Ancora sulla (ir)retroattività della riforma della responsabilità dei sindaci

22 Ottobre 2025

La legge 14 marzo 2025, n. 35 ha riformato la responsabilità dei sindaci di società di capitali, di cui all'art. 2407 c.c., introducendo un limite all'obbligazione risarcitoria. Il contributo analizza i diversi orientamenti che si sono registrati nella giurisprudenza di merito sulla possibilità - o meno - di applicare retroattivamente la nuova disciplina, per fatti, cioè, che si sono verificati prima dell'entrata in vigore della legge.

I casi sottoposti alla giurisprudenza di merito

I provvedimenti in esame costituiscono, unitamente al precedente di Trib. Bari, 24 aprile 2025, le prime applicazioni delle questioni poste dalla riforma dell'art. 2407 c.c. in tema di responsabilità dei sindaci e, in particolare, della questione concernente la possibilità di applicare la limitazione dell'obbligazione risarcitoria prevista dal legislatore della novella ai fatti verificatisi prima dell'entrata in vigore della legge 14 marzo 2025, n. 35.

In particolare, nei casi sottoposti all'attenzione dei Tribunali di Roma (Trib. Roma, Sez. spec. impr., 17-29 giugno 2025) e di Palermo (Trib. Palermo, Sez. spec. impr., 4 luglio 2025), gli organi della liquidazione di società chiedevano al giudicante l'emissione di un provvedimento cautelare di sequestro conservativo nei confronti (anche) dei sindaci. Costituendosi nel giudizio cautelare, questi ultimi avevano eccepito la limitazione della responsabilità sulla base della nuova formulazione dell'art. 2407 c.c.; inoltre, nell'ambito del procedimento cautelare pendente dinnanzi al tribunale siciliano, i sindaci avevano eccepito anche la prescrizione del diritto (sulla base dell'introdotto quarto comma del medesimo art. 2407 c.c.).

Il provvedimento del Tribunale di Venezia (Trib. Venezia, Sez. spec. impr., 7 luglio 2025) è, invece, costituito da una sentenza che ha definito un giudizio ordinario con il quale il fallimento di una società aveva proposto azione di responsabilità nei confronti degli amministratori e dei sindaci succedutisi nel tempo. Essendo nelle more del giudizio intervenuta la riforma dell'art. 2407 c.c., i sindaci avevano opposto, anche in questo caso, la limitazione della responsabilità introdotta dalla l. n. 35 del 2025.

Ciò posto, quanto al regime della prescrizione, il Tribunale di Palermo stabilisce che la novella si applica alle condotte successive alla sua entrata in vigore e, quindi, a partire dai bilanci dell'esercizio 2024, trattandosi di disposizione che disciplina un istituto di diritto sostanziale e per la quale non è stata prevista dal legislatore alcuna disposizione che ne preveda l'applicabilità̀ ai giudizi pendenti, cioè alle condotte anteriori all'entrata in vigore della riforma, sicché la retroattività̀ va esclusa in ragione della previsione di cui all'art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale.

Quanto, invece, alla limitazione della obbligazione risarcitoria prevista dal nuovo secondo comma dell'art. 2407 c.c., il Tribunale di Palermo, richiamando il precedente del Tribunale di Bari sopra menzionato, ha ritenuto che la nuova norma, proprio in virtù dell'assenza di una disciplina transitoria, si applichi anche ai fatti pregressi, poiché non incide sul diritto al risarcimento, ma solo sul quantum, configurandosi come una norma di natura procedurale.

Di contrario avviso, su questo ultimo punto, sono andati i provvedimenti in rassegna emessi dai Tribunali di Venezia e di Roma i quali hanno ritenuto che la nuova formulazione della norma si applica solo ai fatti verificatisi dopo l'entrata in vigore della riforma.

