Osservatorio antimafia - Interdittiva a carico della società aggiudicataria e incameramento della cauzione definitiva

16 Gennaio 2024

Il sopravvenire di un provvedimento pubblicistico interdittivo a carico della società aggiudicataria in fase di esecuzione del contratto non consente l'automatica escussione della garanzia da parte della stazione appaltante, non potendosi attribuire all'istituto di cui all'art. 103, comma 2, del d.lgs n. 50/2016, che ha la sola funzione di garantire il soddisfacimento delle pretese vantate dalla stazione appaltante per l'inadempimento delle obbligazioni contrattuali, alcuna funzione sanzionatoria.

La questione oggetto del giudizio. Il giudizio trae origine dall'emanazione, da parte della Prefettura, di un provvedimento interdittivo nei confronti dell'impresa aggiudicataria in fase di esecuzione del contratto, cui seguiva la revoca del servizio e l'incameramento delle cauzioni ai sensi dell'art. 103 del d.lgs. n. 50 del 2016 da parte dell'Amministrazione comunale.

La società impugnava l'interdittiva e i provvedimenti di incameramento delle cauzioni dinanzi al T.A.R. e, a seguito dell'ammissione della società al controllo giudiziario e alla conseguente emanazione, da parte della Prefettura, di un provvedimento liberatorio per l'interdittiva nel corso del giudizio, il gravame proposto veniva limitato, quanto alla decisione, alla questione concernente l'incameramento delle cauzioni prestate.

All'esito del giudizio di primo grado, il T.A.R. accoglieva il ricorso evidenziando come la risoluzione del contratto avesse nel caso di specie avuto luogo non per inadempienze della società, ma a causa del factum principis costituito dal sopravvenire di un provvedimento pubblicistico interdittivo, che avrebbe operato “all'esterno” del contratto, senza dunque legittimare l'automatico incameramento della cauzione da parte dell'Amministrazione comunale.

Il Comune interponeva appello avverso tale pronuncia deducendo, inter alia, l'erroneità della pronuncia di primo grado laddove aveva ritenuto non applicabile, in conseguenza dell'interdittiva antimafia e del conseguente scioglimento del contratto, l'istituto dell'incameramento della cauzione definitiva, ritenendo che all'appaltatore interdetto fosse comunque imputabile il mancato adempimento del contratto in corso di esecuzione, rilevante ai sensi del citato art. 103.

Il ragionamento del Collegio. Il Collegio evidenzia che l'art. 103 del codice dei contratti pubblici prevede due condizioni al ricorrere delle quali la stazione appaltante è legittimata a riscuotere la cauzione definitiva: la presenza di un inadempimento contrattuale imputabile all'aggiudicatario e di un pregiudizio arrecato, in conseguenza di tale inadempimento, all'Amministrazione.

Laddove invece la risoluzione tragga origine, come nel caso di specie, dal sopravvenire di un provvedimento interdittivo, la ragione di “impedimento” alla prosecuzione del rapporto contrattuale non è rinvenibile nell'inadempimento della controparte, ma deve ritenersi esterna al contratto stesso.

D'altra parte, prosegue il Collegio, l'interdittiva antimafia non rientra tra le cause legittimanti l'escussione della garanzia definitiva espressamente previste dal menzionato art. 103 comma 2 e, pure a voler - in ipotesi - ricondurre l'interdittiva all'inadempimento cui fa riferimento tale disposizione, deve essere sottolineato come la cauzione definitiva, che si atteggia come garanzia di adempimento in senso stretto (cioè garanzia reale generica destinata a soddisfare le pretese, anche risarcitorie, vantate anche dalla stazione appaltante per l'inadempimento delle obbligazioni contrattuali), potrebbe operare nei limiti del pregiudizio effettivamente subito, che dunque va dimostrato.

Per le suesposte ragioni deve essere, dunque, ad avviso dei giudici, esclusa l'escussione automatica della garanzia definitiva in presenza di risoluzione contrattuale per sopravvenuta interdittiva prefettizia, non potendosi attribuire a tale istituto alcuna funzione sanzionatoria e tale da dar luogo ad un indebito arricchimento della stazione appaltante.

Conclusioni. Il Consiglio di Stato respinge il ricorso, evidenziando come l'interdittiva antimafia sia una misura priva di portata sanzionatoria che trova giustificazione in fondamentali esigenze di contrasto preventivo della criminalità organizzata.

Tale impostazione - che peraltro assicura la compatibilità dell'eccezionale strumento interdittivo con i principi fondamentali dell'ordinamento giuridico - finirebbe infatti per essere sostanzialmente disattesa laddove si equiparasse automaticamente, ai fini della disciplina sulla cauzione definitiva di cui al menzionato art. 103, il caso dell'inadempimento colpevole dell'appaltatore e quello dell'impossibilità di eseguire la prestazione per il sopraggiungere di un'interdittiva antimafia. In questo modo, infatti, si finirebbe per attribuire all'istituto dell'interdittiva (che rappresenta una misura preventiva di contrasto della criminalità organizzata) la medesima base di colpevolezza che fonda la disciplina sull'inadempimento delle obbligazioni, la quale dovrebbe, invece, rimanere estranea - per evidenti ragioni di coerenza sistematica – alla prima fattispecie.

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