Il ritiro della domanda pregiudiziale, rivolta dal giudice nazionale alla Corte di giustizia dell’Unione europea, per sopravvenuta carenza d’interesse

25 Agosto 2025

Le due pronunce in commento - nel confermare l'orientamento giurisprudenziale (inaugurato dalla pronuncia del Consiglio di Stato, Sez. V, ord. 30 settembre 2019, n. 6551) che ha stabilito che, in caso di sopravvenuta carenza di interesse delle parti alla decisione del giudizio a quo, è possibile, anzi doveroso (sulla base dell'art. 100 che il giudice nazionale ritiri la domanda pregiudiziale dallo stesso in precedenza rivolta al Giudice sovranazionale - hanno rispettivamente affermato i seguenti e ulteriori principi.

Quanto alla prima pronuncia in commento, il Supremo Consesso ha precisato che la sospensione impropria “in senso stretto” del processo (cfr. anche Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 22 marzo 2024, n. 4), ai sensi dell'art. 79, comma 1, c.p.a., non impedisce al giudice nazionale di pronunciarsi sull'istanza di ritiro, in quanto essa non costituisce atto del procedimento sospeso, ma appendice del procedimento incidentale afferente alla pronuncia pregiudiziale, avviato con l’ordinanza di rimessione. Pertanto, il giudice, anche a fronte del processo principale a tal fine sospeso, potrà senz’altro fissare la camera di consiglio per sollecitare il contraddittorio delle parti sul punto e quindi provvedere sull’istanza di ritiro.

Inoltre, la pronuncia dell'Adunanza Plenaria in esame ha chiarito che le parti, nelle more dell'incidente sorto nell'ambito del giudizio a quo sull'atto di ritiro e quindi dell'adozione della relativa decisione, può chiedere alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea (di seguito, breviter, anche “CGUE”), ai sensi dell'art. 55, par. 1, lett. b) del Regolamento di procedura della stessa (di seguito, breviter, anche “Regolamento”), di sospendere il procedimento ad quem.

Quanto, invece, alla seconda pronuncia in commento, il giudice di prime cure ha affermato, in linea con la menzionata pronuncia del Consiglio di Stato, pure in commento, che il giudice nazionale - in assenza di precipua domanda di ritiro formulata da una delle parti nell'ambito della camera di consiglio all'uopo fissata - non possa procedere alla “revoca” dell'ordinanza di rimessione, non esistendo, nell'ordinamento giuridico, alcuna norma che consenta di definire il giudizio sospeso in difetto della pronuncia del Giudice unionale.

Fermo quanto precede, il presente contributo mira, tra l'altro, a indagare se la soluzione prospettata da entrambe le pronunce in esame, sotto il profilo del ritiro dell'ordinanza di rimessione alla CGUE su istanza di parte, sia l'unica soluzione possibile, ovvero il giudice nazionale possa procedervi d'ufficio.

Massima

1) La sospensione impropria “in senso stretto” del processo, ai sensi dell’art. 79, comma 1, c.p.a., non impedisce al giudice nazionale di pronunciarsi sull’istanza di ritiro, in quanto essa non costituisce atto del procedimento sospeso, ma appendice del procedimento incidentale afferente alla pronuncia pregiudiziale, avviato con l’ordinanza di rimessione

2) Nelle more dell’incidente sorto nell’ambito del giudizio a quo sull’atto di ritiro e quindi dell’adozione della relativa decisione all’esito della camera di consiglio all’uopo fissata, il giudice nazionale può chiedere alla CGUE, ai sensi dell’art. 55, par. 1, lett. b) del Regolamento di procedura della stessa, di sospendere il procedimento ad quem.

3) Il giudice nazionale - in assenza di precipua domanda di ritiro formulata da una delle parti nell’ambito della camera di consiglio all’uopo fissata - non può procedere alla “revoca” dell’ordinanza di rimessione, non esistendo, nell’ordinamento giuridico, alcuna norma che consenta di definire il giudizio sospeso in difetto della pronuncia del Giudice unionale.

Il caso

1) La sopravvenuta carenza di interesse alla decisione del giudizio a quo sospeso ai sensi dell'art. 79, comma 1, c.p.a. in attesa della pronuncia ex art. 267 TFUE della CGUE. Effetti sul giudizio ad quem. L'istanza di ritiro della domanda pregiudiziale sollecitata da una delle parti, all'esito del contraddittorio.

