La fase decisoria davanti al collegio
17 Settembre 2025
Osservazioni generali Attualmente, la disciplina concernente la fase decisoria dinanzi al collegio si ricava dagli artt. 189,275 e 275-bis c.p.c., come modificati e integrati dal d.lgs. n. 149/2022. In sintesi, e con la riserva di meglio specificare il contenuto delle norme nelle pagine che seguono, si evince che, una volta che la causa è stata rimessa al collegio per la decisione, la sentenza deve essere depositata entro il termine di sessanta giorni. A tal fine, è previsto lo scambio, tra le parti, delle note di precisazione delle conclusioni, delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, rispettivamente entro sessanta, trenta e quindici giorni precedenti l'udienza di rimessione della causa in decisione. Resta ferma, tuttavia, la possibilità per il collegio di disporre, ove lo ritenga opportuno, la trattazione orale della controversia, mediante discussione in udienza e pronuncia immediata del dispositivo con sintetica esposizione dei motivi in fatto e in diritto, ovvero per ognuna delle parti di chiedere, con la nota di precisazione delle conclusioni, lo scambio delle sole comparse conclusionali e la successiva discussione orale delle repliche dinanzi al collegio (trattazione mista). Come si vede, l'udienza di rimessione della causa in decisione «funge essenzialmente da momento di decorrenza, da un lato, dei termini a ritroso ora richiamati e dall'altro, del termine in avanti, di sessanta giorni, per la deliberazione, per la redazione e per il deposito della sentenza» (Ruffini, Diritto processuale civile, II, La giustizia consensuale e il processo di cognizione, Bologna, 2024, 116). La trattazione scritta Come accennato, il legislatore adotta qual modello “ordinario” per la trattazione della fase decisoria innanzi al collegio quello cd. scritto, consistente nella fissazione ad opera del giudice dell'udienza per la rimessione della causa al collegio per la decisione e l'assegnazione alle parti, salvo la loro rinuncia, tre termini perentori a ritroso: - un primo termine non superiore a sessanta giorni prima dell'udienza «per il deposito di note scritte contenenti la sola precisazione delle conclusioni che le parti intendono sottoporre al collegio, nei limiti di quelle formulate negli atti introduttivi o a norma dell'articolo 171-ter»; - un secondo termine «non superiore a trenta giorni prima dell'udienza per il deposito delle comparse conclusionali»; - un terzo ed ultimo termine «non superiore a quindici giorni prima dell'udienza per il deposito delle memorie di replica» (art. 189 c.p.c.). Dopodiché si terrà innanzi al giudice istruttore la già citata udienza di rimessione della causa in decisione, dalla quale decorrerà il termine di sessanta giorni per il deposito della sentenza (art. 275, comma 1, c.p.c.). Il nuovo modello decisorio si caratterizza per l'anticipazione dei termini per il deposito degli scritti defensionali finali, i quali, fino alla riforma Cartabia, decorrevano dall'ormai abrogata udienza di precisazione delle conclusioni, consistendo in un primo termine di sessanta giorni per il deposito delle comparse conclusionali e di uno successivo di venti giorni per il deposito delle memorie di replica. L'eliminazione dell'udienza di precisazione delle conclusioni e la previsione della nuova udienza di rimessione della causa in decisione pone tuttavia il problema della individuazione del termine ultimo per l'allegazione di fatti, rilevanti per la decisione, e sopravvenuti rispetto ai termini per le memorie di cui all'art. 171-ter c.p.c. Per parte della dottrina (Ruffini, Diritto processuale civile , II, cit., 116) il termine ultimo per l'allegazione dei fatti sopravvenuti è rappresentato dall'udienza di rimessione della causa in decisione: «In tal modo, infatti, si consente al giudice di pronunciare su di una rappresentazione dei fatti più possibile attuale, evitando strascichi impugnatori o nuovi giudizi», pur precisandosi che deve ritenersi inammissibile in quanto tardiva l'allegazione all'udienza di rimessione della causa in decisione di un fatto sopravvenuto ma che poteva essere dedotto nel giudizio in sede di deposito delle note di precisazione delle conclusioni, in quanto tale fatto, proprio perché allegabile ed allegato solo tardivamente, deve ritenersi coperto dalla preclusione del dedotto e deducibile. La