In particolare, i Tribunali da ultimo menzionati, con una approfondita motivazione, hanno rilevato che si è in presenza non di un diverso criterio di quantificazione dell'intero danno conseguenza, quanto piuttosto di un limite alla risarcibilità del danno stesso, destinato ad operare in un momento logicamente successivo a quello della sua liquidazione e soltanto nei casi in cui – limitatamente alla posizione dei sindaci e con esclusione del danno causato dolosamente – lo stesso ecceda detto limite. Ciò posto, secondo il Collegio, alla nuova norma si deve necessariamente attribuire natura sostanziale, in quanto destinata ad incidere direttamente sul diritto al risarcimento del danno riconosciuto alla società (e non sul mero criterio di liquidazione dello stesso), limitandolo sul piano quantitativo. D'altronde, in questo senso depone la stessa giurisprudenza – ormai consolidata – formatasi in tema di non retroattività, inizialmente controversa, degli artt. 7 co.3 e 9 co.5 della l. 24/2017 (c.d. legge Gelli-Bianco), a mezzo dei quali, rispettivamente, era stata qualificata come extracontrattuale la responsabilità dell'esercente la professione sanitaria che non avesse assunto un'obbligazione contrattuale con il paziente (art. 7 co.3) ed era stato al contempo stabilito che l'importo della condanna per la responsabilità amministrativa e della surrogazione di cui all'articolo 1916, primo comma, del codice civile, per singolo evento, in caso di colpa grave, non potesse superare una somma pari al triplo del valore maggiore della retribuzione lorda o del corrispettivo convenzionale conseguiti nell'anno di inizio della condotta causa dell'evento o nell'anno immediatamente precedente o successivo (art. 9 co.5). D'altra parte, in tal senso si è espressa a più riprese la giurisprudenza di legittimità (Cass., 11 novembre 2019, n. 28994), la quale, dopo aver dato conto dell'emersione di due orientamenti di merito contrapposti, ha rilevato che “sussistono plurime ragioni per escludere che la qualificazione legislativa delle condotte determinanti la responsabilità sanitaria, operata, in astratta ipotesi, dalla legge 189/2012, e in concreto dalla legge n. 24/2017, abbia effetti retroattivi. Ai sensi dell'art. 11 preleggi, la legge non ha effetto che per l'avvenire, per cui la sua retroattività deve essere esplicitamente prevista dalla nuova legge, ovvero deve trovare indici sicuri che ne consentano di postularla con certezza. Nella specie, non vi è alcuna declaratoria di retroattività in nessuna dei due testi legislativi in parola. Si configura, viceversa, come indice inequivocabilmente contrario alla retroattività la circostanza che un siffatto intervento legislativo verrebbe ad interferire comunque con il potere ordinariamente riservato al giudice di interpretare i fatti e qualificarli giuridicamente, venendo così inammissibilmente ad incidere, seppur indirettamente, sui singoli processi in corso, con patente lesione dell'affidamento di chi ha intrapreso un'azione giudiziaria sulla base di regole sostanziali certe, come quelle della natura "contrattuale" della responsabilità del sanitario - con dirompenti conseguenze sul riparto dell'onere di prova e sulla prescrizione - applicate in base al «diritto vivente»: ciò che esclude la legittimità della sussunzione dei fatti costituenti responsabilità civile del sanitario in termini di responsabilità extracontrattuale in epoca anteriore al primo gennaio 2013 ed al primo aprile 2017”.

La riforma dell'art. 2407 c.c.

La legge 14 marzo 2025, n. 35 ha riformato la responsabilità dei sindaci di società attraverso una riscrittura del secondo comma dell'art. 2407 c.c. ed inserendo ex novo nella medesima disposizione codicistica un quarto comma avente ad oggetto il regime della prescrizione dell'azione.

