La nuova procedura davanti all’Arbitro Assicurativo: dubbi interpretativi e possibili opportunità per il contenzioso di RC

Giuseppe Chiriatti
26 Settembre 2025

Il presente contributo si propone di esaminare la nuova procedura davanti all'AAS al fine di dirimere alcuni dubbi interpretativi sul suo ambito di applicazione e, al contempo, comprendere i possibili impatti che tale nuovo rimedio avrà sulla gestione del contenzioso risarcitorio (e, in particolar modo, su quello derivante dalla circolazione stradale).

Introduzione

Con decreto ministeriale n. 215 del 2024 è stato istituito, presso IVASS, il nuovo organismo dell'Arbitro Assicurativo (di seguito anche “AAS”).

La novella traspone, in ambito assicurativo, la ventennale esperienza maturata nel settore bancario con l'ABF, ampliando il novero delle procedure stragiudiziali volte alla risoluzione delle controversie contrattuali e risarcitorie.

Il ricorso all'AAS si pone, infatti, quale alternativa alla mediazione (il cui esperimento costituisce condizione di procedibilità della domanda nelle controversie relative ai contratti assicurativi ex art. 5 d.lgs. 28/2010) e alla negoziazione assistita (il cui esperimento, invece, costituisce condizione di procedibilità della domanda nelle controversie risarcitorie derivanti da circolazione stradale ex art. 3 D.L. 132/2014).

Per ricorrere all'AAS, peraltro, è necessario formulare preventivamente reclamo all'impresa nei termini previsti dal Reg. ISVAP n. 24; in particolare, è richiesto che il ricorso abbia il medesimo oggetto del reclamo previamente presentato all'impresa (infra 6).

Il presente contributo si propone dunque di esaminare la nuova procedura davanti all'AAS al fine di dirimere alcuni dubbi interpretativi e, al contempo, individuare le opportunità offerte da tale rimedio a coloro intendano avvalersene per la risoluzione delle controversie risarcitorie e, in particolar modo, quelle derivanti dalla circolazione stradale. Ciò a maggior ragione ove si consideri che l'AAS costituisce un organismo terzo chiamato a decidere il ricorso nel contradditorio tra le parti e già solo questo consente di distinguerlo in modo piuttosto netto dalle altre procedure ADR.

La natura decisoria del procedimento

La negoziazione assistita viene infatti esperita dalle sole parti litigiose senza il coinvolgimento di soggetti terzi (se non, appunto, gli avvocati che le assistono) ed è finalizzata al mero raggiungimento di un accordo. Lo stesso dicasi per la mediazione, dal momento che il mediatore, nel suo ruolo terzo e imparziale, è chiamato non a decidere sulla pretesa avanzata dall'istante ma ad agevolare una composizione della lite, esplorando i margini per una possibile trattativa mediante lo svolgimento di sessioni congiunte (a cui partecipano tutte le parti) e riservate (a cui partecipa ciascuna parte della procedura).

Quanto, poi, al reclamo, tale strumento si sostanzia in una mera “dichiarazione di insoddisfazione” che impone all'impresa di riesaminare il proprio operato alla luce della doglianza ricevuta e di eventualmente correggerlo, in via unilaterale, nell'esercizio di quella che potremmo definire (mutuando l'istituto dal diritto amministrativo) come una sorta “autotutela assicurativa”.

L'AAS arricchisce dunque il novero dei rimedi stragiudiziali, offrendo uno strumento del tutto peculiare che investe un soggetto terzo del potere di decidere la controversia (vedremo più avanti con quali regole e con quali effetti).

Ci troviamo al cospetto, dunque, di un rimedio innovativo, strutturato come un vero e proprio giudizio che, in quanto tale, potrebbe dunque riscuotere maggior successo rispetto alle altre procedure sopra citate.

Di certo, la nuova procedura potrà avere maggiore appeal per la risoluzione delle controversie di natura contrattuale, che potranno essere devolute all'AAS entro i seguenti limiti di valore:

  • 150.000 euro per i contratti del ramo vita, salvo che la controversia non abbia ad oggetto la liquidazione del capitale dovuto ai beneficiari, in forza di una copertura temporanea caso morte, per il decesso dell'assicurato (in tal caso il limite è elevato fino a 300.000 euro)
  • 25.000 euro per i contratti del ramo danni.

