Legittimazione del creditore a proporre domanda di apertura della liquidazione controllata anche in pendenza di procedure esecutive individuali
Gabriella Covino
Luca Jeantet
Irene Gobbo
01 Agosto 2025
L'articolo analizza lo strumento della liquidazione controllata del debitore sovraindebitato, con una particolare attenzione alla legittimazione dei creditori a proporre la relativa istanza, anche in pendenza di una procedura esecutiva individuale, ed ai relativi risvolti che la nuova normativa ha comportato nei rapporti fra creditori e debitori.
Inquadramento funzionale e perimetro di applicazione
Il codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza disciplina agli artt. 268 ss. una nuova procedura di carattere liquidatorio per i debitori sovraindebitati e, quindi, avuto riguardo alla definizione dell'art. 2, lett. c), c.c.i.i. destinata ad affrontare «lo stato di crisi o di insolvenza del consumatore, del professionista, dell'imprenditore minore, dell'imprenditore agricolo, delle start-up innovative di cui al decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, e di ogni altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale ovvero a liquidazione coatta amministrativa o ad altre procedure liquidatorie previste dal codice civile o da leggi speciali per il caso di crisi o insolvenza».
Lo statuto della «Liquidazione controllata del sovraindebitato», che sostituisce, con molte differenze, la precedente disciplina dettata in tema di liquidazione del patrimonio di cui agli artt. 14-ter ss. l. n. 3/2012, trova la propria collocazione subito dopo la disciplina della liquidazione giudiziale.
Il profilo nominalistico e la collocazione sistematica della procedura adottati dal legislatore della riforma devono indurre l'interprete a considerare la liquidazione controllata come la “sorella minore” della liquidazione giudiziale (S. Sanzo, D. Burroni, Il nuovo Codice della crisi dopo il Correttivo ter, Bologna, 2024, 803; M. Montanari, Il Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza: profili generali e processuali, in Riv. dir. proc. civ., 2020, 272; F. Accettella, La liquidazione controllata del sovraindebitato: un primo commento, in Nuove leggi civ., 2020, 659-660).
La contiguità della liquidazione controllata alla liquidazione giudiziale non ha una valenza meramente teorica. Difatti, il rinvio alle norme disciplinanti la procedura maggiore induce a ritenere che nel caso in cui vi sia una lacuna nella liquidazione controllata, o anche quando una disciplina o un istituto non siano previsti, potranno applicarsi gli articoli della liquidazione giudiziale (F. Cesare, La liquidazione controllata, in dirittodellacrisi.it, 26 aprile 2023).
Fatta questa breve premessa e procedendo ora all'analisi dell'articolo in commento, il codice delinea in prima battuta una rigida ripartizione dei requisiti soggettivi di accesso, ridefinendo anche i requisiti oggettivi.
In particolare, per poter accedere alla liquidazione controllata è necessario lo stato di sovraindebitamento del debitore, definito dall'art. 2, lett. c), c.c.i.i., come lo stato di crisi o insolvenza in cui versa il sovraindebitato.
Inoltre, non è richiesta la “meritevolezza” del debitore come condizione di accesso. Questo perché la liquidazione controllata non rappresenta un premio o un vantaggio per chi la richiede, ma è una procedura finalizzata alla soddisfazione dei creditori.
In altri termini, rappresenta una mera applicazione della responsabilità patrimoniale exart 2740 c.c., per effetto del quale il debitore mette a disposizione dei creditori l'universalità dei propri beni a soddisfacimento degli stessi e, soprattutto, nel rispetto del principio cardine della par condicio creditorum (S. Sanzo, D. Burroni, Il nuovo Codice della crisi dopo il Correttivo-ter, Bologna, 2024, cit., 803).
I legittimati a richiedere l'apertura della liquidazione controllata
Come anticipato, la liquidazione controllata è una procedura finalizzata alla liquidazione della totalità dei beni del soggetto sovraindebitato, e dunque è semmai un beneficio per i creditori, nell'evidente ottica di impedire ai singoli di guadagnare posizioni di vantaggio all'interno del concorso medesimo.
Il ricorso per l'apertura della liquidazione controllata può essere, anzitutto, presentato dal debitore, anche personalmente e senza la necessaria assistenza tecnica dell'avvocato.
L'apertura del procedimento, però, non è solo demandata alla volontà del debitore, bensì anche alla richiesta di ciascun creditore. Nella precedente formulazione la norma attribuiva legittimazione attiva anche al P.M., ma il d.lgs. n. 83/2022, che ha recepito la direttiva Insolvency, ha eliminato la legittimazione attiva dell'autorità inquirente.
