Rito unico in materia di persone, minorenni e famiglie: esclusi i dubbi di legittimità costituzionale

La Redazione
14 Ottobre 2025

La Corte Costituzionale ha affermato che il termine minimo di 10 giorni concesso all’attore per reagire alla domanda riconvenzionale del convenuto, previsto dall’art. 473-bis c.p.c., non viola il diritto di difesa né il principio della parità delle armi, rigettando le questioni di legittimità costituzionale sollevate in relazione agli artt. 24 e 111 Cost.

La Corte ha riconosciuto l'ampia discrezionalità del legislatore nella materia processuale, purché non si superino i limiti della ragionevolezza e proporzionalità. Non è dunque stata ravvisata una disparità di trattamento rispetto ad altri riti civili.

Il nodo centrale della questione riguardava la presunta compressione del diritto di difesa e la violazione del principio della parità delle armi, in relazione all'art. 473-bis del codice di procedura civile.

Il termine minimo di dieci giorni per la replica, previsto dal legislatore, è stato ritenuto dalla Consulta adeguato e rispettoso dei principi costituzionali. La Corte ha sottolineato come il legislatore, in materia processuale, goda di un'ampia discrezionalità, che incontra solo il limite della manifesta irragionevolezza o sproporzione: tali limiti, nel caso di specie, non sono stati superati. La disciplina processuale mira, infatti, a garantire concentrazione e speditezza del procedimento, senza sacrificare le prerogative difensive delle parti.

Inoltre, la previsione della decadenza per il mancato esercizio nel termine riguarda esclusivamente i diritti disponibili, rafforzando il bilanciamento tra speditezza e tutela effettiva. La Corte ha anche escluso violazioni del principio della parità delle armi, evidenziando che entrambe le parti godono degli stessi strumenti di tutela e possibilità di esercizio. Si precisa come la posizione processuale dell'attore, rispetto a quella del convenuto, consenta un margine di previsione maggiore sulle possibili reazioni della controparte.

Infine, è stata esclusa ogni irragionevole disparità di trattamento con altri riti civili, considerando la specificità del nuovo rito speciale. La decisione della Consulta conferma dunque la tenuta costituzionale della disciplina e rassicura operatori e interpreti del diritto di famiglia circa la coerenza delle recenti riforme processuali.

Fonte: (Diritto e giustizia)

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