Investita, ai sensi e per gli effetti dell'art. 267 TFUE, la CGUE, da parte del giudice nazionale (Consiglio di Stato) chiamato a decidere, in appello, una controversia in materia di appalti pubblici, una delle parti del giudizio ha allegato di non avere più interesse alla decisione del merito dello stesso.

Il giudice del gravame, sollecitato il contraddittorio tra le parti sul punto, ha ritenuto di accogliere l'istanza di ritiro della domanda pregiudiziale (che lo stesso aveva in precedenza rivolto al Giudice sovranazionale), proveniente da una di esse, disponendo la trasmissione della decisione alla Segreteria della CGUE.

2) Il ritiro della domanda pregiudiziale, sollecitato dalla richiesta di chiarimenti della Segreteria della CGUE.

Il giudice nazionale (TAR Lazio – Roma, Sez. II, 18 luglio 2025, n. 14257), chiamato a pronunciarsi, dalla Segreteria della CGUE, sulla persistenza dell'interesse alla decisione della questione pregiudiziale da esso in precedenza sollecitata - avendo la Corte definito un caso analogo stimolato il contraddittorio delle parti sul punto.

In difetto della formulazione da parte di quest'ultime dell'istanza di ritiro, il giudice a quo ha ritenuto di dover affermare la persistenza dell'interesse alla decisione della questione pregiudiziale da parte della CGUE, non consentendo l'ordinamento giuridico di definire aliter il giudizio.

Le questioni

Può il giudice nazionale accogliere l'istanza, proveniente da una delle parti del giudizio principale sospeso ex art. 79, comma 1, c.p.a., avente a oggetto il ritiro della questione pregiudiziale, a fronte della sopravvenuta carenza di interesse alla decisione nel merito del giudizio a quo? E se sì, in quali casi e a quali condizioni?

Si pone il problema di stabilire quali siano gli effetti che la declaratoria di una delle parti di non avere più interesse alla decisione del giudizio principale (sospeso ex art. 79, comma 1, c.p.a. in attesa della pronuncia ex art. 276 TFUE da parte della CGUE) spieghi sul giudizio ad quem. In altre parole, occorre indagare a quali condizioni e secondo quali modalità la carenza d'interesse che connota il giudizio a quo possa riverberarsi sul giudizio incidentale pendente dinanzi al Giudice sovranazionale.

Può il giudice nazionale, d'ufficio - ossia in difetto di un'istanza di ritiro proveniente da una delle parti del giudizio principale sospeso ex art. 79, comma 1, c.p.a. - “revocare” l'ordinanza con cui esso in precedenza aveva sollevato la questione pregiudiziale ex art. 267 TFUE, stante la carenza di interesse di una di esse alla decisione nel merito del giudizio a quo?

La questione nasce dal fatto che, in primo luogo, il giudice nazionale opera quale filtro per la rimessione della questione pregiudiziale alla CGUE, fermo tuttavia l’obbligo, in capo a esso, di motivazione del diniego di tal fatta.

In secondo luogo, le parti non sono titolari di alcuna situazione giuridica soggettiva protetta, in ambito processuale, che obblighi il giudice a quo a investire la CGUE della questione, potendo esse semmai dolersi dell'omessa motivazione in ordine al diniego.

In terzo luogo, la decisione di sollevare l'incidente sovranazionale è un'esclusiva e discrezionale valutazione del giudice della rimessione, nella misura in cui esso necessita, per la soluzione del caso concreto, di ottenere dalla CGUE chiarimenti circa la portata applicativa della norma di diritto unionale per la decisione del caso concreto.

Se così è, si potrebbe allora, in astratto, ipotizzare che ove il giudice ritenga, a fronte degli incidenti processuali sopravvenuti, di chiudere in rito il giudizio a quo – tramite la pronuncia di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse d'ufficio (che, ai sensi dell'art. 84, comma 4, c.p.a., può essere adottata anche d'ufficio, sentite sul punto le parti ex art. 73, comma 3, c.p.a.) – esso possa ritirare d'ufficio la domanda pregiudiziale dallo stesso in precedenza svolta, senza nemmeno sentire sul punto le parti, o attendere che quest'ultime formulino apposita istanza.

Come si vedrà infra, tale impostazione non è percorribile nell'ordinamento giuridico italiano, con conseguente avallo della soluzione enucleata da entrambe le pronunce in commento.

