L’importanza degli adeguati assetti nella composizione negoziata della crisi d’Impresa

16 Luglio 2025

Il focus pone l'accento sulla necessità, per l'impresa che si affaccia alla composizione negoziata della crisi, di dotarsi di adeguati assetti contabili, nonché sul ruolo dell'attestatore nella certificazione degli stessi.

Premessa

La scelta dello strumento di risoluzione della crisi d'impresa si è arricchita nel codice della crisi (e prima nel d.l. n. 118/2021)  di un formidabile (apparentemente) strumento, che è la composizione negoziata della crisi (CNC), normata dagli artt. da 12 a 25-undecies c.c.i.i., presidio “fuori dalla competenza dei Tribunali”, che offre uno spettro di possibili scenari esperibili nel caso di chi vi si approccia, trovando un confronto con l'esperto – figura imprescindibile col compito precipuo di agevolare le trattative -  e con i creditori.

La semplicità del presidio e gli innumerevoli vantaggi e misure premiali di cui viene “investito” l'imprenditore (non ultima la transazione fiscale oltre che la possibilità di accedere al concordato semplificato – art. 23 c.c.i.i.) potrebbero però rappresentare uno specchietto per le allodole laddove l'imprenditore si affacci alla CNC in assenza di adeguati assetti e, soprattutto, con una contabilità non aggiornata o addirittura non veritiera.

Come noto, l'ingresso in composizione negoziata non necessita della determina notarile di cui all'art. 120-bis c.c.i.i. (tale delibera è opportuna se l'impresa è insolvente ed è necessaria per accedere agli accordi di ristrutturazione di cui agli artt. 57, 60 e 61, al piano di ristrutturazione soggetto a omologazione di cui all'art. 64-bis, al concordato preventivo di cui all'art. 84), ma la decisione dovrebbe ritenersi comunque devoluta alla competenza e responsabilità degli amministratori, nell'ambito dei loro doveri di prevenzione della crisi, potendo sfociare in un concordato semplificato (art. 25-sexies).

Il progetto di piano di risanamento redatto secondo le indicazioni della check list particolareggiata che l'imprenditore dovrà depositare sulla piattaforma telematica al momento di presentazione dell'istanza di nomina dell'esperto, presuppone, quindi, l'approvazione del CdA che dovrà improntare la delibera:

a)      alla continuità diretta del business, prevedendo, espressamente, le manovre industriali e finanziarie quali, ad esempio: i) dismissione di cespiti non indispensabili alla continuità; ii) modifiche del core-busines; iii) moratorie con tutti o alcuni creditori; iv) stralci ed accordi con il ceto creditorio;

b)     alla continuità indiretta con cessione d'azienda;

c)     alla liquidazione dell'impresa.

Oltre ad una esaustiva determina dei poteri in capo al CdA, nella fase di accesso alla CNC assumono particolare rilevanza gli adeguati assetti della società in termini di contabilità generale, intesa come contabilità ordinaria, cioè la ragioneria, non i flussi di cassa futuri, cioè il forecast, soprattutto nell'ottica di futura attestazione (ora indispensabile se il debitore decide di accedere all'istituto della transazione fiscale ex art. 23, comma 2-bis, c.c.i.i.).

Anche laddove l'imprenditore decidesse di non accedere alla transazione fiscale e non fosse necessaria l'attestazione di un professionista, la contabilità generale aggiornata alla data di riferimento al 31 dicembre del precedente esercizio, risulta comunque necessaria e potrebbe rappresentare da sola, se corretta e veritiera, il futuro successo della ristrutturazione.

La prassi consegna esempi evidenti di quanto appena rappresentato con riferimento, in particolare, alle trattative col ceto bancario, particolarmente sensibile alla rimodulazione o alla discontinuità che si potrebbe verificare nella struttura del piano di risanamento originariamente presentato che, come noto, costituisce un processo in divenire che si alimenta anche dei suggerimenti e delle richieste pervenute durante le trattative, dall'esperto e dal debitore.

Durante la fase delle trattative, i vari Istituti interessati al risanamento della società e, soprattutto, in presenza di rapporti giuridici pendenti (linee di credito attive, autoliquidanti, SBF, finimport…), richiedono periodicamente alla società ed agli advisors di produrre adeguati piani di cassa e di tesoreria a 3/6 mesi che permettano di verificare le effettive necessità nel breve termine, rappresentazioni del fatturato e degli ordini  per verificare le ricadute che il sostegno finanziario subisce in corso di CNC, aggiornamenti costanti e di raccordo dei saldi di tutti gli Istituti e finanche di nominare un advisor comune per le banche. È pertanto evidente che soltanto una società con adeguati assetti organizzativi-contabili e con una contabilità veritiera ed aggiornata possa fornire tempestivo riscontro e procedere in maniera più agevole con le trattative finalizzate al risanamento.

