Sulla inammissibilità della reiterazione di domande ex art. 44 c.c.i.i.
08 Luglio 2025
Massima Il debitore in crisi ha la possibilità di chiedere la concessione del termine ex art. 44 c.c.i.i. una sola volta; pertanto, una volta che lo stesso abbia già usufruito della concessione di tale termine – cui poi abbia fatto seguito la domanda di ammissione al concordato preventivo, successivamente non omologato in quanto non approvato – non può formulare una nuova domanda di accesso ex art. 44 c.c.i.i., dovendosi ritenere che i termini indicati da tale ultima previsione siano perentori. Il caso La vicenda all’origine della decisione del Tribunale vicentino ha come protagonista un’impresa la tormentata vicenda della cui crisi viene riassunta dallo stesso Tribunale, il quale – ad evidente supporto della decisione – viene ad elencare la nutrita serie di domande presentate dall’impresa stessa nel corso degli anni, e cioè: 1) nel 2020, a seguito di un sequestro preventivo delle quote della società, domanda con riserva ex art. 161, comma 6, 1.fall., seguita da un ricorso per omologa di accordi di ristrutturazione, regolarmente omologato; 2) nel 2023 accesso alla composizione negoziata con contestuale richiesta di misure protettive, conclusa con mera richiesta di archiviazione da parte dell'Esperto nominato; 3) sempre nel 2023, domanda ex art. 44, comma 1, c.c.i.i. con contestuale richiesta di concessione di misure cautelari e protettive ex art. 54, comma 2, c.c.i.i.; 4) nel 2024, domanda di accesso al concordato preventivo in continuità aziendale diretta, seguita dall’apertura della procedura ma non dall’omologazione per mancato conseguimento delle maggioranze; 5) sempre nel 2024, domanda ex art. 44 c.c.i.i., dichiarata inammissibile dal Tribunale “evidenziando la natura perentoria del termine stabilito dall'art. 44 c. I non concedibile essendo stato già concesso in precedenza”. Nel febbraio 2025 l’impresa presenta una nuova domanda ex art. 44 c.c.i.i. e, alla luce della precedente decisione del Tribunale, viene ad argomentare l’ammissibilità della stessa sia sul piano schiettamente normativo, in quanto evidenzia l’assenza nella previsione di legge del divieto biennale di ripresentazione contemplato invece all’art. 161 l. fall., sia sul piano sostanziale, illustrando la novità del piano di soluzione della crisi. Le argomentazioni dell’impresa, tuttavia, non sono state ritenute adeguate dal Tribunale, il quale è giunto ad una nuova declaratoria di inammissibilità. La soluzione giuridica La declaratoria di inammissibilità adottata dal Tribunale vicentino si viene a basare su una duplice ratio. La prima ratio – ricondotta ai principi generali - è costituita dall'affermazione del carattere perentorio dei termini indicati dall'art. 44 c.c.i.i. e dalla conseguente preclusione alla presentazione di una nuova domanda di accesso ai sensi di tale previsione, una volta che tale facoltà sia già stata esercitata in precedenza dal debitore. A supporto di tale conclusione, il provvedimento del Tribunale richiama le esigenze di tempestività ed accelerazione desumibili dall'art. 4, comma 2, lett. b), c.c.i.i. mentre esclude l'applicabilità del disposto di cui all'art. 47, comma 6, c.c.i.i., in quanto quest'ultimo sarebbe da riferire esclusivamente alla domanda c.d. “piena” (o “vestita”, per usare il termine adottato dal provvedimento). La seconda ratio – riferita al caso specifico - è invece costituita dall'affermazione di una insufficiente discovery da parte della ricorrente in ordine alle caratteristiche del proprio progetto di regolazione dell'insolvenza; carenza che secondo il Tribunale preclude una valutazione circa la sussistenza della buona fede di cui all'art. 4 c.c.i.i. e, conseguentemente, in ordine all'assenza di profili di abusività della nuova domanda. Osservazioni La decisione del Tribunale di Vicenza viene ad affrontare una questione di concreta rilevanza nel nuovo quadro dell'accesso agli strumenti di regolazione della crisi ed insolvenza, e cioè la possibilità o meno di reiterare la domanda di accesso “con riserva” ora prevista dall'art. 44 c.c.i.i., dopo che una precedente domanda non sia pervenuta ad un esito positivo, con l'omologazione di uno strumento di regolazione. Il problema, come è noto, si pone in quanto l'art. 44 c.c.i.i.non contempla espressamente alcun meccanismo preclusivo alla ripresentazione della domanda, a differenza