Contratti pubblici transfrontalieri: il conflitto di leggi nell’aggiudicazione congiunta di appalti tramite centrali di committenza ubicate in altri Stati UE
30 Gennaio 2024
Massime L'art. 57, par. 3, della direttiva 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali e che abroga la direttiva 2004/17/CE, deve essere interpretato nel senso che: un'attività di centralizzazione delle committenze, nell'ambito dell'aggiudicazione congiunta di appalti da parte di enti aggiudicatori di diversi Stati membri, è fornita da una centrale di committenza «ubicata in un altro Stato membro» quando l'ente aggiudicatore ha sede in uno Stato membro diverso da quello in cui ha sede la centrale di committenza, indipendentemente, se del caso, dal luogo della sede di un ente terzo che detenga il controllo dell'uno o dell'altro di tali enti. L'art. 57, par. 3, della direttiva 2014/25/UE , letto alla luce dei considerando 78 e 82 di tale direttiva, deve essere interpretato nel senso che la norma sul conflitto di leggi sancita in tale disposizione, in forza della quale la fornitura di attività di centralizzazione delle committenze da parte di una centrale di committenza è effettuata conformemente alle disposizioni nazionali dello Stato membro in cui è ubicata tale centrale di committenza, si applica anche alle procedure di ricorso, ai sensi della direttiva 92/13/CEE del Consiglio, del 25 febbraio 1992, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all'applicazione delle norme comunitarie in materia di procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia e degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni, come modificata dalla direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, relative a tali attività, quando detta centrale di committenza si è incaricata dello svolgimento della procedura di aggiudicazione dell'appalto. Il caso I fatti di causa nel procedimento dinanzi al Giudice nazionale Il casus belli che ha innescato la domanda di pronuncia pregiudiziale è rappresentato dall'esclusione di due imprese bulgare da una procedura per l'aggiudicazione di un appalto pubblico sopra-soglia avente ad oggetto un accordo quadro per l'esecuzione di lavori di posa in opera di impianti elettrici, nonché dei relativi lavori di costruzione e demolizione, da eseguire in Bulgaria. La peculiarità della vicenda risiede nel fatto che l'esperimento della procedura in questione ha visto il coinvolgimento di enti aggiudicatori appartenenti a Stati membri diversi. Segnatamente, l'ente aggiudicatore bulgaro, una società per azioni, la Elektrorazpredelenie Yug EAD (in prosieguo la “ER Yug”), aveva fatto ricorso ad una centrale di committenza con sede in Austria, alla società EBS, come suo rappresentante. Entrambe le amministrazioni aggiudicatrici in parola sono detenute indirettamente al 100% dalla EVN AG che a sua volta è controllata al 51% dal Land Niederösterreich (Land della Bassa Austria, Austria). Alla stregua di quanto previsto dal bando di gara, la EBS era incaricata dell'esperimento della procedura, mentre il contratto doveva essere stipulato con la ER Yug. Nel bando veniva designato il Tribunale amministrativo regionale della Bassa Austria quale organo responsabile delle procedure di ricorso. Ivi si prevedeva, altresì, l'applicabilità del diritto austriaco alla procedura di appalto e a tutte le pretese scaturenti dalla stessa. Per contro, il diritto bulgaro avrebbe trovato applicazione soltanto con riferimento alla fase di esecuzione del contratto. Orbene, le due imprese bulgare vengono estromesse dalla gara e si vedono, quindi, costrette ad adire il Tribunale amministrativo regionale della Bassa Austria per ottenere l'annullamento dei provvedimenti di esclusione. Tuttavia, il giudice austriaco si dichiara privo di giurisdizione sulla controversia. In particolare, ad avviso del medesimo, riconoscere la propria giurisdizione in simili circostanze determinerebbe una seria interferenza con la sovranità della Repubblica di Bulgaria ed al contempo un conflitto con il principio di territorialità riconosciuto dal diritto internazionale. Inoltre, il giudice nazionale evidenzia come l'art. 180 della legge federale