Rigetto della richiesta di rimessione e condanna alle spese
Michele Toriello
24 Novembre 2025
Quando la richiesta di rimessione venga rigettata o sia dichiarata inammissibile, la parte privata richiedente deve essere condannata al pagamento delle spese processuali? Le motivazioni delle Sezioni Unite.
Questione controversa
La richiesta di rimessione è soggetta esclusivamente alla disciplina speciale prevista dall'art. 48 c.p.p., che non contiene alcun riferimento alle spese processuali, ovvero, essendo assimilabile al ricorso per cassazione, vale per essa la regola generale in tema di condanna alle spese dettata dall'art. 616 c.p.p.?
Possibili soluzioni
Prima soluzione
Seconda soluzione
Secondo un primo orientamento, il principio generale dettato in tema di spese processuali dall'art. 616 comma 1, c.p.p., deve trovare applicazione in tutti i giudizi, principali o incidentali, celebrati dinanzi al giudice di legittimità, sicché, in caso di rigetto della richiesta di rimessione, le spese processuali anticipate dallo Stato devono essere poste a carico di chi ha dato luogo al giudizio; nel caso in cui la richiesta venga dichiarata inammissibile, ricorrono entrambi i presupposti che, secondo Cass. pen., sez. un., 5 luglio 1995, dep. 1996, n. 26, fondano la condanna alle spese processuali: l'essere la statuizione contenuta in un provvedimento definitivo (nel senso che conclude il procedimento dinanzi al giudice che ne è stato investito), e la soccombenza, che può riguardare tanto il giudizio principale sulla responsabilità, quanto un procedimento incidentale
Dunque, quanto previsto dall'art. 48 comma 6, c.p.p. per il procedimento di rimessione non escluderebbe l'efficacia della regola generale prevista in relazione al procedimento per cassazione dall'art. 616 c.p.p., secondo cui la condanna alle spese della parte soccombente deve essere contenuta in ogni provvedimento definitivo, sia principale che incidentale (1).
Secondo l'opposto orientamento, la declaratoria di inammissibilità della richiesta di rimessione o il suo rigetto non comportano la condanna al pagamento delle spese del procedimento, poiché la norma speciale di riferimento, l'art. 48 comma 6, c.p.p., prevede solo che il richiedente possa essere condannato al pagamento in favore della Cassa delle ammende di una somma compresa tra 1.000 e 5.000 euro.
La norma speciale non può, ad avviso di questa linea esegetica, essere integrata con la disposizione generale prevista per il rigetto o la dichiarazione di inammissibilità del ricorso per cassazione (art. 616 c.p.p.), ostandovi la peculiare natura dell'istituto della rimessione del processo, non inquadrabile nell'ambito dei rimedi di carattere impugnatorio: siamo, invero, in presenza non di un «ricorso», ma di una «richiesta», e la differenza è sostanziale, e non meramente lessicale, poiché «esprime la differente funzione dell'atto introduttivo che, nel caso del ricorso per cassazione, rappresenta lo strumento attraverso il quale l'interessato deduce dinanzi al giudice di legittimità uno o più dei vizi indicati dall'art. 606 c.p.p. da cui assume essere affetto il provvedimento impugnato», mentre la richiesta di rimessione «ha un contenuto rappresentativo degli elementi fattuali correlati ad una situazione esterna al processo» (così, in motivazione, Cass. pen., sez. VI, 19 settembre 2023, n. 43540) (2).
(1) Cass. pen., sez. VI, 11 ottobre 2023, n. 46023; Cass. pen., sez. I, 13 luglio 2023, n. 47116; Cass. pen., sez. V, 17 febbraio 2023, n. 27453; Cass. pen., sez. V, 1° febbraio 2023, n. 12792; Cass. pen., sez. V, 16 aprile 2019, n. 33226; Cass. pen., sez. V, 4 ottobre 2017, n. 49692; Cass. pen., sez. I, 9 febbraio 2000, n. 944; Cass. pen., sez. I, 15 luglio 1996, n. 4633.
(2) Cass. pen., sez. III, 14 ottobre 2024, n. 42478; Cass. pen., sez. V, 21 dicembre 2023, n. 51219; Cass. pen., sez. VII, 8 novembre 2023, n. 47089; Cass. pen., sez. VII, 2 novembre 2023, n. 45073; Cass. pen., sez. VI, 3 ottobre 2023, n. 43548; Cass. pen., sez. VI, 19 settembre 2023, n. 43540; Cass. pen., sez. VI, 3 novembre 2023, n. 43324; Cass. pen., sez. V, 18 gennaio 2023, n. 16553; Cass. pen., sez. II, 21 febbraio 2017, n. 15480.
