Trasferimento della sede sociale all’estero e trasformazione transfrontaliera
Diego del Corral
08 Ottobre 2025
Il nuovo Decreto sulle operazioni transfrontaliere (d.lgs. n. 88/2025) chiarisce definitivamente il rapporto tra l'istituto del trasferimento della sede sociale all'estero e quello della trasformazione transfrontaliera (o internazionale) che, in passato, aveva creato rilevanti incertezze interpretative, soprattutto con riguardo all'individuazione della lex societatis. Lo stesso Decreto istituisce una complessa e articolata procedura per l'approvazione, il controllo e l'attuazione della trasformazione transfrontaliera, spesso fondato su rinvii alla disciplina della fusione transfrontaliera. All'esame di questi profili è dedicato il presente lavoro - con cui prosegue l'analisi del d.lgs. n. 88/2025, dopo le precedenti pubblicazioni
Il rapporto tra il trasferimento della sede sociale all'estero e la trasformazione transfrontaliera
Fino al 22 marzo 2023, l'ordinamento italiano era sprovvisto di una disposizione che definisse i rapporti tra l'istituto del trasferimento della sede sociale all'estero e quello della trasformazione transfrontaliera o internazionale.
Il trasferimento della sede sociale all'estero era disciplinato dall'art. 25, comma 3, L. 31 maggio 1995, n. 218 (infra, DIP), in forza del quale «i trasferimenti della sede statutaria in altro Stato e le fusioni di enti con sede in Stati diversi hanno efficacia soltanto se posti in essere conformemente alle leggi di detti Stati interessati». Vi si aggiungeva, infine, la previsione dell'art. 2437, comma 1, lett. c), c.c., che accordava il diritto di recedere ai soci che non avessero concorso alla deliberazione riguardante «il trasferimento della sede sociale all'estero».
Al contempo, l'art. 86-ter della Direttiva (UE) 2017/1132 del 14 giugno 2017 (infra, la Direttiva), introdotto con la Direttiva (UE) 2019/2121 del 17 novembre 2019, definiva la trasformazione transfrontaliera come «l'operazione mediante la quale una società, senza essere sciolta né sottoposta a liquidazione, pur conservando la propria personalità giuridica, muta il tipo in cui è iscritta nello Stato membro di partenza in uno dei tipi di società elencati nell'allegato II previsti per le società nello Stato membro di destinazione, nel quale trasferisce almeno la sede sociale». Mancava, peraltro, una definizione normativa di trasformazione internazionale (sulla cui differenza rispetto a quella transfrontaliera v. infra).
In questo contesto normativo, si erano create forti incertezze interpretative, in particolare sulla possibilità che il trasferimento della sede sociale all'estero non si associasse necessariamente al mutamento del tipo sociale e della legge applicabile alla società (c.d. lex societatis). Si contendevano il campo due teorie: la prima, nel tempo divenuta minoritaria, per la quale il trasferimento della sede sociale all'estero comportava automaticamente trasformazione della società, in quanto modificativa delle condizioni iniziali dell'investimento del socio, cui difatti la legge riconosceva il diritto di recedere; e la seconda, via via affermatasi come prevalente, secondo la quale lo stesso art. 25 DIP, al comma 1, facendo coincidere la lex societatis con «la legge dello Stato nel cui territorio è stato perfezionato il procedimento di costituzione», avrebbe consentito di scindere il profilo territoriale da quello regolatorio.
Il quadro era arricchito – e però, così, anche complicato – da articolate riflessioni sull'opportunità di adottare il criterio della sede reale (o effettiva: Sitztheorie) o quello della sede di costituzione (o di incorporazione: Gründungstheorie) per determinare la lex societatis della società trasferitasi all'estero o dall'estero; una scelta che apriva ad ulteriori valutazioni sulla compatibilità della normativa domestica con quella europea relativa alla libertà di stabilimento.
Con l'entrata in vigore del D.Lgs. 2 marzo 2023, n. 19 (infra, il Decreto) e del successivo D.Lgs. 19 giugno 2025, n. 88 (infra, il Correttivo), non residua più alcun dubbio sulla circostanza che il trasferimento della sede sociale all'estero comporti anche la trasformazione della società.