austriaca sull'aggiudicazione degli appalti pubblici del 2018, alla stessa stregua dell'articolo 57, paragrafo 3, della direttiva 2014/25, si limiti a prevedere il diritto sostanziale applicabile alla procedura di aggiudicazione dell'appalto, senza fornire alcuna indicazione ulteriore (v. paragrafo 17). Ed è così che le due imprese bulgare interpongono ricorso per cassazione dinanzi alla Corte amministrativa d'Austria, sostenendo che le disposizioni in parola non riguardano unicamente la procedura di aggiudicazione dell'appalto, ma anche la procedura di ricorso applicabile in esito alla stessa e la conseguente competenza degli organi di ricorso. A favore di tale tesi deporrebbe il criterio di collegamento territoriale adottato dal legislatore dell'Unione, rappresentato dalla sede della centrale di committenza, a nulla rilevando l'eventuale controllo da parte di un ente che si trovi in altro Stato membro. Alla luce di tali circostanze, il giudice nazionale ha deciso di sospendere il procedimento per sottoporre alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:
La questione Il quadro normativo di riferimento Prima di addentrarci nel vivo delle questioni affrontate dalla Corte, è d'uopo compiere una breve disamina sulla natura giuridica delle centrali di committenza. Trattasi di amministrazioni aggiudicatrici o di enti aggiudicatori particolarmente qualificati che forniscono attività di centralizzazione delle committenze e, se del caso, attività di committenza ausiliarie in favore di altre stazioni appaltanti. Le attività di centralizzazione delle committenze possono avere ad oggetto: a) l'acquisizione di forniture o servizi destinati alle stazioni appaltanti. In tal senso le CDC agiscono alla stregua di “grossisti”, comprando, immagazzinando e rivendendo beni, servizi e lavori ad altre stazioni appaltanti; b) la gestione e l'aggiudicazione di gare d'appalto, la gestione di sistemi dinamici di acquisizione o la conclusione di accordi quadro per conto degli enti aggiudicatori interessati, in aderenza, se del caso, alle istruzioni particolareggiate impartite dagli stessi. In quest'ultimo caso le CDC agiscono quali intermediari. Con particolare riferimento alla cooperazione transfrontaliera tra amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori con sede in Stati membri diversi per l'aggiudicazione congiunta di appalti pubblici transfrontalieri, la stessa può articolarsi in tre distinti modelli organizzativi: 1) il ricorso tout court ad una centrale di committenza ubicata in un altro Stato membro; 2) la conclusione di un accordo con amministrazioni aggiudicatrici/enti aggiudicatori di altri Stati membri volto a disciplinare: a) le rispettive responsabilità; b) la normativa nazionale applicabile; c) l'organizzazione interna della procedura di aggiudicazione degli appalti, compresa la gestione della procedura; d) la distribuzione dei lavori, delle forniture e dei servizi oggetto dell'appalto e la conclusione dei contratti. I primi due elementi dovranno essere indicati anche nei documenti di gara; 3) l'istituzione di un soggetto congiunto (nella forma del “GECT” di cui al regolamento (CE) n. 1082/2006 o di altri soggetti istituiti in base al diritto dell'Unione) da parte di amministrazioni aggiudicatrici/enti aggiudicatori di Stati membri diversi (c.d. “appalto congiunto istituzionalizzato”, secondo la definizione coniata dall'autore), cui faccia seguito una decisione dell'organo competente circa le norme nazionali applicabili alle procedure d'appalto (id est quelle dello SM nel quale il soggetto congiunto ha la sua sede sociale ovvero quelle dello SM in cui lo stesso esercita le sue attività). Queste tre forme di aggregazione della domanda a livello transfrontaliero sono state previste dal legislatore unionale con il dichiarato intento di: - permettere agli enti aggiudicatori di sfruttare al massimo il potenziale del mercato interno in termini di economie di scala e di condivisione dei rischi e dei benefici; - facilitare la cooperazione tra enti aggiudicatori e di accrescere i vantaggi del mercato interno creando opportunità commerciali transfrontaliere per i fornitori e prestatori di servizi (v. in