Prima della recente modifica, infatti, il secondo comma dell'art. 2407 c.c. prevedeva che i sindaci sono responsabili solidalmente con gli amministratori per i fatti o le omissioni di questi, quando il danno non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in conformità degli obblighi della loro carica. Ebbene, la disposizione ora riportata è stata completamente riscritta nei seguenti termini: «al di fuori delle ipotesi in cui hanno agito con dolo, anche nei casi in cui la revisione legale è esercitata da collegio sindacale a norma dell'articolo 2409-bis, secondo comma, i sindaci che violano i propri doveri sono responsabili per i danni cagionati alla società che ha conferito l'incarico, ai suoi soci, ai creditori e ai terzi nei limiti di un multiplo del compenso annuo percepito, secondo i seguenti scaglioni: per i compensi fino a 10.000 euro, quindici volte il compenso; per i compensi da 10.000 a 50.000 euro, dodici volte il compenso; per i compensi maggiori di 50.000 euro, dieci volte il compenso».

Emerge chiaramente come il legislatore abbia inteso, da un lato, eliminare il riferimento alla responsabilità solidale con gli amministratori ed al giudizio contraffattuale ivi previsto e, dall'altro, porre dei massimali numerici al quantum dell'eventuale risarcimento del danno.

L'intervento normativo, poi, ha operato anche in relazione al termine di prescrizione della azione di responsabilità; termine, quinquennale, che viene fatto decorrere (ed in questo consiste la novità normativa), sulla base del quarto comma del nuovo art. 2407 c.c., dal deposito della relazione di cui all'art. 2429 c.c. relativa all'esercizio in cui si è verificato il danno.

Sono molteplici i problemi che il nuovo testo dell'artt. 2407 c.c. pone all'interprete: essi attengono, solo per citarne quelli emersi dalle prime letture della dottrina, alla nozione di compenso «percepito»; alla correlazione che si pone tra il tetto risarcitorio previsto dalla norma e gli (eventuali) plurimi inadempimenti in cui possono incorrere i sindaci; all'attuale permanenza della responsabilità solidale tra sindaci ed amministratori, pur formalmente espunta dal testo della disposizione; ai rapporti tra il nuovo art. 2407 c.c. e l'art. 25-octies c.c.i. (in generale, sugli aspetti problematici della riforma, cfr., G. Romano, La riforma della responsabilità dei sindaci. Riflessioni ad una prima lettura, in Soc. contr. bil. rev., 2025, 3, 6; N. Abriani, Sulla riforma dell'art. 2407 c.c.: responsabilità dei sindaci ed efficienza del regime dei controlli societari, in Soc. contr. bil. rev., 2024, 12, 6; N. De Luca, M. Houben, Limitazione di responsabilità dei sindaci: una medicina con effetti collaterali maggiori degli effetti curativi, in Soc., 2025, 6, 634; G. Guizzi, Lobbying e diritto societario: note critiche intorno alla proposta di riforma dell'art. 2407 c.c., in Riv. Soc., 2024, 2-3, 251; R. Rordorf, La responsabilità dei sindaci alla luce del novellato art. 2407 c.c., in Soc., 2025, 6, 625).

Tuttavia, l'aspetto problematico che più “urgentemente” si è posto all'attenzione della giurisprudenza riguarda i profili di diritto intertemporale e, precisamente, se le nuove norme siano applicabili anche ai fatti pregressi alla loro entrata in vigore e, comunque, ai giudizi già pendenti. E tali profili sono stati affrontati, con esiti opposti, dai provvedimenti oggi in rassegna.

Questioni di diritto intertemporale. La riforma della prescrizione

Come già accennato, occorre stabilire se la riforma dell'art. 2407 c.c. trovi applicazione anche ai procedimenti in corso ovvero soltanto ai procedimenti che sono instaurati successivamente alla sua entrata in vigore ovvero ancora soltanto con riferimento alle condotte negligenti poste in essere dai sindaci nella vigenza del nuovo testo.

Nell'indagine, sembra opportuno discriminare tra i due diversi ambiti della riforma e, precisamente, quello della limitazione dell'obbligazione risarcitoria e l'altro avente ad oggetto la decorrenza del termine di prescrizione.

