Le note di variazione IVA in aumento ed in diminuzione nella procedura di liquidazione giudiziale
Lorenzo Gambi
10 Ottobre 2025
Il documento analizza la disciplina delle note di variazione IVA (note di debito e di credito) con particolare attenzione alle modifiche introdotte dal legislatore e al loro impatto nelle procedure concorsuali e, in particolare, nella liquidazione giudiziale.
Le note di variazione IVA sotto un profilo generale
Accade, nella realtà operativa, che dopoché il contribuente abbia emesso una fattura per cessione di beni e/o prestazioni di servizi imponibili ai fini IVA, debba essere apportata una modifica rispetto all'imponibile e/o all'imposta indicati in fattura.
La nota di variazione assolve tale finalità.
La stessa può essere emessa sia in aumento, sia in diminuzione del tribuito IVA.
Le variazioni dell'imponibile e/o dell'imposta sono disciplinate dall'art. 26 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.
Il primo comma dell'art. 26 cit. disciplina il caso delle variazioni in aumento – le cd. “note di debito” –, disponendo quanto segue.
Il contribuente è tenuto ad osservare le disposizioni sulle fatturazioni delle operazioni “attive”, ex art. 21 e ss. d.P.R. n. 633/1972, con riferimento al maggior ammontare del tributo, laddove, dopo l'emissione della fattura ovvero la propria registrazione, aumenti – per qualsiasi motivo – l'imponibile e/o l'imposta.
La norma impone dunque al contribuente di emettere un nuovo documento – la nota di debito IVA – che vada a rettificare l'originaria fattura emessa dallo stesso emessa, evidenziando il maggior tributo dovuto.
La nota di debito può essere emessa sotto forma di fattura semplificata, ex art. 21-bis d.P.R. n. 633/1972, con i seguenti elementi “minimi” (Agenzia delle Entrate, circolare n. 18/E/2014):
data emissione del documento;
numero progressivo dello stesso;
dati e partita IVA del contribuente cedente/prestatore;
dati e partita IVA del cessionario/committente;
descrizione dei beni ceduti e/o dei servizi resi;
riferimento alla fattura oggetto di rettifica;
indicazione degli elementi oggetto di rettifica.
Le note di debito emesse oltre il termine ordinario comportano l'applicazione di sanzioni ed interessiex art. 6, comma 1, d.lgs. n. 471/1997; le stesse possono essere peraltro oggetto di “ravvedimento operoso”.
Quanto sopra, sempreché la modifica sia diretta conseguenza di circostanze e/o fatti imputabili al cedente/prestatore: in caso contrario, non si rende dovuto alcun accessorio del tributo.
Le variazioni in diminuzione – le cd. “note di credito” – sono disciplinate dal secondo comma dell'art. 26 d.P.R. n. 633/1972.
Qualora un'operazione per la quale sia stata emessa e registrata una fattura venga meno – in tutto o in parte –, ovvero se ne riduca l'imponibile, in conseguenza di:
dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili;
applicazione di abbuoni o sconti previsti dalle parti nell'accordo contrattuale,
il cedente/prestatore ha diritto di portare in detrazione l'imposta corrispondente alla variazione exart. 19 del d.P.R. n. 633/1972, registrandola a norma del successivo art. 25.
Mentre l'emissione della nota di debito è un obbligo per il contribuente, l'emissione della nota di credito è, per costui, una mera facoltà (Ministero delle Finanze, circolare n. 13/E/1994); il contribuente ha peraltro il concreto interesse a rettificare, in diminuzione, l'importo del tributo a suo tempo fatturato a proprio debito.
Come previsto dall'art. 26, comma 3, d.P.R. n. 633/1972, la nota di credito non può essere emessa decorso un anno dall'effettuazione dell'operazione imponibile qualora le circostanze e/o gli eventi ivi indicati si verifichino in dipendenza di un sopravvenuto accordo fra le parti.
Sempre non oltre l'anno dall'emissione della fattura può essere emessa la nota di credito, in caso di rettifiche di inesattezze nella stessa fatturazione che abbiano dato luogo all'applicazione dell'art. 21, comma 7, d.P.R. n. 633/1972. In base a tale norma, se il cedente/prestatore abbia emesso una fattura per operazioni inesistenti, ovvero vi abbia indicato una base imponibile e/o un'aliquota superiori a quelle reali, il tributo è comunque dovuto per l'intero ammontare indicato in fattura.