di quanto previsto dall'art. 161, comma 9, l. fall., il quale, invece, prevedeva (la norma non è più applicabile nell'attualità) l'inammissibilità della domanda “con riserva” di cui al sesto comma della medesima previsione, qualora il debitore, nei due anni precedenti, avesse presentato altra domanda “con riserva” alla quale non avesse fatto seguito l'ammissione alla procedura di concordato preventivo o l'omologazione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti. Il problema interpretativo, quindi, è quello di stabilire se il silenzio dell'art. 44 c.c.i.i. valga a legittimare la ripresentazione della domanda con riserva – in teoria anche in sequenza immediata e, sempre in teoria, reiteratamente – o se invece lo stesso vada inteso come preclusione radicale alla ripresentazione della domanda. Il tema, tuttavia, deve essere affrontato tenendo conto – come ha fatto anche il provvedimento in esame – del disposto di cui all'art. 47, comma 6, c.c.i.i., il quale consente la riproposizione della «domanda» (senza specificare quale) «quando si verifichino mutamenti delle circostanze», ponendosi, evidentemente, il problema di stabilire se tale previsione operi o meno anche per la domanda ex art. 44 c.c.i.i. Individuata, in tal modo, la questione teorica, è da dire che il provvedimento del Tribunale di Vicenza appare non pienamente convincente non tanto nel suo approdo conclusivo – che è invece pienamente condivisibile – quanto nel suo iter argomentativo. Suscita perplessità, in primo luogo, l'affermazione per cui i termini di cui all'art. 44 c.c.i.i. sarebbero “perentori”. Il problema è costituito non tanto dalla questione circa il carattere perentorio o meno del termine concesso dal Tribunale – risolta dalla lettera dell'art. 44, comma 1, lett. a), c.c.i.i. – quanto dalla mera considerazione che la possibilità di reiterare la domanda ex art. 44 c.c.i.i. non pare in alcun modo connessa ad un problema teorico di proroga dei termini contemplati dalla previsione. Questi ultimi, invero, sono termini endoprocedimentali, in quanto riguardano il singolo procedimento attivato dalla domanda ex art. 44 c.c.i.i. e ad esso solo si riferiscono, senza che la formulazione di una nuova domanda di concessione dei termini possa – evidentemente - essere intesa come proroga di un termine che, conclusosi il primo procedimento ex art. 44 c.c.i.i., risulta palesemente non più utilizzabile. Il venire meno del termine concesso con la prima domanda “con riserva”, quindi, non potrebbe valere di per sé ad escludere la possibilità di ottenere un nuovo termine con una nuova, distinta, domanda, la quale verrebbe a dare origine ad un nuovo procedimento autonomo. Resta quindi esclusa la possibilità che l'affermazione della perentorietà dei termini ex art. 44 c.c.i.i. valga in ogni caso a precludere la richiesta di concessione ex novo dei termini stessi, preclusione che, peraltro, il Tribunale vicentino non collega ad alcun termine finale e quindi sembra ritenere operante sine die, con un esito finale che appare disfunzionale, in quanto rischia di privare indefinitamente (se non definitivamente) il debitore di un meccanismo funzionale alla individuazione di uno strumento per la risoluzione della crisi d'impresa. Non pienamente persuasiva, parimenti, è l'affermazione della inapplicabilità all'ipotesi in rilievo della previsione di cui all'art. 47, comma 6, c.c.i.i., in quanto disciplina applicabile – sostiene il provvedimento in esame – alla sola domanda “piena” e non anche alla domanda “con riserva”. L'argomento sistematico, invero, presenta indubbiamente un certo grado di suggestività, ma un evidente limite di tale tesi è costituito dal fatto che non sempre la domanda ex art. 44 c.c.i.i. risulta totalmente “in bianco” ed anzi la stessa può essere accompagnata – o successivamente arricchita – da una serie di indicazioni che valgono ad operare una identificazione – per quanto provvisoria e parziale – dello strumento di risoluzione della crisi che sarà individuato con la domanda “piena”, e ciò soprattutto nei casi in cui il debitore faccia ricorso o alle misure protettive e cautelari o formuli istanze autorizzative (si pensi, solo per fare un esempio, all'art. 99 c.c.i.i. che espressamente menziona l'ipotesi della domanda con riserva). In sostanza, l'argomento speso dal Tribunale di Vicenza per escludere l'applicabilità dell'art. 47, comma 6, c.c.i.i. anche