Decreto legislativo - 31/03/2023 - n. 36 art. 194 - Società di scopo.Società di scopo. 1. Per gli affidamenti superiori alla soglia di cui all'articolo 14, comma 1, lettera a), il bando di gara per l'affidamento di una concessione nella forma della finanza di progetto prevede che l'aggiudicatario costituisca una società di scopo in forma di società per azioni o a responsabilità limitata, anche consortile. Il bando di gara indica l'ammontare minimo del capitale sociale della società. In caso di concorrente costituito da più soggetti, nell'offerta è indicata, a pena di esclusione, la quota di partecipazione al capitale sociale di ciascun soggetto. 2. I lavori da eseguire e i servizi da prestare da parte delle società di scopo si intendono realizzati e prestati in proprio anche nel caso in cui siano affidati direttamente dalle suddette società ai propri soci, originari o subentrati, sempre che essi siano in possesso dei requisiti stabiliti dalle vigenti norme legislative e regolamentari. 3. La società di scopo, senza che ciò costituisca cessione di contratto, subentra nel rapporto di concessione senza necessità di approvazione o autorizzazione amministrativa. Essa sostituisce l'aggiudicatario in tutti i rapporti con l'ente concedente. Nel caso di versamento di un prezzo in corso d'opera da parte dell'ente concedente, i soci della società restano solidalmente responsabili con la società di scopo nei confronti dell'amministrazione per l'eventuale rimborso del contributo percepito. In alternativa, la società di scopo può fornire alla pubblica amministrazione garanzie bancarie e assicurative per la restituzione delle somme versate a titolo di prezzo in corso d'opera, liberando in tal modo i soci. Le garanzie cessano alla data di emissione del certificato di collaudo dell'opera. Il contratto di concessione stabilisce le modalità per l'eventuale cessione delle quote della società di scopo, fermo restando che i soci che hanno concorso a formare i requisiti per la qualificazione sono tenuti a partecipare alla società e a garantire, nei limiti di cui sopra, il buon adempimento degli obblighi del concessionario sino alla data di emissione del certificato di collaudo dell'opera. L'ingresso nel capitale sociale della società di scopo e lo smobilizzo delle partecipazioni da parte di banche e altri investitori istituzionali, di cui all'articolo 193, comma 1, quarto periodo, che non abbiano concorso a formare i requisiti per la qualificazione, possono tuttavia avvenire in qualsiasi momento. 4. Il contratto di concessione disciplina altresì le modalità di sostituzione dei soci della società di scopo che, nel corso dell'esecuzione del contratto, perdano i requisiti di qualificazione. 5. Il bando-tipo per l'affidamento di un contratto ai sensi del comma 1 reca anche lo schema della convenzione da allegare agli atti di gara. InquadramentoLa società di scopo (tale è la denominazione, introdotta con il nuovo Codice dei contratti pubblici, di cui al d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36, sostituisce la precedente formula “società di progetto”, in linea – per quanto specificato in sede di Relazione illustrativa del Consiglio di Stato sullo Schema definitivo del Codice dei contratti pubblici in attuazione dell'art. 1 della legge delega 21 giugno 2022, n. 78 – con la denominazione utilizzata in ambito finanziario di “special purpose vehicle”) è una società per azioni o a responsabilità limitata, anche consortile, costituita dall'aggiudicatario di una gara indetta per l'affidamento di una concessione nella forma della finanza di progetto (per una definizione della quale si rinvia all'art. 194 del nuovo Codice dei contratti pubblici e alle trattazioni specialistiche sul tema, sottolineandosi in questa sede come, con il nuovo Codice, si sia chiarito che la finanza di progetto non è un tipo di contratto distinto dalla concessione – come viceversa stabiliva la previgente disciplina – ma una forma di finanziamento della concessione