All’esdebitazione postfallimentare si applica la disciplina del codice della crisi
16 Settembre 2025
Massima L'esdebitazione del fallito costituisce un procedimento dotato di autonomia sostanziale e processuale rispetto alla procedura fallimentare da cui origina. In applicazione del principio del favor debitoris e della disciplina transitoria più favorevole, i ricorsi per esdebitazione relativi a procedure fallimentari chiuse prima dell'entrata in vigore del codice della crisi possono beneficiare della nuova disciplina sostanziale degli artt. 280 e ss. c.c.i.i. anziché rimanere soggetti all'art. 142 l. fall., purché l'istanza sia presentata successivamente al 15 luglio 2022. Il caso La vicenda sottoposta al vaglio della Corte d'Appello di Bari origina dal ricorso per esdebitazione ex art 142 l. fall. presentato da un imprenditore fallito la cui procedura era stata chiusa prima dell'entrata in vigore del codice della crisi. Il rigetto in primo grado. Il Tribunale di Bari aveva dichiarato inammissibile il ricorso ritenendolo soggetto alla disciplina della Legge fallimentare. In particolare aveva ritenuto decaduto il fallito dalla facoltà di chiedere l'esdebitazione per il decorso del termine annuale previsto dall'art. 142 l. fall. Secondo il giudice di prime cure, trattandosi di fallimento dichiarato e chiuso sotto la vigenza del r.d. n. 267/1942, l'istanza di esdebitazione doveva necessariamente seguire la disciplina dell'art. 142 l. fall., che impone il rispetto del termine di un anno dalla chiusura del fallimento per il deposito a pena di decadenza. Il mancato rispetto di tale termine comportava l'inammissibilità del ricorso, indipendentemente dall'entrata in vigore del c.c.i.i. che invece non prevede alcun termine. Le ragioni del reclamo e l'accoglimento in secondo grado. Il reclamo si è imperniato sulla natura dell'esdebitazione e sulla disciplina transitoria applicabile. Il ricorrente ha contestato l'orientamento che considera l'esdebitazione una mera appendice della procedura fallimentare, sostenendo invece la natura autonoma dell'istituto rispetto alla precedente procedura. Secondo il reclamante, l'autonomia dell'istituto comporterebbe l'applicazione della disciplina più favorevole dell'art. 280 c.c.i.i., che elimina il termine decadenziale annuale previsto dalla Legge fallimentare e consente la presentazione dell'istanza immediatamente dopo la chiusura della procedura liquidatoria. La Corte pugliese ha accolto il reclamo, riconoscendo l'autonomia processuale dell'esdebitazione e la sua soggezione alla disciplina del codice della crisi anche per le procedure fallimentari precedentemente chiuse. Il principio enunciato assume particolare rilevanza in quanto supera l'impostazione tradizionale che lega l'esdebitazione alla lex temporis della procedura concorsuale, affermando invece che l'istanza di esdebitazione, ove presentata dopo il 15 luglio 2022, deve essere disciplinata dall'art. 280 c.c.i.i. in quanto più favorevole al debitore. Questioni giuridiche L'evoluzione normativa dell'esdebitazione del fallito. La decisione in commento si inserisce nel complesso dibattito sorto dall'entrata in vigore del codice della crisi e dell'Insolvenza, che ha profondamente innovato la disciplina dell'esdebitazione rispetto al previgente art. 142 l. fall. (Jorio, Il nuovo diritto della crisi d'impresa, Torino, 2022, 891; Guglielmucci, Diritto fallimentare, Torino, 2023, 445). L'art. 142 l. fall. prevedeva che l'esdebitazione potesse essere richiesta «decorso un anno dalla chiusura del fallimento» e comunque entro il termine decadenziale di tre anni, configurando l'istituto come epilogo della procedura concorsuale (Pajardi-Paluchowski, Manuale di diritto fallimentare, Milano, 2020, 567). I nuovi artt. 280 e ss. c.c.i.i. hanno invece eliminato il termine annuale dalla chiusura, prevedendo la possibilità di presentare istanza immediatamente dopo la chiusura della procedura liquidatoria, con disciplina sostanzialmente rinnovata e più favorevole al debitore (Nigro-Sandulli, La riforma della crisi d'impresa, Milano, 2022, 678). Tale innovazione si inscrive nel più ampio disegno del legislatore del 2019 volto a potenziare gli strumenti di fresh start del debitore, sia esso imprenditore o consumatore, in linea con la Direttiva UE 2019/1023 (Bonfatti, Il diritto europeo della crisi d'impresa, Milano, 2022, 234). Il contrasto sulla natura dell'esdebitazione. La giurisprudenza di legittimità si è tradizionalmente divisa sulla natura giuridica dell'esdebitazione del fallito, con rilevanti conseguenze sulla disciplina transitoria applicabile. 