La supersocietà di fatto e la centralità dell’accertamento degli elementi sintomatici della sua esistenza
10 Dicembre 2024
Massima Ai fini dell’accertamento di una supersocietà di fatto ai sensi dell’art. 256, commi 4 e 5, c.c.i.i., la gestione comune dell’attività di impresa ricorre quando: 1) siano stati forniti apporti in forma indiretta mediante il sostanziale conferimento di un’azienda, 2) vi sia stata la prestazione di garanzie da parte di soggetti che non rivestivano alcun formale ruolo nelle società e che, tuttavia, abbiano svolto attività gestoria e 3) vi sia stato il pagamento reciproco di debiti tra le diverse società succedutesi nella gestione dell’azienda. Il caso L’azienda di proprietà della società Alfa, dopo un ventennio, viene affittata all’impresa individuale (Beta) di cui è titolare uno dei soci. Alla scadenza del contratto di affitto, la società concedente viene cancellata dal registro delle imprese, ma l’attività aziendale prosegue. L’azienda viene poi nuovamente affittata ad una società di nuova costituzione (Gamma) nella cui compagine, successivamente, entra anche il titolare dell’impresa individuale concedente, il quale assume anche la carica di amministratore. Nonostante la scadenza del contratto di affitto, la nuova società Gamma prosegue l’attività fino all’apertura della liquidazione giudiziale. Il tribunale di Bologna, dichiarata aperta tale procedura a carico della società Gamma, accerta l’esistenza di una supersocietà di fatto (s.s.d.f.) tra la medesima Gamma e l’impresa individuale Beta e pronuncia l’apertura della liquidazione giudiziale anche di quest’ultima e del suo titolare, socio della Gamma. Il tribunale di Bologna applica nello specifico i principi, ormai consolidati, in materia di supersocietà di fatto, individuando una serie di elementi sintomatici della sua esistenza e, in particolare, i comportamenti delle parti nella gestione del contratto di affitto, il ruolo gestionale svolto dal titolare della impresa individuale concedente e il sostegno finanziario reciproco tra le due società. Questioni giuridiche Dal 2016 la giurisprudenza di legittimità e di merito, abbandonate le precedenti oscillazioni, riconosce costantemente la configurabilità giuridica della supersocietà di fatto, ossia di un soggetto societario autonomo la cui esistenza emerge – di norma - dopo l'apertura della liquidazione giudiziale di uno dei suoi soci. Dalla rilevazione di una supersocietà di fatto discende la duplice conseguenza, oggi disciplinata dai commi 4 e 5 dell'art. 256 c.c.i.i., per cui il tribunale dichiara l'apertura della liquidazione giudiziale sia della supersocietà di fatto che dei suoi soci. Il consolidamento di questi principi prende l'avvio con le tre sentenze della Cassazione (Cass. 21 gennaio 2016, n. 1095; Cass. 20 maggio 2016, n. 10507; Cass. 13 giugno 2016, n. 12120) che hanno affermato, tra l'altro: (1) l'irrilevanza della mancata adozione di una delibera ex art. 2361, comma 2, c.c. con la conseguenza che, prevalendo l'affidamento dei terzi sulla tutela dei soci e dovendosi applicare il principio di irretroattività della nullità ex art. 2332, commi 2 e 4, c.c., il rischio di un eccesso di potere dell'amministratore che abbia dato vita a una s.s.d.f. è trasferito sulla società coinvolta per estensione, ex art. 256, comma 5, c.c.i.i., nella liquidazione giudiziale; (2) la necessità che la prova sia rigorosa, costituendo indici dell'esistenza di una s.s.d.f. un patrimonio e un'attività comune, l'effettiva partecipazione ai profitti e alle perdite dei soggetti interessati, la sussistenza di un vincolo di collaborazione; (3) la necessità di distinguere la fattispecie in cui più società o persone fisiche, su un piano idealmente orizzontale, controllano di fatto una società con la conseguente applicabilità dell'art. 256, commi 4 e 5, c.c.i.i., dalla diversa fattispecie in cui, su un piano verticale, una società o persona fisica controlla più società, che, ricondotta alla figura della holding di fatto, può dar luogo, in caso di abuso, a responsabilità, ma non all'estensione ex art. 256 commi 4 e 5; (4) la necessità di accertare la specifica insolvenza della s.s.d.f. senza, tuttavia, poterla dedurre, se non come mero fatto indiziante, dall'insolvenza - già dichiarata - di uno dei soci. Successivamente, nel riaffermare tale nucleo di principi (Cass. 23 maggio 2017, n. 12962; Cass. 18 aprile 2018, n. 9572; Cass. 4 marzo 2021, n. 6030), la Cassazione ha puntualizzato che: i) l'esistenza della s.s.d.f. deve essere ricostruita secondo un procedimento ascendente che, in sintesi, muova da comportamenti di soci e amministratori che siano tali da esteriorizzare l'esistenza del vincolo societario, per poi, in via discendente, giungere alla dichiarazione ex art. 256, commi 4 e 5, in estensione, secondo lo schema della società in nome