L’esclusione del socio moroso dalla società cooperativa

16 Ottobre 2025

Anche nelle società cooperative possono emergere contrasti tra la società e un socio, che possono portare – nei casi più gravi – all'esclusione del socio. La conseguenza dell'esclusione è la risoluzione anche del rapporto mutualistico. In questo articolo analizziamo la giurisprudenza in tema di esclusione del socio dalla cooperativa, avuto particolare riguardo ai casi di morosità del socio.

Il quadro normativo

Un evento così dirompente come l'esclusione del socio, che pone fine al rapporto societario, deve conoscere dai limiti imposti dalla legge ed eventualmente dallo statuto. L'esclusione prescinde dalla volontà del socio e, come tale, è un atto particolarmente forte.

Nel contesto delle società cooperative, gli artt. 2531 e 2533 c.c. disciplinano l'esclusione del socio. Nel caso dell'art. 2531 c.c., si tratta di esclusione per morosità: il socio non paga le quote o le azioni e, per questa ragione, viene escluso dalla società. Nella diversa fattispecie dell'art. 2533 c.c., la legge elenca una serie di altre situazioni in cui il socio può essere escluso: tra di esse, la più rilevante, dal punto di vista pratico, è costituita dalle  gravi inadempienze del socio medesimo. La morosità è, per definizione, una inadempienza del socio. L'esclusione ha effetti importanti, in quanto determina la cessazione del rapporto sociale e del rapporto mutualistico (così l'ultimo comma dell'art. 2533 c.c.). Quali conseguenze dell'esclusione, da un lato al socio escluso deve essere rimborsato il valore delle quote o azioni; dall'altro lato, l'esclusione porta con sé la risoluzione del rapporto mutualistico.

In questo articolo analizziamo la giurisprudenza sull'esclusione del socio di cooperativa, soffermandoci sulla fattispecie della morosità del socio. I mancati pagamenti dei soci possono riguardare le quote o azioni oppure (caso più frequente) il mancato pagamento dei canoni nelle società cooperative edilizie. Può infine capitare, sempre nelle cooperative edilizie, che il socio non paghi il prezzo concordato per il trasferimento della proprietà dell'alloggio.

In caso di morosità del socio, l'esclusione non è un effetto automatico. La società cooperativa rimane sempre libera di agire per l'adempimento del pagamento. Se il socio - seppure in ritardo – paga, vengono meno i presupposti per la sua esclusione. Al più, il socio dovrà corrispondere interessi di mora sulle somme per cui è in ritardo. Come vedremo però a breve, esaminando i singoli precedenti giurisprudenziali, spesso la morosità si prolunga per un tale lasso di tempo che la cooperativa si vede “costretta” a escludere il socio dalla società, anche al fine di ottenere il rilascio dell'immobile, occupato senza il versamento del corrispettivo.

Conferimenti e morosità

Il primo caso previsto legislativamente di esclusione del socio di cooperativa si ha nelle ipotesi dell'art. 2531 c.c.: “il socio, che non esegue in tutto o in parte il pagamento delle quote o delle azioni sottoscritte può, previa intimazione da parte degli amministratori, essere escluso a norma dell'articolo 2533”.

Senza i conferimenti, la società è in difficoltà nell'operare. Sotto un altro profilo, il mancato pagamento dei conferimenti determina una ingiustificata disparità di posizione fra i soci che hanno pagato e quelli che non hanno pagato. Per queste ragioni, la legge prevede che i soci che non hanno pagato possano essere esclusi. La disposizione stabilisce che il socio “può” essere escluso, non trattandosi dunque di un obbligo in capo alla società. Va peraltro detto che, a fronte del persistente mancato pagamento di quote o azioni, agli amministratori non rimane alcuna ragionevole alternativa rispetto all'esclusione.

In una prima fase gli amministratori devono intimare il pagamento ai soci morosi. L'idea sottostante a questa prescrizione legislativa è il mantenimento del socio in società. La disposizione mira ad assicurare il contributo finanziario del socio alla società. In caso di esclusione, non vi sarà né partecipazione del socio alla società né contributo finanziario del medesimo alla società. Per prima cosa, dunque, gli amministratori devono intimare il pagamento, ossia chiedere l'adempimento.