1) Il primo orientamento, consolidato nella giurisprudenza della Cassazione, considera l'esdebitazione una fase eventuale della procedura fallimentare, priva di autonomia sostanziale. Secondo questa impostazione, l'esdebitazione costituirebbe l'epilogo naturale del fallimento per il debitore meritevole, rimanendo però intrinsecamente collegata alla procedura concorsuale di origine (Cass. civ., sez. un., 18 novembre 2011, n. 24214; Cass. civ., sez. I, 4 dicembre 2015, n. 24727). Tale ricostruzione comporta l'applicazione della disciplina vigente al momento della dichiarazione di fallimento, con la conseguenza che i fallimenti dichiarati sotto la vigenza della l. fall. rimangono soggetti alla relativa disciplina dell'esdebitazione ex art. 142 l. fall. 2) Il secondo orientamento, più recente, valorizza invece l'autonomia processuale dell'esdebitazione, configurandola come procedimento indipendente dalla procedura fallimentare (Trib. Verona, pronuncia richiamata dalla Corte di Bari; Trib. Bologna, 21 marzo 2025; Trib. Catania, 21 giugno 2024). Secondo questa ricostruzione, l'esdebitazione avrebbe natura autonoma, con propri presupposti e una specifica disciplina, e quindi potrebbe beneficiare dell'applicazione della normativa più favorevole introdotta dagli artt. 280 e ss. c.c.i.i. all'esito della procedura fallimentare. La soluzione giuridica L'interpretazione della Corte d'Appello di Bari: l'autonomia dell'esdebitazione. La Corte pugliese ha aderito decisamente al secondo orientamento, fondando la propria decisione su una articolata argomentazione che tocca profili sistematici, processuali e costituzionali. 1) L'autonomia processuale e sostanziale. Il Collegio ha sottolineato come l'esdebitazione presenti tutti i caratteri di un procedimento autonomo: propri presupposti sostanziali (assenza di atti di frode, collaborazione con gli organi della procedura), una specifica disciplina procedurale (contraddittorio con i creditori, pubblicità), ed effetti giuridici indipendenti dalla precedente procedura fallimentare (liberazione dai debiti concorsuali non soddisfatti). Tale autonomia trova conferma nella stessa collocazione sistematica dell'istituto nel c.c.i.i., che dedica all'esdebitazione un Titolo specifico (Titolo V, artt. 280 e ss.) applicabile trasversalmente a tutte le procedure di regolazione della crisi (Vassalli, Diritto fallimentare, Torino, 2022, 789). Un argomento sistematico particolarmente significativo a sostegno di tale ricostruzione, pur non presente nella pronuncia in commento, è offerto dal confronto con l'art. 283 c.c.i.i., che disciplina l'esdebitazione dell'incapiente con un procedimento monofasico. Se il legislatore avesse inteso configurare l'esdebitazione ex artt. 280 e ss. come mera fase terminale della procedura concorsuale, avrebbe dovuto adottare la medesima struttura monofasica. La scelta di mantenere per la generalità dei casi una struttura bifasica (chiusura della procedura - istanza di esdebitazione) dimostra invece la volontà di configurare l'esdebitazione come procedimento dotato di propria autonomia, ancorché geneticamente collegato alla procedura concorsuale antecedente (Panzani, Le forme di esdebitazione nel CCII, in Dir. fall., 2023, 567). 2) Il principio del favor debitoris nella disciplina transitoria. La Corte ha valorizzato l'art. 390, comma 2, c.c.i.i., che prevede l'applicazione delle nuove disposizioni ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del codice. Secondo il Collegio, tale norma deve essere interpretata estensivamente alla luce del principio del favor debitorische informa l'intera riforma, consentendo al debitore di beneficiare della disciplina più favorevole anche quando la procedura fallimentare si sia già conclusa (Sandulli, Le disposizioni transitorie del CCII, in Fall., 2022, I445). 3) Interpretazione costituzionalmente orientata dell'esdebitazione. La decisione richiama opportunamente la giurisprudenza costituzionale che ha riconosciuto nell'esdebitazione uno strumento di tutela della dignità della persona e di promozione dello sviluppo economico (Corte Cost., sent. n. 39/2008), evidenziando come una simile finalità debba orientare l'interpretazione delle norme transitorie nel senso più favorevole al debitore. 4) L'esdebitazione come diritto soggettivo e il divieto di discriminazioni temporali. Un argomento decisivo a sostegno della tesi dell'autonomia emerge anche dalla qualificazione dell'esdebitazione operata dall'art. 279 c.c.i.i., che configura espressamente l'istituto come diritto soggettivo del debitore («il debitore ha diritto all'esdebitazione»). Tale disposizione, di portata generale e applicabile a tutte le procedure di regolazione della crisi, comporta una radicale innovazione rispetto alla precedente concezione dell'esdebitazione come "beneficio" o "premio" per il fallito collaborativo (Apice, L'esdebitazione come diritto, Milano, 2023, 145). Il riconoscimento dell'esdebitazione come diritto soggettivo trova fondamento nella Direttiva UE 2019/1023, che dedica il Capo II (artt. 20-25) al diritto al nuovo inizio. In particolare, l'art. 20 stabilisce il principio generale secondo cui «gli Stati membri provvedono affinché gli imprenditori in buona fede che si trovano in situazione di insolvenza abbiano accesso a una procedura che possa comportare la liberazione totale dai debiti», mentre l'art. 21 fissa i termini massimi per ottenere tale liberazione. La trasposizione di tali principi nell'ordinamento italiano attraverso l'art. 279 c.c.i.i. impedisce interpretazioni restrittive che discriminino i debitori sotto il profilo temporale sulla base della data di dichiarazione del fallimento (Rordorf, Il diritto europeo al nuovo inizio, in Fall., 2023, 234). Si tratta pertanto di uno strumento che realizza un obiettivo macroeconomico tramite l'istituzione di un diritto soggettivo alla dichiarazione di inesigibilità dei debiti pregressi. Non sarebbe quindi costituzionalmente orientata una lettura che privi del diritto all'esdebitazione i soggetti falliti prima dell'entrata in vigore del c.c.i.i., quando simile diritto è stato espressamente riconosciuto dal legislatore che ha recepito i principi eurounitari nel codice della crisi (Nigro, Principi costituzionali e diritto della crisi, Torino, 2023, 456). Questa impostazione sostanziale è compatibile esclusivamente con una lettura monofasica dell'esdebitazione anche all'esito della procedura fallimentare: riconosciuto il diritto ex art. 279 CCII, il debitore può dunque richiederla immediatamente dopo la chiusura della procedura liquidatoria e senza essere soggetto ai termini decadenziali previsti dalla disciplina previgente. La concezione bifasica (chiusura fallimento - decorso termine annuale - istanza di esdebitazione) risulta incompatibile con la natura di diritto soggettivo attribuita all'esdebitazione dal c.c.i.i. (Limitone, Dalla concezione bifasica a quella monofasica dell'esdebitazione, in ilcaso.it, 2023). La questione dei termini e l'applicazione ratione temporis. Un aspetto particolarmente delicato affrontato dalla Corte riguarda l'individuazione della disciplina temporale applicabile. La sentenza chiarisce che, riconosciuta l'autonomia dell'esdebitazione, non trova più applicazione il termine annuale previsto dall'art. 142 l. fall., essendo lo stesso stato eliminato dalla nuova disciplina degli artt. 280 e ss. c.c.i.i. (Fabiani, I termini nell'esdebitazione, in Dir. fall., 2023, 234). Tale soluzione, pur innovativa, trova precedenti nella giurisprudenza di legittimità che aveva già riconosciuto l'applicabilità delle successive modifiche normative ai procedimenti instaurati dopo la loro entrata in vigore, anche se relativi a fallimenti dichiarati anteriormente (Cass. n. 24727/2015). La Corte ha inoltre precisato che l'applicazione della nuova disciplina non comporta violazione del principio di irretroattività, in quanto la normativa del c.c.i.i. risulta più favorevole al debitore e l'istanza di esdebitazione è stata presentata dopo l'entrata in vigore del nuovo codice e il principio di irretroattività opera solo come divieto in malam partem. Le ricadute sistematiche e il coordinamento normativo. La decisione della Corte d'Appello di Bari assume rilievo sistematico per le ricadute sulla disciplina transitoria del diritto della crisi. Il riconoscimento dell'autonomia dell'esdebitazione, infatti, si pone in linea con l'orientamento che ha esteso l'applicazione del c.c.i.i. anche ad altre procedure di composizione della crisi pendenti alla data di entrata in vigore (Trib. Milano, 15 marzo 2023; Trib. Roma, 22 gennaio 2023). Inoltre, la valorizzazione del favor debitoris nella disciplina transitoria si coordina con i principi della Direttiva UE 2019/1023 sul diritto al nuovo inizio, che ha ispirato le modifiche introdotte dal legislatore del 2019 (Rordorf, Il diritto europeo della crisi d'impresa, Milano, 2022, 123). Un aspetto critico emerge tuttavia dal coordinamento