stessa, definita “project financing” e distinta da quella per converso definita come “corporate financing”), nonché, anche al di fuori di tale ipotesi, dall'aggiudicatario di contratti di partenariato pubblico privato (per i quali, v. infra). Una volta costituita, la società subentra a titolo originario all'aggiudicatario in tutti i rapporti con la pubblica amministrazione, senza necessità di un atto permissivo da parte di quest'ultima, e dà vita a uno strumento per la realizzazione di una doppia separazione patrimoniale: da una parte, i flussi di cassa generati dalla realizzazione o dalla gestione dell'opera o del servizio, poiché facenti capo a un ente organizzativamente e contabilmente separato dai soggetti che lo hanno costituito, sono sottratti alle pretese dei creditori dell'aggiudicatario – e sono quindi destinati prioritariamente al soddisfacimento dei creditori della società di scopo, i quali, data la particolare conformazione dell'istituto, sono posti nella condizione di valutare la convenienza del finanziamento del progetto sulla base della sua autonoma capacità di generare reddito, indipendentemente dalle condizioni economiche del soggetto che ha assunto l'impegno di eseguirlo nei confronti dell'amministrazione – e, dall'altra parte, i creditori della società di scopo non possono aggredire le dotazioni patrimoniali dell'aggiudicatario non destinate alla società (Colombera, 1477). Per tentare di collocare l'istituto all'interno della complessa architettura del nuovo codice dei contratti pubblici (che, nel d.lgs. n. 36/2023, disciplina la società di progetto all'art. 194, il quale sostituisce, con alcune variazioni, il previgente art. 184 del d.lgs. n. 50/2016, che, a sua volta, sostituiva l'art. 156 del d.lgs. 163/2006), occorre partire dalla definizione di partenariato pubblico-privato (in seguito anche solo PPP) contenuta all'art. 174, comma 1, del nuovo codice, che fa riferimento a un'operazione economica in cui devono ricorrere congiuntamente le seguenti caratteristiche: a) tra un ente concedente e uno o più operatori economici privati è instaurato un rapporto contrattuale di lungo periodo per raggiungere un risultato di interesse pubblico; b) la copertura dei fabbisogni finanziari connessi alla realizzazione del progetto proviene in misura significativa da risorse reperite dalla parte privata, anche in ragione del rischio operativo assunto dalla medesima; c) alla parte privata spetta il compito di realizzare e gestire il progetto, mentre alla parte pubblica quello di definire gli obiettivi e di verificarne l'attuazione; d) il rischio operativo connesso alla realizzazione dei lavori o alla gestione dei servizi è allocato in capo al soggetto privato. A fronte della definizione generale, i commi 3 e 4 del richiamato art. 174 distinguono, sulla scorta di una dicotomia introdotta già a partire dal Libro Verde della Commissione CE, sui partenariati pubblico-privati e il diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni (COM(2004)0327), il PPP di tipo istituzionale (che si realizza attraverso la creazione di un ente partecipato congiuntamente dalla parte privata e da quella pubblica ed è disciplinato dal testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, di cui al d. lgs. 19 agosto 2016, n. 175, e dalle altre norme speciali di settore), da quello di tipo contrattuale; categoria, quest'ultima, che ricomprende le figure tipiche della concessione, della locazione finanziaria e del contratto di disponibilità, nonché gli altri contratti stipulati dalla pubblica amministrazione con operatori economici privati che abbiano i contenuti di cui al richiamato comma 1 e siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela. Ebbene, nell'impianto del nuovo Codice, la società di scopo costituisce sia lo strumento con il quale possono concretizzarsi tutte le figure di PPP contrattuale (dispone, infatti, il comma 2 dell'art. 198 del nuovo Codice che “gli operatori economici aggiudicatari di contratti di partenariato