collettivo irregolare, con conseguente applicazione dell'art. 2291 c.c. (Cass. 13 gennaio 2021, n. 366; Cass. 3 gennaio 2024, n. 144); ii) in deroga all'art. 9 l. fall. (oggi, 27 c.c.i.i e ss.) la competenza a dichiarare l'aperura della s.s.d.f. in estensione si radica presso il tribunale ove risulta già pendente la procedura concorsuale riguardante il socio (Cass. 22 febbraio 2021, n. 4712); iii) non è necessario che le società di capitali che partecipano alla s.s.d.f. abbiano gli stessi soci e amministratori, essendo sufficiente la sussistenza di un fondo comune in termini di attribuzione del godimento di determinati beni ex artt. 2254, comma 2, e 2281 c.c., o di esecuzione della propria opera ex art. 2263, comma 2, c.c. (Cass. 22 febbraio 2023 n. 5458 in IUS Crisi d'impresa (ius.giuffrefl.it) - ilfallimentarista con nota di E. Albesano, Fallimento della supersocietà di fatto, estensione ai soci illimitatamente responsabili ed holding di fatto); iv) i debiti assunti dal soggetto dichiarato insolvente sono, in realtà, giuridicamente imputabili alla s.s.d.f. della quale egli è socio, in quanto egli o gli amministratori hanno agito per conto della stessa ex art. 2297 c.c., comma 2, in sua rappresentanza, con la conseguenza che l'insolvenza della s.s.d.f. può essere desunta da quella del socio Cass. 27 dicembre 2023, n. 35942); v) occorre accertare con estremo rigore la presenza degli indici di esistenza della s.s.d.f. chiariti dalle tre pronunce del 2016, potendo essere configurata tale fattispecie anche in una fase iniziale cui segua la riferibilità, in ragione della penetrante ingerenza gestoria esercitata, degli schermi societari a uno o più soci (Cass. 204 del 4 gennaio 2024). Osservazioni La sentenza del tribunale di Bologna si innesta nel solco dei principi, come detto, ormai consolidati nella giurisprudenza di legittimità, individuando una serie di indici sintomatici dell'esistenza di una s.s.d.f. che arricchiscono il catalogo di quelli già acquisiti in virtù dei precedenti editi. Acquisito il nucleo concettuale sopra richiamato, infatti, il punto decisivo consiste nell'individuare gli elementi fattuali da cui poter desumere l'esistenza della s.s.d.f. e, soprattutto, di distinguerla dall'autonoma figura della holding di fatto che, come detto, legittima, in caso di abuso, un'azione di responsabilità ma non l'applicazione dell'art. 256, commi 4 e 5 (cfr., per due interessanti casi di esclusione della s.s.d.f. e accertamento dell'esistenza di una holding, Trib. Torino 14 novembre 2019, in Giur. It., 2020, 1693; Trib. Belluno 9 agosto 2022, in Società, 2023, 3, 376; cfr. anche R. Guercio, La supersocietà di fatto e la holding: profili di differenza, in Giur. it., 2020, 1695 ss.). Si tratta di una verifica complessa, che si espone a pronunce estremamente diversificate. Esse, infatti, a fronte di un medesimo nucleo di circostanze di fatto, possono giungere a conclusioni diametralmente opposte. Così, ad esempio, App. Roma 4 dicembre 2017, in Foro It, I, 2018, 656, ha ritenuto che la comunanza di forza lavoro, risorse e interesse nonché la sovrapponibilità tra compagine sociale e nucleo familiare fossero indici chiari dell'affectio societatis rivelatrice della s.s.d.f. D'altra parte, App. Catania 17 febbraio 2021, in Giur. Comm., 2022, II, 938, ha escluso che il travaso di risorse da una società ad un'altra fosse di per sé sintomo dell'esistenza di una s.s.d.f. e Trib. Genova 30 giugno 2023, in Fall. 2024, 6, 883, ha escluso che il succedersi di diversi schermi societari nella gestione della medesima attività, la sussistenza di un vincolo familiare tra i vari amministratori, la commistione di beni e dipendenti tra una società e l'altra e l'affitto di azienda da una delle società alla fallita, fossero elementi probatori idonei a rivelare l'intenzione condivisa tra i soci e la loro partecipazione diretta a perdite e profitti e, di fondo, l'esistenza della s.s.d.f. Proprio la prosecuzione della medesima attività imprenditoriale attraverso differenti schermi giuridici succedutisi nel tempo ed entrati in possesso dell'azienda tramite contratti di affitto di volta in volta scaduti senza che ne fosse richiesta la restituzione (anzi con la cancellazione dell'originaria concedente), unitamente all'ingerenza gestoria nell'affittuaria dell'amministratore della (seconda, in termini di tempo) concedente, hanno, invece, costituito il nucleo fattuale di partenza da cui la sentenza in commento ha desunto l'esistenza di una s.s.d.f. Da questo inziale terreno fattuale – il cui elemento più interessante è forse la valorizzazione dei comportamenti contrattuali omissivi nella gestione dei contratti di affitto, connotati, in particolare, dalla mancata richiesta di restituzione dell'azienda alla scadenza o dei canoni di occupazione senza titolo nonché dall'accettazione