Convertito in legge il d.l. 116/2025: nuove norme su rifiuti, bonifiche e tutela della popolazione

09 Ottobre 2025

La Corte europea dei diritti dell'uomo ha condannato l'Italia per violazione dell'articolo 2 della Convenzione, in ragione del grave inquinamento ambientale che ha interessato il territorio tra le province di Napoli e Caserta, derivante da carenze gestionali e attività illegali. In risposta, la legge 3 ottobre 2025, n. 147, ha introdotto misure urgenti finalizzate a contrastare le condotte illecite in materia di rifiuti, a promuovere la bonifica dell'area nota come “Terra dei fuochi” e a garantire assistenza alla popolazione colpita da eventi calamitosi.

Premessa

È stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 233 del 7 ottobre 2025, la legge 3 ottobre 2025, n. 147, di conversione del decreto-legge n. 116/2025, noto come decreto “Terra dei Fuochi”, recante “disposizioni urgenti per il contrasto alle attività illecite in materia di rifiuti, per la bonifica dell'area denominata Terra dei fuochi, nonché in materia di assistenza alla popolazione colpita da eventi calamitosi.

La recente normativa apporta rilevanti modifiche al Testo Unico Ambientale, oltre che al Codice Penale, al Codice di Procedura Penale, al Codice Antimafia, al Codice della Strada e al decreto legislativo n. 231/2001 riguardante la responsabilità amministrativa degli enti.

È stata inoltre prevista l'istituzione, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, del nuovo Dipartimento per il Sud, con la contestuale soppressione della Struttura di missione ZES e il trasferimento delle relative risorse umane, strumentali e finanziarie al nuovo dipartimento. Quest'ultimo avrà funzioni di indirizzo, coordinamento e promozione dell'azione strategica del Governo in materia di politiche per il Sud.

Infine, per l'anno 2025 sono stati stanziati 15 milioni di euro in favore del Commissario Unico per la Terra dei fuochi, destinati alle prime attività di rimozione dei rifiuti e all'avvio degli interventi di bonifica.

Modifiche al Testo Unico Ambientale

La legge n. 147/2025 interviene sull'articolo 212 (Albo Gestori Ambientali), introducendo il comma 19-ter. La nuova disposizione prevede la sospensione dall'Albo per un periodo compreso tra quindici giorni e due mesi nei confronti di chi trasporta rifiuti senza la prescritta iscrizione.

In caso di reiterazione delle violazioni ai sensi dell'articolo 8-bis della legge 24 ottobre 1981, n. 689, o di recidiva ai sensi dell'articolo 99 del Codice penale, si applica inoltre la sanzione accessoria della cancellazione dall'Albo nazionale delle persone fisiche e giuridiche che esercitano l'autotrasporto di cose per conto di terzi, con divieto di reiscrizione prima che siano trascorsi due anni.

Tra le novità più rilevanti vi è quella riguardante l'art. 255 del Testo Unico Ambientale, ora rubricato «Abbandono di rifiuti non pericolosi».

La disposizione, che torna a disciplinare una fattispecie contravvenzionale, sanziona chiunque abbandoni o depositi rifiuti, ovvero li immetta nelle acque superficiali o sotterranee, con un'ammenda compresa fra millecinquecento e diciotto mila e non più fra mille e diecimila. Quando l'abbandono o il deposito vengono effettuati mediante l'utilizzo di veicoli a motore, al conducente del veicolo si applica, altresì, la sanzione accessoria della sospensione della patente di guida da quattro a sei mesi.

Nei confronti di chi abbandona o deposita rifiuti urbani accanto ai contenitori presenti lungo le strade, il nuovo comma 1.2 prevede l'irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria compresa tra 1.000 e 3.000 euro. Qualora la violazione sia commessa mediante l'uso di veicoli a motore, si applica inoltre la sanzione amministrativa accessoria del fermo del veicolo per un mese, ai sensi dell'articolo 214 del Codice della Strada.

Il comma 1-bis, invece,  prevede che fuori dai casi di cui all'articolo 15, comma 1, lettera f-bis), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (ovvero il divieto di deposizione di rifiuti sulla strada e sulle sue pertinenze e il divieto di insudiciare o imbrattare la strada), quando l'abbandono o il deposito riguarda rifiuti ai sensi degli articoli 232-bis ( rifiuti di prodotti da fumo) e 232-ter ( divieto di abbandono di rifiuti di piccolissime dimensioni) del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 , si applica la sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da 80 euro a 320 euro. Rientrano in tale previsione comportamenti come l'abbandono di mozziconi di sigaretta, cartacce, gomme da masticare e, più in generale, di rifiuti urbani di piccole dimensioni.

Vengono, inoltre, sanzionate a titolo di illecito amministrativo la fattispecie di abbandono o deposito di rifiuti urbani accanto ai contenitori per la raccolta presenti lungo le strade (introdotta al Senato).

Il nuovo comma 1-ter prevede inoltre che l'accertamento delle violazioni di cui ai commi 1.2 e 1-bis possa avvenire anche senza contestazione immediata, tramite l'utilizzo di immagini riprese dagli impianti di videosorveglianza posti all'interno o all'esterno dei centri abitati.

Particolare attenzione merita la nuova fattispecie delittuosa introdotta dall'art. 255-bis del d.lgs. n. 152/2006, rubricato «Abbandono di rifiuti non pericolosi in casi particolari». La norma prevede una specifica ipotesi di reato finalizzata a contrastare condotte che incidono negativamente sul decoro urbano e sulla salute pubblica.

In base alla disposizione, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni chiunque abbandoni o depositi rifiuti non pericolosi oppure li immette nelle acque superficiali o sotterranee, se il fatto comporta un rischio per la vita o per l'incolumità delle persone, oppure un pericolo di compromissione o deterioramento delle acque  o  dell'aria, o di porzioni  estese  o significative del suolo o del sottosuolo; di un ecosistema, della  biodiversità,  anche  agraria, della flora o della fauna.

La pena è altresì applicabile se il fatto è commesso all'interno di siti contaminati o potenzialmente contaminati ai sensi dell'art. 240, nonché sulle relative strade di accesso e pertinenze.

Per i titolari di impresa è previsto un inasprimento sanzionatorio: la reclusione varia da 9 mesi a 5 anni e 6 mesi. Infine, qualora l'abbandono o il deposito siano realizzati mediante l'impiego di veicoli a motore, al conducente si applica anche la sanzione accessoria della sospensione della patente di guida, da un minimo di due a un massimo di sei mesi.

Il successivo art. 255-ter introduce il reato di «Abbandono di rifiuti pericolosi», prevedendo un ulteriore irrigidimento della disciplina in materia ambientale.  

Nella specie, si applica la pena della reclusione da uno a cinque anni nei confronti di chi abbandona o deposita rifiuti pericolosi ovvero li immette nelle acque superficiali o sotterranee.  La sanzione è aggravata, con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni, nei casi in cui la condotta determini un pericolo per la vita o l'incolumità delle persone, oppure arrechi un pregiudizio all'ambiente, compromettendo acqua, aria, suolo, sottosuolo, ecosistemi, biodiversità, flora o fauna. L'aumento di pena opera anche quando l'abbandono avviene all'interno di siti contaminati o potenzialmente contaminati, o nelle aree di accesso a tali siti.

La legge di conversione prevede, altresì, un'ulteriore ipotesi delittuosa concernente i titolari di imprese e i responsabili di enti che pongano in essere condotte di abbandono o deposito incontrollato di rifiuti pericolosi, ovvero ne determinino l'immissione nelle acque superficiali o sotterranee, in violazione del divieto stabilito dall'art. 192, commi 1 e 2, del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152.

Per tali condotte è stabilita la pena della reclusione da un anno a cinque anni e sei mesi. La cornice edittale risulta ulteriormente elevata – con previsione della reclusione da due a sei anni e sei mesi – allorché ricorra una delle circostanze aggravanti già individuate, ossia nei casi in cui la condotta determini un concreto pericolo per la vita o l'incolumità delle persone, nonché per l'ambiente, gli ecosistemi o la biodiversità.

Anche la fattispecie relativa all'attività di gestione illecita di rifiuti non autorizzata, prevista e disciplinata dall'art. 256 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, è stata oggetto di revisione normativa.

Il testo originario del presente provvedimento qualificava come delitti le attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione od iscrizione, aventi ad oggetto sia i rifiuti non pericolosi che pericolosi. Tuttavia, a seguito delle modifiche apportate dal Senato, le fattispecie aventi ad oggetto rifiuti non pericolosi integrano un reato contravvenzionale.

Il nuovo comma 1-bis prevede, invece, la pena della reclusione da uno a cinque anni qualora dal fatto derivi un pericolo per la vita o per l'incolumità delle persone, nonché per il deterioramento o compromissione di acque, aria, suolo o sottosuolo, di ecosistemi, biodiversità, flora o fauna, oppure qualora il fatto sia commesso in siti contaminati o potenzialmente contaminati ai sensi dell'art. 240, o sulle strade di accesso a tali siti. Se ricorrono tali condizioni e i rifiuti sono pericolosi, la pena è elevata da due anni a sei anni e sei mesi.

Il comma 1 ter stabilisce la sospensione della patente di guida come sanzione accessoria qualora le violazioni di cui ai commi 1 e 1 bis siano commesse mediante veicoli a motore, mentre il comma 1-quater introduce, in caso di condanna o patteggiamento, la confisca del mezzo utilizzato, salvo che appartenga a persona estranea al reato.

Il comma 2 dell'art. 256 è stato abrogato, mentre il comma 3 è stato sostituito prevedendo la reclusione da uno a cinque anni per chi realizza o gestisce una discarica non autorizzata (c.d. discarica abusiva), in luogo della pena dell'arresto da sei mesi a due anni e dell'ammenda da 2.600 a 26.000 euro. Se la discarica è destinata anche in parte a rifiuti pericolosi, la reclusione è elevata da un anno e sei mesi a cinque anni e sei mesi.

Il nuovo comma 3 bis prevede la reclusione da due a sei anni quando il fatto comporti pericolo per la vita o l'incolumità delle persone, o per compromissione/deterioramento di acque, aria, suolo o sottosuolo, ecosistemi, biodiversità, flora o fauna, o sia commesso in siti contaminati o sulle strade di accesso agli stessi. Se ricorrono tali circostanze e la discarica è destinata anche in parte a rifiuti pericolosi, la pena è elevata da due anni e sei mesi a sette anni. In caso di condanna o patteggiamento, è prevista la confisca dell'area della discarica abusiva, salvo appartenenza a persona estranea al reato, fatti comunque salvi gli obblighi di bonifica e ripristino dello stato dei luoghi.

Salvo che il fatto costituisca un reato più grave, chiunque, pur essendo titolare delle autorizzazioni, iscrizioni o comunicazioni previste dagli articoli 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e 216, non rispetti le prescrizioni in esse contenute o richiamate, oppure operi in assenza dei requisiti o delle condizioni necessarie per le iscrizioni o comunicazioni, è punito, se il fatto riguarda rifiuti non pericolosi e non ricorrono le condizioni indicate al comma 1-bis, lettere a), numeri 1) e 2), e b), con l'ammenda da 6.000 a 52.000 euro o con l'arresto fino a tre anni (nuovo comma 4).

Il comma 5 stabilisce, invece, che chiunque effettui attività di miscelazione di rifiuti non consentite, in violazione del divieto previsto dall'articolo 187, può essere punito con l'arresto da sei mesi a due anni oppure con un'ammenda compresa tra 2.600 e 26.000 euro.

L'art. 256-bis del Testo Unico Ambientale, dedicato alla «Combustione illecita di rifiuti», è stato modificato prevedendo che le pene stabilite al comma 1 si applichino anche a chi realizza le condotte di cui all'art. 255, commi 1 e 1-bis, del d.lgs. n. 152/2006 (abbandono di rifiuti non pericolosi), quando tali condotte sono finalizzate alla successiva combustione illecita degli stessi. Inoltre, se i reati previsti dagli artt. 255-bis, 255-ter, 256 e 259 del medesimo decreto legislativo vengono commessi con lo scopo di procedere alla successiva combustione illecita dei rifiuti, le pene applicabili non possono essere inferiori a quelle previste dal comma 1.

Il nuovo comma 3-bis punisce con la reclusione da tre a sei anni la combustione di rifiuti non pericolosi in condizioni di pericolo per la vita o per l'incolumità delle persone, ovvero per il rischio di compromissione o deterioramento di acque, aria, suolo o sottosuolo, di ecosistemi, biodiversità, flora o fauna, o se il fatto è commesso in siti contaminati o potenzialmente contaminati ai sensi dell'art. 240 del d.lgs. n. 152/2006, o sulle strade di accesso a tali siti e relative pertinenze. Se i rifiuti combusti sono pericolosi, la pena è elevata da tre anni e sei mesi a sette anni.

Il nuovo comma 3-ter prevede che, qualora dalla combustione derivi un incendio, le pene indicate al comma 3-bis siano aumentate fino alla metà.

Per quanto riguarda l'art. 258, relativo alla «Violazione degli obblighi di comunicazione, di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari», la sanzione amministrativa prevista nel comma 2, che punisce chiunque omette di tenere ovvero tiene in modo incompleto il registro di carico e scarico di cui all'articolo 190, comma 1, passa «da duemila a diecimila euro» a «da quattromila a ventimila euro».

In base al nuovo comma 2-bis, all'accertamento della violazione di cui al comma 2 fa seguito, in ogni caso, la sanzione amministrativa accessoria della violazione della patente di guida, oltre che la sospensione dall'Albo nazionale dei gestori ambientali di cui all'art. 212.

Alla fattispecie delittuosa prevista nel secondo periodo del comma 4, ossia il trasporto di rifiuti senza il formulario o senza i documenti sostitutivi previsti, ovvero con un formulario contenente dati incompleti o inesatti, non si applica più «la pena dell'articolo 483 del codice penale», bensì «la pena della reclusione da uno a tre anni».

Infine, il testo inserisce il comma 4-bis che stabilisce la confisca del mezzo usato, salvo terzi estranei.

L'art. 259 del Testo Unico Ambientale, oggi rubricato «Spedizione illegale di rifiuti» in luogo della precedente denominazione «Traffico illecito di rifiuti», stabilisce al comma 1 la pena della reclusione da uno a cinque anni per chiunque effettui una spedizione di rifiuti qualificata come “spedizione illegale” ai sensi dell'art. 2, punto 35, del regolamento (CE) n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 giugno 2006, nonché dell'art. 3, punto 26, del regolamento (UE) n. 2024/1157 del Parlamento europeo e del Consiglio dell'11 aprile 2024. Qualora la spedizione riguardi rifiuti pericolosi, la pena è aumentata.

Un'ulteriore e significativa innovazione riguarda l'introduzione degli artt. 259-bis e 259-ter TUA.

In particolare, l'art. 259-bis prevede un'aggravante specifica per l'attività d'impresa, stabilendo l'aumento fino a un terzo delle pene previste dagli artt. 256, 256-bis e 259 qualora i fatti siano commessi nell'ambito di un'attività d'impresa o, comunque, di un'attività organizzata.  A seguito delle modifiche intervenute al Senato, è venuta meno la previsione della responsabilità dei titolari di impresa anche per omessa vigilanza.

Il nuovo art. 259-ter, rubricato «Delitti colposi in materia di rifiuti», espressamente prevede che «se taluno dei fatti di cui agli articoli 255-bis, 255-ter, 256 e 259 è commesso per colpa, le pene previste dai medesimi articoli sono diminuite da un terzo a due terzi».

Modifiche al decreto legislativo 14 marzo 2014, n. 49

L'articolo 1 bis, introdotto al Senato, modifica la disciplina dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE), al fine di semplificare la raccolta e il deposito dei RAEE e contrastare il fenomeno di abbandono dei rifiuti.

Modifiche al Codice Penale e al Codice di Procedura Penale

Con riferimento al Codice penale, il nuovo testo interviene sull'art. 131-bis c.p., ampliando l'elenco dei reati che escludono l'applicazione dell'istituto della particolare tenuità del fatto. In particolare, è stato modificato il terzo comma, che individua i casi in cui la causa di non punibilità non può operare, a prescindere dalla scarsa offensività della condotta.

Pertanto, in base al nuovo n. 4-ter (comma 3), l'offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità quando si procede «per i delitti consumati o tentati previsti dagli articoli 255-ter, 256, commi 1-bis, 3 e 3-bis, 256-bis, e 259 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152».

Nell'art. 452-sexies, relativo al «Traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività» , la legge n. 147/2025 introduce un inasprimento sanzionatorio, prevedendo un aumento della pena fino alla metà di quella prevista al comma 1 quando dal fatto derivi pericolo per la vita o l'incolumità delle persone; qualora il fatto sia commesso in siti contaminati o potenzialmente contaminati ai sensi dell'art. 240 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, o sulle strade di accesso a tali siti e relative pertinenze. Il terzo comma, invece, è abrogato.

Analogamente, l'art. 452-quaterdecies, «Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti», prevede pene più severe, con aumento fino alla metà, quando le condotte illecite comportano un pericolo concreto per la vita o la salute delle persone, o la compromissione o il deterioramento delle matrici ambientali e degli ecosistemi.

L'articolo 2-bis della legge, intitolato “Misure urgenti in materia di pene accessorie”, prevede per i soggetti condannati in via definitiva per determinati reati ambientali (ex inquinamento ambientale, disastro ambientale, ecc.), l'interdizione da talune licenze, autorizzazioni, concessioni, iscrizioni, attestazioni, abilitazioni ed erogazioni, elencate nel medesimo articolo. L'interdizione si applica per un periodo non inferiore ad un anno e non superiore a cinque anni e determina la decadenza dalle medesime licenze, autorizzazioni, concessioni, iscrizioni, attestazioni, abilitazioni ed erogazioni.

Inoltre, agli stessi soggetti viene imposto il divieto di stipulare contratti pubblici per lavori, servizi e forniture.

Per quanto riguarda il diritto processuale penale, la l. n. 147/2025 interviene sull'art. 382-bis c.p.p., estendendo l'arresto in flagranza differita anche ai reati ambientali gravi, quali il disastro ambientale e il traffico illecito di rifiuti. La norma consente alle forze dell'ordine di procedere all'arresto anche a distanza di tempo, quando il soggetto risulta autore del fatto sulla base di documentazione video fotografica o di altra documentazione legittimamente ottenuta da dispositivi di comunicazione informatica o telematica dalla quale emerga inequivocabilmente il reato.

Di conseguenza, in presenza dei suddetti requisiti, l'autore di uno dei predetti reati può essere arrestato non oltre il tempo necessario alla sua identificazione e, comunque, non oltre le quarantotto ore dalla realizzazione dell'illecito.

Il nuovo testo estende l'elenco dei reati per i quali può essere utilizzato l'istituto della tecnica investigativa speciale delle operazioni sotto copertura.

Modifiche al Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al d.lgs. n. 159/2011  

L'articolo 5, invece, amplia il novero dei reati per i quali può applicarsi la misura di prevenzione dell'amministrazione giudiziaria dei beni connessi ad attività economiche e delle aziende prevista dal codice delle leggi antimafia. Una disposizione introdotta nel corso dell'esame al Senato riconosce, inoltre, la facoltà di richiedere l'applicazione di tale misura, nei medesimi casi, anche al Procuratore della Repubblica presso il tribunale del circondario in cui dimora la persona sottoposta a procedimento penale la cui attività possa essere agevolata dal libero esercizio delle attività economiche.