tal senso il considerando n. 82). Pertanto, l'aggiudicazione congiunta degli appalti transfrontalieri rappresenta un'opportunità per gli enti aggiudicatori degli SM; opportunità che, tuttavia, non è immune da rischi e difficoltà applicative derivanti da possibili interferenze e conflitti tra le diverse disposizioni legislative nazionali in materia di diritto pubblico, com'è attestato dal caso materiale in esame. Ne discende, sul piano pratico, che l'aggiudicazione congiunta di appalti transfrontalieri può trovare concreta applicazione in casi limitati, quali la realizzazione di importanti opere transfrontaliere, in caso di appalti innovativi e per l'acquisizione di beni e servizi con caratteristiche particolari che coinvolgano amministrazioni particolarmente qualificate, strutturate ed in grado di interagire con amministrazioni e ordinamenti di altri Stati membri. Le difficoltà operative testé illustrate sono state immediatamente percepite dal cauto legislatore italiano del previgente Codice appalti, il quale aveva circoscritto la possibilità di ricorso a CDC di altri SM unicamente alle attività di centralizzazione di committenze per l'acquisizione di forniture o servizi. In questo modo il legislatore nazionale si è avvalso della facoltà di deroga concessa dalle direttive (v. art. 37, co. 13, del d.lgs. n. 50/2016). Successivamente, tale limitazione è venuta meno con il nuovo Codice, il quale ha esteso la possibilità in esame anche all'aggiudicazione di appalti o alla conclusione di accordi quadro per lavori, forniture o servizi (v. art. 62, co. 16, d.lgs. n. 36/2023). Quanto al primo modello organizzativo che qui rileva (id est, il ricorso a CDC ubicata in un altro SM), l'art. 57, paragrafo 3, della summenzionata direttiva (specularmente all'art. 39, paragrafo 3, della direttiva 2014/24/UE per gli appalti nei c.d. “settori ordinari”) sancisce, tramite apposita norma sul conflitto di leggi, che: “La fornitura di attività di centralizzazione delle committenze da parte di una centrale di committenza ubicata in un altro Stato membro è effettuata conformemente alle disposizioni nazionali dello Stato membro in cui è ubicata la centrale di committenza. Le disposizioni nazionali dello Stato membro in cui la centrale di committenza è ubicata si applicano altresì: a) all'aggiudicazione di un appalto nell'ambito di un sistema dinamico di acquisizione; b) allo svolgimento di una riapertura del confronto competitivo nell'ambito di un accordo quadro”. Quanto ai rimedi esperibili contro le decisioni di aggiudicazione, l'art. 1 della direttiva “ricorsi” nei “settori speciali” (92/13/CEE) (rubricato “Ambito di applicazione e accessibilità delle procedure di ricorso”), si limita a prevedere che: “Gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari per garantire che, per quanto riguarda gli appalti disciplinati dalla direttiva 2014/25/UE o dalla direttiva 2014/23/UE, le decisioni prese dagli enti aggiudicatori possano essere oggetto di un ricorso efficace e, in particolare, quanto più rapido possibile, secondo le condizioni previste negli articoli da 2 a 2-septies della presente direttiva, sulla base del fatto che tali decisioni hanno violato il diritto dell'Unione in materia di aggiudicazione degli appalti o le norme nazionali di recepimento”. La disposizione recata dall'art. 57, paragrafo 3, della direttiva 2014/25/UE è stata sostanzialmente recepita dall'art. 180 della legge federale austriaca del 2018 sull'aggiudicazione degli appalti pubblici (“Bundesvergabegesetz 2018”), a mente del quale: “lo svolgimento della procedura di aggiudicazione dell'appalto è disciplinato (...) dalla normativa dello Stato in cui ha sede la centrale di committenza”. Le soluzioni giuridiche Il responso della Corte di giustizia Orbene, la necessità per il giudice austriaco di richiedere un soccorso interpretativo alla Corte di giustizia discende, invero, dalla formulazione non perspicua della disposizione attenzionata. Infatti, l'art. 57, paragrafo 3, della direttiva 2014/25 (al pari dell'art. 39 della direttiva 2014/24/UE) non indica espressamente se le disposizioni nazionali dello Stato membro in cui è ubicata la centrale di committenza riguardino anche i rimedi giustiziali e giurisdizionali oltre che la competenza degli organi di ricorso agli effetti della direttiva 92/13/CEE. Circa la prima questione, priva, invero, di profili di complessità, il giudice euro-unionale rileva la natura territoriale del criterio di collegamento adottato dal legislatore dell'Unione, come desumibile anche dall'articolo 57, paragrafo 1, secondo cui gli enti aggiudicatori non si avvalgono dei mezzi di cooperazione previsti dall'articolo al fine di “eludere l'applicazione di norme di diritto pubblico vincolanti conformi al diritto dell'Unione, cui sono soggetti nel loro Stato membro”. Pertanto, la Corte risponde de plano al primo quesito, affermando che: “(…) l'articolo 57, paragrafo 3, della direttiva 2014/25 deve essere interpretato nel senso che un'attività di centralizzazione delle committenze, nell'ambito dell'aggiudicazione congiunta di appalti da parte di enti aggiudicatori di diversi Stati membri, è fornita da una centrale di committenza “ubicata in un altro Stato membro” quando l'ente aggiudicatore ha sede in uno Stato membro diverso da quello in cui ha sede la centrale di committenza, indipendentemente, se del caso, dal luogo della sede di un ente terzo che detenga il controllo dell'uno o dell'altro di tali enti” (v. paragrafo 31). Venendo al merito della seconda questione, la Corte riconosce che l'art. 57, paragrafo 3, della direttiva in commento, alla luce della sua interpretazione letterale, sembra riguardare soltanto il diritto sostanziale in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici transfrontalieri. Tuttavia, la Corte, evocando alcuni suoi precedenti in materia, rammenta che nell'“interpretare una disposizione del diritto dell'Unione occorre tener conto non soltanto del tenore di tale disposizione, ma anche del suo contesto e degli obiettivi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte (sentenza del 29 giugno 2023, Interfel, da C‑501/22 a C‑504/22, EU:C:2023:531, punto 53 e la giurisprudenza citata) e che “quando una disposizione del diritto dell'Unione è suscettibile di più interpretazioni, occorre privilegiare quella che è idonea a salvaguardare l'effetto utile della disposizione stessa (sentenza del 29 giugno 2023, Interfel, da C‑501/22 a C‑504/22, EU:C:2023:531, punto 54 e la giurisprudenza ivi citata)” (v. paragrafo 36). Pertanto, al fine di risolvere la questione principale sottoposta al suo esame, il giudice europeo si basa sull'interpretazione teleologica della disposizione in commento, desumibile dai pertinenti preamboli della direttiva 2014/25/UE (di cui ai nn. 78 e 82). Com'è noto, i “considerando” o “preamboli” premessi ai regolamenti, alle direttive e alle decisioni, pur non recando enunciati di carattere precettivo, rappresentano, in ogni caso, un importante strumento di interpretazione delle fonti del diritto unionale, assolvendo alla funzione di esplicitare il contesto storico dell'atto e le sue ragioni, integrandone un'autentica motivazione (cfr. sentenza della Corte UE del 22 settembre 2011, nel caso “Budweiser”, par. 40 e cap. 10.5.1. della “Guida pratica comune del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione per la redazione dei testi legislativi dell'Unione europea” edizione del 2015). Il considerando n. 78 afferma la necessità di stabilire norme per la ripartizione degli obblighi di vigilanza e delle responsabilità tra le CDC e gli enti aggiudicatori che alle prime fanno ricorso (per l'intera procedura oppure soltanto per alcune fasi della stessa). Il considerando n. 82 precisa che le norme in materia dovrebbero estendersi anche alla legislazione applicabile alle procedure di ricorso. Ad avviso della Corte, risulta, pertanto, chiaro che: “il legislatore dell'Unione ha inteso determinare non solo il diritto sostanziale applicabile ai mercati transfrontalieri e alle centrali di committenza, ma anche il diritto relativo alle procedure di ricorso cui tali appalti e tali attività possono dare luogo” (v. paragrafo 41). Soggiungono i giudici lussemburghesi che: “Una tale interpretazione è, per di più, conforme all'obiettivo della direttiva 2014/25, che è quello di stabilire un regime