alla domanda “prenotativa” presenta il limite di operare una dicotomia eccessivamente netta tra quest'ultima e la domanda c.d. “piena”, omettendo di considerare ipotesi nelle quali il termine ex art. 44 c.c.i.i. viene concesso non a fronte di una domanda totalmente indeterminata ma già in presenza di una serie di elementi che valgono a descrivere sia l'attuale situazione dell'impresa sia le iniziative che il debitore intende intraprendere, permettendo, in tal modo, di stabilire se un'eventuale nuova domanda formulata successivamente si venga a fondare effettivamente su nuove circostanze sopravvenute. Appare allora più convincente la posizione di quella giurisprudenza (Trib. Milano 1° dicembre 2022; Trib. Milano, 17 ottobre 2024), la quale – peraltro sulla scia di quanto opinato dalla prima dottrina espressasi sul punto (De Simone, L'accesso “con riserva” al procedimento unitario, in dirittodellacrisi.it, 7 ottobre 2022; Pagni, L'accesso alle procedure di regolazione nel codice della crisi e dell'insolvenza, in Il Fallimento, 2019, 555) – ha invece ritenuto applicabile la previsione di cui all'art. 47, comma 6 c.c.i.i. anche all'ipotesi di presentazione di una nuova domanda “prenotativa”. Il vero problema che può porsi in relazione all'art. 47, comma 6, c.c.i.i. è costituto, semmai, dal fatto che la previsione è stata dettata con riferimento al solo concordato preventivo, sicché potrebbe farsi questione dell'ammissibilità di una nuova domanda ex art. 44 c.c.i.i. nell'ipotesi in cui quest'ultima – o quella che l'ha preceduta senza esito positivo – sia stata in qualche modo collegata dal debitore ad un diverso strumento di risoluzione della crisi o insolvenza (Nardecchia, Le modifiche alla disciplina del concordato preventivo, in Procedure concorsuali e crisi d'impresa, 2025, 61; Pani, La domanda prenotativa nel procedimento unitario, in dirittodellacrisi.it, 12 giugno 2024). Questo apparente limite, tuttavia, sembra poter trovare facile spiegazione in una sorta di “riflesso condizionato” del legislatore del codice, il quale sembra aver escluso la reiterazione della previsione di cui all'art. 161, comma 9, l. fall. allo scopo di evitare il non infrequente fenomeno che, nel vigore di tale previsione, vedeva il debitore, una volta insorto il timore di una pronuncia di inammissibilità, rinunciare alla domanda “in bianco”, per poterla liberamente ripresentare e che, proprio per questo, aveva dato origine ad una reazione giurisprudenziale negativa fondata sull'istituto dell'abuso del processo. Il frequente focalizzarsi del problema concreto sostanzialmente sul solo concordato preventivo – nonché una certa disorganicità delle previsioni in tema di procedimento unitario, in parte riferite al procedimento in generale ed in parte dedicate a singoli specifici strumenti – ha avuto come ricaduta concreta (ma probabilmente non voluta), quella di dettare una previsione apposita - l'art. 47, comma 6, c.c.i.i., appunto – con riferimento al solo concordato preventivo, “dimenticando” gli altri strumenti di risoluzione della crisi. Cionondimeno, proprio per la funzione che viene a svolgere – e cioè quella di “paratia” contro la reiterazione abusiva di domande – l'art. 47, comma 6, c.c.i.i. ben può essere vista come espressione di un principio generale (Pani, La domanda prenotativa nel procedimento unitario, in dirittodellacrisi.it, 12 giugno 2024). Considerazione alla quale può aggiungersi quella ulteriore per cui un'applicazione estensiva della previsione appare anche più coerente con ragioni di economia processuale (Nardecchia, Le modifiche alla disciplina del concordato preventivo, in Procedure concorsuali e crisi d'impresa, 2025, 61). Si giunge in tal modo alla conclusione per cui l'art. 47, comma 6, c.c.i.i. non solo trova applicazione anche all'ipotesi di sequenza di domande ex art. 44 c.c.i.i. ma si applica indipendentemente dallo strumento di risoluzione della crisi o insolvenza eventualmente individuato con tali domande. Proprio la valorizzazione dell'art. 47, comma 6, c.c.i.i., a questo punto, permette di individuare quella che pare essere la soluzione corretta alla questione della possibilità di reiterare le domande ex art. 44 c.c.i.i., individuando il profilo della decisione in esame che risulta invece pienamente condivisibile. Poiché, come anche rilevato nella decisione del Tribunale vicentino, il problema della reiterazione delle