La pronuncia della Corte costituzionale sulla legittimità del termine fisso per l’annullamento d’ufficio

Redazione Scientifica Processo amministrativo
11 Luglio 2025

Non è incostituzionale la previsione di un termine fisso per l’annullamento d’ufficio, neanche quando sono in gioco interessi di particolare rilievo costituzionale.

La Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 21-nonies, comma 1, della legge 7 agosto 1990, n. 241, sollevata dal Consiglio di Stato, in riferimento all'art. 117, primo comma, della Costituzione, sul valore del patrimonio culturale. La citata disposizione ha sancito che la potestà di annullamento, pur per motivi di legittimità, è distinta da quella esercitata in primo grado ed è assoggettata a regole specifiche, quanto a presupposti, a disciplina procedimentale e a portata della discrezionalità di cui la funzione di autotutela è espressione. Qualora l'amministrazione si avveda che il provvedimento di primo grado presenti profili di illegittimità e valuti se provvedere all'annullamento di ufficio, non è contrario alla ragionevolezza che l'interesse di particolare rango costituzionale, quale la protezione del patrimonio storico e artistico, abbia nella funzione di riesame una considerazione diversa da quella che gli è riservata nel relativo procedimento di primo grado.

Alla decorrenza del limite annuale del potere di annullamento in autotutela, anche per gli atti autorizzatori riguardanti interessi di rango super-primario, salvo il caso in cui l'illegittimità sia derivata dall'impossibilità di una compiuta istruttoria causata dal comportamento dell'istante, l'amministrazione esaurisce i margini per una ulteriore tutela dell'interesse pubblico primario e il provvedimento di primo grado diventa irretrattabile. Ciò risponde ragionevolmente alla scelta del legislatore che, al fluire di un congruo tempo predeterminato, abbiano automatica prevalenza altri interessi di rilievo costituzionale, ossia  la posizione di “matrice individuale” dell'affidamento del destinatario del provvedimento favorevole e l'interesse di “matrice collettiva” alla certezza e alla stabilità dei rapporti giuridici pubblici.

La Corte ha dichiarato, altresì, non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 21-nonies, comma 1, della legge n. 241 del 1990, sollevate, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 9, primo e secondo comma, e 97, escludendo che il limite temporale del potere di autotutela leda il principio di buon andamento, potendone piuttosto costituire attuazione. Il legislatore, con il termine trasversale di consumazione del potere di annullamento, non ha sacrificato gli interessi “primari”, come la tutela del patrimonio storico, nel loro «nucleo essenziale», ma nel concorrere di tali interessi con princìpi del pari di rango costituzionale, ha garantito una compiuta ed esplicita rappresentazione di tali interessi nei processi decisionali all'interno dei quali si esprime la discrezionalità delle scelte amministrative.

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