La veridicità dei dati contabili, così tante volte richiamata dalla Cassazione, dalle norme codicistiche, dagli OIC (con particolare riferimento all'OIC 30 che determina le regole per lo “spacchettamento”) e la puntuale predisposizione dei bilanci periodici (richiamati negli adeguati assetti di cui all'art. 2086 c.c.), risultano, dunque, elementi indispensabili per gli imprenditori che scelgono di approcciarsi al percorso della CNC.

La veridicità dei dati contabili all'epoca degli adeguati assetti

Quando la crisi declina nell'insolvenza i livelli di professionalità ed efficienza degli amministratori in ambito di adeguati assetti si innalzano, poiché la salvezza dell'impresa dipende anche dalla rapidità e dalla professionalità con cui vengono estratti i rendiconti di cassa ed i bilanci periodi, anche a cadenza mensile.

Il fatto di poter accedere ad uno strumento light, zeppo di misure premiali, rende gli obblighi contabili stringenti, pena l'insuccesso della CNC, soprattutto per i soggetti sottosoglia, ma anche per tutti quei soggetti non tenuti alla contabilità ordinaria, poiché sotto i limiti di legge [art. 1, commi da 17 a 23, l. n. 232/2016 - legge di bilancio 2017 -: a partire dal periodo d'imposta 2017, sono operative le nuove regole di determinazione della base imponibile Irpef e Irap per le imprese minori in contabilità semplificata. Scopo della novella legislativa è evitare gli effetti negativi per le “imprese minori” derivanti dal ritardo dei pagamenti e dal credit crunch). Inoltre, il nuovo meccanismo di determinazione del reddito mira a avvicinare il momento dell'obbligazione tributaria alla disponibilità di mezzi finanziari, evitando che le imprese siano costrette a pagare imposte su proventi non ancora incassati. Nell'ottica della semplificazione, quindi, a favore delle imprese minori viene operata una revisione delle regole di tassazione dei redditi improntata al criterio di cassa. Sul punto, peraltro, l'Agenzia delle entrate espressamente precisa che il nuovo regime di determinazione del reddito non è un regime di cassa puro, bensì un regime misto cassa/competenza. In altri termini, per i ricavi percepiti e le spese sostenute si deroga al criterio della competenza, ferme restando «le regole di determinazione e imputazione temporale dei componenti positivi e negativi quali le plusvalenze, minusvalenze, sopravvenienze, ammortamenti e accantonamenti» previste dal Tuir ed espressamente richiamate dall'articolo 66. Inoltre, per la determinazione del reddito delle imprese minori, non assumono più rilevanza le rimanenze finali e le esistenze iniziali di merci, lavori in corso su ordinazione di durata sia infrannuale sia ultrannuale e titoli (eccezion fatta per la gestione delle rimanenze nel primo periodo di imposta di applicazione del nuovo regime)].

Ritorna ad avere una grande importanza nel processo di risanamento la contabilità ordinaria (la cosiddetta contabilità generale), mentre il controllo di gestione - che impone la visione looking forward dell'impresa – richiede, in primis, il forecast degli esercizi a venire.

In sintesi gli adeguati assetti impongono anche la visione del business plan dei prossimi 5 esercizi, ma la veridicità dei processi contabili, cosiddetta veridicità dei dati aziendali, inizia dalla contabilità generale, cioè da tutte quelle scritture e libri contabili che portano alla formazione e redazione dei bilanci d'esercizio al 31.12 prima della dichiarazione dello stato di crisi o di insolvenza:

  • Prima nota cassa
  • Libro giornale
  • Libro inventari
  • Schede di mastro
  • Libri IVA
  • Libri sociali

La definizione precisa viene estratta dai Principi di attestazione dei piani di risanamento, versione 2024, del CNDC.    

L'espressione “veridicità” utilizzata nel c.c.i.i. non può essere intesa nel senso di “verità oggettiva”, quanto piuttosto nel senso che il processo di produzione dell'informazione economico-finanziaria si basi su un sistema amministrativo-contabile adeguato (cioè idoneo a contenere il rischio di errori rilevanti) e che i redattori dell'informazione operino le stime in modo corretto, pervenendo a un'informazione attendibile e imparziale.