pubblico-privato possono sempre avvalersi, anche al di fuori della finanza di progetto, della facoltà di costituire una società di scopo ai sensi degli articoli 194 e 195”, laddove, nel Codice del 2016, il modello della società di progetto era utilizzabile, per espressa previsione di legge, per la finanza di progetto, nonché per le varie ipotesi di concessione, tanto « calde » , quindi con corrispettivo proveniente per la maggior parte dai servizi resi dal mercato, che «fredde», remunerate con un corrispettivo in capo all'amministrazione concedente: De Nictolis, 2154 e Colombera, 1479), sia una figura il cui ricorso è obbligatorio a valle dell'aggiudicazione della concessione nella forma della finanza di progetto per gli affidamenti di valore superiore alle soglie di rilevanza europea (sul punto, rilevano Cosmai – Buonanno, 416, che la restrizione dell'obbligo ai contratti sopra soglia era assente nello schema di decreto presentato alle Camere). In sostanza, come si è efficacemente detto (Dipace, 2140), la società di progetto (oggi, di scopo) è preposta alla raccolta dei mezzi finanziari necessari per l'esecuzione dell'opera pubblica o per la gestione del servizio e rappresenta, al contempo, il veicolo finanziario per la realizzazione dell'intervento (special purpose vehicle) e la modalità di gestione ottimale del servizio: si tratterebbe di un meccanismo teso a garantire essenzialmente i soggetti finanziatori, i quali sono indotti a valutare l'opportunità di impiegare capitale di rischio o di effettuare prestiti con esclusivo riferimento alla redditività dell'iniziativa programmata, senza l'influenza della situazione economica e patrimoniale dei singoli proponenti (Grasso, 1070). Riservando alle trattazioni specialistiche relative alla materia dei contratti pubblici gli aspetti inerenti allo svolgimento del rapporto contrattuale con la pubblica amministrazione, ci si propone in questa sede di soffermarsi sulla disciplina organizzativa dell'istituto, partendo dall'assunto dell'Autorità di settore (si allude all'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, la quale, con il d.l. n. 90/2014, conv. in l. n. 114/2014, è stata incorporata dall'A.N.A.C. – Autorità nazionale Anticorruzione – che ne ha ereditato le funzioni: onde agevolare il reperimento delle fonti richiamate nel testo, le delibere anteriori al 2014 sono attribuite all'A.V.C.P.) per cui quella in esame non costituisce una società atipica, ma piuttosto una peculiare ipotesi di disciplina che potrebbe dirsi «transtipica» (applicabile, cioè, a più tipi sociali), pensata dal legislatore al fine di «adeguare» i modelli societari tradizionali al perseguimento degli scopi indicati in subiecta materia dalla legge sui contratti pubblici (A.V.C.P., parere sulla normativa del 24 ottobre 2012 – rif. AG 20/12), con deviazioni dallo schema tipico, in punto, essenzialmente, di autonomia patrimoniale, di cedibilità delle partecipazioni e di emissioni di strumenti finanziari (Colombera, 1484). Per ragioni di completezza dell'esposizione, conviene dare atto in questa sede del fatto che la società di scopo, una volta costituita, subentra all'affidatario, ed è tenuta a svolgere direttamente le prestazioni oggetto del contratto, anche tramite i suoi soci, salvo che non decida di affidarne lo svolgimento, a sua volta, a terzi. In relazione a quanto previsto dall'art. 37-quinquies, comma 1-bis, della l. n. 109/1994 (comma introdotto dall'art. 6, l. n. 144/1999 e ripreso in termini sostanzialmente identici prima dall'art. 184, comma 3, del d.lgs. n. 50/2016 e ora dall'art. 194, comma 3, d.lgs. 36/2023, secondo cui i lavori da eseguire e i servizi da prestare da parte delle società disciplinate dal comma 1 si intendono realizzati e prestati in proprio, anche nel caso siano affidati direttamente dalle suddette società ai propri soci, sempre che essi siano in possesso dei requisiti stabiliti dalle vigenti norme legislative e regolamentari, ragioni di sistematica portano a dover concludere che: – non vi sono dubbi che, in base alla normativa, nell'ambito del «recinto» originario dei soci della società di progetto, i servizi oggetto della concessione possono essere liberamente affidati ai soci, sempre che questi siano in possesso dei necessari requisiti; – il secondo capoverso – non a caso collocato in coda all'eccezione contemplata dal passo precedente – se riletto nel contesto complessivo della disposizione comporta che debbano restare ferme le norme che impongono sempre l'evidenza pubblica per l'affidamento a terzi dei servizi oggetto della concessione. In conseguenza, una volta che i soci abbiano costituito la società di progetto, e questa sia subentrata nel rapporto di concessione all'aggiudicatario, diventando concessionaria a legittimo titolo derivato, qualsiasi altro soggetto terzo è estraneo al rapporto di concessione (cfr. per le conclusioni che precedono, Cons. St., III, n. 5294/2017: sentenza che ha altresì stabilito che , nel caso di controversia instaurata tra socio proprietario e concessionario del servizio, per l'affidamento a terzi del servizio in precedenza eseguito da altro socio inadempiente (cessionario delle quote e posto in liquidazione), la relativa cognizione rientra nella giurisdizione amministrativa esclusiva, sia ai sensi dell'art. 133 c.p.a., comma 1, lett. a-bis) e b), relativo alle concessioni di servizi pubblici, sia ai sensi dell'art. 133, comma 1, lett. c), n. 1, in quanto l'assunzione di servizi e di quote sociali da parte di imprese estranee al novero dei soci della società di progetto è questione concernente profili estranei al mero rapporto patrimoniale tra la società medesima ed i suoi soci, attenendo strettamente e funzionalmente alla qualità ed alle garanzie di un servizio pubblico essenziale di interesse generale. In aderenza ai principi posti da tale sentenza, più di recente, Cons. St., V, n. 3886/2023 ha ritenuto che la costituzione di una società di progetto a valle dell'aggiudicazione, con subentro di un soggetto diverso da quello che aveva partecipato alla gara prestando i requisiti di qualificazione (e a sua volta privo di tali requisiti), integra un'alterazione soggettiva ai sensi dell'art. 176, comma 1, lett. c) d.lgs. 50/2016, tale da imporre la cessazione del rapporto concessorio. Dispone, tuttavia, oggi, il comma 2 dell'art. 194 che l'affidamento diretto può avvenire non solo nei confronti dei soci che hanno partecipato alla procedura di gara, ma anche di quelli subentrati, purché in possesso dei requisiti di qualificazione, generali e speciali (si tratta, ad avviso della richiamata Relazione illustrativa, di una disposizione ricognitiva di quanto implicitamente si poteva già ricavare dalla previgente disciplina posta dall'art. 184 del d.lgs. 50/2016, che prevedeva, alle condizioni ivi stabilite, sulle quali, v. infra, la possibilità di circolazione delle quote). Tipi sociali, capitale e autonomia patrimonialeAd avviso della dottrina, la costituzione di una società di progetto (oggi, di scopo) rappresenterebbe l’oggetto di un diritto potestativo dell’aggiudicatario, nel senso che la mancata previsione nel bando di disposizioni circa la possibilità di costituire o meno detta società non onererebbe le parti interessate a una specifica impugnativa della lex specialis, la quale, sul punto, dovrebbe ritenersi integrata ex lege (cfr., per una rassegna delle diverse posizioni sul punto, anche giurisprudenziali: Colombera, 1481: sul punto, cfr., oggi, il disposto del richiamato secondo comma dell’art. 198, nonché le ipotesi in cui, a mente del comma 1 dell’art. 194, la costituzione della società di scopo è divenuta obbligatoria). La legge limita alle società di capitali i modelli utilizzabili, per l’intuitiva ragione che solo le società dotate di autonomia patrimoniale perfetta sono in grado di realizzare la separazione patrimoniale dei flussi di cassa a cui l’istituto in esame è preordinato (Sciuto, 1308): in ogni caso, l’amministrazione può, anche in base al testo