Lo attestano, in particolare: (i) l'espressa previsione che definisce la trasformazione transfrontaliera o internazionale come l'operazione con cui una società, obbedendo al principio di continuità, «muta la legge alla quale è sottoposta adottando una forma giuridica prevista dalla legge dello Stato di destinazione e fissando la sede sociale nel rispetto di tale legge» (art. 6, comma 1, del Decreto); (ii) l'abrogazione della lett. c) del comma 1 dell'art. 2437 c.c., e così la soppressione del diritto di recesso spettante al socio in caso di trasferimento della sede sociale all'estero, comunque riconosciutogli dall'art. 9 del Decreto; e (iii) l'introduzione del nuovo art. 2510-bis c.c., a mente del quale «il trasferimento all'estero della sede statutaria è posto in essere mediante trasformazione in conformità alle disposizioni che regolano le operazioni di trasformazione transfrontaliera e internazionale» (introdotto dal Decreto), e «la trasformazione effettuata ai sensi del primo comma si considera trasferimento di sede all'estero, senza riguardo al luogo in cui è fissata la sede statutaria della società risultante dall'operazione» (comma 2, introdotto dal Correttivo).
Se è vero che ogni trasferimento di sede all'estero comporta trasformazione transfrontaliera (o internazionale), non è detto che valga anche l'inverso: cioè, non è scontato che la trasformazione transfrontaliera (o internazionale) esiga anche il trasferimento della sede sociale all'estero. Potrebbero infatti concepirsi trasformazioni transfrontaliere che prevedano il mantenimento della sede sociale all'interno del Paese di origine. In fondo, il citato art. 6, comma 1, del Decreto definisce la trasformazione come un'operazione di mutamento della legge applicabile alla società, di adozione di una forma giuridica prevista dalla legge dello Stato di destinazione e – quel che più interessa qui – di fissazione della sede sociale «nel rispetto di tale legge»: pertanto, in ipotesi, è possibile che una società italiana si trasformi in una società di diverso ordinamento, tenendo ferma la propria sede sociale in Italia, purché ciò sia consentito dalla legge dello Stato di destinazione.
Né ciò è vietato dal disposto dell'art. 25, comma 1, DIP, in forza del quale continua ad applicarsi la legge italiana alle società estere la cui sede amministrativa sia situata in Italia (c.d. società esterovestite): la disposizione, infatti, non solo è stata censurata dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea, che l'ha ritenuta contrastante con gli artt. 49 e 54 TFUE nella parte in cui prevede l'applicazione generalizzata del diritto italiano a tutte le società esterovestite, ma soprattutto deve considerarsi parzialmente abrogata dal Decreto, restando in vigore per le sole operazioni di trasformazione internazionale o di trasformazione transfrontaliera non armonizzata.
Non potendosi più distinguere tra trasferimento della sede sociale all'estero e trasformazione, nel senso che si è appena precisato, occorre piuttosto stabilire – ma è un nodo che è assai più agevole sciogliere – se lo Stato di origine o quello di destinazione appartengano o non all'Unione Europea: nel primo caso, si sarà al cospetto di una trasformazione transfrontaliera; nel secondo, di una trasformazione internazionale [cfr. art. 1, lett. f) e g), del Decreto]. Per maggiore comodità, nel corso dell'esposizione si farà genericamente riferimento alla trasformazione transfrontaliera, con separata indicazione dei punti in cui la disciplina diverge rispetto alla trasformazione internazionale.
La fase decisoria: la redazione e l'approvazione del progetto di trasformazione, il diritto di recesso
Diversamente da quanto previsto dal codice civile per la trasformazione domestica, la quale si attua mediante la deliberazione assembleare di trasformazione della società e la sua iscrizione nel Registro delle Imprese, il Decreto richiede per la trasformazione transfrontaliera la redazione e l'approvazione assembleare di un apposito progetto, sul modello della fusione e della scissione.
Il Correttivo ha precisato quel che il Decreto non diceva, ma che è apparso scontato ai primi commentatori, cioè che il progetto di trasformazione deve essere redatto dall'organo amministrativo (art. 8, comma 1, del Decreto). Frutto del Correttivo è anche la previsione che «l'organo amministrativo non può delegare la redazione del progetto di trasformazione» (art. 8, comma 1-bis, del Decreto): così, la disciplina della trasformazione nelle società di capitali si allinea a quella della fusione e della scissione, la predisposizione dei cui progetti è attribuzione non delegabile ex art. 2381, comma 4, c.c. Le regole cambiano se l'ente in procinto di trasformarsi è una società di persone di diritto italiano, la cui gestione non si fonda sul metodo collegiale, ma su un sistema di amministrazione disgiuntiva o congiuntiva: nel primo caso, il progetto può essere predisposto (quindi, portato all'approvazione dei soci) da ciascun amministratore uti singulus; nel secondo caso, il progetto dovrà essere sottoscritto da tutti gli amministratori. Nonostante la dottrina prevalente sia di diverso avviso, si deve ritenere che le regole previste per le società di persone valgano anche per le s.r.l. che adottino un sistema di amministrazione non già collegiale, bensì congiuntivo o disgiuntivo: prova ne è che l'art. 2475, comma 3, ultimo periodo, c.c. espressamente richiama gli artt. 2257 e 2258 c.c., in materia di amministrazione congiuntiva o disgiuntiva; e che lo stesso comma 5 della citata disposizione, nella sua formulazione attuale, ha abbandonato il riferimento al “consiglio” di amministrazione, per attribuire genericamente all'“organo” amministrativo la competenza a varare il progetto di fusione, di scissione e – deve ritenersi, per coerenza – di trasformazione.
Il contenuto minimo del progetto di trasformazione è stabilito dall'art. 86-quinquies della Direttiva, recepito dall'art. 8, comma 1, del Decreto, e comprende, fra l'altro, il tipo, la denominazione della società e l'ubicazione della sua sede sociale nello Stato di origine e in quello di destinazione, oltre che l'atto costitutivo e lo statuto che la società adotterà nello Stato di destinazione. Come già chiarito dal Consiglio Notarile di Milano (v. la massima n. 210/2024) e ora esplicitato dall'art. 5-bis introdotto dal Correttivo, le suddette informazioni, per le trasformazioni transfrontaliere in società italiane (c.d. trasformazioni “in entrata”), ove non riportate nel progetto, possono essere oggetto di successiva integrazione, mediante: (i) dichiarazioni di scienza aventi per oggetto elementi già sussistenti, ma non menzionati nella deliberazione di trasformazione; (ii) dichiarazioni di volontà manifestate in forza di delega contenuta nella deliberazione di trasformazione, nei limiti consentiti dalla legge nel Paese di origine, il cui controllo è rimesso all'autorità competente al rilascio del certificato preliminare in detto Paese; o (iii) ulteriori decisioni o deliberazioni degli organi della società trasformanda, aventi per oggetto eventuali elementi non delegati o non delegabili. Per forza di cose, soltanto le prime due forme di integrazione possono essere rese direttamente al Notaio italiano dal richiedente, mentre la terza deve essere documentata e depositata insieme alla deliberazione di approvazione del progetto di trasformazione. Sempre secondo il Notariato milanese e la citata nuova disposizione, da un lato, le integrazioni rese nella modalità sub (ii), costituendo esercizio di una delega assembleare, possono essere effettuate dal richiedente anche all'atto di deposito della documentazione presso il Notaio italiano e possono comprendere tutte le informazioni necessarie per l'iscrizione della società trasformanda nel Registro delle Imprese (p.e., l'indicazione dell'indirizzo di ubicazione della sede sociale); dall'altro, ove necessario per ottenere la piena conformità alla normativa italiana, eventuali modificazioni statutarie da apportare successivamente al rilascio del certificato preliminare sono realizzabili dagli organi, con le procedure e le maggioranze richieste dalla legge italiana.
Il progetto deve essere iscritto nel Registro delle Imprese almeno trenta giorni [quindici, art. 4, comma 1, lett. b) del Decreto] prima della data fissata per la decisione, unitamente all'avviso ai soci, ai creditori e ai rappresentanti dei lavori che li informa della facoltà e delle modalità di presentazione di osservazioni al progetto fino a cinque giorni prima dell'assemblea; in alternativa, nel suddetto termine, il progetto e l'avviso possono essere messi a disposizione, senza oneri, sul sito Internet della società (art. 20, commi 1 e 2, del Decreto). Il progetto e l'avviso sono consultabili, sempre senza oneri, anche dal pubblico, tramite il sistema di interconnessione dei registri delle imprese (infra, il BRIS).
