Osservazioni
a) sulla natura del piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione
Ai fini di comprendere la natura del piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione, il tribunale ha preliminarmente proceduto con la disamina della direttiva Insolvency e con l'analisi delle norme pertinenti con cui detta direttiva è stata attuata nel codice della crisi. La natura giuridica che il legislatore ha voluto attribuire al PRO si desume dalle note di accompagnamento allo schema di decreto attuativo della direttiva Insolvency (d.lgs. n. 83/2022). Nel testo, il PRO è identificato, infatti, come lo strumento mediante il quale si intende dare attuazione al combinato disposto degli artt. 9, 10 e 11 della direttiva.
L'art. 64-bis c.c.i.i. consente al debitore che si trova in stato di crisi o di insolvenza, previa l'obbligatoria suddivisione dei creditori in classi secondo posizione giuridica e interessi economici omogenei, di distribuire il ricavato del piano in deroga ai vincoli di distribuzione previsti per le procedure concorsuali dagli artt. 2740 e 2741 c.c. (fatti salvi i diritti dei lavoratori che devono essere soddisfatti integralmente entro 30 giorni dall'omologazione). Per poter essere omologato, il piano richiede che la proposta sia approvata dall'unanimità delle classi.
Con tale configurazione della procedura, il legislatore ha cercato di mantenere fermo il principale obiettivo che funge da filo conduttore di tutto il codice della crisi: il risanamento e la conservazione dei valori aziendali promossi dalla legislazione europea.
Infatti, nel disposto dell'art. 64-bis c.c.i.i. non si accenna mai alla liquidazione dei beni del debitore, ma al contrario si mette in evidenza che l'imprenditore conserva la gestione dell'impresa dalla presentazione della domanda fino all'omologazione, sotto la vigilanza del commissario (comma 5).
Questo fine di preservazione è ravvisabile anche nel diretto richiamo alla disciplina del concordato in continuità e non alle norme sul concordato con piano liquidatorio. Tanto che non è prevista una soglia minima di soddisfazione dei creditori chirografari, né l'apporto di risorse.
Ancor più significativo è il dato che l'art. 64-bis, nell'affermare che nel PRO trovano applicazione le disposizioni di cui alla Sezione IV, del Capo III, del Titolo IV, escluda espressamente le disposizioni di cui all'art. 114 c.c.i.i., che tratta del concordato con cessione di beni, riprendendo in tal modo il vecchio art. 182 l. fall.
(Segue): b) sul controllo di ritualità/ammissibilità del piano effettuato dal tribunale
Con riferimento ai poteri di controllo, il tribunale di Monza ha ritenuto di uniformarsi al filone interpretativo che vede il tribunale quale soggetto preposto non solo al controllo di legittimità, ma anche di ammissibilità/fattibilità del piano. Una delle prime pronunce più significative sul punto è quella del tribunale di Modena del 25 agosto 2023 (commentata su questo portale da Di Iulio, Lo scrutinio del tribunale in sede di ammissibilità del “PRO”: dal sindacato sulla “mera ritualità” allo scrutinio sulla doppia omogeneità delle classi, 6 marzo 2024).
Il filone interpretativo prende origine da una interpretazione non restrittiva del dettato dell'art. 64-bis c.c.i.i., in particolare del comma 4, lett. a), che prevede: “A seguito della presentazione del ricorso, il tribunale pronuncia decreto con il quale: a) valutata la mera ritualità della proposta e verificata la correttezza dei criteri di formazione delle classi, nomina un giudice delegato al procedimento e nomina oppure conferma il commissario giudiziale”.
I punti oggetto di interpretazione sono: i) la valutazione della “mera ritualità” della proposta; ii) la verifica della “correttezza dei criteri di formazione delle classi”. Nel comma sono presenti, quindi, due diversi compiti del tribunale, uno di controllo meramente formale (rituale), l'altro incentrato sulla corretta formazione delle classi creditorie. Soprattutto questa ultima tipologia di controllo ha formato oggetto di dibattito, in quanto la correttezza dei criteri di formazione delle classi implica anche un vero e proprio controllo sulla fattibilità del piano.
Dal dettame normativo non sembrerebbe possibile attribuire tale potere di valutazione al Collegio. Tuttavia, disattendendo la lettera della norma e fornendo un'interpretazione più garantista, il tribunale di Modena, seguito dal tribunale di Monza con la pronuncia in commento, ha osservato come una valutazione di fattibilità del piano non possa essere liquidata col sostanziale “disinteresse” dal giudice. Tale interpretazione si coniuga con il fine di garantire una maggiore tutela del ceto creditorio e con obiettivi di economia processuale, posto che con la presentazione della domanda viene nominato un commissario che svolge approfondimenti, vengono coinvolti i creditori, vengono magari avanzate e trattate eventuali opposizioni, con il conseguente decorso di un periodo di tempo non indifferente, potenzialmente foriero di maturazione di costi prededucibili; tutti aspetti che a parere del tribunale di Modena, impegnato in uno dei primi casi di domanda di PRO, non possono essere trascurati.