Il caso del mancato pagamento delle quote o delle azioni non va confuso con la diversa situazione in cui il socio non effettui dei pagamenti dovuti ad altro titolo. Nelle società cooperative, oltre al rapporto sociale, viene ad esistenza il rapporto mutualistico. Questo rapporto mutualistico può obbligare il socio a determinate prestazioni nei confronti della società. Il caso tipico è quello della società cooperativa che assegna alloggi ai soci: al socio spetterà pagare il canone per l'assegnazione dell'alloggio. Se il canone non viene pagato, non sarà possibile attivare l'art. 2531 c.c., che si riferisce esclusivamente al mancato pagamento delle quote o delle azioni. Tuttavia sarà possibile invocare eventuali cause di esclusione previste nell'atto costitutivo (art. 2533, n. 1, c.c.) oppure gravi inadempienze delle obbligazioni del socio (art. 2533, n. 2, c.c.).

Il caso dell'esclusione del socio per mancato pagamento della quota sociale è raro nella prassi, in quanto gli importi dovuti a titolo di quota sociale sono generalmente di modesto importo. Qualche volta i soci vengono esclusi per questa ragione, ma è difficile che facciano opposizione in tribunale contro la delibera di esclusione.

Un caso di esclusione del socio dalla società cooperativa per morosità rispetto all'obbligo di pagamento delle quote sociali è stato peraltro affrontato dal Tribunale di Catania (Trib. Catania, 28 gennaio 2020, in giurisprudenzadelleimprese.it). Un socio di una cooperativa edilizia viene escluso dalla cooperativa con la motivazione di non avere versato le quote sociali a suo carico. Il socio presenta opposizione al tribunale, ma l'opposizione viene rigettata sia in primo che in secondo grado, cosicché sul punto si forma il giudicato. La sentenza del giudice catanese riguarda invece un'altra vicenda, anche se collegata al periodo in cui il socio escluso rivestiva la qualità di socio. Difatti il socio agisce nuovamente in giudizio (questa volta non più con l'opposizione alla delibera di esclusione, ormai decisa in senso negativo dalla precedente sentenza), chiedendo con questa seconda iniziativa il rimborso della somma di 28.646 euro che aveva pagato per la realizzazione di opere extra capitolato relative a un immobile in precedenza prenotato ma poi assegnato ad altro socio. All'esito dell'istruttoria non risulta tuttavia provato che i lavori riguardassero l'immobile prenotato dal socio e la domanda di rimborso dell'ex socio viene rigettata.

L'omesso pagamento dei canoni per l'abitazione

L'effetto più importante dell'esclusione del socio, in aggiunta alla perdita del rapporto sociale, è la risoluzione dei rapporti mutualistici pendenti. Al riguardo la legge prevede che “qualora l'atto costitutivo non preveda diversamente, lo scioglimento del rapporto sociale determina anche la risoluzione dei rapporti mutualistici pendenti” (art. 2533, comma 4, c.c.). Come si può notare, la legge consente che l'atto costitutivo preveda diversamente. Sarebbe insomma possibile per una società cooperativa statuire nell'atto costitutivo che la perdita della qualità di socio non fa venir meno il rapporto mutualistico. Clausole del genere sono, invero, rare. Più frequentemente, l'atto costitutivo si limita a ribadire quello che dice la legge. Nel caso infine l'atto costitutivo taccia, troverà applicazione quanto prescrive la legge: scioglimento del rapporto sociale = risoluzione dei rapporti mutualistici.

La risoluzione dei rapporti mutualistici può costituire evento più grave, dal punto di vista economico, della stessa esclusione del socio. Difatti, se Tizio viene escluso dalla cooperativa, ottiene la restituzione del controvalore della quota. Ma se il medesimo Tizio, nell'ambito del rapporto mutualistico, ha avuto in assegnazione un alloggio (oppure lavora per la cooperativa), la perdita della qualità di socio implica la perdita dell'alloggio (o del lavoro). In effetti, i rapporti mutualistici più ricorrenti nella prassi sono quelli concernenti un immobile oppure il lavoro.

Nel rapporto tra società cooperativa e socio, il rapporto in forza del quale la prima concede in godimento al secondo un alloggio è usualmente denominato “contratto di assegnazione”. Formalmente è distinto da un contratto di locazione, ma le similitudini tra i due rapporti sono molto forti. Secondo la definizione che ne dà il codice civile, “la locazione è il contratto col quale una parte si obbliga a far godere all'altra una cosa mobile o immobile per un dato tempo, verso un determinato corrispettivo” (art. 1571 c.c.). La “assegnazione in godimento” dell'alloggio altro non è che una locazione dell'unità immobiliare.