Ben più contenuta la soglia prevista per le controversie in cui il ricorrente/danneggiato promuova l'azione diretta nei confronti dell'impresa di assicurazione del responsabile per ottenere il risarcimento del danno patito: in tal caso, infatti, il limite di valore è stato fissato in 2.500 euro e ciò potrebbe ridurre drasticamente l'impatto del nuovo rimedio nella risoluzione delle vertenze risarcitorie (sono comunque escluse dall'ambito di applicazione della nuova procedura le controversie riguardanti i sinistri gestiti dal Fondo di Garanzia delle Vittime della Caccia e della Strada).

Le controversie devolute all'AAS

Un ulteriore elemento che potrebbe frustrare l'utilità del nuovo rimedio risiede nel fatto che la controversia – per poter essere trattata dall'AAS – deve avere natura documentale pena l'inammissibilità del ricorso (infra 7.1) Inoltre, è espressamente escluso che l'AAS possa disporre l'espletamento di perizie tecniche o l'assunzione di testimonianze o dichiarazioni orali (così l'art. 3 comma 3 D.M. 215/24). In altri termini, all'AAS sarebbe del tutto preclusa la possibilità di ricorrere a quei mezzi istruttori che risultano pressoché imprescindibili in un giudizio di responsabilità civile (si pensi solo alla valutazione medico legale del danno alla persona o anche solo alla quantificazione del danno al veicolo in caso di sinistro stradale).

D'altro canto, è bene evidenziare come il decreto preveda espressamente che, nelle controversie risarcitorie, l'AAS possa sentire le parti (art. 3 comma 3 D.M. 215/2024) E ancora, il decreto prevede che il danno sia liquidato “secondo equità sulla base degli elementi a tal fine forniti dalle parti” (art. 11 comma 4 D.M. 215/2024).

Ebbene, proprio in tal prospettiva, si pensi all'ipotesi in cui il danneggiato da sinistro stradale – che si sia visto rigettare il sinistro in punto di an – decida di ricorrere all'AAS, allegando la perizia sul mezzo che è stata redatta dal fiduciario dell'impresa resistente e di cui abbia estratto copia ai sensi dell'art. 146 CAP. Ebbene, l'AAS ben potrebbe giungere a diverse conclusioni in punto di an rispetto a quelle assunte dall'impresa (a maggior ragione ove si consideri che per la circolazione stradale vigono le presunzioni di responsabilità previste dall'art. 2054 c.c.) e per l'effetto accogliere il ricorso, liquidando il danno sulla base della perizia redatta dal fiduciario dell'impresa.

In altri termini, pare a chi scrive che il divieto di disporre accertamenti tecnici non impedisca all'AAS di eventualmente utilizzare, nell'ambito della propria valutazione equitativa, gli esiti delle perizie espletate in separata sede dalle parti. Ma sul punto è opportuna una puntualizzazione.

A stretto rigore, ci preme infatti evidenziare che l'AAS deve fare ricorso all'equità non per decidere sulla sussistenza del diritto risarcitorio ma unicamente ai fini della liquidazione del danno. Tale specificazione risulta tanto più necessaria ove solo si consideri che sul sito istituzionale dell'ASS viene riportata un'informativa quanto meno ambigua e cioè che “la decisione secondo equità è una decisione assunta in modo più flessibile rispetto alla decisione secondo diritto: essa è adeguata alle particolarità del caso e viene adottata senza applicare rigidamente le sole norme giuridiche”.

Ad ogni modo, la lettera della norma pare inequivoca nel sottoporre all'equità la mera liquidazione del danno, in termini non dissimili da quelli con cui l'art. 1226 c.c. dispone che il danno è liquidato dal giudice con valutazione equitativa se non può essere provato nel suo preciso ammontare.

Anche per tale ragione, il ricorso all'AAS non pare concretamente esperibile per ottenere il risarcimento del danno da malpractice, tenuto conto che nel contenzioso di responsabilità sanitaria (a differenza delle controversie da sinistro stradale in cui l'AAS potrebbe ricorrere alle presunzioni previste dai primi due commi dell'art. 2054 c.c.), l'accertamento medico legale risulta imprescindibile non solo ai fini della liquidazione del danno alla persona ma prima ancora al fine di verificare in punto di an le eventuali responsabilità della struttura e/o del medico assicurato presso l'impresa resistente.