Il tribunale di Monza, nella pronuncia oggetto del presente commento, ripercorre il filo tracciato da tribunale di Modena e cita una sentenza della Corte di appello di Milano con la quale è stato rimarcato il potere di controllo del giudice: “Si deve ritenere che rientri nel controllo di ritualità anche la legittimità sostanziale della proposta. Di tale controllo di legittimità sostanziale fa parte anche la verifica della completezza della relazione finale dell'esperto e della ragionevolezza delle sue conclusioni, che non possono essere né ambigue né apodittiche, ma devono saldarsi in modo chiaro, logico e conseguenziale ai dati contabili accertati, al contenuto delle specifiche soluzioni prospettate dall'impresa ai creditori, alle concrete modalità di svolgimento delle trattative, alla legittimità delle soluzioni della crisi ipotizzate” (App. Milano 13 luglio 2023).
Prendendo spunto dalle pronunce precedenti, il tribunale di Monza ha, quindi, concluso delineando gli elementi cardine del PRO, pur in mancanza di regole cogenti la distribuzione:
a) la previsione di pagamento integrale dei dipendenti in denaro ed entro trenta giorni dall'omologazione;
b) la suddivisione del ceto creditorio in classi;
c) la predisposizione di un piano non manifestamente inadeguato a raggiungere gli obiettivi prefissati;
d) la coerenza della relazione del professionista indipendente, alla luce dell'iter logico-argomentativo posto alla base dell'attestazione di fattibilità del piano e della metodologia seguita nei controlli effettuati ai fini dell'attestazione di veridicità dei dati contabili esposti dalla società.
(Segue): c) la suddivisione delle classi
Ad ulteriore conferma che il controllo del tribunale sulla domanda di PRO non riguarda solo la ritualità della domanda, ma anche la sua ammissibilità, nel concludere la disamina della domanda di PRO, il tribunale di Monza ha analizzato anche la suddivisione delle classi proposta dal debitore, entrando nel merito della stessa e, peraltro, chiedendo chiarimenti e modifiche della suddivisione.
Per stabilire le regole di composizione delle classi creditorie nel PRO, la giurisprudenza e la dottrina hanno analogicamente applicato i criteri che si sono formati nel tempo per il concordato preventivo e per il concordato fallimentare.
L'orientamento interpretativo seguito dal tribunale di Monza stabilisce che il controllo sulla correttezza della formazione delle classi deve tradursi, da un lato, nel verificare che sussista il trattamento paritario dei creditori allocati nella medesima classe; dall'altro, nell'appurare che sussista un'omogeneità delle posizioni giuridiche e degli interessi economici. A tale ultimo riguardo, il tribunale di Monza ha richiamato l'ordinanza n. 9378 del 16 aprile 2018 con la quale la Suprema Corte ha formulato il seguente principio di diritto:
“L'omogeneità delle posizioni giuridiche, quale criterio volto a garantire sul piano formale le posizioni più o meno avanzate delle aspettative di soddisfo, riguarda la natura oggettiva del credito e concerne le qualità intrinseche delle pretese creditorie, tenendo conto dei loro tratti giuridici caratterizzanti, del carattere chirografario o privilegiato, della eventuale esistenza di contestazioni nella misura o nella qualità del credito, della presenza di un eventuale titolo esecutivo provvisorio. L'omogeneità degli interessi economici, essendo un criterio volto a garantire sul piano sostanziale la par condicio, ha riguardo alla fonte e alla tipologia socio-economica del credito (banche, fornitori, lavoratori dipendenti, ecc.) e al peculiare tornaconto vantato dal suo titolare (in ragione ad esempio dell'entità del credito rispetto all'indebitamento complessivo, della presenza di coobbligati o dell'eventuale interesse a proseguire il rapporto con l'imprenditore in crisi), al fine di garantire secondo canoni di ragionevolezza una maggiore adeguatezza distributiva in presenza di condizioni di omogeneità di posizione. Ne sovviene che i criteri in parola, distinti e concorrenti, debbono essere congiuntamente esaminati per verificare l'omogeneità dei crediti raggruppati, ove l'imprenditore intenda prevedere una suddivisione in classi; tale omogeneità non può però essere predicata in termini di assoluta identità o coincidenza (dato che, ove così fosse, sarebbe possibile formare classi soltanto in presenza di crediti con caratteristiche del tutto uguali), ma consiste invece nella concorrenza di tratti principali comuni di importanza preponderante che rendano di secondario rilievo gli elementi differenzianti e giustifichino secondo criteri di ragionevolezza (o meritevolezza, ex art. 1322 c.c.) una comune sorte satisfattiva delle posizioni riunite all'interno della medesima classe”.
Tale dettame è puntualmente richiamato nell'art. 64-bis c.c.i.i., che prevede che l'istituto “può prevedere il soddisfacimento dei creditori, previa suddivisione degli stessi in classi secondo posizione giuridica e interessi economici omogenei”. Pertanto, è possibile affermare che, seppur non espressamente stabilito, nel PRO vi sia un obbligo di formazione delle classi.
Da ultimo, il tribunale di Monza ha valorizzato la vera natura del controllo sulla suddivisione delle classi, ritenendo che il correlativo esame debba essere prevalentemente volto ad evitare frammentazioni del ceto creditorio, che possano dirsi finalizzate a marginalizzare l'espressione del consenso di alcuni creditori o peggio a mascherare trattamenti discriminatori, soprattutto in considerazione del fatto che il piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione è quasi completamente svincolato da regole sulla distribuzione del ricavato.