Un caso di morosità rispetto al godimento dell'alloggio è stato affrontato dal Tribunale di Torino (Trib. Torino, 6 luglio 2023, in giurisprudenzadelleimprese.it). Una società cooperativa edificatrice ammette un signore a socio nel giugno 2016. Al socio viene assegnato un alloggio in godimento. Nel contratto, il socio assume l'obbligo di “versare alla cooperativa, periodicamente, con le modalità indicate dal consiglio di amministrazione e comunicate al socio per iscritto, tutte le somme previste dallo statuto sociale … calcolate tenendo conto della frazione di immobile assegnanda”. Si prevede altresì che “la morosità nei pagamenti periodici comporta l'esclusione del socio dal diritto di godimento dell'alloggio assegnato, ai sensi dell'art. 9 dello stesso statuto”. Il socio incontra difficoltà economiche e cessa di corrispondere i canoni mensili, cumulando una morosità di oltre 21.000 euro. Il consiglio di amministrazione delibera dunque l'esclusione del socio dalla cooperativa e pertanto la sua decadenza dal diritto di assegnazione dell'immobile sociale. Il socio tuttavia non rilascia spontaneamente l'unità immobiliare, cosicché la cooperativa si rivolge al giudice torinese. Il Tribunale di Torino accoglie la domanda presentata dalla cooperativa. Lo statuto della società prevede che il socio può essere escluso quando: “si renda moroso nel pagamento … delle somme a qualsiasi titolo dovute per poter continuare nel godimento dell'alloggio; in questi casi, il socio moroso deve essere invitato a mettersi in regola con i pagamenti e l'esclusione può aver luogo soltanto decorso un mese dal detto invito, sempre che il socio rimanga inadempiente”. Come si può notare, si tratta di una clausola piuttosto equilibrata. La morosità può riguarda qualsiasi tipo di somma, e dunque sia i canoni che – laddove esistenti – le spese condominiali. L'equilibrio della clausola risulta dal fatto che c'è un periodo di tolleranza di un mese per la possibile regolarizzazione del ritardo di pagamento. Se il socio - seppure in ritardo - paga, non ha luogo alcuna esclusione. Il medesimo statuto della società cooperativa torinese prevedeva che “la delibera di esclusione è comunicata al socio per raccomandata con avviso di ricevimento, dal presidente, che ne cura l'annotazione a libro soci, dalla cui data l'esclusione ha effetto. Il socio escluso può proporre opposizione al tribunale nel termine di sessanta giorni dalla data di comunicazione”. Tutti questi adempimenti sono stati rispettati nel caso affrontato dal Tribunale di Torino. Il punto è che il socio aveva cessato di corrispondere i canoni (oltre che le spese accessorie) già dal mese di marzo 2019. La cooperativa aveva in più occasioni sollecitato il pagamento, senza successo. Dunque nell'agosto 2022 viene notificata al socio la delibera di esclusione. In conclusione, stante la grave morosità conclamata, al giudice torinese non resta che accogliere la domanda presentata dalla società cooperativa. Il Tribunale di Torino dichiara la legittimità dell'esclusione del socio dalla società cooperativa e conseguentemente la sua decadenza dall'assegnazione in godimento dell'alloggio sociale; inoltre condanna il socio a rilasciare immediatamente in favore della società cooperativa l'alloggio, libero da persone e cose.

Anche il Tribunale di Milano si è occupato di esclusione del socio per mancato pagamento dei canoni di locazione (Trib. Milano, 8 maggio 2023, in giurisprudenzadelleimprese.it). La società cooperativa, nel luglio 2019, aveva assegnato a un socio un alloggio in godimento, al canone annuo di 5.270 euro. Dal gennaio 2020, peraltro, il socio smette di pagare i canoni e la cooperativa reagisce prontamente in quanto - già nel luglio 2020 - viene adottata dal consiglio di amministrazione delibera di esclusione del socio. La cooperativa agisce poi in giudizio per ottenere la restituzione dell'alloggio. Il Tribunale di Milano non può che accertare il grave inadempimento al pagamento sia di canoni che di oneri accessori. Nel caso deciso dal giudice milanese, tra le parti era stato concluso un contratto denominato “assegnazione di alloggio in godimento in regime di conduzione”. E il contratto prevedeva espressamente che “ogni delibera assunta dal consiglio di amministrazione in relazione a eventuali provvedimenti di esclusione o recesso equivale all'immediata revoca del presente contratto”. Il socio convenuto rimane contumace e non produce alcun documento da cui risulti che ha effettuato i pagamenti. In conclusione, il Tribunale di Milano accerta e dichiara la legittimità della delibera del consiglio di amministrazione della cooperativa di esclusione del socio convenuto per la grave situazione di morosità, accerta e dichiara l'intervenuta risoluzione del contratto di assegnazione di alloggio in godimento in regime di conduzione e condanna il socio a rilasciare immediatamente l'alloggio sociale libero da persone e cose.