Peraltro, sul sito istituzionale dell'AAS è riportata la seguente avvertenza e cioè che “non vanno allegati [al ricorso] documenti contenenti dati sulla salute (cartelle cliniche, certificati medici, foto). L'AAS non potrebbe tenerne conto”. Il che parrebbe escludere a priori la possibilità di devolvere all'AAS le controversie risarcitorie aventi ad oggetto un danno alla persona (quale che sia la tipologia dell'illecito, da circolazione stradale o da malpractice medica).

D'altro canto, il divieto di cui sopra precluderebbe la possibilità di adire l'ASS anche nel caso di controversie contrattuali aventi ad oggetto una polizza temporanea caso morte oppure una polizza infortuni (nell'ipotesi in cui, ad esempio, sia controversa la causa del decesso o dell'infortunio).

In definitiva, l'avvertenza riportata sul sito istituzionale dell'AAS avrebbe l'effetto di ridurre eccessivamente l'ambito di applicazione della nuova procedura e per tale ragione lascia aperti alcuni dubbi sul concreto atteggiarsi dell'istruttoria documentale.

Questioni aperte: l'indennizzo diretto

Nelle controversie da circolazione stradale resta peraltro da verificare se il ricorrente possa convenire davanti all'AAS la propria compagnia ove ricorrano le condizioni per l'applicazione dell'indennizzo diretto ex art. 149 CAP.

Ed infatti, per come è formulata la norma (“controversia promossa dal terzo danneggiato titolare di azione diretta nei confronti dell'impresa di assicurazione del responsabile”), tale scenario dovrebbe essere del tutto escluso con la conseguenza che, ove il ricorrente agisca nei confronti della propria Compagnia, a quel punto la controversia dovrebbe essere teoricamente sottoposta non alla soglia di 2.500 euro ma quella a quella ben più elevata che è prevista per i contratti danni (e quindi fino a 25.000 euro).

Una simile soluzione determinerebbe, invero, una differenziazione di trattamento del tutto irragionevole (e dunque contraria all'art. 3 Cost.) tra le controversie sottoposte all'indennizzo diretto ex art. 149 CAP e quelle sottoposte alla procedura ordinaria ex art. 148 CAP.

D'altro canto, l'alternativa opposta (e ciò sottrarre del tutto le controversie ex art. 149 CAP alla cognizione dell'AAS) condurrebbe a conseguenze ancor più paradossali, precludendo la possibilità di ricorrere alla nuova procedura proprio per le controversie che maggiormente impattano sui volumi complessivi del contenzioso RC Auto.

La questione, invero, è stata affrontata negli esiti della pubblicazione del Provvedimento 106122 del 23 maggio 2025 con cui IVASS ha emanato le disposizioni tecniche per il funzionamento dell'AAS.

Nondimeno, la posizione assunta dall'Istituto non ha brillato per chiarezza, dal momento che IVASS:

  • da un lato ha confermato la possibilità di ricorrere all'AAS anche per le controversie ex art. 149 CAP (a condizione che il ricorrente abbia preventivamente inviato il reclamo nei confronti della propria impresa e non nei confronti dell'impresa del responsabile);
  • dall'altro, ha eluso del tutto la questione inerente alla soglia di valore applicabile alla controversia, affermando che “tale aspetto esula dalle competenze dell'Istituto, trattandosi di questione interpretativa delle norme del regolamento ministeriale di competenza del MIMIT”.

Ebbene, a parere a chi scrive le già sopra richiamate esigenze di uniformità impongono di sottoporre alla medesima soglia di valore tanto le controversie ex art. 148 CAP quanto le controversie ex art. 149 CAP. Ciò a maggior ragione ove si consideri che il danneggiato può alternativamente scegliere tra l'una e l'altra procedura (Corte Cost. 180/2009) e che, ove decida di agire ex art. 148 CAP nei confronti dell'assicurazione del responsabile, a quel punto il sinistro verrebbe comunque gestito – in forza di quanto previsto dall'art. 1bis CARD - dalla sua stessa compagnia in qualità di mandataria dell'impresa debitrice.

Pertanto, anche per come è costruito l'impianto della CARD, la differenziazione di trattamento tra la procedura ex art. 148 e quella ex art. 149 CAP, oltre che irragionevole, finirebbe per complicare lo stesso funzionamento del sistema di indennizzo diretto che, come noto, si basa su di un delicato meccanismo di compensazione dei costi di gestione tra le imprese coinvolte.