Anche nel piano della continuità diretta, dopo l'esame dei flussi di entrate ed uscite del primo esercizio successivo al default o alla composizione negoziata, non deve mancare il bilancio al 31.12 di ogni esercizio (in procedura) – che è un bilancio di previsione al 31.12.25, – di solito 5 al massimo, dopo i tagli ai fornitori ed alle banche, la dismissione dei cespiti non indispensabili.

Tramite singoli accordi di cui all'art. 23 c.c.i.i., oppure tramite un concordato in continuità diretta, ad esempio, la situazione contabile di arrivo (si badi “contabile” non “flussi di cassa”) consente di valutare i possibili benefici del piano, in termini di:

  • Patrimonio netto dopo la sopravvenienza attiva per rinuncia dei creditori all'adempimento totale
  • Debitoria complessiva scaduta e non scaduta
  • Fatturato 
  • EBITDA

Questi dati, unitamente alla lettura del bilancio al 31.12. dopo la ristrutturazione, ne evidenziano gli effetti positivi.

In questo modo gli stakeholders in genere, ma soprattutto i creditori sociali, saranno in grado di valutare che tipologia di impresa viene restituita al mercato dopo la ristrutturazione.

Direttiva (UE) 2019/1023 del parlamento europeo e del consiglio del 20 giugno 2019

La Direttiva riguarda i quadri di ristrutturazione preventiva, l'esdebitazione e le interdizioni, e le misure volte ad aumentare l'efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione, e modifica la direttiva (UE) 2017/1132 (direttiva sulla ristrutturazione e sull'insolvenza) (Testo rilevante ai fini del SEE)

Gli artt. 1 e 2 sembrano indicare agli Stati membri, con conseguente recezione nel Codice italiano, che:

-        se sei un imprenditore sfortunato, ma onesto, e non hai commesso atti in frode dei creditori, hai diritto a continuare la tua attività e beneficiare della composizione negoziata;

-        se sei insolvente in modo irreversibile, allora devi essere liquidato velocemente passando per la liquidazione giudiziale eventualmente con esercizio provvisorio;

-        gli artt. 1 e 2 della direttiva Insolvency coincidono nel percorso precoce di risanamento con gli artt. da 12 a 25-undieces della composizione negoziata.

Il giudizio di fattibilità sul piano di risanamento

Affinché l'esperto possa esprimere un giudizio di fattibilità sul piano di risanamento proposto dalla società, il piano dovrebbe prevedere quali strumenti di supporto:

1.                strumenti contrattuali;

2.                bilanci annuali ed infra-annuali (così come previsto dall'OIC 6 e dall'OIC 30);

3.                montante debitorio prospettico a seguito dell'impegno nei confronti del piano di risanamento;

4.                prospetti di cash-flow e sostenibilità degli stessi;

5.                covenant e controlli sui soci della eventuale cessionaria dell'azienda;

6.                capacità di richiedere e, soprattutto, ottenere garanzie bancarie per il compimento di tutto quanto previsto dal piano ;

7.                analisi di sensitività in merito a possibili operazioni di “affitti-ponte”.

In caso di cessione dell'azienda, si rende necessario, al fine di giungere al compimento delle operazioni previste e programmate nei tempi e nei modi, appunto, concordati, predisporre il “piano gemello” della cessionaria (new-co) che non dovrà dimostrare la congruità dei flussi di cassa liberi al servizio dell'indebitamento della ricorrente, ma la capacità della new-co di poter superare le difficoltà patrimoniali ed economiche/finanziarie della precedente gestione.

Nella continuità diretta, il contenuto minimo del Piano da allegare alla documentazione di procedura (o quello che gli organi potrebbero richiedere in sede di integrazione) potrebbe essere così declinato:

-                  descrizione dello stato di crisi (possibilmente con una breve diagnosi della crisi che permetta di contestualizzare le inversioni di tendenza proposte) e della situazione-obiettivo al termine del piano;

-                  indicazione delle aree di attività o dei mercati di riferimento (anche diversi rispetto ai “precedenti”), dei processi operativi più significativi, della struttura organizzativa e manageriale;

-                  indicazione del personale dipendente che si intende mantenere, criteri di scelta ed eventuale necessità di sottoscrizione di accordi sindacali;

-                  illustrazione delle strategie di risanamento che dovranno essere coerenti con lo scenario competitivo ed ambientale di riferimento, tenendo in considerazione eventuali informazioni prospettiche disponibili, nonché attendibili, ossia ragionevoli e dimostrabili;

-                  dimostrare la possibilità di raggiungimento di un equilibrio patrimoniale ed economico/finanziario e la sua sostenibilità nel tempo.

