Indipendenza dell’avvocato associato: la svolta della CGUE
09 Settembre 2025
La controversia prende il via dall'impugnazione proposta da uno studio legale italiano avverso l'ordinanza del Tribunale UE che aveva dichiarato irricevibile un ricorso proposto, ritenendo che gli avvocati incaricati della rappresentanza, essendo associati interni allo stesso studio, non fossero “terzi indipendenti”. L'interpellata Corte UE ha accolto il ricorso, chiarendo che la qualità di associato all'interno di uno studio legale non è, di per sé, incompatibile con il requisito di indipendenza richiesto dall'art. 19 dello Statuto della Corte di giustizia dell'Unione europea. In particolare, la Corte afferma che l'indipendenza dell'avvocato deve considerarsi presunta, a meno che non venga dimostrato il rapporto di impiego caratterizzato da un vincolo di subordinazione tra lo studio e il professionista, alla luce di elementi concreti che pregiudichino la capacità dell'avvocato di svolgere il proprio incarico servendo al meglio gli interessi del cliente. L'essere socio di uno studio non equivale a essere dipendente e, in assenza di elementi di prova contrari, la presunzione di indipendenza deve ritenersi integra. Il Tribunale UE, nel caso di specie, avrebbe dovuto verificare l'esistenza di un rapporto di impiego o di situazioni concrete idonee a compromettere l'indipendenza, provvedendo a invitare il ricorrente a regolarizzare la propria posizione se necessario. |