Ulteriore questione (che peraltro riguarda non solo le controversie risarcitorie ma tutte quelle devolute all'AAS) è costituita dalla corretta interpretazione delle soglie di valore e, in particolare, se queste debbano essere riferite al valore complessivo della vertenza oppure alla sola richiesta formulata nel ricorso (con la conseguenza che, davanti all'AAS, si potrà svolgere una domanda fino a 2.500 euro a titolo di maggior danno, anche laddove il danneggiato abbia già ottenuto dall'impresa una prima offerta di valore ben superiore a tale somma).

Ebbene, la seconda soluzione parrebbe più coerente con la finalità deflattiva del contenzioso oltreché confermata da quanto riportato sul sito istituzionale dell'AAS, laddove viene esemplificato il seguente caso: “il danneggiato in un incidente stradale riceve dalla compagnia un risarcimento di 2.000 euro in luogo dei 4.000 euro richiesti. Il danneggiato può rivolgersi all'AAS perché il valore della controversia, in questo caso, è di 2.000 euro”.

Non solo richieste di pagamento

Giunti a questo punto, occorre nondimeno evidenziare come il ricorso possa avere ad oggetto non solo una richiesta di pagamento, ma anche soltanto l'accertamento di un diritto, di un obbligo o di una facoltà legata ad un contratto di assicurazione (senza applicazione, in questi casi, di alcuna soglia di valore).

Ed infatti, l'art. 3 comma 1 D.M. 215/2024 dispone più generale “che sono rimesse alla cognizione dell'arbitro assicurativo le controversie derivanti da un contratto di assicurazione e come oggetto l'accertamento di diritti, anche risarcitori, obblighi e facoltà inerenti alle prestazioni e ai servizi assicurativi”.

In ambito RC Auto si potrà dunque ricorrere all'AAS non solo per ottenere il risarcimento nei limiti di valore di cui si è detto, ma altresì per avere accesso al fascicolo del sinistro ex art. 146 CAP nell'ipotesi in cui l'impresa lo abbia negato al richiedente e, ancora, per vedere accertato l'obbligo dell'impresa gestionaria di effettuare ex art. 9 d.P.R. 254/2006 tutti gli accertamenti peritali necessari per la corretta istruzione del sinistro in ambito di indennizzo diretto (sul punto vedasi la recentissima Cass. 12605/2025).

Quantomeno dubbio, invece, che si possa ricorrere all'AAS per censurare un eventuale inadempimento, da parte dell'impresa assicurativa, dell'obbligo a contrarre ex art. 132 CAP.

Ed infatti, l'art. 9 D.M. 215/2024 dispone che il ricorso sia dichiarato inammissibile ove abbia ad oggetto controversie “non derivanti dalla conclusione di un contratto di assicurazione”: alla luce di ciò, dovremmo dunque escludere che l'AAS possa pronunciarsi sull'eventuale violazione dell'obbligo a contrarre ex art. 132 CAP, dal momento che - in una simile fattispecie - la censura del ricorrente risiederebbe proprio nel fatto che il contratto non è stato concluso.

È pur vero che la norma sopra richiamata si riferisce in generale “alle controversie derivanti dalla conclusione di un contratto” e che, in tale formula, potrebbero teoricamente rientrare tutte le vicende propedeutiche alla conclusione di un contratto che, alla fine, non venga poi perfezionato. Ad ogni modo, nella Guida sul funzionamento dell'AAS (disponibile sul sito https://www.arbitroassicurativo.org/aas/documenti/Guida_AAS_in_parole_semplici.pdf), è scritto a chiare lettere che il ricorso non può essere presentato “se la lamentela riguarda un contratto che non si è concluso, cioè non è stato firmato”.

I soggetti legittimati

Venendo ora ai soggetti legittimati, è intanto da escludersi che possano fare ricorso all'AAS le imprese assicurative (magari per ottenere in via preventiva un accertamento favorevole rispetto a quanto censurato nel reclamo previamente ricevuto).

