L'actio interrogatoria e il chiamato sotto condizione sospensiva

Lorenzo Balestra
17 Settembre 2025

Il chiamato all'eredità sotto condizione sospensiva è legittimato attivamente a proporre l'actio interrogatoria ai sensi dell'art. 481 c.c. prima del verificarsi della condizione?

L'art. 481 del c.c. stabilisce che "chiunque vi ha interesse può chiedere che l'autorità giudiziaria fissi un termine entro il quale il chiamato dichiara se accetta o rinunzia all'eredità".

La norma utilizza l'espressione generica "chiunque vi ha interesse", ma non né specifica la natura o l'intensità, lasciando il compito di delineare i contorni della legittimazione attiva alla giurisprudenza, la quale ha, innanzitutto, affermato che l'azione tutela delle mere aspettative e non ha lo scopo di dirimere controversie (siamo, infatti, nel campo della volontaria giurisdizione): “L'actio interrogatoria, di cui agli artt. 481 c.c. e 749 c.p.c., non è volta a dirimere un conflitto tra diritti incidendo, senza efficacia di giudicato e indipendentemente dal tipo di delazione, testamentaria o legittima, sul solo diritto potestativo del chiamato all'eredità con la conseguenza che, ove esercitato attraverso la dichiarazione di accettazione, non si determina la delazione dell'eredità in via succedanea o l'accrescimento a favore di altri chiamati, la cui condizione di aspettativa di diritto è tutelata attraverso il suddetto strumento sollecitatorio. Da tale inidoneità al giudicato consegue che resta impregiudicata ogni questione che possa insorgere tra i chiamati, ivi inclusa quella inerente all'acquisto della qualità di erede da parte dell'interrogato per effetto di un atto o di un fatto precedente all'instaurazione del procedimento.” (Cass. civ., sez. II, sent., 7 novembre 2024, n. 28666).

Il fondamento dell'interesse ad agire con l'actio interrogatoria è stato chiarito anche da altra giurisprudenza di legittimità che ha stabilito che: “In tema di successioni per causa di morte, l'art. 480 c.c. pone un'eccezione alla regola che si desume dal combinato disposto dell'art. 2935 c.c., in relazione alla decorrenza della prescrizione, e dell'art. 523 c.c., circa l'ordine della devoluzione, nel senso che, sebbene per i chiamati ulteriori la delazione non sia coeva all'apertura della successione, ma si attui in linea eventuale e successiva solo se, ed in quanto, i primi chiamati non vogliano o non possano accettare l'eredità, la prescrizione decorre anche per i chiamati ulteriori sin dal momento dell'apertura della successione, salva l'ipotesi in cui vi sia stata accettazione da parte dei precedenti chiamati e il loro acquisto ereditario sia venuto meno. Tale eccezione trova spiegazione alla luce dell'art. 481 c.c., che attribuisce a chiunque vi abbia interesse, e dunque prioritariamente ai chiamati ulteriori, l'actio interrogatoria, mediante la quale è possibile chiedere al giudice di fissare un termine, necessariamente anteriore alla scadenza di quello di prescrizione, ex art. 480 c.c., entro cui il chiamato manifesti la propria intenzione di accettare l'eredità o di rinunciarvi.” (Cass. civ., sez. II, sent., 27 settembre 2012, n. 16426).

Venendo alla situazione del chiamato sotto condizione sospensiva, in applicazione delle norme generali si può osservare che l'art. 1356 c.c. prevede che “in pendenza della condizione sospensiva l'acquirente di un diritto può compiere atti conservativi”, riconoscendosi, con ciò, ed in via generale, una tutela giuridica in capo al soggetto che abbia un diritto sottoposto a condizione sospensiva.

Anche in ambito successorio, lo stesso art. 460 c.c. stabilisce che il chiamato all'eredità ha la possibilità di compiere atti conservativi, di vigilanza e di amministrazione temporanea e sebbene questa previsione si riferisca al chiamato tout court la cui delazione sia già attuale, identica ratio può estendersi anche al chiamato sotto condizione sospensiva, ove vi sia un interesse concreto alla conservazione dei beni.

Stante quanto detto sopra non sembra opporsi l'art. 480 c.c. che, in caso di istituzione sotto condizione (sospensiva), prescrive che il termine per accettare decorre dall'avverarsi della condizione.

Al contrario, anche l'istituito sotto condizione sospensiva è portatore di un interesse attuale tutelato dall'ordinamento.

La stessa giurisprudenza, in via consolidata, sembra intendere la legittimazione attiva del terzo in senso ampio: “Interpretando già in via ermeneutica l'art. 481 c.c. sotto il profilo dei legittimati attivi a proporre l'istanza per la fissazione del termine per l'accettazione dell'eredità, se la norma li avesse voluti circoscrivere, avrebbe innanzitutto evitato l'uso del pronome indefinito "chiunque" ed avrebbe poi curato di specificare il tipo di interesse selezionato e ritenuto "meritevole" in via esclusiva; pertanto, non può accettarsi la lettura limitativa secondo la quale la medesima locuzione dell'art. 481 c.c. andrebbe comunque riferita a un soggetto che vanti una posizione successoria qualificata, ossia a chi, in conseguenza dell'accettazione o dalla rinuncia del chiamato, veda prodursi nella propria sfera giuridica effetti riguardanti l'eredità e non altre situazioni. Inoltre, è opportuno evidenziare che l'esperienza giudiziaria concreta riferisce come comunemente proposte e pacificamente ritenute ammissibili, per esempio, le istanze ex art. 481 c.c. avanzate dai creditori del "de cuius" nei confronti dei chiamati o dai creditori degli stessi chiamati che non abbiano accettato l'eredità, trattandosi nell'un caso e nell'altro di soggetti che derivano la propria legittimazione attiva all'"actio " interrogatoria" dalla titolarità non di diritti successori, ma di diritti diversi, la cui realizzazione è negativamente influenzata dal comportamento inerte del chiamato (nella specie: legittimazione all'"actio interrogatoria" del coniuge rispetto all'eredità del defunto suocero).” (Trib. Bari, 1 dicembre 2003).

Allo stesso modo, più recente giurisprudenza afferma la legittimazione di chi vi abbia interesse in senso ampio: “L'art. 524 c.c. prevede che i creditori di un chiamato all'eredità possano accettare l'eredità in suo nome e luogo; tale azione è ammissibile solo se i creditori hanno chiesto la fissazione di un termine per l'accettazione o la rinuncia da parte del chiamato e quando non sia ancora maturata la prescrizione del diritto di accettare l'eredità. Ragionando diversamente, infatti, si finirebbe per rimettere impropriamente in termini i creditori, con evidente pregiudizio dei successivi accettanti che confidano nella decorrenza di un termine prescrizionale per l'azione dei creditori inferiore a quello ordinario decennale.” (Trib. Bologna, 15 maggio 2024, n. 1438).

Orbene, appare evidente che se l'interesse del creditore è considerato sufficiente per la legittimazione attiva, a maggior ragione deve riconoscersi tale legittimazione al chiamato sotto condizione sospensiva.

Pertanto, si può affermare che il chiamato all'eredità sotto condizione sospensiva sia legittimato a proporre l'actio interrogatoria ai sensi dell'articolo 481 c.c. in quanto portatore di un sicuro interesse ancor prima del verificarsi della condizione. Tale legittimazione trova fondamento nell'interesse concreto e attuale del chiamato condizionale alla definizione della situazione successoria, interesse che è giuridicamente tutelato dall'ordinamento.

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