uniforme in materia di centralizzazione delle committenze transfrontaliere. Infatti, poiché una centrale di committenza deve fornire le sue attività di centralizzazione delle committenze conformemente alle disposizioni nazionali dello Stato membro in cui è ubicata, risulta coerente che l'eventuale procedura di ricorso si svolga secondo il diritto di tale Stato membro e che la competenza dell'organo di ricorso interessato sia determinata secondo questo stesso diritto” (v. paragrafo 44). Per la Corte di giustizia, l'opzione ermeneutica prescelta è corroborata anche dalla pertinente direttiva “ricorsi” 92/13/CEE che all'art. 1 sancisce l'obbligo per gli Stati membri di assicurare agli operatori economici il diritto ad un ricorso efficace e quanto più rapido possibile per l'ipotesi di violazioni del diritto dell'Unione in materia di aggiudicazione degli appalti. Tale conclusione non esclude, come già riconosciuto dalla Commissione europea, che sia possibile operare una distinzione tra il diritto applicabile alla procedura di aggiudicazione dell'appalto e quello applicabile ai contratti conclusi in esito alla stessa. Infatti, in base al considerando 82 della direttiva 2014/25/UE, le norme in materia di appalti congiunti transfrontalieri, determinando la legislazione applicabile in materia di appalti pubblici, compresa quella in materia di ricorsi, assolverebbero alla funzione di integrare le norme in materia di conflitto di leggi recate dal regolamento (CE) n. 593/2008 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma I) che, com'è noto, si applica unicamente alla materia civile e commerciale, con esclusione di quella fiscale, doganale e amministrativa (v. art. 1). L'iter argomentativo illustrato conduce la Corte a rispondere alla seconda questione nel senso che: “l'articolo 57, paragrafo 3, della direttiva 2014/25, letto alla luce dei considerando di cui ai nn. 78 e 82 di tale direttiva, deve essere interpretato nel senso che la norma sul conflitto di leggi sancita in tale disposizione, in forza della quale la fornitura di attività di centralizzazione delle committenze da parte di una centrale di committenza è effettuata conformemente alle disposizioni nazionali dello Stato membro in cui è ubicata tale centrale di committenza, si applica anche alle procedure di ricorso, ai sensi della direttiva 92/13, relative a tali attività, quando detta centrale di committenza si è incaricata dello svolgimento della procedura di aggiudicazione dell'appalto” (v. paragrafo 48). Per completezza di trattazione si ricorda che le proposte di direttive sugli appalti pubblici della Commissione del 2011 contemplavano una disciplina ad hoc anche in merito all'esecuzione delle decisioni sull'aggiudicazione degli appalti pubblici transfrontalieri negli altri Stati membri, prevedendo che: “8. Le decisioni di aggiudicazione dei contratti d'appalto per appalti pubblici transfrontalieri sono soggette ai normali meccanismi di revisione in base al diritto nazionale applicabile. 9. Per consentire un funzionamento efficace dei meccanismi di revisione, gli Stati membri garantiscono la piena attuazione nel proprio ordinamento giuridico interno delle decisioni degli organi di ricorso ai sensi della direttiva 92/13/CEE del Consiglio e aventi sede in altri Stati membri, se dette decisioni coinvolgono amministrazioni aggiudicatrici stabilite nel proprio territorio che partecipano alla procedura di aggiudicazione dei pertinenti appalti pubblici transfrontalieri” (v. art. 52, paragrafi 8 e 9, della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sugli appalti pubblici nei settori speciali COM/2011/895 ed in senso analogo l'art. 38, paragrafi 8 e 9, della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sugli appalti pubblici nei settori ordinari COM(2011)896). Il riferimento all'esecuzione di tali decisioni negli altri Stati membri è stato espunto dal testo definitivo della direttiva. Questo elemento conferma la difficoltà di realizzare una piena armonizzazione del diritto degli appalti pubblici nazionali attesa la presenza di ambiti di disciplina permeati dalle tradizioni costituzionali e amministrative proprie di ciascuno Stato membro. |