con l'art. 11 delle preleggi al codice civile, richiamato nel decreto. La Corte ha precisato che la disciplina del c.c.i.i. non ha "effetto retroattivo" ma trova applicazione ai procedimenti instaurati successivamente alla sua entrata in vigore, evitando così possibili censure di costituzionalità per violazione dell'art. 3 Cost. sotto il profilo dell'eguaglianza, poiché si discriminerebbero posizioni soggettive Il coordinamento con la disciplina dell'esdebitazione del consumatore. La decisione assume rilievo anche per i riflessi sulla disciplina dell'esdebitazione del consumatore sovraindebitato. Il codice della crisi ha unificato sotto il Titolo V la disciplina dell'esdebitazione, superando la precedente frammentazione tra l. fall. (art. 142) e L. 3/2012 (artt. 14 ter e ss.). Tale unificazione rafforza l'argomento sistematico dell'autonomia dell'esdebitazione, configurandola come istituto trasversale alle diverse procedure di regolazione della crisi, dotato di propria identità sostanziale e processuale indipendentemente dalla procedura che la può aver originata(Apice, L'esdebitazione nel sistema del CCII, Milano, 2023, 234). Conclusioni La decisione della Corte d'Appello di Bari rappresenta un contributo significativo al dibattito sulla natura dell'esdebitazione del fallito e sulla sua collocazione nel sistema delle procedure di composizione della crisi. L'adesione all'orientamento che riconosce l'autonomia processuale dell'istituto appare condivisibile sotto molteplici profili. Dal punto di vista sistematico, la ricostruzione della Corte pugliese risulta coerente con l'evoluzione dell'esdebitazione che, sin dall'introduzione operata dal d.lgs. n. 5/2006, ha progressivamente acquisito connotati di maggiore autonomia rispetto alla procedura fallimentare, sino a divenire nel c.c.i.i. un vero e proprio diritto soggettivo del debitore, espressamente riconosciuto dall'art. 279 e disciplinato organicamente nel Titolo V. L'argomento costituzionale ed eurounitario appare particolarmente persuasivo: il riconoscimento dell'esdebitazione come diritto soggettivo ex art. 279 c.c.i.i., in attuazione della Direttiva UE 2019/1023, impedisce interpretazioni discriminatorie basate sulla data di dichiarazione del fallimento. Non sarebbe costituzionalmente sostenibile privare del diritto al fresh start i debitori falliti prima dell'entrata in vigore del c.c.i.i., quando tale diritto è stato espressamente riconosciuto dal legislatore in coerenza con i principi eurounitari (Terranova, Costituzione e diritto fallimentare, Torino, 2021, 445). L'argomento sistematico tratto dal confronto con l'art. 283 c.c.i.i. (esdebitazione monofasica dell'incapiente) si salda con la concezione dell'esdebitazione come diritto soggettivo, imponendo una lettura monofasica dell'istituto anche per i falliti: riconosciuto il diritto ex art. 279, il debitore deve poterlo esercitare senza vincoli temporali discriminatori derivanti dalla disciplina previgente. Tuttavia, la mancanza di un orientamento consolidato della Cassazione genera inevitabile incertezza applicativa, con il rischio di soluzioni disomogenee sul territorio nazionale e disparità di trattamento tra debitori che si trovano nella medesima situazione sostanziale. Tale incertezza interpretativa compromette la prevedibilità dell'applicazione della legge e può influenzare negativamente sia le strategie di recupero dei creditori sia le aspettative legittime dei debitori di ottenere l'esdebitazione. De iure condendo, la vicenda evidenzia l'opportunità di una più organica disciplina delle disposizioni transitorie che, nel privilegiare chiaramente il favor debitoris e il diritto costituzionale al nuovo inizio, eviti i contrasti interpretativi emersi nell'applicazione pratica del codice della crisi. Sarebbe auspicabile un intervento chiarificatore del legislatore La pronuncia in commento, pur nella sua specificità, contribuisce alla progressiva affermazione di un modello di esdebitazione sempre più fatalmente orientato verso la tutela del debitore come titolare di un diritto soggettivo al nuovo inizio, in linea con le più moderne tendenze del diritto comparato della crisi d'impresa e con i principi del diritto europeo del fresh start, già delineati in nuce dalla Consulta con la sentenza n. 39/2008. Il superamento della concezione bifasica a favore di quella monofasica dell'esdebitazione rappresenta un passaggio fondamentale verso la piena attuazione del diritto costituzionale ed eurounitario alla seconda possibilità economica. |