Se da un lato il debitore può esercitare i poteri di iniziativa tanto in ipotesi di vera e propria insolvenza come di mera crisi (S. De Matteis, F. Picierno, La liquidazione controllata, in Procedure concorsuali e crisi d'impresa, n. 3, 1 marzo 2025, 391: «la condizione di sovraindebitamento necessaria per l'avvio della liquidazione controllata su istanza del debitore stesso si identifica con l'incapacità attuale o prospettica di provvedere all'estinzione dei debiti esistenti, anche a prescindere dalla configurazione di una condizione di radicale e irreversibile impotenza finanziaria; App. Brescia 4 ottobre 2023, in dirittodellacrisi.it), per il creditore il codice della crisi prevede la sussistenza di ulteriori condizioni:
il debitore dev'essere in stato di insolvenza;
l'ammontare dei debiti scaduti e non pagati risultanti dagli atti dell'istruttoria deve essere superiore ad euro cinquantamila, quest'ultima essendo una mera condizione di procedibilità che può essere verificata d'ufficio anche tramite l'accesso ai registri descritti nell'art 42 c.c.i.i., ovvero le banche dati dell'Agenzia delle Entrate e dell'INPS, che la cancelleria dovrebbe acquisire d'ufficio(O. Cagnasso, L. Panzani, Crisi d'impresa e procedure concorsuali, Milano, II edizione, 2023, 5; F. Cesare, la liquidazione controllata, 26 aprile 2023, in dirittodellacrisi.it),
anche in pendenza di procedure esecutive individuali.
La legittimazione attiva del creditore
Una delle novità più significative della disciplina prevista dal codice della crisi per la procedura di liquidazione controllata rispetto alla previgente disciplina della procedura di liquidazione del patrimonio di cui alla l. n. 3/2012, è senza dubbio proprio l'ampliamento della legittimazione attiva all'apertura della procedura, ora attribuita ai creditori, in attuazione del principio direttivo fissato dalla legge delega [all'esito delle modifiche apportate al c.c.i.i. dal d.lgs. n. 82/2022 (c.d. “Secondo Correttivo”), è stato rimosso il riferimento al Pubblico Ministero quale soggetto legittimato a richiedere l'apertura della procedura di liquidazione controllata, presente invece nella originaria formulazione del codice. Risulta quindi chiara l'intenzione del legislatore di espungere il Pubblico Ministero dal novero dei legittimati a domandare l'apertura della liquidazione controllata del debitore assoggettabile alle procedure di sovraindebitamento, senza che sia di contro possibile ricavarne la legittimazione in via interpretativa (Trib. Milano 1° giugno 2023, in dirittodellacrisi.it)].
Con il termine “creditore”, il legislatore intende riferirsi a chiunque vanti un diritto di credito verso un soggetto, anche se questo credito non è ancora certo, liquido o esigibile. Rientrano quindi anche i crediti non ancora scaduti o soggetti a condizioni. A questi soggetti è riconosciuta la legittimazione a richiedere la liquidazione del debitore, in quanto il loro interesse nasce da un'esposizione patrimoniale che può giustificare, anche solo in prospettiva, un'azione esecutiva, pur in assenza di un titolo esecutivo formale (S. De Matteis, F. Picierno, La liquidazione controllata, in Procedure concorsuali e crisi d'impresa, n. 3, 1° marzo 2025, 391).
La norma in esame prevede dunque due condizioni essenziali, ai fini dell'accoglimento dell'istanza di liquidazione del patrimonio ad opera del creditore: lo stato di insolvenza del debitore ed un ammontare di debiti scaduti e non pagati uguale o superiore ad euro 50.000,00.
Secondo la dottrina maggioritaria, questa ulteriore restrizione è stata introdotta dal legislatore
per evitare un'eccessiva interferenza dei creditori nell'attività economica del debitore e
allo scopo di prevenire azioni legali multiple da parte dei creditori, che potrebbero rivelarsi infruttuose dal punto di vista economico [S. Bianchi, A: Farolfi, La procedura di liquidazione controllata, in D. Manente, B. Baessato (a cura di),Disciplina delle crisi da sovraindebitamento, Milano, 2022, 501].
Pertanto, nei casi in cui l'iniziativa per l'apertura della procedura di liquidazione controllata è rimessa al creditore, spetta a quest'ultimo l'onere di provare l'esistenza di inadempimenti o di altri fatti esterni che possano dimostrare l'incapacità del debitore di adempiere regolarmente alle proprie obbligazioni.