L'art. 8 comma 4 dispone, infatti, che “il ricorso è presentato dalla clientela”, dovendosi intendere per clientela (ai sensi dell'art. 1 comma 1 lett. b) “qualsiasi soggetto, diverso da chi svolge in via professionale attività assicurativa o di intermediazione nei settori assicurativo, previdenziale, bancario e finanziario se la controversia attiene a questioni inerenti a detta attività, che ha o ha avuto con un'impresa o un intermediario un rapporto contrattuale avente ad oggetto prestazioni o servizi assicurativi o al quale la legge riconosce azione diretta nei confronti dell'impresa, o che ha comunque titolo a ricevere prestazioni assicurative”.

Tale ampia definizione include, dunque, tutti i soggetti legittimati a proporre reclamo e non potrebbe essere altrimenti, tenuto conto della già richiamata “pregiudizialità” di tale ultimo strumento rispetto al ricorso all'AAS. Ed infatti, l'art. 1 comma 1 lett. t-ter) Reg. ISVAP n. 24 definisce “reclamante: un soggetto che sia titolato a far valere il diritto alla trattazione del reclamo da parte dell'impresa di assicurazione, dell'intermediario assicurativo o dell'intermediario iscritto nell'elenco annesso, ad esempio il contraente, l'assicurato, il beneficiario e il danneggiato”.

Resta nondimeno da comprendere, ai fini della nostra analisi, se all'AAS possano ricorrere solo i soggetti che siano stati direttamente danneggiati dal sinistro o se possano avervi accesso anche eventuali cessionari del diritto risarcitorio (il pensiero corre, in particolare, alla diffusissima prassi della riparazione dei veicoli mediante cessione del credito in favore della carrozzeria).

Ebbene, il fatto stesso che, nel decreto in commento, sia stato impiegato il termine “clientela” induce ad escludere che  possano rivolgersi all'AAS soggetti diversi da quelli direttamente coinvolti nell'evento e ciò a maggior ragione alla luce degli obiettivi declinati nella premessa del decreto (“migliorare i rapporti con la clientela e la fiducia del pubblico nei prestatori di servizi assicurativi, con effetti positivi anche sul contenimento dei rischi legali reputazionali delle imprese e degli intermediari assicurativi”).

Tale posizione è stata ufficialmente assunta anche da IVASS che, negli esiti della pubblica consultazione del già richiamato Provvedimento n. 106122 ha chiarito che “il ricorso può essere presentato soltanto da coloro che vantano un titolo derivante dal contratto (oggetto del ricorso) a ricevere prestazioni assicurative e non anche da coloro che maturano tale diritto in forza di operazioni negoziali distinte”.

Per le medesime ragioni dovremmo escludere che possano fare ricorso all'AAS gli assicuratori privati e/o sociali che intendano surrogarsi nei diritti del danneggiato verso l'impresa di assicurazione, dal momento che anche l'art. 1916 c.c. determina, al pari della cessione, una successione a titolo particolare nel credito vantato dal danneggiato nei confronti del responsabile (Cass. 26647/2019)

Qualche dubbio potrebbe invece residuare con riguardo alla posizione del datore di lavoro che non abbia potuto usufruire della prestazione del dipendente rimasto temporaneamente inabile in conseguenza del sinistro, dal momento che questi è titolare di un diritto risarcitorio proprio e non derivativo (Cass. SU 6132/1988).

La procedura in pillole

Come già anticipato, il ricorso all'AAS dev'essere preceduto dal reclamo all'impresa.

In particolare, è previsto che il ricorso possa essere proposto solo dopo che sia stata ricevuta la risposta al reclamo oppure che sia inutilmente decorso il termine di 45 giorni così come previsto dall'art. 8 Reg. ISVAP n. 24 per fornire tale risposta. In ogni caso, il ricorso all'AAS dev'essere depositato entro dodici mesi dalla presentazione del reclamo.

È bene evidenziare come il contenuto del ricorso e quello del reclamo non siano del tutto sovrapponibili: il reclamo, infatti, è una mera dichiarazione di insoddisfazione; il ricorso, invece, muove da quella medesima doglianza, ma dev'essere altresì corredato da una specifica domanda. In termini processualcivilistici diremmo che il ricorso, oltre alla sua causa petendi, deve avere anche un petitum e cioè la richiesta dell'accertamento di un diritto o della condanna al pagamento (supra).