Rimessione alle Sezioni Unite
Cass. pen., sez. II, 7 gennaio 2025, n. 3776
Cass. pen., sez. III, 7 febbraio 2025, n. 7046
In entrambi i casi la Corte, dopo aver ritenuto inammissibile l'istanza di rimessione, ha preso atto dell'illustrato contrasto, «presente [..] nella giurisprudenza di legittimità sin dal 2000» (ord. n. 7046/2025), rilevando che «gli opposti orientamenti si fondano su una diversa interpretazione degli artt. 48, comma 6, e 616 del codice di rito. Secondo l'orientamento che ritiene necessaria la condanna alle spese in caso di mancato accoglimento dell'istanza di rimessione, l'art. 616 ha una portata generale, che si riferirebbe a tutti i provvedimenti definitivi resi dalla Corte di cassazione, a prescindere dal fatto che gli stessi siano emessi all'esito di una "richiesta", come nel caso della rimessione proposta ai sensi dell'art. 45 c.p.p., o di un "ricorso": a ciò si perviene operando una interpretazione sistematica che valorizza i presupposti della condanna alle spese in cassazione (la natura definitoria del provvedimento e la soccombenza dell'istante), e che svaluta la peculiarità del procedimento di rimessione e la specialità della regola contenuta nell'art. 48, comma 6, c.p.p. Di contro, l'orientamento secondo il quale il mancato accoglimento dell'istanza di rimessione non comporta la condanna al pagamento delle spese processuali valorizza la non assimilabilità della "richiesta" di rimessione al ricorso per cassazione, confermata dal fatto che essa è disciplinata da una normativa "speciale" (e l'art. 48, comma 6, c.p.p. prevederebbe, non a caso, disposizioni specifiche, che si limitano a quantificare l'ammenda irrogabile, senza operare alcun riferimento alle spese processuali)» (ord. n. 3776/2025).
La Corte ha, dunque, rimesso il ricorso alle Sezioni Unite, per la risoluzione del quesito che è stato così formulato: «Se in caso di rigetto o di declaratoria di inammissibilità della richiesta di rimessione, la parte privata richiedente debba essere condannata al pagamento delle spese processuali».
Informazione provvisoria
Le Sezioni Unite, all'esito della camera di consiglio del 10 luglio 2025, hanno dato alla questione controversa risposta «negativa».
Le motivazioni delle Sezioni Unite
Cass. pen., sez. un., 10 luglio 2025, n. 37824
Cass. pen., sez. un., 10 luglio 2025, n. 37825
Nelle due sentenze gemelle le Sezioni Unite, delineati i caratteri dell’istituto ed illustrate le ragioni dell’inammissibilità delle richieste di rimessione presentate dagli imputati, hanno ricordato, in via di premessa, che quando si parla di spese processuali ci si riferisce «a tutti gli esborsi che costituiscono il costo del processo, cioè a tutti gli oneri economici relativi ad attività direttamente coordinate con lo svolgimento del processo: detti oneri vanno suddivisi in due categorie, l’una riconducibile ad ogni esborso derivante da prestazioni del servizio giustizia ad opera dell’apparato pubblico, l’altra riferibile ad ogni compenso da corrispondere a soggetti privati per attività svolte nel processo o ad esso connesse»; hanno, altresì, richiamato il generale principio di soccombenza di cui agli artt. 541 e 616 c.p.p., in forza del quale il provvedimento che rigetta o dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto è condannata al pagamento delle spese del procedimento.
Illustrati i due orientamenti che si contrappongono nella più recente giurisprudenza di legittimità, le Sezioni unite hanno aderito a quello che ritiene che il rigetto o la declaratoria di inammissibilità della richiesta di rimessione non possano comportare la condanna al pagamento delle spese del procedimento.
Hanno, in proposito, rilevato, valorizzando l’interpretazione letterale dei testi normativi («limite insuperabile anche quando si proceda ad interpretazione estensiva»), che l’«articolato e specifico assetto normativo» previsto dagli artt. 45 ss. c.p.p. non contiene alcun richiamo alla disciplina generale delle impugnazioni ovvero alle norme che disciplinano la trattazione e la decisione dei ricorsi innanzi al giudice di legittimità: «si tratta di un sottosistema compiuto che dedica una disciplina specifica al procedimento di rimessione .. e all’interno del quale assume pregnante rilievo il tenore letterale dell’art. 48, comma 6, c.p.p., il quale esclude che alla dichiarazione di inammissibilità o di rigetto della richiesta di rimessione del processo segua la condanna al pagamento delle spese processuali, prevedendo solamente la possibilità di irrogazione di una somma in favore della cassa delle ammende».
Hanno, altresì, ritenuto dirimente la natura della richiesta di rimessione, che - come conferma anche la collocazione topografica dell’istituto (il Titolo I, dedicato al giudice, del Libro I, dedicato ai soggetti del processo) - non è un mezzo di impugnazione, poiché con essa non si richiede la rivalutazione di un precedente provvedimento, ma la valutazione della sussistenza della «grave situazione locale», tanto che l’art. 45 c.p.p. consente ancora all’imputato di presentarla personalmente, anche all’indomani della riforma dell’art. 613 c.p.p.: non essendosi in presenza di un ricorso (come autorevolmente confermato da Cass. pen., sez. un., 21 dicembre 2017, dep. 2018, n. 8914), deve escludersi la possibilità che possano trovare applicazione le generali previsioni dettate dall’art. 616 c.p.p. in tema di spese processuali, in base alle quali la condanna deve conseguire – notano le Sezioni unite - alla «soccombenza nel giudizio di impugnazione».
Alla luce delle considerazioni che precedono, le Sezioni unite hanno risolto la questione controversa statuendo il seguente principio di diritto: «Alla declaratoria di inammissibilità o di rigetto della richiesta di rimessione del processo non segue la condanna della parte istante al pagamento delle spese processuali».
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