L'art. 86-nonies della Direttiva prescrive che il progetto venga approvato dall'assemblea dei soci, con decisione (per le società di persone) o deliberazione (per le società di capitali) consistenti in: (i) un atto pubblico, se la trasformazione è “in uscita” (art. 12, comma 1, della Direttiva); o in (ii) un verbale di deposito dell'atto redatto all'estero che attesti la deliberazione o la decisione di trasformazione e che contenga – anche in allegato – il nuovo atto costitutivo e l'eventuale statuto della società, se la trasformazione è “in entrata” (art. 12, comma 2, della Direttiva). In verità, per le trasformazioni “in entrata” è consentito al Notaio italiano di redigere egli stesso il verbale in questione, ma si tratta di uno scenario che si potrebbe verificare soltanto nell'ipotesi assai improbabile che l'ordinamento di origine lo consenta o non preveda forme di verbalizzazione della deliberazione (o della decisione) di trasformazione.
Quanto ai quorum costitutivo e deliberativo, si applica l'art. 24 del Decreto, previsto per la fusione, ma richiamato dall'art. 7, comma 1, del Decreto anche per la trasformazione. Il rinvio all'art. 2502, comma 2, c.c., operato dal comma 5 del citato art. 24, e soprattutto la formulazione del comma 3 dell'art. 86-nonies della Direttiva, non lasciano adito a dubbi: il progetto può essere modificato a maggioranza in sede assembleare (o comunque decisoria), purché le modifiche non incidano su diritti dei soci o dei terzi.
Per il caso che uno o più soci non concorrano alla deliberazione di trasformazione, l'art. 9 del Decreto attribuisce loro il diritto di recesso, in precedenza previsto – sia pure per le sole trasformazioni “in uscita”, nella forma del trasferimento della sede all'estero – dalla lett. c) del comma 1 dell'art. 2437 c.c. Tale diritto può essere esercitato entro quindici giorni dall'iscrizione della delibera nel registro delle imprese e – per chi era presente in assemblea – comunque non oltre trenta giorni dalla sua adozione (art. 25, comma 2, del Decreto), e richiede una previa adeguata informativa ai soci sul valore delle loro quote o azioni. Pertanto, l'art. 9 del Decreto richiede che: (i) il valore di liquidazione delle quote o delle azioni individuato dagli amministratori sia indicato nel progetto di trasformazione (com'è espressamente richiesto per la trasformazione domestica delle sole s.p.a. dall'art. 2437-ter, comma 5, c.c.); e che (ii) un esperto indipendente rediga un parere sulla congruità di tale valore, che deve essere depositato presso la sede sociale almeno trenta giorni prima dell'assemblea, potendo essere consultato in modalità (anche) telematica dagli interessati.
Considerato che si tratta di un'informativa pre-assembleare, in mancanza della quale i soci non potrebbero operare una scelta di voto consapevole, si deve ritenere, pur in assenza di un'espressa prescrizione normativa, che: (i) l'assemblea che decide sull'approvazione del progetto di trasformazione non possa essere convocata prima di trenta giorni dalla data in cui il parere redatto dall'esperto è stato depositato nella sede sociale; e che (ii) l'avviso di convocazione debba contenere la comunicazione ai soci dell'avvenuto deposito nella sede sociale e delle modalità di consultazione del parere redatto dall'esperto.
Come per le fusioni e le scissioni, il comma 4 dell'art. 9 del Decreto consente di fare a meno della redazione del parere da parte dell'esperto, quando vi rinunzino all'unanimità i soci e i possessori di SFP dotati di diritto di voto (ovviamente, pertinente alla deliberanda trasformazione).
La fase dei controlli: l'opposizione dei creditori e le certificazioni notarili
Per quanto concerne la tutela dei creditori sociali nelle trasformazioni “in uscita”, l'art. 10, comma 1, del Decreto prevede che il Notaio non può rilasciare il certificato preliminare (su cui v. infra), se non sono trascorsi novanta [trenta, se non si tratta di società di capitali: art. 4, comma 1, lett. b) del Decreto] giorni dal deposito per l'iscrizione nel Registro delle Imprese del progetto di trasformazione, termine entro il quale i creditori anteriori all'iscrizione, ove temano (i.e., alleghino e provino) di ricevere concreto pregiudizio dalla trasformazione, possono opporvisi. Come correttamente rilevato in dottrina, il suddetto termine decorre non già dal deposito, ma dalla iscrizione del progetto nel Registro delle Imprese. È permesso anticipare il rilascio del certificato preliminare, quando i creditori sociali anteriori all'iscrizione del progetto vi abbiano acconsentito, siano stati pagati o vengano comunque tutelati mediante il deposito cauzionale presso una banca delle somme loro spettanti.
Al primo scrutinio sulla trasformazione, sollecitato dai creditori sociali a tutela del loro interesse particolare, si affianca il controllo di legalità, a presidio dell'interesse generale.
Il controllo di legalità è bifasico ed è affidato alle autorità individuate come competenti nello Stato di origine e in quello di destinazione: in Italia, il Notaio (art. 5 del Decreto).
L'autorità competente nello Stato di origine rilascia il c.d. certificato preliminare, un atto che attesta il rispetto delle regole procedimentali e comunque applicabili nello Stato di origine. L'autorità competente nello Stato di destinazione completa il controllo, verificando che le regole stabilite nell'atto costitutivo e nello statuto risultante dalla trasformazione siano conformi alle norme dell'ordinamento di arrivo.
Nel dettaglio, per le trasformazioni “in entrata”, l'art. 13, commi 1 e 2, della Direttiva richiede che il Notaio, entro trenta giorni dal ricevimento del certificato preliminare e della deliberazione che approva il progetto di trasformazione, verifichi che la società “in entrata” rispetti i requisiti per l'iscrizione nel Registro delle Imprese; e, quando necessario, si accerti che siano state osservate le regole sulla partecipazione dei lavoratori al procedimento di trasformazione.
In caso di esito positivo di tali verifiche, il Notaio può procedere al rilascio dell'attestazione di legalità. Altrimenti, deve comunicare senza indugio alla società (i.e., agli amministratori) le cause che ostano al suddetto rilascio. La società ha l'onere di presentare osservazioni scritte entro dieci giorni dalla comunicazione del Notaio (art. 13, comma 4-ter, del Decreto); se del caso, il Notaio può assegnarle un termine per provvedere ad eventuali integrazioni documentali (art. 13, comma 4-bis, del Decreto). Se sorgono conflitti tra la legge dello Stato di origine e quella dello Stato di destinazione in ordine agli adempimenti richiesti per l'attuazione della trasformazione successivi al rilascio del certificato preliminare, il comma 2-bis dell'art. 7 del Decreto prevede espressamente che «prevale la legge dello Stato di destinazione».
Quando, invece, si tratta di una trasformazione “in uscita”, a rilasciare, tramite il BRIS, il certificato preliminare è il Notaio italiano, su richiesta della società ed entro trenta giorni (termine prorogabile in presenza di ragioni di eccezionale complessità) dal ricevimento della documentazione di cui al comma 2 dell'art. 29 del Decreto. In caso di inerzia o di diniego da parte del Notaio, gli amministratori possono ricorrere al Tribunale che, verificato l'adempimento delle condizioni richieste dalla legge e sentito il Pubblico Ministero, può rilasciare con decreto il certificato preliminare (art. 29, comma 7, del Decreto).
Il certificato preliminare viene rilasciato solo all'esito positivo degli accertamenti previsti dal comma 3 dell'art. 29 del Decreto: inter alia, che la deliberazione (o la decisione) di trasformazione sia stata iscritta nel Registro delle Imprese; che sia decorso il termine per l'opposizione dei creditori (oppure che tale opposizione, se presentata, sia stata rigettata); e che siano state osservate (se applicabili) le norme sulla partecipazione dei lavoratori al procedimento di trasformazione e che la trasformazione non sia stata effettuata per scopi manifestamente abusivi o fraudolenti.
Il sistema appena riassunto istituisce una precisa ripartizione dei compiti tra le autorità preposte ai controlli di legalità, ciascuna responsabile in via esclusiva della correttezza delle proprie verifiche. È chiaro, però, che quando non è possibile ricevere dall'estero il certificato preliminare, perché lo Stato di origine non presenta una disciplina armonizzata con quella dell'Unione Europea – in breve, in caso di trasformazione internazionale o di trasformazione transfrontaliera non armonizzata – questo sistema non funziona più. A quel punto, il controllo di legalità, vertendo esclusivamente sul rispetto dei requisiti di cui all'art. 25, comma 3, DIP, sarà affidato in unica istanza al Notaio italiano.
La fase attuativa: la pubblicità della deliberazione, l'efficacia e gli effetti della trasformazione
Della deliberazione (o decisione) di trasformazione occorre dare pubblicità, a norma dell'art. 14 del Decreto.
Se la trasformazione è “in uscita”, il comma 1 del citato art. 14 – nella sua formulazione emendata dal Correttivo, che tiene conto dei rilievi critici avanzati dal Consiglio Notarile di Milano sul testo originario – prevede che debba procedersi all'iscrizione nel Registro delle Imprese della deliberazione (o decisione) di trasformazione, entro trenta giorni dalla sua adozione, seguita dall'iscrizione del certificato preliminare dapprima e dell'attestazione di legalità dipoi.
Se la trasformazione è “in entrata”, invece, si procede all'iscrizione, in unica fascicolazione, di tutti i suddetti atti, una volta che gli amministratori abbiano ottenuto il rilascio dell'attestazione di legalità (art. 14, comma 2, del Decreto).
Quanto agli effetti della trasformazione, l'art. 15 del Decreto pone un'importante distinzione. Nel caso di trasformazione “in uscita”, la data da cui la trasformazione ha effetto è determinata dalla legge applicabile nel Paese di destinazione, fermo restando che la cancellazione della società dal Registro delle Imprese italiano è disposta non appena (quindi, non prima che) l'ufficio estero competente provveda all'iscrizione della società risultante dalla trasformazione: così si evita il rischio che la stessa società – pur non essendo mai stata liquidata, ma soltanto trasformata – per un determinato lasso temporale non risulti né dal registro dello Stato di origine né da quello dello Stato di destinazione.
Nel caso di trasformazione “in entrata”, invece, gli effetti si producono soltanto con l'iscrizione dell'atto costitutivo nel Registro delle Imprese italiano, competente per territorio, fermo restando che nel progetto è possibile prevedere la post-datazione degli effetti della trasformazione.
L'art. 11 del Decreto stabilisce che, per i due anni successivi alla data di efficacia della trasformazione transfrontaliera (quindi, dopo due anni e mezzo o tre, se p.e. l'efficacia è stata post-datata di sei o dodici mesi), la società risultante dalla trasformazione può essere convenuta avanti all'Autorità Giudiziaria dello Stato di origine, dal creditore anteriore all'iscrizione del progetto di trasformazione nel Registro delle Imprese. Si tratta di una proroga che istituisce, a favore dell'attore, un foro facoltativo che si aggiunge a quello della sede nel Paese di destinazione, allo scopo di scoraggiare fenomeni di forum shopping.
Infine, quanto agli effetti della trasformazione, l'art. 15, comma 3, del Decreto ricalca il tenore letterale dell'art. 2498 c.c., sancendo che «la società risultante dalla trasformazione conserva i diritti e gli obblighi e prosegue in tutti i rapporti anche processuali della società che ha effettuato la trasformazione»: è il c.d. principio di continuità, che dà senso all'operazione in esame e la distingue da altri schemi giuridici, come lo scioglimento della società e il conferimento dell'attivo di liquidazione in una società di nuova costituzione.
In conclusione
Il Decreto sulle operazioni transfrontaliere ha posto fine a dubbi e incertezze interpretative, rispetto al trasferimento della sede sociale all'estero, accorpando la fattispecie a quella della trasformazione transfrontaliera o internazionale.
Così facendo, il legislatore italiano ha reso maggiormente prevedibili i costi e gli adempimenti a carico della società che intenda trasferire la propria sede legale in altra giurisdizione, considerato che tale decisione non può attuarsi se non tramite il procedimento di trasformazione.
Tale procedimento, tuttavia, risulta articolato in più fasi, a loro volta suddivise in numerose sotto-fasi, e condivide buona parte della disciplina con quella prevista per la fusione transfrontaliera, nonostante le differenze tra i due istituti, sicché è particolarmente complesso ricostruirne con esattezza i passaggi. Diviene, dunque, centrale il ruolo svolto dal Notaio, professionista al quale il Decreto affida l'esercizio di delicate funzioni di controllo sulla procedura.
Guida all'approfondimento
Per approfondimenti, si suggerisce la lettura dei seguenti scritti:
M.V. Benedettelli, Introduzione al diritto internazionale privato ed europeo delle società, in Aa.Vv., Diritto societario europeo ed internazionale diretto da Benedettelli e Lamandini, Bologna, 2017, pp. 61-67.
A. Busani, Fusioni, scissioni e trasformazioni transfrontaliere e internazionali, seconda ed., Milano, 2023.
N. De Luca, Prime riflessioni sul nuovo art. 2510-bis c.c., in materia trasferimento della sede societaria all'estero. Veramente l'Italia abbandona il criterio dell'incorporazione?, in RDS, 2/2024, pp. 243-262.
S. Luoni-M. Cavanna, Trasferimento di sede all'estero: questioni applicative (Nota a Trib. Milano, 17 ottobre 2024), in Giur. it., 2025, pp. 1586-1589.
F. Magliulo, L'attuazione della direttiva (UE) 2019/2121 nell'ordinamento italiano, in Riv. not., 2023, pp. 481-645.
F. Magliulo, La disciplina delle operazioni straordinarie transfrontaliere ed internazionali dopo il Decreto Correttivo n. 88/2025, in Riv. not., 2025, pp. 701-883.
M. Migaldi, Trasformazione transfrontaliera e trasferimento di sede sociale all'estero: il nuovo art. 2510-bis c.c. rompe gli equilibri?, in ODC, 1/2025, pp. 316-347.
F.M. Mucciarelli, Società costituite all'estero. Trasferimento della sede all'estero, in L. Enriques-F.M. Mucciarelli, Società costituite all'estero. Trasferimento della sede all'estero, in Commentario del Codice Civile e codici collegati Scialoja-Branca-Galgano a cura di De Nova, Bologna, 2024.
C. Rinaldo, Per una ricostruzione sistematica della trasformazione transfrontaliera, in Riv. soc., 2024, pp. 407-433.
Quanto alla giurisprudenza e alla prassi notarile, si segnalano soprattutto:
CGUE, 9 marzo 1999, causa C-212/97, caso Centros.
CGUE, 16 dicembre 2008, causa C-210/06, caso Cartesio.
CGUE, 25 ottobre 2017, causa C-106/16, caso Polbud.
CGUE, 25 aprile 2024, causa C-276/22, caso Castello di Tor Crescenza.
Cass., Sez. II, 7 maggio 2025, n. 11964.
Consiglio Nazionale del Notariato, Studio n. 44-2023/I – La nuova trasformazione transfrontaliera fra Gründungstheorie e Sitztheorie, 27 luglio 2023.
Consiglio Notarile di Firenze, Orientamento n. 90/2024 – Ampliamento del contenuto minimo del progetto di trasformazione/fusione/scissione transfrontaliera, reperibile all'indirizzo Internet https://consiglionotarilefirenze.it.
Consiglio Notarile di Milano – Commissione Società, Massima n. 210 – Trasformazione transfrontaliera “in entrata”: completamento dei dati rilevanti per l'iscrizione nel registro delle imprese, 27 dicembre 2024, reperibile all'indirizzo Internet https://consiglionotariledimilano.it.
Consiglio Notarile di Milano – Commissione Società, Massima n. 211 – Trasformazione transfrontaliera “in uscita”: iscrizione nel registro delle imprese della delibera, del certificato preliminare e dell'attestato di controllo all'estero, 27 dicembre 2024, reperibile all'indirizzo Internet https://consiglionotariledimilano.it.
Vuoi leggere tutti i contenuti?
Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter continuare a
leggere questo e tanti altri articoli.
Sommario
Il rapporto tra il trasferimento della sede sociale all'estero e la trasformazione transfrontaliera
La fase decisoria: la redazione e l'approvazione del progetto di trasformazione, il diritto di recesso
La fase dei controlli: l'opposizione dei creditori e le certificazioni notarili
La fase attuativa: la pubblicità della deliberazione, l'efficacia e gli effetti della trasformazione