Venendo alle questioni più operative, il ricorso dev'essere presentato in modalità esclusivamente telematica direttamente dalla clientela (come sopra definita) o eventualmente da un soggetto munito di apposita procura, corredato dalla documentazione posta suo fondamento (unitamente alla prova dell'avvenuta presentazione del reclamo e del pagamento del contributo per l'avvio della procedura).

Una volta depositato, il ricorso è notificato senza indugio dalla segreteria tecnica dell'AAS all'impresa, la quale trasmette entro il termine di 40 giorni (sempre alla segreteria tecnica) una memoria difensiva unitamente alla documentazione utile per la decisione del ricorso.

Ricevuta la memoria di costituzione dell'impresa, il ricorrente ha facoltà di replicare entro 20 giorni; l'impresa disporrà a sua volta di un termine di ulteriori 20 giorni per controreplicare, ma con l'espresso divieto di proporre domande nuove o nuove eccezioni procedurali e di merito sulle circostanze del ricorso non contestate con la memoria di controdeduzione (art. 10 comma 2 D.M. 215/2024).

I termini del contraddittorio sono perentori.

Così cristallizzato il thema decidendum, il ricorso viene infine sottoposto al collegio che decide entro 90 giorni (ma il termine può comunque essere prorogato per una sola volta di ulteriori 90 giorni in caso di controversie particolarmente complesse).

La decisione dell'AAS

- Inammissibilità (art. 9)

Il ricorso è dichiarato inammissibile quando:

  1. è presentato senza che sia stato previamente proposto reclamo e, in ogni caso, oltre dodici mesi dalla presentazione del reclamo;
  2. ha ad oggetto fatti accaduti o comportamenti posti in essere (o di cui il ricorrente sia venuto a conoscenza) prima di tre anni dalla data di proposizione del reclamo;
  3. non sia presentato in modalità telematica o sia privo documentazione o senza prova del pagamento del contributo;
  4. sia stato presentato da un soggetto non legittimato o privo di procura;
  5. ha ad oggetto controversie diverse da quella ammesse (supra 2);
  6. è presentato senza documentazione;
  7. è privo dell'esatta individuazione del ricorrente o dell'impresa;
  8. è privo dell'indicazione degli elementi essenziali quali l'oggetto, la domanda e l'esposizione dei fatti costituenti le ragioni della domanda con le relative richieste;
  9. è proposto nei confronti di un soggetto che, alla data di presentazione del ricorso, ha perso la qualifica di impresa a seguito di provvedimenti emanati ai sensi del codice delle assicurazioni che ne hanno disposto la revoca o la decadenza dall'autorizzazione all'esercizio o la liquidazione coatta amministrativa;
  10. ha ad oggetto una controversia che, alla data di presentazione del ricorso, era già pendente davanti all'autorità giudiziaria o all'AAS o per la quale è pendente altra procedura di risoluzione (il ricorso sarà invece dichiarato improcedibile nell'ipotesi in cui, successivamente al suo deposito, venga successivamente adita l'autorità giudiziaria oppure venga esperita la mediazione o, ancora, la negoziazione assistita).

L'art. 9 dispone, invero, che l'inammissibilità sia pronunciata non dal collegio ma dal Presidente. Dovremmo dunque ritenere, anche per ragioni di economia procedimentale, che il vaglio preliminare di ammissibilità del ricorso debba essere effettuato già al momento del deposito del ricorso e, dunque, prima ancora dell'eventuale notifica all'impresa.

A conferma di tale lettura muove:

  • l'art. 5 comma 1 lett. c) D.M. 215/24 laddove è previsto che la segreteria tecnica sottoponga al Presidente eventuali casi di inammissibilità del ricorso;
  • l'art. 11 comma 8 D.M. 215/24 laddove è previsto che sia il Collegio (e non il Presidente) a pronunciare l'inammissibilità del ricorso nell'ipotesi in cui, in seguito alla sua trattazione, si rendano necessari gli accertamenti tecnici che non possono essere esperiti ai sensi dell'art. 3 comma 3 D.M. 215/2024 (supra 2).

- Rinuncia al ricorso ed eventuale accordo tra le parti

Il ricorso viene dichiarato estinto nel caso di rinuncia espressa e, ancora, nell'ipotesi in cui venga dichiarata la cessazione della materia del contendere per sopravvenuto accordo tra le parti.

