Provvedimenti di accettazione degli impegni adottati dall’AGCM ed interesse ad impugnare

21 Febbraio 2024

Il TAR si pronuncia sulla sussistenza dell'interesse a ricorrere avverso il provvedimento di chiusura dell'istruttoria con impegni di cui all'art. 14-ter l. n. 287/1990, adottato dall'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.

Massima

Il giudice amministrativo ha dichiarato inammissibile per carenza dell'interesse a ricorrere l'impugnazione del provvedimento di chiusura dell'istruttoria con impegni di cui all'art. 14-ter l. n. 287/1990, qualora sia addotto a fondamento della domanda l'ipotetico pregiudizio per il mercato concorrenziale.

Il caso

L'impugnazione del provvedimento di chiusura dell'istruttoria con impegni di cui all' art. 14-ter l. n. 287/1990

La questione sottoposta all'attenzione del giudicante trae origine dall'avvio, da parte dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, del procedimento di accertamento della violazione dell'art. 102 TFUE ad opera di una società fornitrice di servizi di pagamento, a seguito di segnalazione.

Si era infatti ipotizzato l'abuso di posizione dominante da parte della società, per aver imposto agli aderenti al proprio circuito di pagamento alcune condizioni relative al funzionamento dei terminali POS, prevedendo, nell'ipotesi di inadempimento, l'applicazione di penali e l'eventuale revoca della licenza.

In particolare, secondo il segnalante, per gli aderenti al servizio l'imposizione della procedura double-tap avrebbe integrato un'operazione non consentita in base al diritto dell'Unione Europea, poiché preclusiva dell'accesso ai portafogli disponibili sugli smartphone e quindi limitativa della libera concorrenza.

Tuttavia, a seguito dell'impegno della società segnalata a tradurre le imposte regole tecniche in meri orientamenti non vincolanti per gli operatori economici, l'AGCM ha considerato superate eventuali violazioni della concorrenza e, con provvedimento di accettazione degli impegni, chiuso il procedimento senza accertare l'infrazione.

La ricorrente ha quindi impugnato il provvedimento di accettazione degli impegni deducendo che lo stesso fosse stato adottato dall'Autorità in assenza dei relativi presupposti, ossia di una comprovata infrazione da parte della società, di una posizione dominante della stessa in un mercato rilevante e del carattere illegittimo delle prescrizioni imposte. Su altro versante, l'AGCM non avrebbe tenuto in debito conto il pregiudizio derivante dal provvedimento impugnato per i consumatori, che avrebbero visto ridurre la propria autonomia di scelta del metodo di pagamento.

La questione

La verifica circa la sussistenza dell'interesse a ricorrere avverso il provvedimento di accettazione degli impegni di cui all' art. 14-ter l. 10 ottobre 1990, n. 287

Il Tribunale Amministrativo è stato chiamato a verificare preliminarmente la sussistenza delle condizioni dell'azione in capo alla ricorrente, con particolare riferimento all'interesse ad agire. Il nostro sistema di giustizia amministrativa impone infatti che l'impugnazione sia sorretta da un interesse personale, diretto, concreto ed attuale alla pronuncia demolitoria.

Come noto, in base all'art. 100 c.p.c. l'interesse ad agire si sostanzia nella concreta possibilità di perseguire o mantenere, attraverso il processo, un bene della vita a fronte di una lesione diretta ed attuale dell'interesse medesimo.

Le soluzioni giuridiche

L'insussistenza in capo alla ricorrente di un interesse ad agire qualificato ex art. 100 c.p.c.

Il giudicante ha ritenuto fondata l'eccezione di carenza di interesse sollevata dall'Autorità Garante, con conseguente declaratoria d'inammissibilità del ricorso, non potendosi individuare un interesse concreto ed attuale alla caducazione del provvedimento. La stessa Autorità aveva infatti lamentato l'assenza in capo alla ricorrente di una lesione della relativa sfera giuridica ad opera del provvedimento di accettazione degli impegni, poiché le regole imposte e oggetto di istruttoria dell'AGCM, avendo perso il carattere dell'obbligatorietà, rimetterebbero di fatto agli operatori economici la scelta delle procedure di pagamento ritenute più consone. Inoltre, l'atto impugnato non conterrebbe alcun accertamento circa l'illegittimità del comportamento della società, in relazione al quale pertanto non potrebbe sussistere una lesione giuridicamente rilevante.

In particolare, in virtù degli impegni assunti ex art. 14-ter l. n. 287/1990, la società citata ha reso facoltativa l'implementazione della modalità di pagamento double-tap attraverso i terminali POS, astenendosi dall'implementare la diversa modalità single-tap, ritenuta pregiudizievole per la ricorrente.

Il Collegio ha rilevato l'esistenza di un mero vantaggio mediato ed indiretto derivante dall'annullamento dell'atto, in quanto gli aderenti al circuito rimangono liberi di scegliere in quale modo impostare i propri terminali, e il provvedimento ex art. 14-ter l. n. 287/1990 non determina una violazione delle regole di trasparenza a tutela dei consumatori.

L'impugnazione risulta in tal modo carente di un'utilità concreta ad essa sottesa, poiché il vantaggio consisterebbe nell'ipotetica evenienza che la società oggetto di procedimento istruttorio dell'AGCM ripristini l'obbligatorietà della modalità di pagamento prescelta dalla ricorrente.

Osservazioni

La dimensione soggettiva del processo amministrativo

Il decisum del Collegio ribadisce un modello di giurisdizione di diritto soggettivo, che tutela non tanto la legittimità dell'agere amministrativo quanto l'interesse del privato, rappresentato al livello processuale dall'interesse a ricorrere quale condizione dell'azione.

La giurisdizione amministrativa, come più volte sottolineato dalla Corte Costituzionale, deve poter offrire una utilità effettiva al ricorrente, presidiando solo situazioni giuridiche soggettive riconosciute dall'ordinamento a fronte di una lesione effettiva. Non sono pertanto tollerate ipotesi di giurisdizione oggettiva scollegata dall'interesse sostanziale al bene della vita e finalizzata al ripristino della legalità dell'azione amministrativa.

L'originaria struttura del processo amministrativo dava preminenza al ripristino della legalità violata, concedendo ampi poteri di cognizione al giudice e considerando l'interesse del cittadino solo occasionalmente protetto, coerentemente con l'idea che l'interesse legittimo non godesse di natura sostanziale.

Successivamente, si è assistito ad una trasformazione di tale processo come giudizio di parti, ossia un giudizio sul rapporto inciso dall'attività amministrativa, prima che sull'atto. Di conseguenza, la situazione soggettiva di interesse legittimo acquisisce una consistenza sostanziale legata al raggiungimento del bene della vita e ne viene riconosciuta la risarcibilità dapprima dalla giurisprudenza e poi dal legislatore.

La Costituzione offre una conferma della dimensione soggettiva del giudizio, orientato alla tutela di diritti soggettivi ed interessi legittimi, attraverso le previsioni di cui agli artt. 24, 103 e 113, declinate nel processo amministrativo dagli artt. 1,2 e 7 c.p.a.

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