del nuovo art. 194, discrezionalmente stabilire, in sede di bando, l’ammontare minimo del capitale sociale della costituenda società di progetto (Baldi, 270, il quale sottolinea che si tratterebbe, in ogni caso, di una discrezionalità da esercitarsi con riguardo alle caratteristiche dell’investimento in concreto richiesto, in vista della determinazione del rapporto ottimale tra debito e mezzi propri per l’iniziativa di cui al bando, con la conseguenza che, se l’ammontare del capitale imposto dall’amministrazione fosse sproporzionato, la lex specialis dovrebbe essere impugnata in parte qua per eccesso di potere: cfr., sul punto, anche Sambri, 258), laddove, se nulla dispone a proposito, la società sarà tenuta a rispettare esclusivamente ai limiti di legge in punto di capitale minimo. Ove la stazione appaltante abbia erogato un prezzo in corso d’opera, i soci, indipendentemente dal tipo sociale prescelto, restano solidalmente responsabili con la società nei confronti dell’amministrazione per il rimborso di quanto percepito, a meno che la società non abbia fornito alla pubblica amministrazione garanzie bancarie e assicurative per la restituzione delle somme in esame. Secondo alcuni autori, la regola appena riportata costituirebbe una deroga al principio dell’autonomia patrimoniale perfetta (Colombera, 1482, che sottolinea, altresì, come la deroga debba ritenersi limitata al versamento di un prezzo in corso d’opera e non può essere estesa ad eventuali contributi in conto investimento, la cui erogazione sia disposta in fase di gestione dell’opera); ad avviso di altri commentatori, invece (De Nictolis, 2156), l’autonomia patrimoniale della società rispetto ai soci non sopporterebbe alcuna eccezione, posto che l’art. 184, comma 3 (e oggi, l’art. 194, comma 3 del Codice) stabilisce esclusivamente una garanzia temporalmente e oggettivamente (visto che non copre tutte le obbligazioni relative all’opera, ma solo la restituzione delle somme anticipate dal concedente) limitata. La cessione delle partecipazioniLa cessione delle partecipazioni può avvenire solo se autorizzata dal contratto, dovendo in ogni caso essere assicurato che i soci che abbiano concorso a formare i requisiti per la qualificazione (c.d. soci «qualificanti») rimangano nella compagine sociale, garantendo, nel limite della propria quota, il buon adempimento degli obblighi della società concessionaria sino alla data di emissione del certificato di collaudo (De Nictolis, 2156). Il divieto di cessione delle quote non opera, invece, per le banche e gli investitori istituzionali che non abbiano contribuito a formare i requisiti di qualificazione. In base alla norma appena richiamata, è quindi possibile distinguere tre classi di soci: 1) i soci qualificanti, che debbono mantenere integra la propria quota di partecipazione fino alla emissione del certificato di collaudo, quanto meno nei limiti della porzione dei lavori da eseguire e quindi dell’ammontare dei corrispondenti requisiti di qualificazione (cfr. A.V.C.P., delibera AG-32/2009 del 19 novembre 2009, secondo cui, qualora il socio «qualificante» sia affidatario di una porzione di lavori, o servizi, inferiore alla sua quota di partecipazione alla società di progetto, potrebbe cedere a terzi la quota di partecipazione per la parte eccedente la porzione dei lavori affidatagli e quindi i requisiti da garantire); 2) i soci che non hanno concorso a formare i requisiti e che hanno la facoltà di cedere in tutto o in parte la propria quota, salvo che il contratto non lo escluda; 3) le banche e gli investitori istituzionali che non abbiano concorso a formare i requisiti, i quali possono cedere la propria partecipazione societaria, ovvero fare ingresso nella società in qualunque momento, senza limitazioni poste dalla legge o dal contratto di concessione (cfr., ancora, parere A.V.C.P., parere sulla normativa del 24 ottobre 2012, rif. AG 20/12). La ratio della disciplina in commento è stata rintracciata nella necessità, da un lato, di