Con riguardo a tale seconda ipotesi, occorre infatti considerare come l'art. 11 comma 6 D.M. 215/2024 ammetta espressamente la facoltà, per il Collegio, di formulare una proposta conciliativa che le parti possono valutare di accettare o meno nel termine di 10 giorni.

Si consideri più in generale che:

  • in caso di accoglimento integrale o anche solo parziale del ricorso, l'impresa è tenuta a versare un importo (pari a duecento euro) quale contributo alle spese della procedura (art. 7 comma 3);
  • tali costi, tuttavia, non sono dovuti se la decisione dell'AAS riconosce al ricorrente un importo uguale o inferiore a quello dell'eventuale proposta conciliativa formulata dall'impresa prima della presentazione ricorso (art. 7 comma 4).

Pertanto, già prima che la vertenza risarcitoria sia devoluta all'AAS, la compagnia assicurativa potrebbe essere maggiormente incentivata a valutare eventuali soluzioni conciliative per eludere una sanzione procedimentale (200,00 euro) che, ove rapporta al valore della controversia (al massimo 2.500 euro), finirebbe per rivelarsi antieconomica.

- Accoglimento del ricorso: effetti

Ove il ricorso sia ammissibile e le parti non abbiano trovato un accordo, a quel punto il Collegio sarà chiamato a decidere, come detto, nel termine di 90 giorni (che può essere prorogato per una sola volta di ulteriori 90 giorni in caso di controversie particolarmente complesse).

La decisione dell'AAS dev'essere ovviamente motivata e ciò a maggior ragione nelle controversie risarcitorie in cui sarà chiamato a procedere con una liquidazione equitativa del risarcimento.

Ci preme infatti evidenziare come l'equità non possa giammai risolversi in arbitrio (sull'esercizio del potere equitativo ex art. 1226 c.c. si legga Cass. 2327/2018). Pertanto, la motivazione del provvedimento assumerà un rilievo decisivo ai fini del buon esito del procedimento, non tanto per verificare la correttezza dell'operato dell'AAS (la decisione, infatti, non è reclamabile né impugnabile) quanto per misurarne la capacità “persuasiva”. E qui veniamo a quella che potremmo considerare la questione più rilevante, e cioè l'incoercibilità delle decisioni dell'AAS.

L'eventuale inadempimento della decisione viene infatti sanzionato dall'art. 12 D.M. 215/2024 con la pubblicazione di un'apposita informativa sia sul sito dell'AAS (per un periodo di cinque anni) sia su quello dell'impresa o dell'intermediario (per un periodo di sei mesi): in altri termini, la sanzione per l'eventuale inadempimento della decisione dell'AAS è di natura meramente reputazionale (sulla natura della decisione dell'ABF si legga Trib. Roma 3654/2022).

Alla luce di quanto appena riportato, quindi, solo una motivazione adeguata che tenga conto di tutti gli elementi documentali raccolti potrà indurre l'impresa ad attuare la decisione senza indugio, così evitando di imbattersi in sconvenienti pregiudizi di immagine.

Oltretutto, non possiamo escludere che un eventuale inadempimento della decisione (pur di per sé incoercibile) possa comunque produrre degli effetti giuridici indiretti nei confronti dell'impresa.

Ci riferiamo al fatto che la medesima controversia devoluta all'AAS potrebbe essere oggetto di indagine da parte di IVASS nell'esercizio dei suoi poteri di vigilanza ed eventualmente esporre l'impresa al rischio di vedersi irrogare una sanzione amministrativa pecuniaria ex art. 310 CAP (si pensi al caso in cui l'impresa abbia pretestuosamente rigettato la richiesta risarcitoria del danneggiato, pur in presenza di elementi istruttori inequivoci, per poi vedersi condannata davanti all'AAS). Non è casuale, del resto, che l'ammissibilità del ricorso all'AAS sia sì condizionata alla preventiva presentazione del reclamo all'impresa, ma non  anche alla successiva presentazione del reclamo ad IVASS (che, dunque, potrà essere formulato parallelamente al ricorso all'AAS, così determinando l'avvio dell'autonoma indagine da parte dell'istituto di vigilanza volta all'accertamento di eventuali illeciti amministrativi).

