Decreto legislativo - 12/01/2019 - n. 14 art. 265 - Proposta di concordato nella liquidazione giudiziale della societa'

Aldo Ceniccola

Proposta di concordato nella liquidazione giudiziale della società

 1. La proposta di concordato per la società sottoposta a liquidazione giudiziale è sottoscritta da coloro che ne hanno la rappresentanza sociale.

2. La proposta e le condizioni del concordato, salva diversa disposizione dell'atto costitutivo o dello statuto:

a) nelle società di persone, sono approvate dai soci che rappresentano la maggioranza assoluta del capitale;

b) nelle società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata, nonché nelle società cooperative, sono deliberate dagli amministratori.

3. In ogni caso, la decisione o la deliberazione di cui al comma 2, lettera b), deve risultare da verbale redatto da notaio ed è depositata ed iscritta nel registro delle imprese a norma dell'articolo 2436 del codice civile.

Inquadramento

Va in primo luogo evidenziato, quanto all’ambito applicativo della disposizione, che la norma trova applicazione sia con riferimento al concordato preventivo, sia al concordato nella liquidazione giudiziale, sia agli accordi di ristrutturazione.

Come il precedente e corrispondente art. 152 l.fall., la norma in commento distingue nettamente il profilo della sottoscrizione, riservata all’organo rappresentativo, da quello approvativo, riservato agli organi deliberanti.

Circa il rapporto intercorrente tra tali due aspetti, si è posta la questione se la presentazione di una domanda di concordato sottoscritta dal legale rappresentante senza la preventiva delibera dell’organo deliberante consenta o meno di integrare il difetto di autorizzazione fino al momento del provvedimento di ammissione da parte del tribunale, fermo restando che occorre rispettare un rapporto di simmetria contenutistica tra quanto deliberato dai soci o dagli amministratori e la proposta sottoscritta dal legale rappresentante.

Con particolare riguardo alle società di capitali, la riforma del 2006 ha assegnato il potere deliberativo agli amministratori (mentre il sistema precedentemente vigente concentrava tale potere sull’assemblea straordinaria, salva la possibilità di una delega agli amministratori), consentendo all’atto costitutivo o allo statuto di derogare alla regola legale con apposite clausole che prevedano un diverso soggetto competente a decidere, consentendo in tal modo ai soci di riappropriarsi del potere assegnato dalla legge agli amministratori.

Per quanto concerne le società di persone, va sottolineato che la norma fa riferimento non più solo, com’era in passato, alla società in nome collettivo ed all’accomandita semplice ma più generalmente alle società di persone, includendo dunque anche la società semplice (con riferimento all’ipotesi in cui, esercitando un’attività commerciale, possa considerarsi alla stregua di una società in nome collettivo irregolare).

La derogabilità del modello legale è confermata anche con riguardo alle società di persone, consentendosi al contratto sociale di assegnare il potere all’amministratore o di attribuire il potere decisionale all’unanimità dei soci, ovvero ad un singolo socio anche nel caso di società formata da due soli soci con partecipazione paritaria al capitale sociale.

Nell’intento di garantire certezza e pubblicità della decisione, poi, il terzo comma della norma in esame assoggetta la decisione sul concordato da parte degli amministratori ad un rigido formalismo, dovendo la stessa essere verbalizzata da parte di un notaio ed essere contestualmente iscritta nel registro delle imprese. Il fatto che la norma faccia riferimento sia alla «decisione» che alla «deliberazione» è sintomatico della volontà del legislatore di assoggettare agli oneri formali di cui al terzo comma sia l’ipotesi in cui la decisione venga assunta da un organo amministrativo collegiale sia quella in cui provenga da un amministratore unico.

Concordato «con riserva» e società in liquidazione

Sulla questione dell'applicabilità della disposizione in esame al concordato con riserva, quattro erano le soluzioni astrattamente ipotizzabili: la necessità del rispetto delle formalità solo al momento della presentazione della domanda prenotativa; la necessità del rispetto delle stesse solo al momento del successivo completamento della domanda con il deposito della proposta; la necessità di rispettare le formalità previste dalla norma in entrambi i momenti; la possibilità di rispettare le formalità in oggetto, alternativamente, o al momento della domanda prenotativa oppure al momento del successivo completamento.

Con sentenza n. 598/2017 la Cassazione aveva accolto il secondo degli orientamenti sopra indicati, ritenendo che l'obbligo di sottoscrizione imposto al legale rappresentante della società, nel caso di concordato con riserva, dovesse intendersi riferito alla proposta da presentarsi nel termine fissato dal giudice e non già all'istanza di accesso alla procedura.

Il principio è stato successivamente confermato, precisandosi che «ai fini della presentazione della domanda di concordato con riserva di cui all'art. 161, comma 6, l. fall., è sufficiente che il ricorso sia sottoscritto dal difensore munito di procura, non occorrendo che sia personalmente sottoscritto anche dal debitore, attesa la scissione tra i due momenti, del deposito della domanda di concordato con riserva e del deposito della proposta, oltre che del piano e della documentazione, nel termine fissato dal giudice» (Cass. n. 20725/2017).