garantire sempre la giusta qualificazione dei soci esecutori e, dall’altro, di consentire la parità di condizione dei concorrenti, non potendosi negare come la conoscenza di tali circostanze – chi entra e chi esce dopo l’aggiudicazione e con quali modalità di cessione – influenzi sensibilmente l’offerta in sede di gara (cfr. A.V.C.P., delibera n. 18 dell’8 maggio 2013, secondo cui lo smobilizzo delle quote dei soci qualificanti, per essere ammessa tra le clausole contrattuali concessionario-concedente, deve discendere dal bando, alla stregua di tutti gli elementi dell’offerta suscettibili della tutela della parità di condizioni tra i concorrenti; diversamente, la modifica della compagine societaria in assenza di disciplina contrattuale, dissimulerebbe una rinegoziazione del contratto non consentita dalla normativa e dalla giurisprudenza poiché in violazione dei principî di parità di condizioni dei concorrenti. Sul punto, v., altresì, Ferrero, 157). Alla cessione delle partecipazioni va assimilata, pur con alcuni temperamenti, la cessione dell’azienda, cui afferisca il contratto pubblico eseguito dalla società di progetto (con la precisazione che il divieto non opererebbe con la stessa rigidità, qualora il cessionario si avvalesse dei requisiti del cedente ai fini del subentro, essendo in tal caso fatto salvo l’interesse dell’amministrazione alla salvezza dei requisiti di qualificazione; in tal senso, A.V.C.P., parere AG 20/12, cit.). Rispetto alla disciplina previgente, il nuovo art. 194 contempla espressamente l’ipotesi della perdita, da parte del socio, dei requisiti di qualificazione, stabilendo che il contratto di concessione ne disciplini, in questi casi, le modalità di sostituzione. (ad avviso della Relazione, si tratterebbe solo dell’esplicitazione di una eventualità – volta a consentire di mantenere in vita la società e di condurre a buon fine l’esecuzione del contratto – già insista nella possibilità di cessione delle quote: si vedano, in effetti, sul punto gli artt. 6, comma 2, lett. f) e 7, comma 1, lett. b) della Guida alle Pubbliche Amministrazioni per la redazione di un contratto di concessione per la progettazione, costruzione e gestione di opere pubbliche in partenariato pubblico privato, approvata con Del. A.N.A.C. n. 1116 del 22 dicembre 2020 e con Determina del Ragioniere Generale dello Stato n. 1 del 5 gennaio 2021). La disciplina delle obbligazioni: i c.d. «project bond»Al fine di agevolare l’afflusso di liquidità sotto forma di investimenti dei privati, la disciplina delle società di progetto, e ora di scopo, prevede, sin dalla sua introduzione all’interno del nostro ordinamento, un regime derogatorio, rispetto alle previsioni del codice civile, in punto di emissione di obbligazioni e di titoli di debito. Il previgente art. 157 del d.lgs. n. 163/2006 consentiva alle società di progetto l’emissione di obbligazioni anche in deroga alle disposizioni dell’art. 2412 c.c., purché garantite da ipoteca per la quota eccedente il limite quantitativo previsto dal codice civile (Malinconico, 2641; parte della dottrina riteneva che fosse possibile accendere l’ipoteca in esame anche su beni dei soci o dei terzi: Grasso, 1074, individuando in ciò la deroga rispetto alla previsione codicistica). La richiamata disciplina non ha tuttavia riscosso il favore degli operatori. Secondo la dottrina, l’insuccesso dell’originaria regolamentazione del fenomeno allignerebbe in tre distinti fattori: 1) le stringenti condizioni a cui era subordinata l’emissione, soprattutto in punto di necessaria copertura ipotecaria; 2) l’assenza di una disciplina fiscale; 3) gli effetti della crisi finanziaria del 2008 (Colombera, 1487; Principe, 2147). E, anche per queste ragioni, la stessa è stata oggetto di una radicale riscrittura ad opera dell’art. 41 del d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, trasfuso nell’art. 185 del d.lgs. 50/2016 e ora sostituito dall’art. 195 del d.lgs. 36/2023. Con la riforma del 2012, è stata ampliata