In altri termini, la dottrina e la giurisprudenza ritengono che sia onere del medesimo fornire idonea prova dello stato di insolvenza del debitore, condizione invece non necessaria qualora la domanda sia presentata direttamente dal debitore (Trib. Monza 4 gennaio 2023, in unijuris.it; Trib. Milano 12 gennaio 2023, in ilcaso.it; contra Trib. Pordenone, 24 febbraio 2023; S. De Matteis, F. Picierno, La liquidazione controllata, in Procedure concorsuali e crisi d'impresa, n. 3, 1° marzo 2025, 391: «sul punto si sono registrati in giurisprudenza due diversi orientamenti. Un primo orientamento sembrerebbe aderire alla tesi, sviluppata dalla dottrina, secondo cui spetterebbe al debitore dimostrare la propria solvibilità e che l'ammontare dei debiti scaduti e non pagati sia inferiore a 50.000 euro»).
Il creditore, quindi, ha l'onere di provare che il debitore si trovi in uno stato di impotenza finanziaria e patrimoniale, che non sia semplicemente transitorio, e che gli impedisca di adempiere regolarmente alle proprie obbligazioni con i mezzi normali. A tal proposito, non basta il semplice mancato adempimento di un credito che sia ancora in fase di accertamento giudiziale o oggetto di contestazione, poiché il semplice inadempimento non costituisce di per sé una prova sufficiente di insolvenza (Trib. Avellino 16 aprile 2024, in dirittodellacrisi.it, secondo cui «il presupposto che giustifica l'iniziativa del creditore ai fini dell'apertura della liquidazione controllata è l'esistenza di un vero e proprio stato di insolvenza in capo al debitore sovraindebitato, condizione che non può dirsi provata quando l'unico credito insoluto è ancora sottoposto ad accertamento giudiziale ed oggetto di contestazione e salvo che quest'ultima non sia manifestamente pretestuosa».).
In aggiunta a quanto sopra, non è richiesto che il creditore possieda un titolo esecutivo. Infatti, il Tribunale può procedere all'accertamento della situazione di insolvenza in via incidentale, senza la necessità di un titolo esecutivo preliminare.
È, quindi, sufficiente un accertamento del credito in via incidentale, senza entrare nel merito dell'esatta quantificazione dello stesso, ai limitati fini della verifica della sussistenza della legittimazione attiva del creditore (G. Rana,Il procedimento di apertura della liquidazione controllata, in Il diritto fallimentare e delle società commerciali 1/2023, 79: «Ciò che comporta, come per l'apertura della liquidazione giudiziale e per la vecchia istruttoria prefallimentare, un giudizio di sommaria verifica della condizione di “creditore” in capo all'istante, limitata all'accertamento di tale condizione dell'azione»; Trib. Salerno 27 settembre 2024, in ilcaso.it, fattispecie in cui un curatore fallimentare aveva richiesto l'apertura della liquidazione controllata a carico dell'ex amministratore unico della società fallita verso il quale era in corso l'azione di responsabilità, pur in assenza di un titolo esecutivo nei suoi confronti).
Ne consegue che, qualora il debitore contesti il credito, il tribunale procederà a un accertamento di tipo incidentale, simile a quello che avviene nel caso della legittimazione del creditore che richiede l'apertura della liquidazione giudiziale: «la dichiarazione di fallimento presuppone un'autonoma delibazione incidentale, da parte del tribunale fallimentare, compatibilmente con il carattere sommario del rito, circa la sussistenza del credito dedotto a sostegno dell'istanza, quale necessario postulato della verifica della legittimazione del creditore a chiedere il fallimento. In tale ambito il giudice deve valutare non solo le allegazioni e le produzioni della parte istante ma anche i fatti rappresentati dal debitore che valgano a dimostrare l'insussistenza dell'obbligazione addotta o la sua intervenuta estinzione» (Cass. civ. 27 ottobre 2020, n. 23494; S. Bianchi, A. Farolfi, La procedura di liquidazione controllata, in D. Manente, B. Baessato (a cura di), La disciplina delle crisi da sovraindebitamento, Milano, 2022, 501).
Quale altro elemento, la norma in esame chiarisce che l'iniziativa del creditore è ammessa «anche in pendenza di procedure esecutive individuali» nei confronti del debitore.
La previsione normativa, prevista nella precedente versione del codice della crisi, la quale disponeva che, solamente nel caso in cui fossero in essere procedure esecutive individuali, il creditore aveva la facoltà di depositare un'istanza di liquidazione del patrimonio, probabilmente operava un equo contemperamento degli interessi (M. Bianchi, A. Miccio, Una novità significativa del Codice della Crisi: l'istanza dei creditori per la liquidazione del patrimonio dei debitori “non fallibili”, in dirittodellacrisi.it, 2022, 11).
La normativa attuale impone un approccio radicalmente innovativo ai rapporti giuridici tra debitore e creditori, introducendo il principio della concorsualità come criterio generale applicabile a qualsiasi situazione di indebitamento.
Alcuni interpreti hanno avanzato l'ipotesi che la norma implichi che il creditore possa richiedere l'apertura della procedura solo nel caso in cui siano già in corso non uno, ma più procedimenti esecutivi e/o se il creditore stesso sia in possesso di un titolo esecutivo (F. Cesare, Liquidazione controllata del sovraindebitato (l. fall.), in IUS Crisi d'impresa (ius.giuffrefl.it) - ilfallimentarista, 22 maggio 2020, ritiene che l'ampliamento della legittimazione ai creditori ha l'obiettivo di estendere i benefici del concorso ai creditori frenati nella tutela dei propri diritti dagli elevati costi delle espropriazioni immobiliari individuali, riservate ormai solo all'impulso dei condomini e dei creditori fondiari: se sussiste un solo creditore, la pendenza di una sola procedura esecutiva non giustificherebbe il ricorso alla liquidazione controllata, mentre l'esistenza di più creditori potrebbe rendere preferibile l'opzione concorsuale se già fosse pendente un'espropriazione. A. Crivelli, op. cit., il quale ritiene che la norma si limiti con tale espressione a chiarire l'ampiezza del campo d'applicazione della disposizione, ed ulteriormente accosta la liquidazione controllata a quella giudiziale, escludendo implicitamente ma inequivocabilmente che il creditore per procedere debba essere munito di un titolo esecutivo).
Invero, interviene a colmare ogni dubbio interpretativo la congiunzione “anche”, in quanto il legislatore ha inteso precisare che la presenza di tali procedure non ostacola la possibilità per il creditore di richiedere l'apertura della liquidazione controllata; inoltre, la pendenza delle procedure esecutive non costituisce una condizione per l'ammissibilità dell'azione (Trib. Monza, 4 gennaio 2023. I giudici di merito hanno chiarito che «non è necessario affinché possa disporsi l'apertura della liquidazione controllata che siano pendenti procedure esecutive individuali nei confronti del debitore. L'art. 268, secondo comma, CCII prevede, infatti, che l'apertura della liquidazione controllata possa essere chiesta dal debitore “anche in pendenza di procedure esecutive individuali”, dal che consegue che l'assenza di procedure esecutive individuali non è affatto ostativa all'apertura della liquidazione controllata affermando di contro la disposizione citata che la liquidazione possa essere aperta persino in pendenza di tali procedure»; G. Rana, op.cit., «Una conferma letterale si trae anche, va mio parere, dal secondo periodo del secondo comma dell'art. 268 laddove si dispone che nei casi di cui al primo periodo non si fa luogo all'apertura della liquidazione controllata se l'ammontare dei debiti scaduti e non pagati risultanti dagli atti dell'istruttoria è inferiore a euro cinquantamila: il plurale casi non avrebbe senso se il primo periodo si riferisse solo alla semplice e singolare situazione in cui vi sono contemporaneamente insolvenza e pendenza di procedure esecutive ed ha invece senso se si considera la pluralità di situazioni che esiste tra pendenza e assenza di esecuzioni»).
Da tale osservazione discende che il creditore, che avanza la domanda di apertura della liquidazione controllata non necessariamente debba essere l'esecutante, potendo essere anche un diverso creditore del debitore.
Verificata quindi la sussistenza dei suddetti presupposti, uno stato di sovraindebitamento e forse anche l'esistenza di beni da aggredire, il Tribunale del circondario ove risiede il debitore potrà dichiarare l'apertura della liquidazione controllata con sentenza.
Considerazioni conclusive
La novità normativa introdotta con la liquidazione del patrimonio ad istanza del creditore impone certamente un approccio nuovo, anche culturale, ai rapporti giuridici fra creditore e debitore.
Il riconoscimento della legittimazione attiva anche ai creditori (e non più al solo debitore come nella vigenza della l. n. 3/2012) sposta il baricentro dell’istituto da strumento di difesa del debitore a strumento di esitazione del credito.
Allo stesso modo, però, il legislatore ha voluto adottare un’ulteriore restrizione a tutela del debitore ed in particolare al fine di (i) evitare un'eccessiva interferenza dei creditori nell'attività economica del debitore e (ii) di prevenire azioni legali multiple da parte dei creditori, che potrebbero rivelarsi infruttuose dal punto di vista economico (S. Bianchi, A. Farolfi, La procedura di liquidazione controllata, in D. Manente, B. Baessato (a cura di), Milano, AA.VV., La disciplina delle crisi da sovraindebitamento, 2022, 501).
Il timore sollevato riguarda la possibilità che soggetti strutturati e operanti professionalmente nel settore del recupero crediti possano strumentalizzare tale procedura, esercitando una pressione eccessiva e sproporzionata su debitori in condizioni di particolare fragilità. Questi ultimi, per timore della liquidazione dell’intero patrimonio, potrebbero essere indotti a soddisfare pretese creditorie non pienamente fondate oppure subire la liquidazione senza aver avuto la possibilità di predisporre un’adeguata difesa.
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