Le assunzioni della prova della sostenibilità, della fattibilità e della ragionevolezza del piano sono:

-        Descrizione dell'azienda e dei competitors;

-        Strategie di governance in atto;

-        Dati economici e finanziari del quinquennio;

-        Analisi del prodotto/servizio;

-        Analisi del settore/mercato;

-        Diagnosi dello stato di crisi;

-        Identificazione della strategia di risanamento: vendite, produzione, organizzazione e personale, investimenti, incertezze nelle previsioni;

-        Manovra finanziaria, obbiettivi, patrimonio netto, debito, fiscalità;

-        Action plan ;

-        Analisi di sensitività.

Chi può certificare al Tribunale per l'ammissibilità ed all'Agenzia entrate per la transazione fiscale, che l'imprenditore ha adeguato gli assetti amministrativi e gestionali alla crisi d'impresa ed è dotato di un piano che contiene tutte le informazioni contabili necessarie per indicarne la fattibilità e ragionevolezza?

Solo l'advisor del piano di risanamento, con l'imprenditore a fianco, è in grado di leggere sui numeri del bilancio “spacchettato” i valori delle maestranze qualificate, delle banche storiche, dei fornitori strategici, dei clienti storici, dell'avviamento, dei brevetti e degli intangibili, tutti elementi del piano.

Trasferire i valori di un bilancio veritiero, sezionato secondo i dettami dell'OIC 30, traslando nel piano, nell'ottica della continuità, diretta o indiretta, assets e debitoria soddisfatta, significa poter beneficiare, dopo opportuna delibera, delle procedure light previste dagli artt. 22 e 23 del c.c.i.i.

Poter fornire agli advisor, all'esperto ed al Tribunale, ogni qualvolta necessario, il bilancio di verifica, consultivo e previsionale, secondo gli adeguati assetti che potenziano i flussi informativi, vale più di qualunque attestazione, sembra dire il legislatore e rende meritevole l'imprenditore di quelle misure premiali che vengono sancite dalla composizione negoziata.

Al di fuori di questi casi virtuosi di applicazione degli adeguati assetti, la liquidazione giudiziale con esercizio provvisorio continuerà a svolgere da possibile alternativa al PRO, ed alle procedure light in genere, nell'ottica del miglior risultato possibile a favore dei creditori.

Il ruolo dell'attestatore nella certificazione degli adeguati assetti dell'imprenditore

Proprio quando le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la “misteriosofica” sentenza n. 1521 del 2013 (così definita da D. Galletti, Note alla SSUU 1521 del 2013) avevano sancito il ruolo dell'attestatore quale consulente tecnico del giudice ed i confini tra la fattibilità economica (da certificare in capo all'attestatore e di competenza dei creditori col voto – se adeguatamente informati -) e la fattibilità giuridica del piano, di competenza del giudice, intervenendo pesantemente sul tema interpretativo della fattibilità di un piano che non significa “la convenienza” di un piano per i creditori, il c.c.i.i. stravolge tale impianto depotenziando il ruolo dell'attestatore (cfr. A. Ferri, Il professionista attestatore nel codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, in IUS Crisi d'impresa (ius.giuffrefl.it) - ilfallimentarista).

I confini del ruolo dell'attestatore divenivano assimilabili a quelli di un c.t.u. autorizzato dal tribunale, teso a valutare in prima battuta la fattibilità economica del piano, cioè la ragionevolezza delle tesi micro economiche assunte a fondamento degli esercizi a venire (serie storiche di fatturato, crisi periodiche, analisi dei competitors, ecc.) confrontate con i suoi ragionamenti e stime, quale compito professionale in limine tra la fattibilità economica e la fattibilità giuridica di un piano di risanamento.

Dopo la sentenza a SS.UU. del 2013 interviene infatti il codice della crisi limitando fortemente il ruolo dell'attestatore ,addirittura normando la composizione negoziata in assenza della sua figura professionale e limitando fortemente la sua opera professionale nelle procedure di sovraindebitamento (art. 66, comma 3, c.c.i.i.: la nomina dell'attestatore è sempre facoltativa).

Cerchiamo di capire perché questo percorso investa una figura professionale così discussa, ma così importante anche nella determinazione della veridicità e fattibilità del piano. Probabilmente la formula per individuare le indicazioni e le soluzioni volute dal legislatore sul governo di un'impresa in stato di crisi verte sugli adeguati assetti oggi in vigore tramite il nuovissimo art. 2086 del codice civile, unitamente all'innovativo art. 3 del codice della crisi e dell'insolvenza.