Ebbene, iniziando dal nuovo quarto comma dell'art. 2407 c.c., appare evidente come si tratti di una modifica normativa di carattere sostanziale che incide sul regime della prescrizione, il cui decorso viene ancorato, come prima osservato, ad un momento specifico, costituito dal deposito della relazione di cui all'articolo 2429 c.c. relativa all'esercizio in cui si è verificato il danno. La norma, dunque, ha natura sostanziale e non già processuale, con la conseguenza che essa deve applicarsi esclusivamente alle omissioni cui siano incorsi i sindaci successivamente all'entrata in vigore del nuovo regime.

Su tale punto, vi è convergenza tanto in giurisprudenza quanto in dottrina. Infatti, aveva adottato la soluzione ora prospettata - sulla quale concorda la dottrina (G. Romano, La riforma della responsabilità dei sindaci. Riflessioni ad una prima lettura, in Soc. contr. bil. rev., 2025, 3, 17; G. Guizzi, Spigolature intorno all'applicazione del nuovo art. 2407 c.c., in Soc., 2025, 6,675) - tanto il primo provvedimento edito (Trib. Bari, sez. spec. impr., 24 aprile 2025) tanto l'arresto del Tribunale di Palermo in rassegna (sez. spec. impr., 4 luglio 2025).

Peraltro, nei casi oggetto del presente commento, le azioni di responsabilità erano state esercitate dagli organi delle procedure concorsuali, con la conseguenza che esse cumulano, come è noto, tanto l'azione sociale quanto l'azione dei creditori. Da ciò consegue, come opportunamente notato dal Tribunale di Palermo, che la nuova disciplina relativa al termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno nei confronti dei sindaci di cui al quarto comma dell'art. 2407 c.c., introdotto dalla legge n. 35/2025, riguarda la sola azione sociale di responsabilità, e non anche l'azione risarcitoria per i danni subiti dai soci e dai terzi, per i quali la decorrenza della prescrizione va fatta pur sempre risalire al momento della possibilità per i terzi di percepire il danno.

In conclusione, in ragione della natura sostanziale della norma, il termine di prescrizione delineato dal nuovo quarto comma dell'art. 2407 c.c. deve applicarsi soltanto ai fatti posti in essere dai sindaci successivamente all'entrata in vigore della riforma.

Segue. La limitazione dell'obbligazione risarcitoria

Sebbene la problematica si presenti maggiormente complessa, medesima soluzione sembrerebbe doversi affermare con riferimento alla limitazione del risarcimento del danno prevista dalla riforma.

Tuttavia, il primo provvedimento edito che ha trattato l'argomento ha assunto una posizione differente

In particolare, il Tribunale di Bari, con ordinanza del 24 aprile 2025, ha ritenuto che il nuovo testo del comma 2 dell'art. 2407 c.c. si applichi anche ai fatti pregressi all'entrata in vigore della legge medesima, trattandosi di previsione lato sensu procedimentale. Secondo il tribunale, le nuova norma si limita ad indicare al giudice il criterio di quantificazione del danno (tetto massimo), senza che tale interpretazione incida sulla permanenza del diritto stesso al risarcimento, limitando solo il quantum rispetto a soggetti comunque responsabili in solido con gli amministratori. Nel medesimo senso, il Trib. Palermo, sez. spec. impr., 4 luglio 2025 ha stabilito che la nuova norma, pur non avendo esplicitamente una disciplina transitoria, si applichi anche ai fatti pregressi, poiché non incide sul diritto al risarcimento, ma solo sul quantum, configurandosi come una norma di natura procedurale.

