Osservatorio antimafia – La risoluzione contrattuale per interdittiva antimafia non consente l’incameramento della garanzia definitiva

23 Gennaio 2024

L’adozione di una interdittiva antimafia nei confronti dell’aggiudicatario non consente l'escussione della cauzione definitiva trattandosi di un evento esterno al contratto che prescinde da qualsivoglia giudizio di colpevolezza dell'impresa colpita, trovando piuttosto giustificazione in esigenze di contrasto preventivo della criminalità organizzata.

Il caso.  Durante l'esecuzione di un appalto di servizi, l'impresa affidataria veniva colpita da un'interdittiva antimafia e la Stazione Appaltante disponeva la revoca del servizio oltre che l'incameramento della garanzia definitiva da questa prestata. Tanto l'interdittiva quanto l'escussione della garanzia venivano impugnate in via giurisdizionale dall'appaltatrice, che, in corso di causa, veniva tuttavia ammessa a controllo giudiziario (con conseguente provvedimento liberatorio dell'interdittiva precedentemente emessa). Il giudizio proseguiva quindi esclusivamente per stabilire la legittimità dell'escussione della garanzia definitiva disposta dalla Stazione Appaltante.

Il ricorso veniva accolto dal TAR, secondo cui la risoluzione contrattuale in questione non sarebbe dipesa da un inadempimento dell'appaltatrice bensì da un factum principis, costituito dalla sopravvenuta adozione a suo carico di un provvedimento pubblicistico interdittivo, esterno al contratto di appalto e peraltro suscettibile di essere “mitigato” mediante ammissione a controllo giudizio ex art. 34-bis d.lgs. n. 159/20114. Con la conseguenza che, ad avviso del TAR, la Stazione Appaltante non avrebbe potuto disporre l'automatico incameramento della garanzia definitiva per inadempienza contrattuale dell'appaltatore (suscettibile di giustificare la sola risoluzione contrattuale).

Nel giudizio di appello promosso dalla Stazione Appaltante, il Consiglio di Stato è stato quindi chiamato ad esprimersi sulla natura e sugli effetti dell'interdittiva antimafia allo scopo di chiarire se, come dedotto dall'Amministrazione, l'adozione di detto provvedimento a carico dell'appaltatore integri ex se la fattispecie di inadempimento prevista dall'art. 103 d.lgs. n. 50/2016 e comporti dunque l'automatica escussione della garanzia definitiva.

Natura dell'interdittiva antimafia. Il Collegio ha disatteso la tesi dell'Amministrazione. Rammenta la sentenza che l'art. 103 d.lgs. n. 50/2016 impone che sussistano due condizioni al ricorrere delle quali la stazione appaltante è legittimata a riscuotere la cauzione definitiva: che vi sia un inadempimento contrattuale imputabile all'aggiudicatario e che risulti, allo stesso tempo, pregiudizievole per l'Amministrazione. Ciò premesso, l'adozione di un'interdittiva antimafia nei confronti dell'aggiudicatario non rientra in tale fattispecie, trattandosi di un evento esterno al contratto che prescinde da qualsivoglia giudizio di colpevolezza dell'impresa colpita, trovando piuttosto giustificazione in esigenze di contrasto preventivo della criminalità organizzata. Sicché, nell'ipotesi di risoluzione intervenuta a causa del factum principis costituito, appunto, dal sopravvenire di un provvedimento pubblicistico interdittivo difetterebbe l'accertamento di un inadempimento imputabile all'esecutore come richiesto dall'art. 103 d.lgs. n. 50/2016

Osservazioni conclusive. Nel respingere l'appello, osserva in conclusione il Consiglio di Stato che ad ammettere – come vorrebbe l'Amministrazione - l'escussione della garanzia definitiva in via automatica basata sulla risoluzione per la sopravvenuta interdittiva prefettizia si finirebbe per attribuire alla stessa una funzione sanzionatoria che risulterebbe ad una fattispecie (l'interdittiva antimafia, appunto) che - diversamente dall'inadempimento delle obbligazioni intese in senso civilistico- non è finalizzata a colpire un illecito. Ciò che peraltro configurerebbe un indebito arricchimento della stazione appaltante.

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