Il legislatore comunitario agli articoli 1 e 2 della direttiva Insolvency, indicando che è necessario promuovere una strategia per combattere la crisi o l'insolvenza,  in una fase precoce, intende essenzialmente tramite strumenti contabili sofisticati quali il controllo di gestione e il business plan, che necessitano però di indispensabili ed incontestabili strumenti contabili aggiornati, veritieri, corretti, rendendo opzionale la certificazione sulla veridicità in capo ad un professionista terzo, quanto meno in composizione negoziata.

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 2172 del 24 gennaio 2023, analizza gli adeguati assetti e i doveri degli amministratori sul tema della diligenza mostrata nell'analizzare previamente i margini di rischio di un'operazione.

Le scritture contabili fanno prova a favore dell'imprenditore e sono indispensabili, secondo adeguati assetti organizzativi, ai sensi dell'art. 2086 c.c. nuova versione del c.c.i.i., pena la non ammissibilità in procedura concorsuale ed in composizione negoziata (cfr. il dispositivo del provvedimento di Trib. Milano 29 luglio 2020: «Visti gli artt. 2259 c.c., 700 e 669-ter c.p.c.; assegna termine al resistente fino al 15.11.2020 per: - la consegna al ricorrente della documentazione sopra indicata in motivazione nella nota 1); - la redazione di rendiconti degli esercizi al 31.12.2017, al 31.12.2018 e al 31.12.2019 recanti la sua sottoscrizione e accompagnati da adeguata nota integrativa idonea a illustrare il contenuto delle poste censurate come oscure dal ricorrente nonché danti conto delle vicende relative al credito vantato dal ricorrente nei confronti delle due società; - la convocazione di apposita assemblea per l'approvazione di tali rendiconti; - la formalizzazione di assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato ai caratteri dell'attività sociale; e per il deposito telematico della documentazione relativa a tali adempimenti; fissa per l'ulteriore discussione cautelare l'udienza dell'11 dicembre 2020 ore 11, assegnando termine al ricorrente e al Curatore speciale delle società semplici BB ed AA fino al 4.12.2020 per il deposito di memoria e documenti»).

I primi precedenti dei tribunali di merito offrono una interpretazione articolata sugli adeguati assetti (cfr. in particoilare Trib.  Roma 24 settembre 2020; Trib. Cagliari 19 gennaio 2022; Trib.  Catania 6 febbraio 2024; Trib.  Milano 29 febbraio 2024; Trib.  Brescia 23 ottobre 2024).

L'imprenditore ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell'impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l'adozione e l'attuazione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale.

Quindi le scritture contabili, l'organizzazione interna, i processi informativi aziendali, devono:

-        Rilevare tempestivamente la crisi d'impresa

-        Rilevare tempestivamente la perdita della continuità aziendale

-        Permettere all'imprenditore di attivarsi senza indugio per l'ingresso in procedura concorsuale.

-        Superare la crisi e recuperare la continuità aziendale.

L'assetto organizzativo, come sottolineato dal CNDCEC (Norme di comportamento del collegio sindacale – Principi di comportamento del collegio sindacale di società non quotate, settembre 2015, secondo cui  un  adeguato  assetto organizzativo deve  «…mostrare una struttura compatibile alle dimensioni della società, nonché alla natura e alle modalità di perseguimento dell'oggetto sociale, nonché alla rilevazione tempestiva degli indicatori  di crisi e di perdita della continuità aziendale e che possa permettere, agli amministratori, una rapida deliberazione sulle  misure più idonee alla sua rilevazione e alla sua composizione”), può essere definito come “adeguato” (P. Scapolo, Gli adeguati assetti in relazione (anche) alla composizione negoziata e alle procedure di allerta, 20.01.2022) qualora permetta all'imprenditore di:

1.      dotarsi di un'organizzazione gerarchica;

2.      redigere un organigramma aziendale che permetta di evidenziare chiaramente le funzioni, i compiti e le linee di responsabilità dei soggetti interni all'impresa;

3.      esercitare l'attività decisionale e direttiva da parte dei soggetti nei confronti dei quali tali funzioni sono state assegnate;

4.      focalizzare l'attenzione sulla gestione dei rischi e sul sistema di controllo interno dell'azienda;

5.      assicurare la presenza di personale qualificato in relazione alle funzioni ad esso assegnate;

6.      garantire sia la presenza di direttive e procedure aziendali interne che il loro costante aggiornamento.