In particolare, nel motivare le conclusioni ora esposte, il Tribunale di Bari ha fatto riferimento ai precedenti della giurisprudenza di legittimità (Cass., 28 febbraio 2024, n. 5252 e di Cass., 25 marzo 2024, n. 8069) inerenti la modifica dell'art. 2486 c.c. e l'introduzione (almeno dal punto di vista legislativo, visto che il criterio era pacificamente utilizzato dalla giurisprudenza) del criterio di liquidazione del danno pari alla differenza dei netti patrimoniali. Scrive, infatti, il tribunale barese che la Corte di cassazione, con riguardo al criterio equitativo del risarcimento del danno di cui all'art. 2486 c.c. ha affermato che, in tema di risarcimento del danno da responsabilità promossa dal curatore il meccanismo di liquidazione del “differenziale dei netti patrimoniali”, di cui all'art. 2486, comma 3, c,c, come modificato dall'art. 378 comma 2, del D.Lgs. n. 14 del 2019 è applicabile, in quanto latamente processuale, anche ai giudizi in corso al momento dell'entrata in vigore di detta norma, atteso che essa stabilisce non già un nuovo criterio di riparto di oneri probatori, ma un criterio, rivolto al giudice, di valutazione del danno rispetto a fattispecie integrate dall'accertata responsabilità degli amministratori per atti gestori non conservativi dell'integrità e del valore del capitale dopo il verificarsi della causa di scioglimento della società.

In altre parole, secondo tale arresto, il nuovo testo del secondo comma 2 dell'art. 2407 c.c. si applica anche ai fatti pregressi alla sua entrata in vigore, in quanto costituisce, e deve essere qualificato come, una previsione lato sensu procedimentale, limitandosi ad offrire al giudice un criterio di quantificazione del danno (e, dunque, sul quantum), ma non incidendo sull'an della pretesa risarcitoria.

Tale orientamento non appare persuasivo.

Va premesso - come correttamente evidenziato dal Tribunale di Roma nell'ordinanza in commento (Trib. Roma, Trib. Roma, sez. spec. impr., 29 giugno 2025) - che il principio della irretroattività della legge (art. 11 disp. preliminari c.c.) comporta che la legge nuova non possa essere applicata, oltre ai rapporti giuridici esauritisi prima della sua entrata in vigore, a quelli sorti anteriormente ancora in vita se, in tal modo, si disconoscano gli effetti già verificatisi nel fatto passato o si venga a togliere efficacia, in tutto o in parte, alle conseguenze attuali o future di esso; la legge nuova è, invece applicabile ai fatti, agli status e alle situazioni esistenti o sopravvenute alla data della sua entrata in vigore, ancorché conseguenti ad un fatto passato, quando essi, ai fini della disciplina disposta dalla nuova legge, debbano essere presi in considerazione in se stessi, prescindendosi totalmente dal collegamento con il fatto che li ha generati, in modo che resti escluso che, attraverso tale applicazione, sia modificata la disciplina giuridica del fatto generatore. (Cass., 3 luglio 2013, n. 16620).

In questa prospettiva, come osservato in dottrina (G. Romano, La riforma della responsabilità dei sindaci. Riflessioni ad una prima lettura, cit., 17; G. Guizzi, Spigolature intorno all'applicazione del nuovo art. 2407 c.c., cit., 678; A. Picciau, La nuova disciplina della responsabilità dei sindaci: appunti su profili letterali e sistematici, 653), non sembrano replicabili, nel caso in esame, le conclusioni cui è giunta la giurisprudenza di legittimità, nei due arresti pure menzionati dal Tribunale di Bari, in ordine alla applicabilità ai procedimenti in corso della nuova disposizione di cui al terzo comma dell'art. 2486 c.c. (per come introdotta dal codice della crisi) che, nel caso dell'illecito costituito dalla gestione non conservativa della società da parte degli amministratori a seguito del verificarsi di una causa di scioglimento, ha previsto la possibilità (recte: la presunzione) che il danno venga liquidato secondo il criterio della differenza dei netti patrimoniali (Cass., 28 febbraio 2024, n. 5252 e di Cass., 25 marzo 2024, n. 8069).

Come è noto, infatti, il terzo comma dell'art. 2486 c.c. è stato aggiunto dall'art. 378 del d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza), con decorrenza dal trentesimo giorno successivo alla data di pubblicazione (art. 389, comma 2, del medesimo d.lgs.). Ebbene, intervenendo sulle questioni di diritto intertemporale, la Suprema corte ha avuto modo di evidenziare, in primo luogo, che, se è vero che il nuovo terzo comma dell'art. 2486 c.c. costituisce disposizione che recepisce principi e criteri già applicabili (in via equitativa) in precedenza, nondimeno, in questo, esso ha natura innovativa. Tuttavia, non è necessario indugiare più di tanto sul profilo definitorio, se cioè la novella abbia integrato - o meno - una norma propriamente processuale, soggetta come tale al criterio tempus regit actum: il punto non è tanto quello della definizione del tipo di norma, quanto piuttosto quello della corretta individuazione della sua funzione. In questa prospettiva, secondo la Corte, «la norma non ha modificato la fattispecie concreta alla quale è dedicata, vale a dire la declinazione degli obblighi comportamentali al fondo della responsabilità civile. Né ha minimamente alterato il contenuto del diritto al risarcimento del danno che sia stato cagionato», essendosi limitata a codificare un meccanismo di liquidazione equitativa del pregiudizio secondo quanto già la giurisprudenza di legittimità aveva ritenuto legittimo.

Dato conto degli approdi cui è giunta la giurisprudenza di legittimità in tema di applicabilità del criterio dei netti patrimoniali anche nei giudizi instaurati precedentemente alla introduzione del terzo comma dell'art. 2486 c.c., sembra che la conclusione in ordine alla problematica in esame debba essere diversa.

Infatti, se è vero che con la riforma del secondo comma dell'art. 2407 c.c. non vengono modificati gli obblighi di natura sostanziale che gravano sui sindaci e, precisamente, gli obblighi di vigilanza sull'osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei principi di corretta amministrazione e, in particolare, sull'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile e sul suo concreto funzionamento, è anche vero (per usare le parole della Suprema corte sopra richiamate) che risulta alterato il contenuto del diritto al risarcimento del danno che sia stato cagionato, il quale potrebbe non essere «integrale» e, quindi, inidoneo a costituire un completo ristoro del pregiudizio subito dall'attore. In questa prospettiva, dunque, la norma si presenta effettivamente innovativa quanto ai criteri di determinazione di quel pregiudizio e non già meramente processuale.

Né potrebbe obiettarsi che, anche nel caso in esame, la nuova norma (i.e., la limitazione dell'obbligazione risarcitoria) sia una norma che si rivolge direttamente al giudice, imponendogli di non procedere ad una condanna al pagamento di una somma superiore al «massimale», in quanto tale argomento prova troppo. Ogni norma di diritto sostanziale - e, in particolare, tutte le norme che impongono criteri di liquidazione del danno o limitazioni di esso (si pensi, ad es., alle disposizioni contenute nell'art. 1227 c.c.) - si rivolgono, in ultima analisi, al giudice che è tenuto applicarle e, nondimeno, non possono essere ritenute di natura processuale.

Come è stato efficacemente evidenziato (G. Guizzi, Spigolature intorno all'applicazione del nuovo art. 2407 c.c., cit., 678), la norma circoscrive l'oggetto della prestazione del debitore, in modo tale che il meccanismo prefigurato dal legislatore opera in maniera analoga al meccanismo del massimale nell'ambito del contratto di assicurazione contro i danni e che definisce l'obbligo di prestazione dell'assicuratore. Infatti, come la compagnia di assicurazione è obbligata a tenere indenne l'assicurato del danno effettivamente sofferto, ma solo sino a concorrenza del massimale, la copertura del danno eccedente esulando dall'obbligazione, allo stesso modo i sindaci saranno chiamati a risarcire il danno, e a farlo nella sua interezza, solo ove esso sia quantificabile in misura inferiore al tetto massimo, mentre ove sia di ammontare superiore a quest'ultimo si limiteranno a corrispondere il risarcimento arrestandosi al multiplo del compenso secondo lo scaglione di riferimento, andando esenti da qualsiasi responsabilità e dalla conseguente obbligazione risarcitoria per la parte eccedente.