domande di acceso “con riserva” si collega strettamente al rischio di un utilizzo abusivo dello strumento – come peraltro è già emerso nel vigore della legge fallimentare – è proprio nell'art. 47, comma 6, c.c.i.i. che può essere rinvenuta una soluzione pratica meno rigida e più concreta rispetto a quella che era dettata dall'art. 161, comma 9, l. fall., e cioè una soluzione che consente una reiterazione della domanda senza imporre alcun lasso temporale di neutralizzazione ma la subordina ad un requisito ben definito, e cioè al sopravvenire di un mutamento delle circostanze che sono all'origine dell'iniziativa del debitore. È, infatti, proprio questo mutamento – e quindi il concretizzarsi di una soluzione di continuità rispetto a quella che era la situazione al momento della presentazione della precedente domanda di accesso “con riserva” – a giustificare il rinnovato ricorso del debitore allo strumento e quindi ad evitare che tale iniziativa abbia carattere meramente reiterativo e quindi sostanzialmente abusivo. È evidente, allora, che in questo quadro il ruolo del Tribunale nel neutralizzare iniziative abusive non può ridursi alla mera affermazione della assoluta impossibilità di reiterare l'istanza di accesso con riserva ma deve invece concentrarsi su un attento vaglio in ordine alla sussistenza o meno di un mutamento delle circostanze, come in effetti è avvenuto nel caso di un precedente del Tribunale di Milano (Trib. Milano, 17 ottobre 2024), il quale non ha escluso radicalmente la possibilità di reiterare la domanda ex art. 44 c.c.i.i., ma ha ritenuto tale possibilità subordinata, appunto, al sopravvenire di nuove circostanze, e cioè a «quei mutamenti fattuali intervenuti nella vita dell'impresa, non precedentemente prospettati o prospettabili, che rendono giustificabile una ripartenza nell'individuazione di una soluzione per la regolazione della crisi o dell'insolvenza». Mutamento che, peraltro, è stato nel concreto escluso sulla base di un attento esame di quanto dedotto dal debitore, avendo il Tribunale meneghino escluso – in particolare – che l'indicazione della scelta di un diverso strumento di risoluzione della crisi rispetto a quello prospettato nella precedente istanza prenotativa valesse ad integrare un effettivo mutamento. È evidente che tale verifica postulerà la possibilità di valutare tali mutamenti e che quindi la nuova domanda ex art. 44 c.c.i.i. dovrà necessariamente evidenziare quei profili sopravvenuti che rendono giustificata la nuova iniziativa, risultando altrimenti impossibile valutare se non ci si trovi invece di fronte ad una mera reiterazione abusiva della domanda. Può dirsi, allora, che merita invece condivisione la ratio alternativa della decisione del Tribunale di Vicenza, e cioè l'affermazione per cui, nel caso in esame la genericità del contenuto della domanda del debitore, anche nella indicazione dei dati essenziali, veniva a precludere la possibilità di verificare l'assenza di profili di abusività nella reiterazione della domanda medesima, tenuto anche conto della tormentatissima serie di domande precedentemente formulate dall'impresa, e cioè della sussistenza di un eloquente indice della persistenza di un'unica, prolungata, situazione di crisi o insolvenza. Il Tribunale, in tal modo, è venuto a svolgere efficacemente quel ruolo di “filtro” che il codice della crisi, dettando l'art. 47, comma 6, c.c.i.i. è venuto ad affidare all'organo giudiziario, allo scopo di evitare l'utilizzo abusivo dello strumento della domanda con riserva. Carnevale, L’abuso del concordato in bianco quale limite al principio della consecuzione tra procedure concorsuali, in dirittodellacrisi.it, 9 febbraio 2022; De Simone, L'accesso “con riserva” al procedimento unitario, in dirittodellacrisi.it, 7 ottobre 2022; Fico, Presentazione della domanda prenotativa ex art. 44, c. 1, CCII a seguito del rigetto dell'omologa ex art. 180 l. fall., in questo Portale, 3 marzo 2023; Nardecchia, Le modifiche alla disciplina del concordato preventivo, in Procedure concorsuali e crisi d’impresa, 2025, 58; Pagni, L'accesso alle procedure di regolazione nel codice della crisi e dell'insolvenza, in Il Fallimento, 2019, 555; Pani, La domanda prenotativa nel procedimento unitario, in dirittodellacrisi.it, 12 giugno 2024; Rolfi, Il procedimento unitario per l'accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza, Milano, 2023; |