Chiarimenti sul trattamento tributario delle attribuzioni effettuate dal trustee a beneficiari trust ai fini dell’imposta su successioni e donazioni

26 Settembre 2025

La risposta a interpello n. 170/2025 rappresenta occasione per tornare sul trattamento fiscale, ai fini dell'imposta sulle successioni e donazioni, dell'attribuzione patrimoniale da parte del trustee a trust beneficiari. L'Agenzia delle Entrate qualifica tali trust come beneficiari in senso proprio, valorizzando il dato formale del trasferimento e anticipando il momento impositivo, anche in assenza di una effettiva liberalità. Questa impostazione non convince del tutto e sollecita una riflessione sull'esigenza di un maggiore coordinamento tra forma giuridica e sostanza economica nei fenomeni fiduciari.

Premessa

Con la recente Risposta a interpello n. 170 del 24 giugno 2025, l'Agenzia delle Entrate ha fornito importanti chiarimenti in ordine alle modalità di applicazione dell'imposta sulle successioni e donazioni nell'ipotesi di attribuzione dei beni compresi nel patrimonio del trust da parte del trustee a favore di beneficiari che rivestano, a loro volta, la qualifica di trust.

La risposta costituisce occasione per tornare su un profilo concettuale di rilevante complessità, tanto sul piano teorico quanto su quello operativo, attinente alla configurabilità, ai fini dell'imposta sulle successioni e donazioni, del presupposto impositivo in presenza di attribuzioni patrimoniali in favore di soggetti che non siano persone fisiche o giuridiche in senso proprio, bensì strutture fiduciariamente interposte.

Più nel dettaglio, la fattispecie analizzata si colloca nel più ampio dibattito interpretativo concernente l'art. 2, comma 47, del D.L. n. 262/2006, convertito con modificazioni dalla L. n. 286/2006, in combinato disposto con le previsioni del D.Lgs. n. 346/1990, imponendo una rinnovata riflessione sul perimetro applicativo della nozione di “trasferimento” rilevante ai fini impositivi, sulla qualificazione dell'arricchimento prodotto dall'atto dispositivo e sull'individuazione del soggetto passivo in contesti fiduciari a struttura stratificata, come nel caso di trust beneficiari.

Tale problematica si innesta nel più ampio confronto sistematico, da tempo sviluppatosi, in merito al ruolo del trust nell'ordinamento tributario, oscillante tra una lettura che lo riconduce a fenomeno di interposizione e quella che, viceversa, lo configura quale autonomo centro di imputazione giuridico-patrimoniale.

Vediamo ora, nel dettaglio, la questione prospettata dal contribuente e le conclusioni cui è giunta l'Agenzia.

La questione interpretativa prospettata dal contribuente e le conclusioni raggiunte dall'Agenzia delle Entrate

L'istanza di interpello è stata presentata dal trustee di un trust istituito nel 2014, il cui patrimonio è costituito da partecipazioni societarie e beni immobili, avente quale finalità la conservazione unitaria del controllo di un gruppo societario familiare.
Il trustee, in attuazione delle finalità sottese all'originaria istituzione del trust, ha istituito tre trust successivi, ciascuno riferito a una distinta linea familiare discendente dai disponenti, dotati di caratteristiche strutturali e funzionali analoghe a quelle del trust di provenienza.

In tale contesto, il trustee:

  • ha inteso attribuire a ciascuno dei tre trust successivi una quota del patrimonio del trust originario (pari, dunque, a un terzo), comprendente partecipazioni societarie e beni immobili;
  • ha richiesto chiarimenti in merito al trattamento fiscale applicabile, ai fini dell'imposta sulle successioni e donazioni, nonché delle imposte ipotecaria e catastale.

Secondo la soluzione interpretativa prospettata dal contribuente, l'attribuzione patrimoniale in favore dei trust successivi dovrebbe qualificarsi come atto di dotazione assimilabile a quello originario, per almeno due ordini di motivi.   


Da un lato, si tratterebbe di un atto “dispositivo” coerente con le finalità del trust istitutivo e, pertanto, non eccentrico rispetto alla sua funzione.
Dall'altro, e per conseguenza, l'atto sarebbe privo di effetti traslativi in senso proprio, in quanto destinato esclusivamente a perpetuare, senza soluzione di continuità, la segregazione patrimoniale preesistente all'interno di una struttura fiduciaria multilivello, mantenendo inalterata la funzione vincolante dei beni e la sostanziale identità dei beneficiari finali.

Ne deriverebbe, secondo il contribuente, l'assenza del presupposto dell'imposta sulle successioni e donazioni, con conseguente applicazione delle sole imposte di registro, ipotecaria e catastale in misura fissa, in linea con l'interpretazione già fatta propria dall'Amministrazione finanziaria in documenti di prassi (v. circolare n. 34/E del 2022).

L'Agenzia delle Entrate ha disatteso tale impostazione, ritenendo integrato il presupposto impositivo di cui all'art. 4-bis del D.lgs. n. 346/1990, come modificato dal D.lgs. n. 139/2024.
Secondo la ricostruzione dell'Amministrazione, il trasferimento dei beni ai trust successivi costituisce un atto dispositivo con effetti reali, in quanto comporta l'interruzione del vincolo di destinazione originario e l'individuazione di nuovi soggetti titolari di patrimoni segregati funzionalmente autonomi.      
I trust successivi sono dunque qualificati come beneficiari del trust originario, con conseguente applicazione dell'imposta sulle donazioni nella misura dell'8%, ai sensi dell'art. 7, comma 1, lett. d), del medesimo decreto, nonché delle imposte ipotecaria e catastale in misura proporzionale, in relazione ai trasferimenti aventi ad oggetto beni immobili.

