Il plurimo ed imprudente accesso al credito impedisce l’accesso al piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore

La Redazione
02 Ottobre 2025

Il tribunale di Matera ha rigettato una domanda di omologa del piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore ritenendo che, sulla base della documentazione depositata, la debitrice non avesse adeguatamente provato l’assenza di colpa grave nell’accesso ai finanziamenti, pur in coincidenza con la malattia del marito.

Il Tribunale premette che l'accesso alla procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore, quale procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento, è sottoposto – per la rilevanza dell'effetto esdebitatorio che produce – ad un severo sindacato (ex art. 69 c.c.i.i.), demandato al Giudice, sulla condotta tenuta dal debitore e che il Giudice, nel compiere detto accertamento, deve rigorosamente valutare le cause dell'indebitamento e la diligenza impiegata dal consumatore nell'assumere volontariamente le proprie obbligazioni, nonché il grado di colpa ad esso imputabile.

Ritiene il Tribunale che la condizione subiettiva di colpa grave ostativa alla concessione del beneficio di parziale esdebitazione – che il piano del consumatore offre – ricorre almeno in due ipotesi: «a) quando il consumatore si sia privato di risorse patrimoniali gratuitamente o a prezzo incongruo a beneficio di terzi ovvero al fine di soddisfare, tanto più se con mezzi anormali, crediti preferenziali, sottraendo dunque incautamente beni su cui la massa di creditori anteriori aveva fatto affidamento; b) quando il consumatore, assumendo nuove obbligazioni senza minimamente considerare l'insostenibilità dell'accresciuta esposizione né ponderare le esigenze poste alla base del ricorso al credito, abbia incautamente reso la garanzia patrimoniale generica insufficiente rispetto alle passività complessivamente assunte».

Nel porre sotto la lente, dunque, le nuove passività assunte dalla debitrice nel caso di specie – ella aveva infatti stipulato sette finanziamenti contratti, a suo dire, per far fronte alle crescenti spese familiari, tenuto conto del grave stato di salute del marito – il Tribunale afferma che «non può non evidenziarsi come la debitrice al momento della stipula dei finanziamenti non abbia ben considerato l'insostenibilità della esposizione debitoria». Tale insostenibilità economica del debito «non si è, di fatto, palesata in seguito ad eventi imprevedibili e sopravvenuti al momento della stipula delle obbligazioni rimaste inadempiute e non è riconducibile ad un'improvvisa e inaspettata contrazione della propria retribuzione lavorativa (…) ma è frutto di una gestione finanziaria gravemente imprudente, consistita in un plurimo ricorso al credito senza la ragionevole previsione di poter adempiere le obbligazioni contratte alle scadenze pattuite».

In particolare, non risulta assolto da parte del sovraindebitato l'onere di allegazione e prova dell'assenza della colpa grave  nell'accesso ai finanziamenti, «posto che, sebbene vi sia coincidenza temporale tra la stipula dei finanziamenti e la malattia del marito, anche le numerose integrazioni documentali non mettono in relazione concreta i singoli finanziamenti alle dedotte esigenze familiari e neppure illustrano le modalità in cui è stata impiegata la liquidità concessa in prestito dagli istituti di credito». In definitiva, il Tribunale ritiene che «la patologia del defunto marito non è idonea a giustificare il continuo ricorso al credito, tenuto conto dell'assenza di documentazione in ordine alle spese effettivamente sostenute e alla circostanza notoria di potersi avvalere del SSN in relazione alla quale l'istante nulla ha dedotto».

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