Decreto legislativo - 12/01/2019 - n. 14 art. 266 - Effetti del concordato nella liquidazione giudiziale della societa'

Aldo Ceniccola

Effetti del concordato nella liquidazione giudiziale della società

 1. Salvo patto contrario, il concordato della società ha effetto anche con riguardo ai soci a responsabilità illimitata e fa cessare la procedura di liquidazione giudiziale aperta nei loro confronti.

2. Contro il decreto di chiusura della liquidazione giudiziale aperta nei confronti del socio è ammesso reclamo a norma dell'articolo 124.

Inquadramento

La regola posta dal precedente art. 256 c.c.i.i., secondo la quale la sentenza che dichiara il fallimento della società produce anche il fallimento dei soci illimitatamente responsabili, ha sollecitato la necessità di una specifica previsione, che trova le sue radici nell'art. 153 l.fall. pur anteriormente alla novella del 2006, in ordine agli effetti del concordato fallimentare della società nei confronti dei soci a responsabilità illimitata. Enunciando un principio speculare rispetto all'art. 256 c.c.i.i., l'art. 266 c.c.i.i. prevede l'estensione degli effetti esdebitatori del concordato nei riguardi dei soci sottoposti a liquidazione in estensione alla procedura aperta nei riguardi della società, sicché, rispetto ai creditori sociali, questi ultimi saranno tenuti nei limiti della percentuale concordataria e risulteranno liberati mediante il soddisfacimento della stessa.

La chiusura del fallimento dei soci illimitatamente responsabili pone ovviamente il problema della tutela della posizione dei creditori particolari.

La tesi prevalente è nel senso che i soci, benché il loro fallimento risulti chiuso, siano tenuti a soddisfare interamente i crediti dei rispettivi creditori personali, non già nei limiti della percentuale concordataria, ciò in quanto i creditori particolari dei soci non possono considerarsi vincolati ad un concordato al quale, a differenza dei creditori sociali, non hanno partecipato.

Di regola, dunque, i creditori particolari dei soci dovranno far valere interamente il loro credito nelle vie ordinarie, a meno che non ricorra una delle seguenti condizioni alternative.

In primo luogo potrebbe accadere (eventualità consentita dal secondo comma della norma in esame) che il fallimento personale del socio continui, in virtù dell'accoglimento del reclamo a norma dell'art. 124 c.c.i.i., ed allora i creditori particolari del socio continueranno a far valere il loro credito in via concorsuale.

In secondo luogo occorre evidenziare il carattere dispositivo dell'art. 266 che consente di inserire nella proposta di concordato un patto contrario che preveda la continuazione delle procedure individuali nonostante la chiusura della procedura a carico della società.

Singoli aspetti problematici

 Benché riferito al corrispondente art. 153 l. fall. nella versione anteriore alla novella del 2006, conserva ancora attualità il principio enunciato da Cass. n. 4669/1990 secondo cui «è ammissibile la proposta di concordato che preveda la chiusura del fallimento di una società in nome collettivo con esclusione del fallimento di uno dei soci nel rapporto con i suoi creditori personali, tenuto conto della riserva contenuta nell'art.  153, comma 1, legge fallimentare, che nello stabilire l'efficacia, anche nei confronti dei soci, del concordato fatto da una società con soci a responsabilità illimitata, fa salvo il «patto contrario», e della previsione, con riguardo all'approvazione della proposta di concordato, contenuta nella prima parte del secondo comma dell'art. 152 stessa legge, di una minoranza di soci contrari al concordato».

Circa la legittimazione a proporre il reclamo, è stato esattamente notato che mentre nel vigore della legge del 1942 l'opposizione era subordinata alla sussistenza di un presupposto specifico, peculiare alla posizione dei creditori particolari dei soci (sicché l'opposizione alla chiusura del fallimento del socio loro debitore era solo ad essi riservata), deve oggi ritenersi che la legittimazione alla presentazione del reclamo competa non solo a questi ultimi, ma anche al curatore, al comitato dei creditori ed ogni altro interessato (Bertacchini, cit.; Caridi, cit.). Secondo altra tesi, invece, la norma non chiarisce se la legittimazione spetti anche al curatore ed al comitato dei creditori i quali, ai sensi dell'art. 26 l. fall., rientrano astrattamente tra i soggetti legittimati a proporre reclamo: i dubbi riguarderebbero non tanto il curatore, visto che il concordato richiede il suo parere favorevole (art. 125, comma 2, l. fall.), ma piuttosto il comitato dei creditori al quale dovrebbe essere precluso di far valere successivamente un intendimento contrario a quello manifestato in sede di adempimenti preliminari all'approvazione (Guerrera, 2002).

La tesi secondo la quale il concordato della società, provocando la chiusura della procedura dei singoli soci, mantenga inalterate le ragioni di credito dei creditori particolari non è pacifica in dottrina. È stato infatti sostenuto che, disponendo la norma che il concordato della società abbia efficacia anche nei confronti dei soci, l'omologazione del concordato della società produrrebbe gli effetti di un concordato dei singoli soci, che sarebbero pertanto tenuti nei limiti della percentuale concordataria anche nei confronti dei creditori particolari (Pajardi, 783), potendosi cioè ipotizzare un vero e proprio concordato riflesso o tacito che produce un'efficacia esdebitatoria a favore dei soci nei confronti dei creditori particolari.

Tale opinione è stata però criticata in quanto confonderebbe l'effetto processuale che la norma disciplina (la chiusura delle procedure) con l'effetto sostanziale non preso in considerazione dalla norma (l'esdebitazione nei limiti della percentuale concordataria nei riguardi dei creditori particolari) e trascurerebbe di indicare il fondamento logico idoneo a giustificare come una pronuncia, emanata nei riguardi del patrimonio sociale e dei suoi creditori, possa produrre effetti estintivi anche nei confronti dei creditori particolari dei soci (Tomasso, 1969).

L'eventuale sopravvivenza delle procedure a carico dei soci rispetto alla procedura a carico della società, derivante dall'eventuale patto contrario, deve risultare espressamente da una specifica clausola della proposta che, ai sensi dell'art. 124 l. fall. (ora art. 240 c.c.i.i.), può essere presentata non solo dal fallito ma anche da altri soggetti, come i creditori sociali, ossia da coloro che hanno interesse a separare le sorti del fallimento sociale da quello dei fallimenti particolari dei soci (Caridi, 947; Tomasso, 1973).

Bibliografia

Bertacchini, sub art. 153, in Maffei Alberti, Commentario breve alla legge fallimentare, Padova, 2013, 1041;  Caridi, Commento agli artt. 146.154 l. fall., in La riforma della legge fallimentare, a cura di Nigro, Sandulli, Torino, 2006; Guerrera, Sub art. 153 l. fall., in La legge fallimentare dopo la riforma, a cura di Nigro, Sandulli, Santoro, Torino, 2010; Nastri, Sub art. 257, Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, diretto da F. Di Marzio, Milano, 2022, 1313 ss.; Pajardi, Manuale di diritto fallimentare, Milano, 1993; Tomasso, Sub art. 153, in Codice commentato del fallimento, diretto da Lo Cascio, Milano, 2015.

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