Durante la vigenza della legge fallimentare, Cass. n. 10523/2019 ha ritenuto inapplicabile la disposizione in commento all'istanza di fallimento in proprio, precisando che in tal caso la legittimazione spetta direttamente al suo liquidatore, il quale è investito, ai sensi dell'art. 2489, comma 1, c.c., del potere di compiere ogni atto utile per la liquidazione della società, senza che detta legittimazione possa essere avocata dall'assemblea o dai singoli soci.

Particolarmente discussa è l'applicabilità della norma in esame allorché la società che intenda accedere al concordato si trovi in stato di liquidazione. Sulla questione è intervenuta la Suprema Corte (Cass. n. 12273/2016) per chiarire che «lo statuto legale dei liquidatori delle società di capitali (e delle società cooperative) non è identico a quello degli amministratori, atteso che i poteri di questi ultimi si presumono in base alla legge mentre quelli dei secondi devono risultare dalla deliberazione dell'assemblea che li ha nominati. Ne consegue che il potere dei liquidatori di deliberare la proposta e le condizioni di un concordato preventivo ai sensi dell'art.  152, comma 2, lett. b), l. fall., non può ritenersi compreso nell'atto di nomina degli stessi, né può rientrare tra gli atti utili per la liquidazione della società di cui all'art. 2489, comma 1, c.c., ma deve essere loro specificamente attribuito dall'assemblea ex art. 2487, comma 1, lett. c), c.c.». Tale pronuncia ha ulteriormente chiarito che in tema di concordato preventivo, anche se liquidatorio, il potere dei liquidatori deve essere specificamente assegnato dall'assemblea, non potendosi esso considerare una sorta di elemento naturale del negozio ricompreso fin dall'inizio nell'atto di nomina dei liquidatori, nemmeno potendo venire in rilievo la possibilità di estendere automaticamente il disposto di cui all'art. 152 l. fall. che, pur se norma speciale e prevalente, riguarda tuttavia i soli amministratori, che posseggono uno statuto legale del tutto differente, naturalmente assai più ampio e predeterminato rispetto a quello dei liquidatori.

La verbalizzazione del notaio e l’iscrizione nel registro delle imprese. La proposta da parte del terzo

Secondo parte della dottrina, l'intervento del notaio, già previsto in alcune fattispecie del codice per deliberazioni amministrative di particolare rilevanza, assolve esclusivamente la funzione di verificare la legalità della deliberazione adottata, senza alcun sindacato sul contenuto della proposta (Adiutori, 1991; Spiotta, cit.); la legittimità di tale verifica sarebbe infatti preclusa sia dalla previsione dell'art. 2436 c.c. (che fa riferimento alla verifica dell'adempimento delle condizioni di legge), sia dalla natura meramente esemplificativa del contenuto della proposta di concordato, che dunque sarebbero insindacabili in sede di controllo di legalità (Caridi, cit.).

La necessità che la delibera degli amministratori risulti dal verbale notarile è stata rimarcata da Cass. n. 19009/2017 che ha precisato che la domanda di concordato è inammissibile quando la relativa delibera sia stata assunta dagli amministratori in modo irrituale senza la verbalizzazione di un notaio, salvo che, prima della decisione del tribunale, l'assemblea dei soci aderisca alla domanda adottando una delibera con le forme prescritte dall'art. 152, comma 3, l. fall., trattandosi del medesimo organo da cui promanano i poteri degli amministratori.

Particolarmente dubbia è la necessità del rispetto della forma imposta dalla norma in esame allorché la proposta di concordato fallimentare (ora disciplinato dagli artt. 240 ss. c.c.i.i.) provenga da un terzo. Nella vigenza della legge fallimentare, parte della dottrina aveva accolto la soluzione negativa sul rilievo che in tal caso la proposta di concordato si risolve in un'operazione di investimento e quindi in un'attività di impresa da parte del terzo, laddove per il fallito la proposta è destinata ad incidere sulla società stessa (Tomasso, 2403). Altri avevano invece sostenuto che dal tenore letterale dell'art. 152 ed in particolare dal fatto che il termine «fallita», presente nel primo comma, scompare nei commi successivi, il precetto andrebbe esteso anche ai terzi proponenti il concordato, venendo del resto in rilievo, per il terzo, le stesse esigenze di certezza, riguardo all'individuazione della persona del sottoscrittore, tutelate dalla norma in esame.

Bibliografia

Adiutori, Sub art. 152 l. fall., in La legge fallimentare dopo la riforma, a cura di Nigro, Sandulli, Santoro, Torino, 2010; Caridi, Commento agli artt. 146-154 l. fall., in La riforma della legge fallimentare, a cura di Nigro, Sandulli, Torino, 2006; Pellegrino, Gli aspetti processuali del fallimento delle società, in Le riforme delle procedure concorsuali, a cura di Didone, 2, Milano 2016; Spiotta, Difetto di legittimazione attiva dei liquidatori a presentare la proposta di concordato preventivo, in Soc., 2016, 12, 1329 ss.; Tomasso, Sub art. 152, in Codice commentato del fallimento, diretto da Lo Cascio, Milano, 2015.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario