La liquidazione giudiziale della società scissa
07 Ottobre 2025
Può essere aperta la liquidazione giudiziale nei confronti di una società scissa? La liquidazione giudiziale può essere aperta nei confronti della società scissa entro un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese. L'istituto della scissione rientra fra le operazioni straordinarie disciplinate nel Libro V, Titolo V, Capo X del codice civile. Con essa si dà luogo ad un processo di ristrutturazione societaria in base al quale, ai sensi dell'art. 2506, comma 1, c.c., una società assegna l'intero suo patrimonio (scissione totale) a più società, preesistenti o di nuova costituzione, o parte del suo patrimonio (scissione parziale), ed in tal caso anche ad una sola società, e le relative azioni o quote ai suoi soci. Prima dell'entrata in vigore del nuovo codice delle crisi d'impresa e dell'insolvenza (15 luglio 2022) ci si è posto il problema se una società scissa potesse fallire. A tale quesito si è data riposta positiva, posto che l'art. 10, comma 1, l. fall. («Fallimento dell'imprenditore che ha cessato l'esercizio dell'impresa») prevede che gli imprenditori individuali e collettivi possono essere dichiarati falliti entro un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese, se l'insolvenza si è manifestata anteriormente alla medesima o entro l'anno successivo. Il comma 2 del medesimo articolo precisa poi che, in caso di impresa individuale o di cancellazione d'ufficio degli imprenditori collettivi, è fatta salva la facoltà per il creditore o per il pubblico ministero di dimostrare il momento dell'effettiva cessazione dell'attività da cui decorre il predetto termine di un anno. Secondo la Corte di Cassazione (Cass. civ., sez. I, 21 febbraio 2020, n. 4737) «può stimarsi sicuro che, nel vigente sistema normativo, un fenomeno di riorganizzazione societaria - quale, tra gli altri, è la scissione -, come pure, più in generale, di modificazione della struttura conformativa del debitore, non può, come principio, realizzare una causa di sottrazione dell'impresa dalla soggezione alle procedure concorsuali». Del resto, sempre secondo la medesima pronuncia della suprema Corte, il tema della soggezione della società scissa alle procedure concorsuali non risulta propriamente attenere al piano dell'organizzazione societaria dell'impresa. Attiene, piuttosto, al piano dell'operatività dell'impresa e dei suoi rapporti coi terzi, contraenti e creditori. Quanto poi alla disposizione dell'art. 10 l. fall., i giudici di legittimità hanno precisato (nella sentenza appena citata) che presupposto della sua applicazione altro non è – secondo quanto emerge pianamente dalla lettura del suo testo – che la cancellazione dell'imprenditore dal registro delle imprese. La norma non presuppone necessariamente che anche la corrispondente attività di impresa venga a cessare sul piano oggettivo. Inoltre, i supremi giudici hanno sottolineato come «la responsabilità delle beneficiarie per i debiti propri della società scissa, che è sancita dalle norme dell'art. 2506 bis c.c., comma 3 e art. 2506 quater c.c., non vale a eliminare (...) la responsabilità della società scissa. Nel nostro sistema, infatti, l'esonero dalla responsabilità patrimoniale, come pure le limitazioni della stessa – e così pure, quindi, la liberazione del debitore durante il corso di rapporto - suppongono una espressa previsione normativa a corredo (cfr. la norma dell'art. 2740 c.c., comma 2)» (Cass. civ., sez. I, 21 febbraio 2020, n. 4737, cit.). Tali principi ermeneutici devono ritenersi validi anche dopo l'entrata in vigore del nuovo codice della crisi. L'art. 33, comma 1, c.c.i.i. [«Cessazione dell'attività» (del debitore)] stabilisce infatti che la liquidazione giudiziale (il vecchio fallimento) può anch'essa essere aperta entro un anno dalla cessazione dell'attività del debitore, se l'insolvenza si è manifestata anteriormente alla medesima o entro l'anno successivo. Lo stesso articolo (comma 2) chiarisce che per gli imprenditori la cessazione dell'attività coincide con la cancellazione dal registro delle imprese e, se non iscritti, dal momento in cui i terzi hanno conoscenza della cessazione stessa. Si ha, dunque, una trasposizione della norma dell'art. 10 l. fall., sebbene con delle variazioni prettamente linguistiche, che fanno ritenere valide anche oggi le anteriori interpretazioni e applicazioni dell'art. 10 L.F. In conclusione, che la società scissa possa essere dichiarata fallita entro un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese è una regola da considerarsi valida anche in caso di apertura della liquidazione giudiziale che, con l'entrata in vigore del CCII, sostituisce la procedura di fallimento (cfr. Memento Pratico, Società Commerciali, 2026, Lefebvre Giuffrè). Lo si ricava da consolidata giurisprudenza di legittimità da ritenersi attuale nonostante l'entrata in vigore del nuovo codice della crisi: in esso, infatti, la norma di cui all'art. 10 L.F. deve ritenersi sostanzialmente riproposta nell'art. 33 c.c.i.i. |