Le soluzioni giuridiche

Il giudice nazionale, ai sensi dell'art. 100 del Regolamento di procedura della CGUE, deve, in caso di sopravvenuta carenza di interesse delle parti alla decisione del giudizio a quo, ritirare la domanda pregiudiziale dallo stesso in precedenza rivolta al Giudice sovranazionale.

Tuttavia, a tal fine, il giudice dovrà sollecitare il contraddittorio tra le parti, di modo che una di esse, all'esito della camera di consiglio all'uopo fissata, possa formulare precipua istanza di ritiro. A ciò non osta, la sospensione, ex art. 79, comma 1, c.p.a., del processo principale.

Il giudice nazione che abbia adito la CGUE ex art. 267 TFUE non solo non può procedere al ritiro della stessa senza aver prima instaurato il contraddittorio sulla questione, ma non può nemmeno procedere in tal senso, in difetto di una precipua richiesta delle parti.

E ciò in quanto non esiste, nell'ordinamento giuridico, alcuna norma che consenta di definire il giudizio sospeso in difetto della pronuncia del Giudice unionale.

Osservazioni

1. Il dovere del giudice nazionale di ritirare la domanda pregiudiziale da esso rivolta alla CGUE in caso di incidente processuale.

Le due sentenze in commento si sono chieste se il giudice nazionale - appreso che nelle more della sospensione, ex art. 79, comma 1, c.p.a., del giudizio a quo e in attesa della pronuncia ex art. 267 TFUE da parte della CGUE, le parti abbiano perso interesse alla decisione di merito del primo (in ragione, a esempio, dell'esercizio dei poteri di autotutela dell'Amministrazione, che ha rimosso il provvedimento impugnato e/o accordato alle parti il bene della vita) – possa, o debba, ritirare la domanda pregiudiziale che lo stesso in precedenza aveva rivolto al Giudice ad quem.

Prima di esaminare tale questione, appare utile, in ottica comparata, osservare come l'art. 21 delle “norme integrative per i giudizi davanti alla corte costituzionale (approvate con delibera della Corte in sede non giurisdizionale del 22 luglio 2021 e successive modificazioni)”, rubricato “sospensione, interruzione ed estinzione del processo principale”, stabilisca che “la sospensione, l'interruzione e l'estinzione del processo principale non producono effetti sul giudizio davanti alla Corte costituzionale”. Da tale norma, si ricava che, una volta sollevata la questione di costituzionalità dinanzi al Giudice nazionale delle leggi, la domanda di tal fatta non risente più delle vicende del giudizio a quo ed è irretrattabile. Cosicchè, anche ove il giudizio che ha originato il giudizio ad quem dovesse pro futuro estinguersi, la Corte costituzionale sarà comunque chiamata a pronunciarsi sulla questione a essa sottoposta.

A diverse conclusioni deve invece addivenirsi nell'ambito dell'incidente di cui all'art. 267 TUFE.

Infatti, l'art. 100 del Regolamento di procedura della CGUE prevede, in primo luogo, che essa rimanga investita della domanda pregiudiziale fino a quando il giudice nazionale che l'abbia adita non abbia ritirato la sua domanda (ritiro che può avvenire sino alla data di notificazione agli interessati della pronuncia unionale).

L'art. 26 delle “Raccomandazioni all'attenzione dei giudici nazionali relative alla presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale” (del 9.10.2024 e del 8.9.2019) prevede che la CGUE, dovendo fornire un contributo all'effettiva amministrazione della giustizia negli Stati membri e quindi non potendo formulare pareri consultivi su questioni generiche o ipotetiche, può adottare la pronuncia pregiudiziale solo a fronte di una controversia “effettivamente pendente”, rispetto alla quale sussiste, da un lato, l'interesse delle parti a conoscere il giudizio del giudice sovranazionale e, dall'altro, tale giudizio rilevi effettivamente nell'ambito della controversia a qua.

Proprio per tali ragioni, il giudice a quo è tenuto a rappresentare alla CGUE la sopravvenienza di “incidenti processuali” occorsi sul piano nazionale che possano influire sul procedimento pregiudiziale ad quem e privarlo, a sua volta, di interesse (onde evitare dispersione di tempo e di energie).

L'art. 26 delle predette Raccomandazioni enuclea i presupposti atti a sollecitare l'istanza di ritiro, che si traducono nelle seguenti ipotesi: a) rinuncia gli atti a opera di una delle parti; b) composizione amichevole della controversia; c) altro incidente che comporti l'estinzione del giudice principale.

In altre parole, sussiste un collegamento tra l'interesse alla definizione del giudizio principiale, da un lato, e l'interesse alla decisione della questione pregiudiziale, dall'altro, di modo che la sopravvenuta carenza di interesse alla decisione di merito in relazione al giudizio a quo determina l'obbligo, a carico del giudice nazionale, di ritirare la domanda pregiudiziale da esso spiegata nel secondo, essendo altresì venuto meno l'interesse alla decisione del giudizio ad quem.

2. Le modalità processuali del ritiro: l'istanza di parte e la decisione d'ufficio del giudice.

Entrambe le pronunce amministrative in commento hanno ritenuto che il ritiro della domanda pregiudiziale, a opera del giudice nazionale, debba necessariamente essere preceduto dall'istanza in tal senso di una delle parti, all'esito del contraddittorio all'uopo sollecitato.

Il tema richiama l'attenzione su due aspetti di carattere processuale che informano la vicenda e che sembrano essere di particolare rilievo.

A) In primo luogo, la sospensione del giudizio a quo, ai sensi dell'art. 79, comma 1, c.p.a., non impedisce al giudice nazionale di pronunciarsi sull'istanza di ritiro, in quanto essa non costituisce atto del procedimento sospeso, ma appendice del procedimento incidentale di pronuncia pregiudiziale, avviato con l'ordinanza di rimessione (C.d.s., A.P., n. 7 del 2025). Pertanto, il giudice a quo, anche a fronte del processo sospeso, potrà senz'altro fissare la camera di consiglio per sentire le parti sul punto.

A ciò si aggiunga che la CGUE, ove richiesta in tal senso, possa, nelle more dell'incidente nazionale sull'atto di ritiro e quindi dell'adozione della relativa decisione, sospendere il procedimento ad quem, ai sensi dell'art. 55, par. 1, lett. b) del Regolamento di procedura.

B) In secondo luogo, occorre chiedersi se il giudice a quo, a fronte dei descritti incidenti processuali, possa procedere d'ufficio al ritiro della domanda, ovvero se esso, a tal fine, debba necessariamente sollecitare il contraddittorio tra le parti, affinchè essi formulino l'istanza di tal fatta.

E' evidente che qualora una delle parti spieghi, di propria iniziativa, domanda di ritiro della domanda pregiudiziale, il giudice fissa l'udienza camerale per sollecitare il contraddittorio sul punto e decidere sulla stessa (si tratta del caso esaminato dalla prima pronuncia in commento).

Ove, invece, le parti, in tale sede, nulla abbiano detto sul punto (si tratta del caso esaminato dalla seconda pronuncia in commento), il problema del contraddittorio si pone per tre ordini di ragioni.

Intanto, le parti non sono titolari di alcun potere vincolante per il giudice, circa la rimessione della questione pregiudiziale alla CGUE, dipendendo tale decisione, esclusivamente, dal libero apprezzamento del primo (TAR Lazio, Sez. II, ord. n. 14257/2025).

D'altra parte, il Cons. St., Ad. Plen., 22 marzo 2024, n. 4, ha imposto al giudice di sollecitare il contraddittorio solo con riferimento alle ipotesi di sospensione “impropria in senso lato” del processo e non invece in relazione alle ipotesi di sospensione “impropria in senso stretto” (come quella in esame).

Inoltre, non può essere nemmeno assunto, quale parametro di riferimento, il regolamento della Corte costituzionale, cui si è fatto cenno, perché l'incidente (nazionale) di costituzionalità non prevede la possibilità per le parti di procedere a sollecitare l'atto di ritiro da parte del giudice a quo.

Ciò posto, la giurisprudenza amministrativa, in assenza di istanza delle parti (invero il caso di cui si è occupata la seconda pronuncia in commento riguardava la richiesta di chiarimenti che la Segreteria della CGUE aveva rivolto d'ufficio al giudice nazionale, avendo la Corte deciso una questione analoga a quella oggetto di rimessione), ha ritenuto di dover comunque sollecitare il contraddittorio tra esse, fissando all'uopo la relativa camera di consiglio.

In particolare, la predetta pronuncia ha precisato che: i) non esiste nell'ordinamento nazionale un istituto che consenta di definire il giudizio sospeso in assenza di risposta della CGUE, anche se essa ha deciso una questione analoga di altro giudizio; ii) il giudice nazionale non può procedere d'ufficio al “ritiro” (rectius “revoca”) dell'ordinanza di rimessione, in quanto né il c.p.a. (al di fuori dell'art. 80 c.p.a., che però interessa le ordinanze cautelari), né il c.p.c. (al di fuori dell'art. 177 c.p.c., che però riguarda l'istruttoria della causa) gli consentono di agire in tal senso; iii) nemmeno ricorreva, nel caso di specie, l'ipotesi dell'incidente processuale di cui all'art. 100 del Regolamento della CGUE, difettando l'incidente di esecuzione.

Pertanto, il giudice, in tal caso, è impossibilitato a procedere al ritiro d'ufficio della questione pregiudiziale, su cui la CGUE è quindi chiamata ad esprimersi.

3. La percorribilità di soluzioni alternative.

Ciò posto, occorre allora chiedersi se, il combinato disposto degli artt. 267, comma 2, TFUE, dell'art. 100 del Regolamento menzionato e dell'art. 26 delle predette Raccomandazioni consenta di addivenire ad altra e diversa lettura delle stesse.

In altre parole: i) se il giudice nazionale opera quale filtro per la rimessione della questione pregiudiziale alla CGUE e, fermo l'obbligo, in capo a esso, di motivare il diniego di tal fatta; ii)se le parti non sono titolari di alcuna situazione giuridica soggettiva protetta, in ambito processuale, che obblighi il giudice a investire la CGUE della questione pregiudiziale ex art. 267 TUFE, potendo esse semmai dolersi dell'omessa motivazione in ordine al diniego; iii) se la decisione di sollevare l'incidente sovranazionale è un'esclusiva e discrezionale valutazione del giudice nazionale, nella misura in cui esso necessita, per la soluzione del caso concreto, di ottenere dalla CGUE chiarimenti circa la portata applicativa della norma unionale da applicare al caso concreto; iv) si dovrebbe, allora, poter sostenere, almeno in astratto, che ove il giudice nazionale ritenga, a fronte degli incidenti processuali sopravvenuti, di chiudere in rito il giudizio a quo – tramite la pronuncia di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse (che, ai sensi dell'art. 84, comma 4, c.p.a., è adottabile anche d'ufficio, sentite sul punto le parti ex art. 73, comma 3, c.p.a.) – esso ben possa ritirare d'ufficio la domanda pregiudiziale in precedenza svolta, senza nemmeno sentire sul punto le parti, o attendere che quest'ultime formulino apposita istanza.

Sennonchè, tale soluzione, in astratto percorribile, non lo è in concreto, con conseguente avallo delle soluzioni proposte dalle due pronunce in commento.

Una volta, infatti, che il giudice nazionale abbia ritenuto di rimettere la questione pregiudiziale alla CGUE ex art. 267 TUFE, si è consumato il suo potere decisionale di tipo ufficioso.

Infatti, una volta sospeso il giudizio a quo, il giudice non può più, d'ufficio, ritrattare la questione, in assenza dell'espressa richiesta delle parti, essendosi incardinato, in sede sovranazionale, un processo nel cui ambito quest'ultime possono avere interesse a intervenire per condizionarne la decisione.

Pertanto, deve concludersi che il ritiro della domanda pregiudiziale proposta dal giudice nazionale alla CGUE necessiti della sussistenza di una doppia condizione: a) il verificarsi di incidenti processuali dai quali ricavare la carenza d'interesse delle parti alla decisione di merito del giudizio a quo; b) la sussistenza di un'espressa istanza di ritiro, formulata da una delle parti, con preclusione di qualsivoglia esercizio del potere ufficioso.

Conclusioni

Il regolamento relativo al funzionamento della CGUE, al pari dello Statuto della stessa, e sì fonte atipica del diritto unionale (perché non previsto dai Trattati istitutivi), ma ha valenza normativa (essendo essa modificabile dai Regolamenti UE), cosicchè esso, anche in forza del rinvio mobile di cui all'art. 79, comma 1, c.p.a., produce effetti diretti nell'ordinamento processuale interno.

Siffatta fonte del diritto unionale quindi disciplina, incidendo sull'ordinamento processuale interno, l'ordinanza di ritiro della domanda pregiudiziale sollevata, ex art. 267 TUFE, dal giudice nazionale.

Quanto alle modalità di esercizio di tale ritiro, assumono rilievo, come visto, le Raccomandazioni di cui si è detto che, pur non costituendo fonti di diritto in senso stretto perché non vincolanti, hanno una forte valenza esortativa e rappresentano un punto di riferimento per l'interprete.

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