trattazione mista Stando all'art. 275, comma 2, c.p.c. «Ciascuna delle parti, con la nota di precisazione delle conclusioni, può chiedere al presidente del tribunale che la causa sia discussa oralmente dinanzi al collegio. In tal caso, resta fermo il rispetto dei termini indicati nell'articolo 189 per il deposito delle sole comparse conclusionali». Dunque, in alternativa alla trattazione scritta, è possibile chiedere la sostituzione delle memorie di replica con la celebrazione di un'udienza innanzi al collegio. A differenza di quanto previsto in passato, la parte non è onerata alla formulazione di duplice richiesta (una al giudice istruttore in sede di precisazione delle conclusioni, e una seconda al presidente del tribunale entro la scadenza del termine per il deposito delle memorie di replica), ma è sufficiente che essa venga rivolta, tramite la nota di precisazione delle conclusioni, al presidente del tribunale. In tale eventualità, le parti avranno l'onere di depositare nei termini indicati nell'art. 189 c.p.c. le sole comparse conclusionali, mentre il presidente revocherà l'udienza di rimessione della causa in decisione, fissando in suo luogo l'udienza di discussione davanti al collegio, da tenersi entro sessanta giorni, quale udienza sostitutiva delle memorie di replica. Dunque, attualmente, il giudice fisserà l'udienza di rimessione della causa assegnando i termini di cui all'art. 189 c.p.c., «salvo dover verificare - tramite un monitoraggio attento in consolle - se qualcuna delle parti, al momento del deposito dello scritto di cui al numero 1),abbia fatto richiesta di discussione orale» (Italia, I modelli decisori nel d.leg. 10 ottobre 2022, n. 149: una sfida all'oralità in nome dell'efficienza, La riforma del processo civile, a cura di Dalfino, Gli Speciali del Foro italiano, 2022, 146). La norma, per come è formulata, ha suscitato la reazione negativa della dottrina, la quale ha condivisibilmente osservato che essa è destinata a creare non pochi problemi di carattere pratico, quando si consideri che l'istanza di discussione orale, pur contenuta nella nota di precisazione delle conclusioni depositata all'attenzione del giudice istruttore, non è rivolta a quest'ultimo, ma al presidente del tribunale, il che comporta che poi sia il giudice istruttore a doversi attivare onde informare il presidente della richiesta pervenuta (Tombolini, La Riforma Cartabia del processo civile, a cura di Tiscini, Pisa, 2023, 350). Una volta allertato, è poi auspicabile che il presidente del tribunale provveda sulla richiesta prima ancora che venga a scadenza il termine assegnato per il deposito delle memorie di replica e «assolutamente prima della data dell'udienza fissata ai sensi dell'art. 189, co. 1, c.p.c., lasciandosi altrimenti le parti in una situazione di grave incertezza su come procedere» (Scarpa, Il processo ordinario di primo grado, Mancini-Merone-Scarpa, Il processo ordinario e semplificato di cognizione di primo grado, La riforma del processo del processo civile, a cura di Giordano e Panzarola, Milano, 2024, 96). Ancora, il meccanismo così delineato appare in grado di mettere in serio pericolo il diritto di difesa, posto che, nella prassi, dinanzi a una comparsa conclusionale di particolare complessità, lo strumento difensivo più efficace risulta spesso essere la memoria di replica. Se tale osservazione corrisponde al vero, risulta allora arduo negare che – nel caso in cui una parte venga privata della possibilità di depositare la memoria di replica per effetto della scelta unilaterale e insindacabile della controparte, trovandosi così costretta a far valere le proprie ragioni esclusivamente in sede di discussione orale – l'effettività del diritto di difesa risulti, quanto meno in parte, compromessa. Come accennato, una volta chiesta la trattazione mista, il presidente revoca l'udienza di rimessione della causa in decisione e fissa con decreto la data dell'udienza di discussione davanti al collegio, da tenersi entro sessanta giorni. La mancata fissazione della discussione ritualmente richiesta determina un'ipotesi di nullità che si riflette sulla sentenza e si converte in motivo di gravame (così Scarpa, Il processo ordinario di primo grado, cit., 97, per il quale, sebbene in tale ipotesi la sentenza debba ritenersi affetta da nullità senza che sia necessario indicare quali siano gli specifici