Le possibili ricadute derivanti dall’inquadramento dato dall’Agenzia

Le conclusioni cui giunge l’Agenzia delle Entrate comportano alcune conseguenze sistematiche di rilievo.

In primo luogo, si osserva una sostanziale equiparazione, ai fini dell’imposizione indiretta, tra l’attribuzione a beneficiari finali e quella a soggetti fiduciari intermedi, qualora questi ultimi risultino espressamente individuati come beneficiari nell’atto istitutivo del trust. Tale lettura prescinde dalla natura ancora fiduciaria e strumentale dell’attribuzione, attribuendo rilevanza fiscale al mero trasferimento della titolarità formale e della funzione segregativa a un distinto centro autonomo di imputazione giuridico-patrimoniale.

In secondo luogo, la posizione assunta dall’Amministrazione determina un’anticipazione del momento impositivo rispetto alla devoluzione finale, ponendolo in corrispondenza del trasferimento infra-fiduciario tra trust strutturalmente omogenei. Ne deriva una sovrapposizione tra funzione dispositiva e funzione organizzativa del patrimonio in trust, con effetti impositivi che si producono anche in assenza di un’effettiva liberalità in senso proprio.

Ulteriormente, la qualificazione dei trust successivi come beneficiari ai sensi dell’art. 4-bis del D.lgs. n. 346/1990 e l’applicazione dell’aliquota dell’8%, ai sensi dell’art. 7, comma 1, lett. d), evidenziano una precisa opzione interpretativa che esclude la rilevanza, ai fini del calcolo dell’imposta, del rapporto di parentela tra i disponenti e i beneficiari finali, valorizzando esclusivamente la soggettività giuridica formale del trust interposto.

Da ciò emerge con chiarezza come l’Agenzia tenda a cristallizzare il momento impositivo sul dato formale dell’attribuzione, anziché sul contenuto sostanziale della destinazione patrimoniale.

Tale impostazione comporta, sul piano sistematico, una progressiva oggettivazione del presupposto d’imposta, ancorata alla mera traslazione giuridica della titolarità o della gestione dei beni, indipendentemente dalla realizzazione di un incremento patrimoniale effettivo in capo a un soggetto in grado di disporne liberamente.

In questa prospettiva, la funzione economico-programmatica del trust quale strumento di pianificazione patrimoniale intergenerazionale rischia di essere compressa da un’interpretazione formalistica dell’art. 4-bis, con effetti disallineati rispetto alla natura intrinsecamente dinamica e plurifasica dello strumento fiduciario.

Sul piano operativo, ciò si traduce in una potenziale anticipazione del prelievo rispetto alla realizzazione dell’atto liberale, con conseguenti distorsioni in tutte le ipotesi in cui l’attribuzione a un trust ulteriore sia parte di un disegno unitario e coerente, volto a garantire continuità nella segregazione e nella destinazione vincolata del patrimonio in favore di beneficiari non ancora determinati o non ancora titolari di un effettivo potere di disposizione.

Infine, la rigidità insita nella cristallizzazione del momento impositivo sul piano formale alimenta un’incertezza applicativa nelle strutture fiduciarie multilivello, determinando un possibile effetto disincentivante nell’utilizzo del trust in ambito familiare e imprenditoriale complesso, proprio per il rischio di un’imposizione anticipata non correlata a un effettivo arricchimento.

In conclusione

Con la Risposta n. 170/2025 l'Agenzia delle Entrate conferma un orientamento improntato a una lettura formalistica del presupposto d'imposta nei trust, valorizzando l'aspetto giuridico del trasferimento tra centri fiduciari interposti, anche in assenza di un effettivo arricchimento o di una liberalità compiuta.

Tale impostazione determina l'anticipazione del prelievo fiscale e l'applicazione dell'imposta sulle donazioni anche in contesti di riorganizzazione infra-fiduciaria, con effetti potenzialmente distorsivi e disincentivanti rispetto all'impiego del trust come strumento di pianificazione patrimoniale intergenerazionale.

Si pone, quindi, l'esigenza di un maggior coordinamento tra aspetti sostanziali e formali, al fine di evitare che il ruolo organizzativo del trust sia eccessivamente penalizzato da un'imposizione slegata dalla reale manifestazione di capacità contributiva.

Ragionando in una prospettiva di sistema, le conclusioni raggiunte dall'Agenzia delle Entrate sollecitano una riflessione più ampia sull'esigenza d'individuare criteri impositivi in grado di distinguere, all'interno del “fenomeno fiduciario”, tra fasi effettivamente traslative e fasi meramente funzionali o propedeutiche.

Solo in tal modo è possibile evitare che un eccesso di formalismo finisca per disincentivare l'utilizzo legittimo e strutturato del trust, riducendone l'efficacia come strumento giuridico per la continuità, la protezione e la razionalizzazione dei patrimoni familiari.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario