Sul superamento dei limiti dimensionali negli atti processuali
17 Luglio 2025
Massima L'art. 13-ter, comma 5, dell'allegato II al c.p.a., nel testo risultante dalle modifiche introdotte dall'art. 1, comma 813, della legge 30 dicembre 2024, n. 207, è norma di natura processuale che definisce i poteri del giudice per i casi in cui, senza autorizzazione, gli atti non abbiano rispettato i limiti dimensionali che trova applicazione anche in relazione ai ricorsi depositati antecedentemente al 1° gennaio 2025 e, comunque, nei giudizi non ancora definiti e quindi soggetti al ius superveniens. Va declinata l'eccezione di inammissibilità dell'appello basata sul superamento dei limiti dimensionali per gli atti processuali, mentre il giudice può applicare la sanzione pecuniaria di cui al novellato articolo 13-ter, comma 5, disp. att. c.p.a., a prescindere dall'esito della lite. Il caso L'accesso agli atti Nel ricorso che ha dato luogo al caso in esame si chiedeva al TAR di accertare l'illegittimità di un diniego di accesso alla documentazione di interesse del ricorrente. In particolare un fondo pensionistico (“Fondo”) aveva respinto una istanza con la seguente motivazione: “il contenuto degli atti richiesti in copia non corrisponde a nessuna delle informazioni specificatamente indicate dal d.lgs. 13 dicembre 2018 n. 147”, normativa di attuazione della direttiva (UE) 2016/2341 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 dicembre 2016, relativa alle attività e alla vigilanza degli enti pensionistici aziendali o professionali. Il giudice di prime cure respingeva il ricorso ritenendo che la domanda fosse inammissibile perché preordinata non già alla tutela di una personale posizione giuridica (previdenziale) del richiedente iscritto al Fondo ma ad un surrettizio e non consentito controllo esplorativo e generalizzato dell'operato del Consiglio di amministrazione del Fondo medesimo, rientrante tra le funzioni istituzionali di vigilanza spettanti in via esclusiva alla COVIP. La sentenza veniva appellata ed il Fondo si costituiva ritualmente eccependo preliminarmente l'inammissibilità del gravame in quanto i motivi di impugnazione erano ricompresi interamente nella parte del ricorso (da pp. 13 in poi) che, superando il limite dimensionale di cui all'articolo 3, comma 1, lettera a), del d.P.C.S. 22 dicembre 2016, non dovrebbe (o potrebbe non) essere esaminata ai sensi dell'articolo 13-ter, comma 5, disp. att. c.p.a.. Al riguardo, il Collegio riteneva – con ordinanza n. 352 del 2025 – di porre una serie di quesiti all'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato in ordine alle conseguenze che derivano dal predetto sforamento, in particolare sull'ammissibilità dell'appello, anche alla luce del nuovo testo dell'art. 13-ter, comma 5, disp. att. c.p.a. come modificato dalla legge 30 dicembre 2024, n. 205. L'Adunanza si pronunciava con sentenza n. 3 del 2025 nella quale, statuiva che: -- l'art. 13-ter, comma 5, dell'allegato II al c.p.a., nel testo risultante dalle modifiche introdotte, è norma di natura processuale che definisce i poteri del giudice per i casi in cui, senza autorizzazione, gli atti non abbiano rispettato i limiti dimensionali; -- essa trova pertanto applicazione anche nei ricorsi depositati antecedentemente al 1° gennaio 2025, dunque anche nel giudizio de quo, non ancora definito e quindi soggetto al ius superveniens. La causa veniva quindi restituita alla Sezione per la sua ulteriore definizione nel merito e veniva decisa con la pronunzia in commento. La questione L'appello sovradimensionato Le problematiche giuridiche che emergono dal caso di cui si discorre attengono alla ammissibilità di un appello che, nella sua parte demolitoria, superi i limiti dimensionali previsti dalle normative vigenti, ed in particolare se sia applicabile l'art. 13-ter, comma 5, dell'allegato II al c.p.a., nel testo risultante dalle modifiche introdotte dall'art. 1, comma 813, della legge 30 dicembre 2024, n. 207, che prevede una sanzione pecuniaria in tale fattispecie. Inoltre, occorreva accertare se la norma in parola avesse natura processuale e pertanto trovasse applicazione anche in relazione ai ricorsi depositati antecedentemente al 1° gennaio 2025. Infine, si trattava di valutare se, nel caso di specie, la condanna alla sanzione fosse o meno condizionata dall'esito del giudizio. Le soluzioni giuridiche Ammissibilità ma con sanzioni Sulla base della decisione plenaria il Collegio respinge l'eccezione di inammissibilità dell'appello sollevata dalla resistente. Invece, nella sentenza si conclude in senso positivo quanto alla questione dell'applicazione della sanzione pecuniaria di cui al novellato articolo 13-ter, comma 5, disp. att. c.p.a., e pertanto si riconduce alla trasgressione in parola la sanzione del “pagamento di una somma complessiva per l'intero grado del giudizio fino al doppio del contributo unificato previsto in relazione all'oggetto del giudizio medesimo e, ove occorra, in aggiunta al contributo già versato”. Quanto alla rilevanza dello ius superveniens, la questione era stata già risolta in senso positivo dalla plenaria, ma è interessante notare comunque come la sentenza in commento sottolinea che il dubbio interpretativo sussisteva (seppure in termini parzialmente diversi) anche nel vigore della precedente normativa, per cui la soluzione adottata non è incoerente rispetto ai principi del giusto processo. In particolare, il Collegio ritiene che effettivamente l'appellante non aveva alcun motivo