aspetti che la discussione avrebbe consentito di evidenziare o approfondire, spetta alla parte impugnare la sentenza di primo grado anche in rapporto alle statuizioni di merito (analogamente Cass. 1° agosto 2023, n. 23353). La rigorosità della sanzione di nullità è, tuttavia, mitigata dall'impossibilità per il giudice dell'impugnazione sia di procedere alla rimessione al primo giudice per assenza della previsione dall'elenco di cui all'art. 354 sia di disporre l'annullamento tout court della sentenza, dovendo piuttosto giudicare nel merito in virtù dell'effetto devolutivo dell'appello. Un ulteriore problema è rappresentato dal fatto che manca una disposizione che disciplini le modalità di comunicazione alle parti del decreto di fissazione dell'udienza di discussione. Per evitare che tale lacuna possa determinare un dubbio di costituzionalità rispetto agli artt. 3 e 24 Cost., occorre ritenere necessaria almeno la comunicazione a cura del cancelliere nelle forme usuali. Infine, stando all'ultimo comma dell'art. 275 c.p.c. «Nell'udienza il giudice istruttore fa la relazione orale della causa. Dopo la relazione, il presidente ammette le parti alla discussione e la sentenza è depositata entro i sessanta giorni successivi». L'udienza di discussione, che segna il termine ultimo per lo svolgimento delle attività istruttorie e difensive delle parti (v. per tutte Cass. 12 novembre 1998, n. 11458) può anche svolgersi da remoto, se così stabilisce il giudice, e deve svolgersi in forma scritta, se tutte le parti lo richiedono; ciò in quanto le disposizioni appena riferite discorrono genericamente di “udienza”, senza effettuare alcun distinguo e perché se è vero che vi sono alcune attività, che pure non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori, dalle parti, dal pubblico ministero e dagli ausiliari del giudice, che sono incompatibili con l'udienza in forma scritta, questo non è il caso «della discussione orale, poiché la richiesta congiunta delle parti dell'udienza in forma scritta altro non è che una rinuncia ad un mezzo di difesa, ciò che è perfettamente possibile ed è espressamente previsto dall'art. 189, primo comma». (Luiso, Il nuovo processo civile. Commentario breve agli articoli riformati del codice di procedura civile, Milano, 2023, 121; sul punto, si v. anche la recentissima Cass., sez. un., 30 giugno 2025, n. 17603). Pertanto, le parti avranno l'onere di depositare dapprima note scritte contenenti la sola precisazione delle conclusioni, poi le note conclusionali ed infine note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni volte a sostituire la discussione orale; la scelta legislativa non appare allora a perfetta tenuta, in quanto a prescindere dal rischio di un'inutile ripetizione di quanto scritto nelle note di precisazione delle conclusioni e nelle memorie conclusionali (così Scarpa, Il processo ordinario di primo grado, cit., 98), il mancato confronto in udienza limita di fatto il concreto esercizio del diritto di difesa (sul punto v. anche infra, paragrafo successivo). Chiusa la discussione, spetta al collegio depositare la sentenza. Allo scopo di adeguare il codice di rito all'innovazione tecnologica che ha ormai investito il processo civile, il legislatore del Correttivo 2024 ha espunto dalla norma in commento i riferimenti al deposito in cancelleria della sentenza che definisce il giudizio. Come è noto, il termine per il deposito della sentenza ha carattere ordinatorio. La regola posta dall'ultimo comma dell'art. 275, secondo cui il giudice istruttore è necessariamente parte del collegio come relatore, fa sì che debba ritenersi nulla la sentenza emessa da un magistrato diverso da quello che, a seguito della precisazione delle conclusioni, ha trattenuto la causa in decisione, perché deliberata da un soggetto che è rimasto estraneo alla trattazione della causa. Qualora si renda necessario procedere alla sostituzione del magistrato che ha già trattenuto la causa in decisione, non è sufficiente un decreto del capo dell'Ufficio che dispone la sostituzione, ma il nuovo giudice nominato deve convocare le parti dinanzi a sé perché precisino nuovamente le conclusioni (Cass. 6 febbraio 2020, n. 2779). Del pari è nulla la sentenza se il collegio, dopo aver rimesso la causa sul ruolo e stabilito una nuova udienza di discussione, non concede ulteriori termini per il deposito