti e non sono in rapporto di pregiudizialità; l'accertamento di validità degli atti impugnati non implica che l'amministrazione sia esente da responsabilità per i danni subiti dal destinatario degli stessi. Pertanto, osserva il Collegio, la legittimità del provvedimento non esclude la responsabilità da comportamento scorretto. La responsabilità precontrattuale della P.A. nelle procedure di affidamento di contratti pubblici è una responsabilità da comportamento illecito, che spesso non si traduce in atti illegittimi. Perciò, può risultare irrilevante la legittimità dell'agere amministrativo, in ciò differenziandosi la responsabilità da provvedimento illegittimo/atto illecito, ex art. 2043 c.c. dalla responsabilità precontrattuale ex art. 1337 c.c. Quindi il Collegio si è soffermato sull'operatività del principio generale del legittimo affidamento tutelabile che, ai sensi dell'art. 1, comma 2-bis, legge 7 agosto 1990, n. 241, si applica anche nei comportamenti delle parti nei rapporti di diritto amministrativo. Ciò a tutela della buona fede riposta sull'esistenza di una situazione apparentemente corrispondente a quella reale, laddove un'attività di una p.a. fa sorgere nel destinatario la ragionevole aspettativa al mantenimento del rapporto giuridico sorto. Infatti, anche i rapporti di diritto amministrativo, benché asimmetrici, sono partecipati, per cui anche l'agire amministrativo è assoggettato al generale dovere di collaborazione e buona fede di cui all'art. 1337 del c.c. Sulla fondatezza della domanda risarcitoria a titolo di responsabilità precontrattuale per lesione dell'affidamento incolpevole, il Collegio, alla stregua dell'orientamento prevalente della giurisprudenza, ne chiarisce gli elementi costitutivi. In tal senso non rileva la prova dell'eventuale diritto all'aggiudicazione, bensì la verifica in concreto della possibile conclusione positiva della procedura di gara, rispetto al grado di sviluppo della singola procedura, tale da rendere ragionevolmente prevedibile la stipula del contratto e, dunque, ingiustificata l'inattesa interruzione delle trattative (del recesso o dell'annullamento d'ufficio della procedura). Inoltre, deve essere accertata la condotta contraddittoria e colposa dell'amministrazione, per meglio dire la violazione del dovere di correttezza e buona fede da parte della p.a. deve esserle imputabile almeno a titolo di colpa, secondo le regole generali in materia di responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c.c. e, specularmente, l'affidamento del concorrente non deve essere inficiato da colpa. Nel caso specifico, a giudizio del Collegio, la richiesta risarcitoria per responsabilità precontrattuale risulta infondata dal momento che la società appellante non poteva nutrire un legittimo affidamento sull'aggiudicazione nella successiva fase competitiva, per il rilievo, tra gli altri, che la gara non è stata mai avviata, essendosi il procedimento arrestato alla fase di approvazione della proposta di progetto. Infine, il Collegio ha sottolineato che la risarcibilità della responsabilità precontrattuale deve essere commisurata al solo interesse negativo, ossia al danno emergente e al lucro cessante. Nel caso di specie, quanto al danno emergente non è stata prodotta alcuna fattura ma solo progetti di fatture, inidonei a provare l'effettivo sostenimento di spese; quanto al lucro cessante, non è stata provata la perdita di altre occasioni di guadagno per l'impegno spiegato. Invece, la società ha chiesto l'utile positivo, o meglio quanto avrebbe conseguito all'esito dell'aggiudicazione, anche in forza della prelazione, quale posta non ascrivibile alla responsabilità precontrattuale ma alla responsabilità da illegittimità provvedimentale per mancata aggiudicazione o per ritiro dell'aggiudicazione. Il Consiglio di Stato ha respinto l'appello proposto dalla società e la relativa domanda risarcitoria. |