la platea dei soggetti abilitati all’emissione dei project bond, nella quale sono inclusi anche, oltre alle società di progetto, le società titolari di un contratto di partenariato pubblico-privato, ai sensi dell’art. 3, comma 1, lettere eee), nonché un’ulteriore serie di società, individuate al comma 6 del citato art. 195, e operanti in settori nevralgici quali la produzione di energia elettrica o la gestione delle reti. Un punto che aveva fatto in passato discutere la dottrina atteneva al fatto che la deroga al codice civile, espressamente consentita dal codice dei contratti pubblici nell’originaria formulazione dell’art. 157, riguardava solo l’art. 2412 c.c., lasciando alcune incertezze in punto di disciplina applicabile alle s.r.l. (tanto che ci si chiedeva se la disposizione consentisse alle s.r.l., derogando, appunto, l’art. 2412 c.c., l’emissione di obbligazioni anziché, come previsto dal codice civile, di titoli di debito: per un’ampia ricognizione delle posizioni emerse in proposito, Baldi, 278), risolte dall’espresso richiamo all’art. 2483 c.c. da parte dell’art. 185 del d.lgs. 50/2016, sul punto non modificato dal vigente art. 195. Sul piano delle ulteriori rilevanti novità, occorre dare in primis atto dell’eliminazione sia della previa autorizzazione all’emissione da parte degli organi di vigilanza, sia dell’obbligatorietà della garanzia ipotecaria, oggi sostituita dalla necessaria destinazione dei titoli alla sottoscrizione di investitori qualificati, individuati, nel testo del 2016, con il richiamo all’art. 100 TUF e oggi con quello alle figure dei cd. investitori istituzionali e dei clienti professionali privati e pubblici, rispettivamente indicati nell’art. 6, commi 2- quinquies e 2-sexies del d.lgs. 58/1998 e nei relativi regolamenti attuativi (cfr. all. 3 al Reg. Intermediari, approvato con Del. Consob n. 20307/2018), e delle relative società controllanti e controllate (ai sensi dell’art. 1, commi 6-bis.1 e 6-bis.2 dello stesso d.lgs. 58/1998). La sottoscrizione dei project bond, quindi, non è aperta ai risparmiatori, ma è consentita a una determinata categoria di soggetti autorizzati ad operare nei mercati finanziari, in grado di valutare i rischi, di per sé elevati (tanto che il comma 3 dell’art. 195, sostanzialmente riproducendo il comma 2 del previgente art. 185, prevede che: «La documentazione di offerta contiene in modo chiaro ed evidente l’avvertimento circa il grado di rischio associato all’operazione»), dei titoli in questione, soprattutto nell’ipotesi di emissione per il finanziamento di un’opera che non ha ancora iniziato a generare flussi di cassa (Principe, 2149). L’art. 195 richiama espressamente un’ulteriore serie di articoli del codice civile, derogati espressamente dalla disciplina speciale dei project bond: si allude, da un lato, agli artt. 2413 e 2414-bis c.c. e, dall’altro lato, agli artt. da 2415 a 2420 c.c. (v.): la non applicazione dei quali, relativi, rispettivamente, alla facoltà di ridurre il capitale o di distribuire riserve ad opera della società che ha emesso obbligazioni e ai diritti degli obbligazionisti, si spiegherebbe, quanto al primo gruppo di disposizioni, nei termini di una conseguenza logica alla deroga dell’art. 2412 c.c. e, quanto al secondo gruppo, come l’affermazione della non necessità di una serie di disposizioni di tutela degli investitori, che non appaiono indispensabili, in considerazione della particolare competenza soggettiva prevista necessariamente per gli investitori che possono sottoscrivere i project bond (Colombera, 1490). Al fine di incentivare l’emissione dei titoli in esame, la legge ha poi introdotto un sistema di garanzie, la cui regolamentazione è contenuta, oltre che nel settimo comma dell’articolo in esame, nel d.m. 7 agosto 2012 (la cui applicazione è, in via transitoria, fatta salva fino all’approvazione del nuovo decreto previsto al comma 5 dell’art. 195); regolamentazione in forza della quale, nel momento che precede l’avvio della gestione