L'ordinanza della Corte di Cassazione n. 2172 del 24 gennaio 2023 ci regala l'occasione per sedimentare e rielaborare gli argomenti di cui all'art. 3 c.c.i.i., ed offre uno spunto di riflessione sugli obblighi in capo all'imprenditore a seconda delle sue dimensioni e a seconda della sua situazione economico–finanziaria.

Fino a che punto vale il libero arbitrio dell'imprenditore, secondo il quale è possibile anche “bruciare” tutto il patrimonio netto prima dell'ingresso in procedura, in un palese stato di insolvenza, secondo la cosiddetta BJR (business judgement rule), oppure si impongono gli strumenti predittivi che fanno parte “della cassetta degli attrezzi” dell'imprenditore virtuoso, degli adeguati assetti già in situazione di crisi?

Quali sono i limiti fissati dagli analisti di bilancio per non incappare nella facile critica al legislatore di aver voluto burocratizzare eccessivamente le imprese ad elevati costi professionali (esperti nella redazione dei piani, organi di revisione e collegi sindacali in preda a convulse crisi moralizzatrici che sfociano, a volte, nel rimedio residuale di cui all'art. 2409 c.c. volto a sostituire l'organo di governance)?

La Suprema Corte di Cassazione (n. 15470 del 27 marzo 2017) ha precisato che: «In tema di responsabilità dell'amministratore di una società di capitali (nella specie per azioni) per i danni cagionati alla società amministrata, l'insindacabilità del merito per le sue scelte di gestione (cd. business judgement rule) trova un limite nella valutazione di ragionevolezza delle stesse, da compiersi sia ex ante, secondo i parametri della diligenza del mandatario, alla luce dell'art. 2392 c.c. (nel testo applicabile ratione temporis), sia tenendo conto della mancata adozione delle cautele, delle verifiche e delle informazioni preventive, normalmente richieste per una scelta di quel tipo e della diligenza mostrata nell'apprezzare preventivamente i margini di rischio connessi all'operazione da intraprendere».

Cosa significa la diligenza mostrata nell'analizzare preventivamente i margini di rischio dell'operazione? Significa che più l'imprenditore assume un elevato rischio d'impresa, più si intensificano i controlli e le misure preventive originati dagli adeguati assetti.

La sentenza Cass. n. 2172/2023 richiama espressamente il principio espresso da Cass. 15470/17, dopo aver analizzato i vari controricorsi delle parti sulla sindacabilità del giudicato, e, non ultimi per importanza, sugli assetti adeguati del debitore, dopo la citata operazione di conferimento di ramo aziendale in cronica perdita d'esercizio.

La Cassazione ritorna con la recentissima sentenza n. 7878 del 25 marzo 2025 sul tema dell'attestazione degli adeguati assetti amministrativi indispensabili per valutare la fattibilità e la ragionevolezza del piano [«L'attestazione di veridicità dei dati aziendali costituisce il perno attorno al quale ruota la consapevolezza del voto dei creditori, che su quei dati fanno affidamento ai fini del loro consenso informato e che costituisce condizione di ammissibilità del concordato anche ai sensi dell'art. 162, secondo comma, l. fall. Ove nel corso della procedura emerga che siffatta condizione mancava al momento del deposito della proposta, il tribunale può revocare ex art. 173, terzo comma, l. fall. l'ammissione al concordato, restando irrilevante una eventuale nuova attestazione di veridicità (Cass., n. 7975/2017); nel qual caso, il Tribunale esercita il sindacato sulla veridicità dei dati aziendali esposti nei documenti prodotti unitamente al ricorso sotto il profilo della loro effettiva consistenza materiale e giuridica, al fine di consentire ai creditori di valutare poi la convenienza della proposta e la stessa fattibilità del piano (Cass., n. 2130/2014).

(…) sul piano dell'interpretazione funzionale e della ratio legis sottesa alla disposizione, deve ritenersi che l'attestazione del professionista in tanto può esprimere una valutazione di ragionevolezza del piano, in quanto si fonda su dati completi e veridici (…)»; per cui la stessa «valutazione di ragionevolezza del piano presuppone evidentemente, a monte, la veridicità dei dati e la complessiva attendibilità della situazione aziendale», che diviene, quindi, elemento costitutivo dell'attestazione (Cass., n. 3018/2020). «L'incompletezza dell'attività di attestazione di veridicità dei dati aziendali si traduce, allora, in un giudizio di irragionevolezza del piano e di incompletezza dei dati e di incomprensibilità dei criteri di giudizio (Cass., n. 5825/2018; Cass., n. 5653/2019), mancando a monte quella necessaria verifica della corrispondenza alla realtà aziendale dei dati contabili, giudizio che rientra nel potere-dovere del giudice e che si estende alla documentazione depositata dal ricorrente a sostegno della domanda, allo scopo di assicurare ai creditori la puntuale conoscenza della effettiva consistenza dell'attivo destinato al soddisfacimento del debito concordatario e all'espressione di un consenso informato sulla proposta stessa (Cass., n. 12549/2014)»].