di riproporre in apertura del proprio ricorso, in maniera pletorica e superflua, la ricostruzione del giudizio di primo grado e che tale circostanza costituisce la causa unica dello sforamento dei limiti dimensionali. Le deduzioni difensive della parte appellante non avevano fornito alcuna plausibile giustificazione retrospettiva al menzionato sforamento. La sentenza, infine, accoglie l'appello ritenendo che sussistessero sufficienti ragioni a supporto della domanda di accesso agli atti (richiamando Ad. Plen. Consiglio di Stato, n. 10 del 2020; Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 9849 del 2023 e n. 1117 del 2024; id., sez. V, n. 60 del 2021 e sez. VI, n. 5861 del 2020; sez. III, n. 4771 del 2020). Osservazioni I limiti dimensionali: condizione dell'azione o vizio sui generis degli atti processuali ? La sentenza in commento appare dare seguito correttamente alla decisione della plenaria, che tuttavia non aveva del tutto risolto le questioni poste con i quesiti avanzati dalla Sezione rimettente. In particolare, la Sezione aveva evidenziato che, secondo l'orientamento prevalente, la norma in discorso prevede il dovere del giudice di non esaminare le parti degli atti processuali eccedenti i limiti, risultando violato il principio di sinteticità enunciato dall'art. 3, comma 2, del c.p.a. (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 26 giugno 2024, n. 5628; Sez. V, 22 settembre 2023, n. 8487; Sez. IV, 13 ottobre 2023, n. 8928; Cons. giust. amm. Reg. siciliana, 22 maggio 2023, n. 350). In questo caso peraltro verrebbe meno l'interesse del ricorrente, visto che non potrebbe trarre vantaggio dalle eccedenze. Per un altro indirizzo (al quale la Sezione remittente dichiarava di aderire), le norme in esame consentono al giudice di scegliere se considerare “o meno le parti eccedenti i limiti, in ragione — se del caso — della rilevanza e delicatezza delle questioni trattate e degli interessi in campo … (Cons. Stato, Sez. II, 17 febbraio 2021, n. 1450)”, ovvero di considerare il menzionato superamento: “(i) ai fini dell'invito a riformulare le difese o a sintetizzare con memoria (cfr. C.g.a.r.s., ordinanza 15 aprile 2014, n. 536; id., ordd. 20 novembre 2015 n. 657 e 30 novembre 2016 n. 444; Cons. Stato, Sez. VI, 13 aprile 2021, n. 3006); (ii) ai fini della concessione alla controparte della possibilità di replicare sulla parte eccedente (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 13 aprile 2021, n. 3006); (iii) ai fini della valutazione della violazione del dovere di sinteticità in sede di liquidazione delle spese processuali (cfr. C.g.a.r.s., ord. 15 settembre 2014, n. 536; Cons. Stato, Sez. VI, 19 giugno 2017, n. 2969)”. Sempre la Terza Sezione aveva richiamato anche un ulteriore orientamento, che dava rilievo al superamento dei limiti dimensionali, non già come autonoma causa di inammissibilità delle censure o deduzioni difensive eccedenti il limite quantitativo, ma solo nella misura in cui esso avesse concorso “a determinare una più generale violazione dei principi di chiarezza e specificità dei motivi (di ricorso e di appello), quale si riscontra nelle ipotesi in cui la prolissità e l'estrema lunghezza delle difese rendano non comprensibili e non confinabili il petitum e la causa petendi dell'atto, in contrasto con gli artt. 40, comma 1, lett. d), e 101, comma 1, c.p.a.” (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 25 gennaio 2023, n. 843; 9 gennaio 2023, n. 280; 7 novembre 2016, n. 4636; 25 gennaio 2017, n. 295; Sez. V, 31 marzo 2016, n. 1268, e 2 dicembre 2015, n. 5459; Sez. III, 21 marzo 2016, n. 1120). Tuttavia, l'Adunanza non ha risposto a tutti i quesiti posti dalla Sezione, che erano i seguenti: “i) se la previsione di cui all'art. 13-ter, comma 5, disp. att. c.p.a. vada intesa nel senso di stabilire un vero e proprio dovere del giudice di non esaminare le parti degli atti processuali eccedenti i limiti dimensionali, senza alcun margine di discrezionalità; ii) in caso di risposta negativa al precedente quesito, quali siano le conseguenze che il giudice deve o può ricavare dalla violazione dei suddetti limiti dimensionali; iii) se le modifiche introdotte al citato art. 13-ter, comma 5, disp. att. c.p.a. dalla legge 30 dicembre 2024, n. 205, si applichino anche ai giudizi in corso alla data della loro entrata in vigore ovvero soltanto ai ricorsi proposti dopo tale data”. Come sopra visto, la plenaria ha risolto solo il terzo quesito, probabilmente perché rappresentava la “ragione più liquida” (meritando forse le altre questioni ulteriore elaborazione giurisprudenziale) e consentiva alla Sezione di rimanere all'interno dell'orientamento cui aveva già dichiarato di aderire. Pertanto non è stata presa una posizione esplicita sugli altri quesiti e gli altri orientamenti, pur se la risposta al terzo quesito e poi la sentenza in commento sembrano implicare risposta negativa al primo quesito (quindi il giudice non ha il “dovere” di pretermettere le parti eccedenti i limiti, ma mantiene un margine di apprezzamento sul punto). In altre parole, l'Adunanza e la sentenza in commento sembrano suggerire una soluzione sanzionatoria piuttosto che di inammissibilità o di improcedibilità in rito, pur se queste ultime non sono escluse (così come non è escluso il loro cumulo). La notevole latitudine che paiono assumere le prerogative del giudice in ordine alle conseguenze da ricondurre al superamento dei limiti dimensionali consiglia però ulteriori elaborazioni sulla questione. |