Modifiche alla responsabilità degli Enti da reato ambientale (d.lgs. n. 231/2001)

La l. n. 147/2025 introduce delle importanti novità anche in materia di responsabilità amministrative degli Enti per i reati ambientali commessi da apicali o subordinati nel suo interesse o a suo vantaggio.

Invero, viene ampliato il catalogo dei reati presupposto sia alle nuove fattispecie introdotte per contrastare il grave e diffuso fenomeno di abbandono di rifiuti sia alle fattispecie delittuose già esistenti quali il “Traffico e l'abbandono di materiale ad alta radioattività” (Art. 452-sexies c.p.), l'”Impedimento del controllo” (Art. 452-septies c.p.) e l'omessa bonifica (Art. 452-terdecies c.p.). Inoltre, rientrano nell'art. 25-undecies del d.lgs. 231/2001 anche i nuovi reati introdotti nel sistema di tutela penale nella gestione dei rifiuti, tra i quali, l'“Abbandono di rifiuti non pericolosi in casi particolari” (Art. 255-bis d.lgs. n. 152/2006), l'“Abbandono di rifiuti pericolosi” (Art. 255-ter d.lgs. n. 152/2006), la “Combustione illecita di rifiuti” (Art. 256-bis d.lgs. n. 152/2006), anche nella forma colposa allorquando ricorre l'ipotesi di cui all'articolo 259-ter del d.lgs. n. 152/2006.

Conclusioni

Dunque, alla luce di quanto enunciato, la legge 3 ottobre 2025, n. 147, entrata in vigore l'8 ottobre 2025, rappresenta un intervento di forte impatto, che segna un cambio di passo nella disciplina dei reati ambientali: l'inasprimento delle pene, la trasformazione di contravvenzioni in delitti e l'introduzione di nuove aggravanti mirano a rafforzare la capacità repressiva dell'ordinamento.

Invero, dal “potenziamento” dell'apparato sanzionatorio e dalla riclassificazione in delitto di alcune fattispecie particolarmente diffuse, ne discende anche la possibilità di ricorrere a strumenti investigativi di maggiore incisività. In tale prospettiva, rivestono particolare importanza le intercettazioni telefoniche e ambientali, disciplinate dall'art. 266, commi 1 e 2 c.p.p., ammissibili nei procedimenti relativi a reati puniti con pena edittale massima superiore a cinque anni. A ciò si aggiunge la previsione dell'arresto in flagranza facoltativo, disciplinato dall'art. 381 c.p.p., esperibile in tutte le ipotesi in cui la pena della reclusione non sia inferiore, nel massimo, a cinque anni.

Tuttavia, non poche sono le criticità.

Anzitutto, la legge n. 147/2025 sembra privilegiare la dimensione punitiva rispetto a quella preventiva, rischiando di configurarsi più come una risposta emergenziale e simbolica che come una riforma organica e strutturale. Desta non poche perplessità la mancata estensione della misura del ravvedimento operoso anche ai delitti ambientali previsti dal Testo Unico Ambientale, oltre che per i delitti ambientali previsti dal codice penale.

Un ulteriore elemento problematico riguarda il coordinamento con la responsabilità degli enti ex d.lgs. n. 231/2001: l'estensione delle sanzioni rischia di gravare in modo sproporzionato sulle imprese senza fornire, parallelamente, strumenti di supporto o percorsi di compliance ambientale efficaci. Infine, resta il nodo delle risorse: i 15 milioni destinati al Commissario per le bonifiche, seppur rilevanti, appaiono del tutto inadeguati rispetto all'ampiezza e alla gravità del disastro ambientale nella Terra dei Fuochi.

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