Non può esservi piano, quanto meno nell'ottica della fattibilità, coerenza e ragionevolezza, se i dati contabili alla base non sono veritieri.

La veridicità dei dati contabili dal punto di vista contabile è fondamentale per lo “spacchettamento” del bilancio e la redazione del PEF, per offrire ai creditori quel consenso informato che rende ammissibile la procedura tenendo conto del valore degli attivi di bilancio rapportato alla debitoria da soddisfare.

Gli assetti organizzativi ed amministrativi, inoltre, assumono rilevanza in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell'impresa e della perdita di continuità aziendale, anche quando il debitore abbia già scelto uno strumento di regolazione della crisi in continuità aziendale.

Le carenze organizzative e di controllo riscontrate nell'ambito di un concordato preventivo in continuità aziendale - che avevano restituito la prognosi negativa riguardo alla capacità delle debitrici di fronteggiare la situazione di crisi che le aveva coinvolte -, ha, ad esempio, indotto, inter alia, il Tribunale di Bologna a revocare il decreto di apertura di un concordato preventivo ai sensi dell'art. 106 c.c.i.i. (cfr. Trib.  Bologna, decreto, 14 maggio 2024, ove si fa riferimento alla “palpabile fragilità in particolare quanto alle funzioni di controllo interno…fragilità che peraltrro trova conferma nella evidente e permanente difficoltà (pur dopo l'apertura del procedimento ex art. 106 CCII) nell'elaborare tempestivamente dati ed informazioni relative al  turnaround e che in particolare fanno temere che in futuro ciò possa ridondare nella ridotta capacità di monitorare le performances inerenti al piano di ristrutturazione, e così ostacolare anche l'adozione degli adeguati correttivi ed azioni reattive”).

Se, invece, l'imprenditore ha una gestione profittevole, con una buona marginalità (EBITDA), il patrimonio positivo, un   rapporto debito /equity pari ad es. a 1, allora gli sovviene la BJR e potrà contenere gli adeguati assetti a pochi strumenti di previsione di costi e ricavi.

Il codice della crisi interviene ancora una volta con misure premiali per imprenditori virtuosi, volti a navigare in un mare tranquillo, ben patrimonializzati e poco indebitati, pronti a rifugiarsi in un porto sicuro, la cui affidabilità viene misurata al presentarsi delle prime difficoltà (crisi o pre-crisi) e la cui diga protettiva è rappresentata dalla composizione negoziata e dagli adeguati assetti.   

Conclusioni

Se la situazione aziendale dell'imprenditore è quella di uno stato di crisi [art. 2, lett. a), c.c.i.i.] allora sarà obbligato a tenere la contabilità ordinaria e a seguire pedissequamente le regole ragionieristiche per tenere impostato e redatto il bilancio di verifica e finale al 31.12 di ogni esercizio, anche se obbligato al solo regime semplificato (legge di bilancio 2017).

Per quello che riguarda il business plan degli esercizi a venire, questo onere varierà a seconda delle dimensioni dell'imprenditore: per il micro imprenditore sarà semplicemente una previsione di costi-ricavi per l'anno successivo, mentre per gli  imprenditori più strutturati o gruppi di imprese o multinazionali sarà necessario un forecast di cinque esercizi a venire, ovviamente con gradi di sofisticazione e di previsione di rendicontazione di cassa e  finanziaria, variabili a seconda del livello dell'indebitamento.

Il ragionamento su cui è imperniato il codice della crisi è, in linea con gli insegnamenti della Cassazione, anche recentissimi (Cass. n. 7878 del 23 marzo 2025, conforme a Cass. n. 2172 del 24 gennaio 2023; Cass. n. 15470 del 27 marzo 2017; Cass. n. 9061 del 7 aprile 2017), proprio sulla veridicità dei dati contabili di partenza prima dell'ingresso in procedura o dell'accesso alla composizione negoziata.

In linea con gli artt. 1 e 2 della direttiva Insolvency, l'emersione tempestiva della crisi e dell'insolvenza reversibile avviene tramite la composizione negoziata regolata dagli artt. da 12 a 25-undeciesc.c.i.i.

Lo “spacchettamento” dei dati contabili, le operazioni straordinarie in corso di composizione negoziata, la cessione del compendio aziendale, sono tutti strumenti e presidi che, in situazioni di crisi e di insolvenza, determinano l'obbligo della tenuta della contabilità generale anche per il micro imprenditore sotto forma di imprenditore individuale o sotto forma di società di persone.

Per quanto concerne invece il forecast ed in generale l'atteggiamento looking forward, tali strumenti più strutturati e più complicati, ma essenziali per i soggetti sopra soglia -    soprattutto per quelli in crisi o in insolvenza reversibile -, sono strumenti essenziali a meno che l'imprenditore in questione non sia un imprenditore indebitato ma sia assolutamente liquido e patrimonializzato e non utilizzi il finanziamento bancario ma operi esclusivamente con apporto di Equity.

Ebbene questo imprenditore così virtuoso potrà navigare a vista semplicemente utilizzando il timone senza nemmeno l'apporto di un GPS, ma ovviamente utilizzando le carte nautiche, che nel suo caso sono le tecniche di ragioneria, le tecniche di redazione dei bilanci e degli strumenti contabili a consuntivo sopra esaminati.

Il ragionamento della Cassazione, replicato anche da alcuni tribunali di merito, fa eco alle determinazioni del legislatore ante correttivo di settembre 2024.

Pareva superato il problema della veridicità dei dati contabili e della fattibilità del piano, a fronte della obbligatorietà della contabilità ordinaria, che già fornisce all'esperto ed all'ausiliario della composizione negoziata ogni tipo di supporto sul piano economico-finanziario degli esercizi a venire.

Contabilità ordinaria, libro giornale con registrazioni a cronologico, inventario di magazzino ex art. 2217 c.c., schede di mastro, tutti strumenti eccellenti sul tema della veridicità e del trasferimento sul Piano dei valori aziendali.

Ecco che il giudice poteva decidere autonomamente senza ausilio dell'attestatore, quanto meno per i soggetti sottosoglia, dove l'attestazione diventa facoltativa e nella composizione negoziale dove non esiste(va) il presidio.

Il legislatore del correttivo di settembre 2024 stravolge di nuovo il codice, con una virata di 180 gradi, riportando l'attestazione al centro della scena concorsuale, quanto meno in composizione negoziata e nel concordato minore del sovraindebitamento (art. 23, comma 2- bis ; art. 75, comma 2- bis ; art. 76, comma 2, lettera d).

Probabilmente la transazione fiscale è istituto che necessita di quella terzietà ed indipendenza valutativa della convenienza rispetto alla liquidazione giudiziale (con esercizio provvisorio, se sussiste la possibilità del ripristino della continuità aziendale), tale da preoccupare il legislatore dal non lasciare soli esperto ed ausiliario nelle loro stime.

Nel concordato minore il ritorno dell'attestazione del gestore (art. 75, comma 2-bis, c.c.i.i.; art. 76, comma 2, lett. d), c.c.i.i.; art. 80, comma 3, c.c.i.i.) è evidentemente dovuto alla complessità della procedura nel caso, ad esempio, di aziende agricole strutturate, e rappresenta indubbiamente un valido strumento per coadiuvare il giudice sulle scelte concernenti l'ammissibilità e l'omologa.

Resta la complessità estrema di un concordato minore dove tra attestazioni e relazioni il gestore è tenuto alla stesura di almeno sei documenti, uno più complesso ed articolato dell'altro, che limita fortemente l'accesso a tale tipo di procedura,  appesantita, in termini di costi ed oneri per il debitore, rispetto, ad esempio, al concordato semplificato.

Gli adeguati assetti necessitano pure di qualche sacrificio economico per reggere il peso di un'impresa, nella libertà della governance, ma senza disperdere valore aziendale, valore che deve restare a disposizione degli attori della continuità, dipendenti in primis.

La business judgment rule regola, seconda la teoria del risk management, richiamata dalla Cassazione, i livelli e la complessità dei controlli necessari a salvaguardare il valore aziendale in capo all'organo di governo.

La dimensione delle imprese è destinata a crescere, rendendole più forti nella difesa della continuità nel nome della collettività, degli stakeholders (dipendenti in primis), e dei rapporti sociali (A. Jorio, Codice della crisi: le categorie del disagio e la responsabilizzazione dell'imprenditore.

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