di nuove comparse conclusionali e repliche (Cass. 30 agosto 2024, n. 23380). Più in generale, è nulla la sentenza emessa in mancanza del rispetto del termine per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, per cui la parte che proponga l'impugnazione della sentenza d'appello deducendo la nullità della medesima per non aver avuto la possibilità di esporre le proprie difese conclusive ovvero di replicare alla comparsa conclusionale avversaria non ha alcun onere di indicare in concreto quali argomentazioni sarebbe stato necessario addurre in prospettiva di una diversa soluzione del merito della controversia, in quanto la violazione del principio del contraddittorio, al quale il diritto di difesa si associa, non è riferibile solo all'atto introduttivo del giudizio, ma implica che il contraddittorio e la difesa si realizzino in piena effettività durante tutto lo svolgimento del processo (Cass., sez. un., 25 novembre 2021, n. 36596). La decisione a seguito di trattazione orale della causa In alternativa alla decisione a seguito di trattazione scritta o mista per le cause soggette al rito ordinario dinanzi il tribunale e la corte d'appello è prevista la cd. trattazione orale disciplinata dal nuovo art. 275-bis c.p.c. In particolare, dispone questo articolo che «Il giudice istruttore, quando ritiene che la causa può essere decisa a seguito di discussione orale, fissa udienza davanti al collegio e assegna alle parti termine, anteriore all'udienza, non superiore a trenta giorni per il deposito di note limitate alla precisazione delle conclusioni e un ulteriore termine non superiore a quindici giorni per note conclusionali». La norma trova il suo antecedente storico nell'art. 1-ter, comma 1, l. n. 89/2001 (c.d. Legge Pinto), come introdotto dall'art. 1, comma 777, lett. a), della l. n. 208/2015, per il quale «Nelle cause in cui il tribunale giudica in composizione collegiale, il giudice istruttore quando ritiene che la causa può essere decisa a seguito di trattazione orale, a norma dell'art. 281-sexies c.p.c., rimette la causa al collegio fissando l'udienza collegiale per la precisazione delle conclusioni e per la discussione orale». L'art. 1-ter è stato modificato dal d.lgs. n. 149/2022, prevedendosi che costituisce rimedio preventivo all'irragionevole durata del processo, nelle cause in cui non si applica il rito semplificato di cognizione, «proporre istanza di decisione a seguito di trattazione orale a norma degli artt. 275, commi 2, 3 e 4, 281-sexies e 350-bis del codice di procedura civile»; inoltre la norma in discorso è stata adeguata al neo introdotto art. 275-bis, per cui essa oggi testualmente recita che «Nelle cause in cui il tribunale giudica in composizione collegiale, il giudice istruttore, quando ritiene che la causa può essere decisa a seguito di trattazione orale, rimette la causa al collegio a norma dell'articolo 275-bis del codice di procedura civile». L'aver previsto la possibilità di decisione a seguito di trattazione orale anche nelle cause spettanti alla decisione del collegio non è stata da tutti giudicata con favore: vi è chi, in particolare, ha osservato che l'introduzione di siffatta disciplina all'interno del codice di rito dà luogo ad «una contraddizione intrinseca nell'ordinamento », giacché la riserva collegiale per la decisione di cause relative in materie più complesse che richiedono nel merito una maggiore ponderazione e un'accuratezza di scrittura nella motivazione non appare compatibile con il modello della trattazione orale che tradizionalmente è riservato alle cause semplici (Italia, I modelli decisori , cit., 149). Favorevole alla riforma è invece altra parte della dottrina (Tarzia-Danovi-Salvaneschi, Lineamenti del processo civile di cognizione, Milano, 2023, 149) secondo cui la previsione legislativa permette l'emersione della distinzione tra cause semplici e complesse, «troppe volte trascurata dal legislatore»; in tal modo, è possibile evitare che il giudice arrivi all'udienza con una sentenza già preparata, rendendo quindi inutile la discussione, ossia sia costretto dopo che la causa sia stata già decisa a effettuare una stesura frettolosa e quindi facilmente lacunosa e sommaria dei motivi della decisione: «pericoli tanto più rilevanti di fronte ad un sistema che riconosce l'immediata esecutività della sentenza». 