Appalti e clausola di equivalenza: l’operatore economico ha l’onere della prova dell’equivalenza in caso di forniture con caratteristiche diverse rispetto al bando

09 Febbraio 2024

Chi fornisce prodotti equivalenti in sede di gara ha l'onere di dare la prova della citata equivalenza. Parimenti le valutazioni della stazione appaltante sull'offerta tecnica costituiscono manifestazione della discrezionalità riconosciuta all'Amministrazione, censurabile soltanto in caso di evidenti errori o di palese illogicità.

Il caso. L'Università indiceva una gara d'appalto con procedura aperta per l'affidamento della fornitura di un sistema di varchi di accesso (hardware e software) e del relativo servizio di manutenzione. La società ricorrente presentava domanda di partecipazione ma era esclusa per avere offerto un prodotto privo dei requisiti tecnici minimi previsti dalla lex specialis. A seguito dell'esclusione, la società impugnava la determina di esclusione e il provvedimento di aggiudicazione della gara sulla scorta di varie censure. 

La pronuncia del TAR Lombardia. Il Tribunale, dopo aver dichiarato infondato il ricorso, ha rigettato la prima censura con cui la ricorrente lamentava la violazione di una pluralità di norme di diritto interno ed euro-unitario oltre che l'eccesso di potere sotto vari profili, in quanto l'Amministrazione avrebbe malamente applicato le norme sulla verifica di anomalia ed avrebbe indebitamente confuso e sovrapposto i distinti procedimenti amministrativi volti rispettivamente alla verifica di congruità dell'offerta ed all'accertamento del rispetto dei requisiti tecnici minimi del prodotto offerto in gara.

Con il secondo mezzo di gravame la società istante lamentava l'avvenuta violazione del capitolato tecnico di gara oltre che dell'art. 68 del codice e dell'art. 3 della legge n. 241/1990, in quanto a suo dire i prodotti offerti rispetterebbero le specifiche tecniche di gara o sarebbero in ogni caso equivalenti, secondo quanto previsto dal citato art. 68. Il collegio non ha accolto tale censura, sottolineando che, nel capitolato tecnico di gara, la stazione appaltante indicava chiaramente i codici prodotto - ciascuno dei quali corrisponde ad ogni singolo elemento di fornitura - avendo riguardo ad una marca specifica, salvo sempre il rispetto del principio di equivalenza (l'art. 68 comma 6 del Codice consente all'appaltante, infatti, di menzionare il prodotto di uno specifico operatore economico, purché la menzione o il riferimento siano accompagnati dall'espressione «o equivalente»). A fronte di una minuziosa relazione, il RUP non ha preteso la fornitura di prodotti di un operatore determinato (né poteva essere altrimenti, vista la clausola di equivalenza contenuta nella lex specialis), ma ha concluso che i prodotti della società ricorrente non erano comunque equivalenti a quanto richiesto dall'Università.

I giudici hanno affermato, pertanto, che chi fornisce prodotti equivalenti in sede di gara ha l'onere di dare la prova della citata equivalenza; parimenti le valutazioni della stazione appaltante sull'offerta tecnica costituiscono manifestazione della discrezionalità riconosciuta all'Amministrazione, censurabile soltanto in caso di evidenti errori o di palese illogicità.

Sul punto il collegio ha richiamato consolidata giurisprudenza secondo cui: «alla stregua di una giurisprudenza parimenti condivisibile, si rileva che “al fine di scongiurare l'esclusione dalla gara d'appalto, il partecipante che intenda avvalersi della clausola di equivalenza […] ha l'onere di dimostrare già nella propria offerta l'equivalenza tra i servizi o tra i prodotti, non potendo pretendere che tale accertamento sia compiuto d'ufficio dalla stazione appaltante o, addirittura, che sia demandato alla sede giudiziaria una volta impugnato l'esito della gara” (Cons. Stato, sez. III, 14 giugno 2022 n. 7874; sez. V, 28 maggio 2019 n. 3489; TAR Lazio, Roma, sez. II, 10 marzo 2023 n. 4169; sez. II, 18 ottobre 2022 n. 13303; TAR Sicilia, Palermo, sez. I, 1° febbraio 2022 n. 365)».

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