La differente funzione delle misure protettive e cautelari
06 Ottobre 2025
Con ricorso ex artt. 18 e 19 c.c.i.i., un gruppo di imprese sottoposte all'attività di coordinamento e direzione di persone fisiche chiedeva di confermare le misure protettive erga omnes e di disporre misure cautelari nei confronti di creditori individuali. Con particolare riferimento a queste ultime, il gruppo chiedeva: a) l'inibitoria, ad alcune banche, della facoltà di escutere le garanzie prestate dalle persone fisiche a garanzia delle obbligazioni assunte dal gruppo; b) l'inibitoria, ad alcune banche, della facoltà di avviare e proseguire ogni procedura di recupero del credito e comunque di procedere all'escussione delle garanzie rilasciate da terzi a granzia dei finanziamenti erogati al gruppo. Il Tribunale, che in esito alla pronuncia confermerà le misure protettive rigettando l'istanza di concessione delle misure cautelari, svolge alcune interessanti considerazioni sulla differente funzione delle misure protettive e delle misure cautelari. Osserva il Tribunale che «come osservato da autorevole dottrina, le misure protettive e cautelari nel codice della crisi pur svolgendo entrambe funzione cautelare, tuttavia, servono una diversa nozione di “strumentalità”; Con riferimento alle misure cautelari «il Giudice, a seguito di un accertamento sommario, impone ad uno specifico creditore l'obbligo di non ostacolare la soluzione regolata della crisi proposta dal debitore». Con le misure protettive, invece, «si vieta a tutti i creditori per un determinato arco temporale di intraprendere iniziative a tutela del proprio credito in attesa della conclusione della soluzione della crisi prospettata in forza di un piano non implausibile». Ciò posto, il Tribunale argomenta come segue: «[considerato in diritto] che l'imposizione alle parti di obblighi ulteriori rispetto a quelli che discendono ex lege dal rapporto obbligatorio trova fonte nel generale dovere di correttezza e buona fede che permea l'obbligazione in tutte le sue fasi (trattative art. 1337 c.c., adempimento artt. 1175 e 1375 c.c., inadempimento art. 1227, secondo comma, c.c.), dovere generale richiamato anche dall'art. 4 CCII e predicato in relazione allo svolgimento della trattativa e dei procedimenti per l'accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza; che la natura “integrativa” (art. 1174 c.c.) degli obblighi derivanti dal generale dovere di correttezza e buona fede in tesi non può, tuttavia, determinare un eccessivo sacrificio per la parte cui è imposto e soprattutto deve essere funzionale e necessario alla soluzione concordata proposta; che conseguentemente se per la conferma delle misure protettive generali temporalmente circoscritte è sufficiente che il piano di risanamento appaia non implausibile, di contro per la concessione di misura cautelare nei confronti di uno specifico creditore è necessario che il piano di risanamento sia coerente e compiuto». Nel caso di specie, il piano, pur non apparendo “manifestamente implausibile”, tuttavia (a causa dell'assenza di garanzie circa l'effettivo apporto di finanza esterna e di indicazioni circa il valore dell'immobile da dismettere e dei tempi della sua eventuale dismissione) «non può ritenersi coerente e compiuto». |