L'organo competente per l'esclusione

La delibera di esclusione del socio è generalmente preceduta da interlocuzioni tra le parti. La società cooperativa chiederà prima al socio, in più occasioni, il pagamento dei debiti accumulatisi. Solo se la morosità persiste per lungo tempo, si giungerà alla delibera di esclusione del socio. La Corte di cassazione (Cass., 26 settembre 2013, n. 22097) ha stabilito che la deliberazione di esclusione del socio per morosità, nonostante la richiesta - da parte di quest'ultimo - di chiarimenti e la manifestata disponibilità a pagare la somma richiesta, costituisce reazione spropositata e lesiva del criterio della buona fede oggettiva.

Dal punto di vista procedurale, l'esclusione presuppone l'assunzione di una delibera. Si tratta di una decisione della società, che delibera di allontanare il socio dalla compagine sociale, tanto è vero che la causa si instaura poi tra socio e società. Bisogna però comprendere quale sia l'organo competente all'interno della società. Il comma 2 dell'art. 2533 c.c., prevede che “l'esclusione deve essere deliberata dagli amministratori o, se l'atto costitutivo lo prevede, dall'assemblea”.

La questione di quale sia l'organo competente a decidere l'esclusione del socio è stata oggetto di una recentissima ordinanza della Corte di cassazione (Cass., 8 maggio 2025, n. 12193). Un socio viene escluso da una cooperativa di pescatori. Egli presenta opposizione contro l'esclusione. La delibera è stata assunta, lo stesso giorno, sia dall'assemblea della società cooperativa che dal consiglio di amministrazione della medesima cooperativa. In sede di opposizione, la contestazione del socio è l'illegittimità della sua esclusione, in quanto deliberata dall'assemblea e non dagli amministratori. In effetto, nel caso di specie, lo statuto della cooperativa non prevedeva l'assegnazione del potere di esclusione all'assemblea. Ciò nonostante, la Suprema Corte rigetta il ricorso presentato dal socio escluso. Secondo la Cassazione, il comma 2 dell'art. 2533 c.c. va interpretato nel senso che il potere di esclusione può essere sottratto agli amministratori solo sulla base di una clausola statutaria. Se manca una clausola statutaria, però, l'effetto è che concorre il potere di amministratori e assemblea. L'art. 2533 comma 2 c.c. deve essere letto nel senso che lo statuto può rimuovere il potere in capo agli amministratori, assegnandolo in via esclusiva all'assemblea, e non anche nel senso che, in assenza di tale previsione statutaria, l'assemblea non possa deliberare l'esclusione del socio in via concorrente con l'organo amministrativo. In ogni caso, alla delibera dell'assemblea è seguita la delibera del consiglio di amministrazione: se la prima fosse nulla (poiché il potere di esclusione competeva esclusivamente all'organo amministrativo), la seconda costituirebbe comunque un valido esercizio del relativo potere.

Nei casi in cui sia l'assemblea a decidere l'esclusione, occorre che il socio da escludere venga convocato alla riunione assembleare. In questo senso si è espresso, molto di recente, il Tribunale di Catania (Trib. Catania, 12 settembre 2025, in dirittopratico.it). Viene convocata l'assemblea di una società cooperativa per escludere il socio, ma questi non viene convocato. Il socio presenta opposizione al tribunale. Secondo il giudice catanese, alle società cooperative è applicabile l'art. 2379 c.c., che – nell'ambito della disciplina della s.p.a. - prevede i casi di nullità delle deliberazioni. Tra i casi di nullità rientra la mancata convocazione dell'assemblea. Dal momento che nel caso di specie il socio non è stato convocato, la delibera risulta affetta da nullità.

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