1 Come accennato, stando al primo comma dell'art. 275-bis, il giudice istruttore, quando ritiene che la causa possa essere decisa a seguito di discussione orale e dunque senza che siano le parti a richiederlo come invece accade nel modulo decisorio di cui all'art. 275, fissa l'udienza davanti al collegio e assegna alle parti termine, anteriore all'udienza, non superiore a trenta giorni per il deposito di note limitate alla precisazione delle conclusioni e un ulteriore termine non superiore a quindici giorni per note conclusionali. Come si vede, la disposizione non è perfettamente coincidente con quanto previsto dall'art. 281-sexies c.p.c. per la decisione a seguito di trattazione orale nelle cause di competenza del giudice unico di tribunale, in quanto permette alle parti non solo di precisare le conclusioni già prese (tramite la nuova modalità rappresentata dal deposito delle note di precisazione delle conclusioni), ma anche di depositare le comparse conclusionali; in tal modo, vi è una sostanziale “parificazione” delle modalità decisorie a trattazione orale con quelle a trattazione mista, prevedendosi in entrambi i casi la sostituzione delle memorie di replica con l'udienza di discussione. Non è chiaro se i termini relativi al deposito delle note per la precisazione delle conclusioni e delle note conclusionali abbiano carattere perentorio, circostanza rilevante agli effetti dell'art. 152, comma 2, c.p.c. nel caso di loro tardivo deposito (Scarpa, Il processo ordinario di primo grado, cit., 98). All'udienza il giudice istruttore relaziona oralmente sulla causa e il presidente ammette le parti alla discussione. Come già osservato nelle pagine precedenti, l'udienza può svolgersi tramite videoconferenza o essere sostituita dal deposito di note scritte ricorrendo i presupposti di cui all'art. 127-ter c.p.c.; la sostituzione è ammissibile solo se nessuna delle parti si opponga espressamente e se le memorie depositate comprendano (oltre alle istanze e conclusioni) anche le argomentazioni difensive, così da assolvere la funzione propria della discussione orale (così Cass., SU, 30 giugno 2025, n. 17603, cit. che ha affermato tale principio con riguardo alla fase decisoria del processo del lavoro, con argomentazioni che possono a fortiori estendersi anche al rito ordinario). La sostituzione della udienza di «discussione orale» con il «deposito di note scritte» impedisce che la discussione sia preceduta dalla relazione orale dell'istruttore; in realtà, tale omissione non costituisce un sostanziale problema, dando luogo ad una semplice irregolarità, essendo il reale scopo dell'udienza di discussione quello di consentire alle parti una migliore illustrazione delle proprie difese dinanzi al collegio. All'esito della discussione il collegio pronuncia sentenza «dando lettura del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione» (così il comma 2 dell'art. 275-bis c.p.c.). In tal caso, la decisione, redatta digitalmente, si intende pubblicata con la sottoscrizione da parte del presidente del verbale che la contiene ed è immediatamente depositata. In alternativa alla pronuncia immediata il collegio, in virtù della facoltà conferitagli dal comma 4 della norma, deposita la sentenza nei successivi sessanta giorni. Allo scopo di adeguare al progresso della tecnologia le regole processuali, il legislatore del correttivo di cui al d.lgs. n. 164/2024 ha eliminato il riferimento al deposito “in cancelleria”, avvenendo tale incombente secondo le più moderne modalità telematiche (Farina-Giordano-Metafora, Il decreto correttivo alla riforma civile Cartabia. Commento alle novità introdotte dal d.lgs. 31 ottobre 2024, n. 164, Milano, 2024, 73; Altamore, La fase decisoria del processo di cognizione ordinario dopo il correttivo del 2024 alla riforma Cartabia, in Giustiziacivile.com, 19 febbraio 2025, § 5). Si afferma in dottrina che è sufficiente il deposito immediato ed integrale del dispositivo e della motivazione, mentre non è causa di nullità il caso in cui «il cancelliere non provveda subito dopo l'udienza ad accettare la sentenza nel sistema informatico, attribuendole il numero di raccolta identificativo e la data, ciò rilevando unicamente ai fini della pubblicazione del provvedimento nei confronti delle parti, da cui decorre il termine “lungo” di impugnazione di cui all'art. 327» (Scarpa, Il processo ordinario di primo grado, cit., 100). |