dell’infrastruttura, e dunque fino a quando l’opera finanziata non produce i flussi di cassa destinati a remunerare il capitale, i titoli possono essere garantiti dai soggetti sopra elencati (il decreto del 2012 demanda a un successivo decreto le modalità di garanzia da parte di fondazioni e fondi privati), ovvero, anche dopo l’avvio della gestione dell’infrastruttura, per il rifinanziamento del debito precedentemente contratto. Detto decreto, attuativo del previgente art. 157, individua i soggetti garanti all’art. 3, distinguendo: a) le banche italiane e comunitarie, nonché le banche extracomunitarie autorizzate ad operare in Italia con o senza stabilimento di succursale; b) gli intermediari finanziari iscritti nell’albo di cui all’art. 106 TUB; c) le imprese di assicurazione autorizzate ovvero ammesse in regime di libera prestazione dei servizi all’attività di assicurazione relativa al ramo danni per le classificazioni 14 (Credito) e 15 (Cauzione), di cui all’art. 2 d.lgs. n. 209/2005, iscritte all’Albo delle imprese istituito presso l’Ivarp (ex Isvap; oggi Ivass); d) la Cassa Depositi e Prestiti s.p.a.; e) la Sace s.p.a.; f) la Banca Europea degli Investimenti di cui all’art. 308 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, secondo le modalità e nei limiti previsti dal proprio statuto (cfr., per l’esame di un caso specifico, Principe, 2154) e dalla regolamentazione dalla stessa dettata relativamente alle garanzie. Ancora, il d.m. specifica, all’art. 4, che le garanzie sono rilasciate sulla base della valutazione del merito di credito del soggetto emittente e della adeguata sostenibilità economico finanziaria degli investimenti, tenendo conto della redditività potenziale dell’opera, anche sulla base del relativo piano economico finanziario, coprono il rischio di inadempimento del debitore principale per capitale e interessi e possono essere escusse a seguito del mancato pagamento di uno o più pagamenti dovuti a termini del regolamento del prestito, ovvero in caso di dichiarazione di insolvenza dell’emittente o assoggettamento dell’emittente a fallimento (oggi, liquidazione giudiziale) o altra procedura concorsuale di liquidazione applicabile. Sul piano fiscale, la disciplina di favore posta dal legislatore del 2012 si basa sull’applicazione del sistema di tassazione degli interessi sui titoli di Stato, con applicazione di imposte di registro, ipotecarie e catastali in misura fissa alle garanzie di qualsiasi tipo da chiunque e in qualunque momento prestate in relazione all’emissione delle obbligazioni in esame (amplius sul punto, Colombera, 1492). BibliografiaBaldi, Il project financing, in Aa.Vv., I contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, a cura di De Nictolis, Milano, 2007, 267; Colombera, Sub artt. 184-186, in Codice dei contratti pubblici commentato, a cura di Perfetti, Milano, 2017, 1477; Cosmai – Buonanno, La riforma del Codice Appalti, Padova, 2023, 409 ss.; De Nictolis, I nuovi appalti pubblici, Bologna, 2017, 2154; Dipace, Sub art. 184, in Aa.Vv., Codice dei contratti pubblici. Commentario di dottrina e giurisprudenza, a cura di Esposito, Torino, 2017, 2140; Ferrero, Affidamento di concessioni e società di progetto, in Urb. e app., 2020, 2, 153 ss.; Grasso, Sub artt. 156 e 157, in Codice appalti pubblici e nuovo regolamento SOA, diretto da de Lise e Ferrari, Roma, 2008, 1070; Malinconico, Il project financing, in Trattato sui contratti pubblici, diretto da Sandulli, De Nictolis, Garofoli, IV, Milano, 2008, 2639; Principe, Sub art. 158, in Codice dei contratti pubblici. Commentario di dottrina e giurisprudenza, a cura di Esposito, Torino, 2017, 2150; Sambri, Aspetti di diritto societario, in Trattato di diritto dell’economia, III, Padova, 2013, 275; Sciuto, Sub art. 156, in Baldi, Tomei, La disciplina de contratti pubblici. Commentario al Codice appalti, 2007, 1304. Zanghi Buffi, Il partenariato pubblico privato: le concessioni e la finanza di progetto, in Giorn. Dir. Amm., 2023, 3, 364.
|