Per effetto del richiamo che l'art. 26, comma 2, fa all'art. 19, comma 1, del d.P.R. n. 633/1972, ai fini della detraibilità del tributo le note di credito devono essere emesse non oltre il termine previsto per la presentazione della dichiarazione IVA relativa all'anno in cui si sia verificato il presupposto della variazione (Agenzia delle Entrate, risoluzione n. 499/E/2008).
Se il cedente/prestatore si avvale della facoltà di emettere la nota di credito IVA nei termini sopra indicati, il cessionario/committente che abbia già registrato l'operazione ex art. 25 d.P.R. n. 633/1972, a propria volta, deve registrare la nota di credito nei propri registri delle vendite, nei termini previsti dagli artt. 23-24 dello stesso decreto.
Quanto sopra, nei limiti della detrazione operata dal cedente/prestatore e sempre salvo il diritto del cessionario/committente alla restituzione dell'importo del tributo pagato in eccesso (art. 26, comma 5, D.P.R. n. 633/1972).
Evoluzione storica delle note di credito IVA in ambito concorsuale
Le note di variazione in aumento dell'imponibile e/o del tributo (note di debito) hanno lo stesso trattamento sia per le imprese “in bonis”, sia per le imprese che accedano ad uno degli strumenti previsti dal d.lgs. n. 14/2029 (codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza).
Il contribuente che abbia fatto ricorso ad uno degli strumenti di gestione/regolazione della crisi è sempre tenuto ad osservare le disposizioni ex art. 26, comma 1, d.P.R. n. 633/1972.
La nota di debito deve pertanto essere emessa quando, dopo l'emissione/registrazione della fattura, l'imponibile ovvero l'imposta aumenti, per qualsiasi motivo, compresa la rettifica di inesattezze nella fatturazione.
In ambito di fallimento, prima, e, poi, a seguito dell'introduzione del codice della crisi, di liquidazione giudiziale, il soggetto tenuto a compiere quanto previsto dall'art. 26, comma 1, D.P.R. n. 633/1972 è il curatore. Ciò, avuto riguardo agli effetti di “spossessamento pieno” riconducibili all'apertura della procedura concorsuale maggiore, e ciò anche ai fini tributari inerenti al patrimonio d'impresa.
Un trattamento “speciale”, invece, per il caso in cui il contribuente si avvalga di uno strumento di gestione/regolazione della crisi, è previsto per le note di variazione in diminuzione dell'imponibile e/o del tributo (note di credito).
In origine, sin dal 1997 (v. art. 13-bis, comma 1, d.l. n. 79/1997), le note di credito IVA in ambito di procedure concorsuali e/o di strumenti di gestione della crisi sono state disciplinate dall'art. 26, comma 2, D.P.R. n. 633/1972, nei termini che seguono.
In caso di mancato pagamento, in tutto o in parte, del corrispettivo relativo ad un'operazione fatturata, in conseguenza di:
assoggettamento del contribuente a procedure concorsuali (ed anche a procedure esecutive individuali)
accordo di ristrutturazione dei debiti o di un piano di risanamento attestato,
la nota di credito poteva essere emessa, rispettivamente:
dal momento in cui fosse stata accertata la infruttuosità della procedura concorsuale (ovvero della procedura esecutiva individuale),
dalla data di omologazione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti, nonché di pubblicazione presso il Registro delle imprese del piano di risanamento attestato.
Secondo la prassi erariale, il mancato pagamento, in tutto o in parte, del corrispettivo, a causa di procedure concorsuali, rimaste infruttuose (con riferimento al fallimento), veniva ad esistenza (quale presupposto per l'emissione della nota di credito), laddove «il soddisfacimento del creditore attraverso l'esecuzione collettiva sul patrimonio dell'imprenditore viene meno, in tutto o in parte, per insussistenza di somme disponibili, una volta ultimata la ripartizione dell'attivo» (così, Ministero delle Finanze, circolare n. 77/E/2000).
Pertanto, il dies a quo ai fini dell'emissione della nota di credito veniva a coincidere:
con la data di scadenza del termine per le osservazioni al piano di ripartizione finale nell'ambito del fallimento del cessionario/committente ex art. 110 l. fall.
con la data di scadenza del termine per la proposizione del reclamo avverso il decreto di chiusura ex art. 119 L. Fall., in caso di mancato deposito del piano di riparto finale.
Il citato art. 26, comma 2, d.P.R. n. 633/1972, sino al 1997, prevedeva, invece, quale momento a partire dal quale il contribuente avrebbe potuto emettere la nota di credito, non già la data di accertamento della “infruttuosità” del fallimento del cessionario/committente, bensì – con norma di favor nella prospettiva del debitore d'imposta – la (antecedente) data di “avvio” dello stesso.