dell'inadempimento del pagamento dei canoni che risultavano versati solo in una fase iniziale del rapporto contrattuale; comportamenti che hanno indotto a ritenere che, di fondo, i contratti di affitto fossero in realtà il veicolo giuridico per un effettivo conferimento – il tribunale di Bologna ha ricostruito gli elementi dell'esistenza di un patrimonio e di un'attività comune nonché dell'effettiva partecipazione ai profitti e alle perdite dei soggetti interessati (la cui centralità è affermata dalle tre pronunce del 2016 sopra riportate), assegnando rilievo alla prestazione di garanzie da parte di chi non rivestiva alcun ruolo formale nella società nonché ai rapporti economici tra i soggetti giuridici succedutisi caratterizzati, in particolare, dal pagamento, da parte dell'affittuaria, dei fornitori e dei dipendenti della concedente. Per quanto attiene, poi, alla verifica dell'insolvenza della s.s.d.f. – che, come chiarito dalle pronunce sopra richiamate, deve necessariamente essere autonoma rispetto a quella del soggetto giuridico già assoggettato a liquidazione giudiziale ma deve, altresì, essere desunta da quella dei suoi soci -, il tribunale di Bologna, assumendo correttamente l'unicità soggettiva e sovraordinata del soggetto giuridico in stato di decozione, somma i passivi dei soci (succedutisi nella gestione dell'azienda, ma sempre per conto della s.s.d.f.) e vi sottrae i rispettivi attivi. La pronuncia, dunque, si segnala per l'attenta applicazione del quadro dei principi - come detto, ormai consolidati (anche in ragione della conformità all'assetto costituzionale affermato da C. Cost. 6 dicembre 2017, n. 255) – sul solco dei quali deve muovere il rigoroso accertamento di una fattispecie giuridicamente rilevante ma esistente solo in una dimensione fattuale, ossia di una società il cui nome non viene mai speso nei traffici commerciali e che solo ex post, in forza di una pronuncia di apertura della relativa liquidazione giudiziale, rivela completamente la sua esistenza. Conclusioni Il tema della s.s.d.f. lascia aperti diversi problemi che attenta dottrina sta da tempo segnalando. La prevalenza di un giudizio sostanzialistico che prescinde, cioè, dalla formalità e dai regimi di pubblicità legale per affermare l’esistenza di un soggetto giuridico che si sovrappone a quelli il cui nome è stato effettivamente speso nei traffici commerciali e che risultano iscritti nei pubblici registri, è frutto di una scelta interpretativa, come detto, ormai consolidata. Tuttavia, il valore sotteso a questa scelta non è la tutela dell’affidamento dei terzi nei traffici commerciali – giacché anche coloro che in virtù della spendita del nome di una società che risulti effettivamente presente nei pubblici registri possono dirsi in buona fede e come tali meritevoli di tutela –, ma è l’assegnazione, in chiave di prevalenza di valori, di un ruolo predominante alla sostanza dei fenomeni giuridici rispetto all’apparenza. Questa scelta, oltre a intaccare la certezza dei rapporti giuridici (cfr. F. Guerrera, Considerazioni sistematiche sulla c.d. supersocietà di fatto, in Riv. dir. soc., 2017, 4, 975 ss.) e rimettere in discussione il principio della separazione patrimoniale tra soci e società nelle società di capitali (P. Montalenti, L’abuso del diritto nel diritto commerciale, in Riv. dir. civ., 2018, I, 905) pone, per quanto attiene alla materia concorsuale, un problema in termini di sovrapposizione di patrimoni e di conseguente concorso tra creditori. La propagazione dell’insolvenza da un soggetto giuridico formalmente esistente nell’ordinamento e nei traffici commerciali (il socio della s.s.d.f.) a un soggetto occulto, esistente solo in una dimensione fattuale (la s.s.d.f.) attrae, nel concorso comune su un patrimonio che diviene unitario, i creditori di quest’ultima entità fattuale e giuridica i quali, fino alla dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale, non erano nemmeno astrattamente conoscibili, ma che, per effetto della stessa, acquisiscono diritti pari a quelli dei creditori che sull’apparenza giuridica avevano fatto legittimo affidamento (su questo tema, M. Di Rienzo, Le società di fatto, occulte ed apparenti e la supersocietà di fatto, in Trattato delle società, dir. V. Donativi, 2022, I, 203 ss.; ma già C. Angelici, In tema di fallimento della «società apparente», in Riv. Dir. comm., 1974, I, 353). L’esistenza di questo conflitto – insanabile, una volta che sia stata compiuta la scelta di assegnare rilievo prevalente alla sostanza del fenomeno societario sulla formalità della pubblicità legale – rende evidente come non possa non essere, come segnalato dalla Cassazione fin dalle pronunce del 2016, più che rigorosa (e, in questo, la sentenza in commento va esente da critiche) la valutazione degli indici sintomatici dell’esistenza della s.s.d.f. |