In particolare, occorre considerare come, tra i criteri impiegati da IVASS ai fini della graduazione della sanzione, rientri anche “l'attività svolta dai soggetti sottoposti alla procedura sanzionatoria per eliminare o attenuare le conseguenze dell'infrazione” (art. 29 Reg. 39 IVASS): pertanto, l'inadempimento della decisione dell'AAS – a maggior ragione perché promana da un soggetto terzo e imparziale - potrebbe essere letta da IVASS come una sorta di aggravante della violazione già autonomamente accertata.

D'altro canto, non potremo neppure omettere di evidenziare che eventuali sanzioni amministrative potranno essere irrogate nei limiti in cui le stesse abbiano carattere rilevante secondo i criteri previsti dal Reg. IVASS n. 39 (tra questi, anche il pregiudizio arrecato al danneggiato): ebbene, tenuto conto del valore della domanda risarcitoria su cui l'AAS può pronunciarsi (fino a 2.500 euro), potremmo tendenzialmente escludere che dalla medesima controversia possa altresì originare una responsabilità amministrativa dell'impresa (quantomeno in termini di stretto automatismo e salvo che la violazione non risulti grave per motivi differenti dal suo intrinseco valore).

Ad ogni modo, nel valutare o meno l'opportunità di adempiere alla decisione dell'AAS, le imprese dovranno tener conto anche delle possibili ricadute che l'inottemperanza potrebbe avere nei rapporti con l'Autorità di Vigilanza.

Peraltro, non è da escludersi che la decisione possa comunque essere eseguita in un secondo momento (ciò che determinerebbe la cancellazione della condanna dal sito dell'AAS nonché da quello della medesima impresa ai sensi dell'art. 12 comma 3 D.M. 215/2024).

Considerazioni prospettiche

Alla data in cui si scrive l'ASS non è ancora operativo, tenuto conto che è da poco iniziata la selezione dei componenti dei Collegi.

C'è però da attendersi un significativo ricorso alla nuova procedura, anche in ragione dei costi contenuti (le spese di avvio ammontano a soli 20 euro e non è obbligatoria l'assistenza di un avvocato) e delle tempistiche con cui l'AAS dovrebbe pronunciarsi (90 giorni, ma il condizionale è d'obbligo).

Oltretutto, si consideri come, in sede giurisdizionale, le controversie risarcitorie devolute all'AAS (quindi nei limiti dei 2.500 euro) sarebbero rimesse alla giurisprudenza onoraria, sempre più oberata alla luce della riforma Cartabia e, in particolare, dell'ampliamento delle competenze del Giudice di Pace.

Pertanto, non sarebbe poi azzardato ipotizzare che il ricorso all'AAS, più che costituire un'alternativa alle altre ADR, andrà progressivamente a surrogarsi alla tutela giurisdizionale (quantomeno nella gestione delle controversie risarcitorie di natura bagatellare) e ciò proprio in considerazione della sua natura decisoria come già evidenziata all'inizio del presente contributo.

In tal senso, vengono in mente le mirabili parole di Salvatore Satta che, interrogandosi su quale sia il mistero del processo, dovette infine arrendersi a questa irriducibile verità: “che il giudizio sia reso da un terzo” (SATTA S. Il mistero del processo, Milano 1994, pag. 32). Ebbene, sarà proprio questa terzietà a conferire all'AAS quella necessaria autorevolezza per dirimere le controversie che gli verranno sottoposte (oltre, ovviamente, al livello di specializzazione che dovrà essere espresso dai componenti dei Collegi).

Ma vi è di più.

Si consideri, infatti, come le disposizioni attuative di cui al già richiamato Provvedimento n. 106122 prevedono la pubblicazione sul sito internet dell'AAS di tutte le decisioni adottate; in particolare, nella relazione illustrativa del Provvedimento viene specificato che “tale forma di pubblicità potrà consentire alle imprese di procedere ad una valutazione dei reclami ricevuti anche alla luce degli orientamenti espressi dalle principali decisioni arbitrali”.

Alla luce di ciò, sarebbe dunque un grave errore prospettico guardare alla decisione dell'AAS come ad un provvedimento non direttamente coercibile, che può esser lasciato inadempiuto dall'impresa anche a costo di andare incontro ad eventuali ricadute reputazionali. Al contrario, ogni singola decisione adottata contribuirà a definire il ruolo e l'orientamento dell'AAS, che dunque si candida ad attore di assoluto rilievo nella stagione della c.d. degiurisdizionalizzazione.

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