Come ricordato, l'art. 26, comma 2, d.P.R. n. 633/1972 è rimasto in vigore, nella versione post 1997, sino al d.l. 25 maggio 2021, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 luglio 2021, n. 106 (cd. Decreto Sostegni-bis). Il legislatore, attraverso l'art. 18 del citato d.l. n. 73/2021, nel modificare nei termini di cui infra l'art. 26, ha recepito quell'orientamento della giurisprudenza unionale secondo il quale gli Stati membri non possono subordinare la riduzione dell'imponibile all'infruttuosità di una procedura concorsuale qualora la stessa possa durare più di dieci anni (Corte di Giustizia Ue, sentenza 23 novembre 2017, causa C-246/16).
L'art. 18, comma 2, d.l. n. 73/2021, ha così introdotto, all'interno dell'art. 26 del d.P.R. n. 633/1972, in ambito di note di variazione in diminuzione IVA, il nuovo comma 3-bis, applicabile alle (sole) procedure aperte dalla data del 26 maggio 2021.
Secondo tale novella, le note di credito correlate al mancato pagamento del corrispettivo da parte del cessionario/committente possono essere emesse a partire dalla data in cui lo stesso sia assoggettato ad una procedura concorsuale ovvero dalla data del decreto che omologhi un ADR o dalla data di pubblicazione nel Registro delle imprese di un piano di risanamento attestato (oltreché a causa di procedure esecutive individuali rimaste infruttuose).
Le note di variazione IVA (in aumento e diminuzione) nella liquidazione giudiziale
Come ricordato, le note di debito IVA hanno lo stesso trattamento, sotto il profilo sostanziale, sia per le imprese “in bonis”, sia per le imprese che accedano ad uno degli strumenti previsti dal Codice della crisi.
Con particolare riferimento alla liquidazione giudiziale, al verificarsi di uno o più eventi che determinino l'incremento dell'imponibile e/o del tributo indicati in fattura, il curatore è tenuto ad osservare le disposizioni ex art. 26, comma 1, d.P.R. n. 633/1972, in tema di note di debito.
Quanto sopra, sul presupposto che l'originaria fattura sia stata emessa e registrata dal curatore dopo l'apertura della liquidazione giudiziale.
Sul punto, l'art. 74-bis, comma 2, d.P.R. n. 633/1972 prevede, per le operazioni effettuate dopo l'apertura del concorso, che gli adempimenti IVA sono effettuati dal curatore.
In particolare, le fatture devono essere emesse entro trenta giorni dal momento di effettuazione delle operazioni sottostanti (e le liquidazioni periodiche devono essere eseguite se, nel periodo di riferimento, siano state registrate operazioni imponibili).
Con riferimento, invece, al periodo precedente l'apertura del concorso, l'art. 74-bis, comma 1, d.P.R. n. 633/1972 prevede che il curatore assolva gli obblighi di fatturazione/registrazione relativi alle operazioni IVA qualora i relativi termini ordinari non siano scaduti alla data di apertura della procedura.
Nessun obbligo, in ambito di tributo IVA, ricade dunque sul curatore in relazione ad operazioni poste in essere dal debitore prima dell'apertura del concorso qualora i termini di legge siano scaduti alla data della pubblicazione della relativa sentenza.
Le note di variazione IVA in diminuzione dell'imponibile e/o dell'imposta in ambito di liquidazione giudiziale seguono invece, come ricordato, il regime “speciale”, come definito dall'art. 26, comma 3-bis, d.P.R. n. 633/1972.
La nota di credito, in caso di mancato pagamento – in tutto o in parte – del corrispettivo oggetto di precedente fatturazione, può essere emessa dal cedente del bene e/o dal prestatore del servizio a partire dalla pubblicazione della sentenza di apertura della liquidazione giudiziale nei confronti del debitore (cessionario/committente) ex art. 49 CCII.
Quanto sopra, è precisato anche dall'art. 26, comma 10-bis, d.P.R. n. 633/1972: il debitore è considerato assoggettato alla procedura concorsuale dalla data della sentenza dichiarativa del fallimento (rectius, liquidazione giudiziale, ex d.lgs. n. 14/2029).
Secondo la ricordata prassi erariale, la nota di credito deve essere emessa non oltre il termine – decadenziale – previsto per la presentazione della dichiarazione IVA relativa all'anno d'imposta in cui si sia aperta la liquidazione giudiziale nei confronti del cessionario/committente (momento in cui sorge il diritto alla detrazione).
Il contribuente può emettere la nota di credito in relazione all'intero ammontare del tributo IVA già oggetto di fatturazione e non riscosso (Agenzia delle Entrate, circolare n. 20/E/2021).
Peraltro, ex art. 26, comma 5-bis, D.P.R. n. 633/1972, se all'esito della liquidazione concorsuale il corrispettivo fosse poi riscosso, in tutto o in parte, il contribuente dovrà emettere una nota di variazione in aumentoex art. 26, comma 1.
Allo stesso tempo, il debitore che abbia annotato la nota di credito IVA nei registri delle operazioni “attive”, ai sensi degli artt. 23-24 d.P.R. n. 633/1972, avrà diritto di portare in detrazione il tributo corrispondente alla successiva variazione in aumento.
Resta peraltro ferma la facoltà, per il contribuente, di non emettere la nota di credito al momento dell'apertura della procedura concorsuale ed attendere la definitiva infruttuosità della stessa (riparto finale negativo ovvero sentenza di chiusura del procedimento), nei termini generali ex art. 26, comma 2, d.P.R. n. 633/1972 (Agenzia delle Entrate, risposta ad interpello n. 485/2022).
Per le procedure liquidatorie aperte alla data dal 26 maggio 2021, per effetto della norma transitoria ex art. 18 del D.L. n. 73/2021, continua ad applicarsi l'art. 26, comma 2, d.P.R. n. 633/1972, nei termini introdotti dall'art. 13-bis, comma 1, D.L. n. 79/1997 (infruttuosità della procedura concorsuale).
Proseguendo nell'esposizione, secondo la prassi erariale se il tributo IVA di cui all'originaria fattura è riscosso in parte, la relativa nota di credito non può riguardare il solo tributo, dovendo, il contribuente, procedere, ai fini della variazione, alla ripartizione proporzionale del corrispettivo incassato tra imponibile ed imposta (Ministero delle Finanze, circolare n. 77/E/2000, cit.).
In conformità ai dettami della Direttiva IVA-2006/112 (v. art. 90), la facoltà per il contribuente di emettere la nota di credito nei confronti del debitore sottoposto a liquidazione giudiziale può essere esercitata anche qualora il cedente/cessionario non presenti la domanda di ammissione al passivo ex art. 201 e ss. CCII (Agenzia delle Entrate, circolare n. 20/E/2021, cit.).
Un aspetto rilevante, sotto il profilo degli adempimenti IVA, riguarda la posizione della curatela che riceva dal cedente/prestatore la nota di credito emessa ex art. 26, comma 3-bis, d.P.R. n. 633/1972.
Sotto un profilo generale, come ricordato, se il cedente/prestatore si avvale della facoltà di emettere la nota di credito, il cessionario/committente – a propria volta – deve registrare la nota di credito medesima nei propri registri delle operazioni attive (art. 26, comma 5, D.P.R. n. 633/1972).
Sino al 2021, non vi era all'interno del sistema alcuna norma che esentasse, ove il debitore fosse sottoposto a procedure concorsuali, la curatela – in ipotesi di fallimento/liquidazione giudiziale – dall'annotare eventuali note di credito ricevute nei registri delle operazioni attive ex artt. 23-24 d.P.R. n. 633/1972.
Nella prassi operativa, le curatele, eseguito l'approvato piano di riparto finale – o comunque a seguito della sentenza di chiusura del procedimento –si sono perlopiù limitate ad archiviare le note di credito ricevute, per “infruttuosità” della liquidazione, senza alcuna registrazione nei registri delle operazioni vendite/corrispettivi.
La correttezza di tale prassi – con particolare riferimento alle procedure concorsuali maggiori – è stata “validata” dal legislatore tributario nel corso del 2021, tramite l'art. 18 del d.l. n. 73/2021.
Tale norma è andata ad integrare l'art. 26, comma 5, D.P.R. n. 633/1972, introducendovi, quale disposizione “speciale”, il seguente ultimo periodo: «l'obbligo di rettificare il tributo originariamente detratto dal cessionario/committente non si applica nel caso in cui lo stesso sia sottoposto ad una delle procedure concorsuali di cui all'art. 26, comma 3-bis, lett. a), D.P.R. n. 633/1972».
Trattasi, per concludere, come confermato dall'ente erariale, delle procedure di fallimento (rectius, liquidazione giudiziale ex D.Lgs. n. 14/2019), liquidazione coatta amministrativa e concordato preventivo, tanto liquidatorio, quanto in continuità aziendale (Agenzia delle Entrate, circolare n. 20/E/2021, cit.).
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Le note di variazione IVA (in aumento e diminuzione) nella liquidazione giudiziale