D'altra parte, appare evidente come le norme sulla quantificazione del danno contribuiscono a determinare l'affidamento delle parti, che devono essere poste nelle condizioni di conoscere quali siano le conseguenze delle condotte violative degli obblighi derivanti da una funzione: ad es., una società - a conoscenza del fatto che, sulla base della nuova norma, il risarcimento del danno potrebbe non essere integrale - potrebbe stipulare una assicurazione che copra l'intero pregiudizio o, quantomeno, il surplus tra il massimale cui sono tenuti i sindaci e l'effettiva lesione al proprio patrimonio. Conseguentemente, rendere applicabile la nuova norma anche a tutte le condotte poste in essere anche in epoca antecedente all'entrata in vigore viola l'affidamento delle parti e, in particolare, del soggetto danneggiato ed attore in responsabilità, ad ottenere l'integrale risarcimento a fronte di una condotta inadempiente della controparte.

In questa prospettiva, la norma, definendo i limiti della responsabilità dei sindaci, conforma il diritto del creditore e l'obbligo del debitore, da un lato, definendo l'oggetto dell'obbligazione risarcitoria e, dall'altro, alterando il contenuto di entrambi (ancora, G. Guizzi, Spigolature intorno all'applicazione del nuovo art. 2407 c.c., cit., 678).

Così, la riforma incide sul diritto (sostanziale) di credito del soggetto danneggiato, proprio perché limita l'entità del risarcimento che può esser domandato nei confronti del sindaco responsabile, con la conseguenza che, una volta che la fattispecie di responsabilità si sia perfezionata prima dell'entrata in vigore della novella (quando, cioè il danno si è già verificato), non è giustificabile la compressione ex post del diritto di agire in giudizio a tutela di un diritto di credito (già esistente e costituente una posta attiva nel patrimonio del creditore) al risarcimento dei danni (così, A. Picciau, La nuova disciplina della responsabilità dei sindaci: appunti su profili letterali e sistematici, 654 il quale propone il seguente esempio: si consideri un'operazione negligente che sia posta in essere nel marzo 2024 e in relazione alla quale il danno si produca nel giugno 2024. Si aggiunga che essa abbia ad oggetto la fornitura di beni di valore molto elevato, ad es., 10 milioni di euro, a fronte della quale la controparte della società sia inadempiente già a giugno 2024 e poi venga sottoposta a liquidazione giudiziale con sentenza del settembre successivo, nella quale emerga un attivo tale da escludere qualunque soddisfazione in capo alla creditrice. Ora, la circostanza che l'azione di risarcimento danni non venga proposta in epoca anteriore al 12 aprile 2025, data di entrata in vigore della novella in commento, non assume rilevanza: a questa data il diritto al risarcimento del danno già sussiste, nella misura di 10 milioni di euro).

In tale contesto, affermare che sia applicabile retroattivamente la nuova norma del comma 2 dell'art. 2407 implica, all'evidenza, una riduzione a posteriori del credito risarcitorio già sorto nei confronti del sindaco.

Conseguentemente, appare corretta la conclusione che il novellato secondo comma dell'art. 2407 c.c. possa trovare applicazione soltanto in relazione alle condotte inadempienti dei sindaci poste in essere successivamente all'entrata in vigore della riforma.

Guida all'approfondimento

N. Abriani, Sulla riforma dell'art. 2407 c.c.: responsabilità dei sindaci ed efficienza del regime dei controlli societari, in Soc. contr. bil. rev., 2024, 12, 6 e

S. Ambrosini, Vincolo di solidarietà, danno risarcibile e prescrizione nel nuovo art. 2407 c.c., in Soc., 2025, 6, 655

N. De Luca, M. Houben, Limitazione di responsabilità dei sindaci: una medicina con effetti collaterali maggiori degli effetti curativi, in Soc., 2025, 6, 634;

G. Guizzi, Lobbying e diritto societario: note critiche intorno alla proposta di riforma dell'art. 2407 c.c., in Riv. Soc., 2024, 2-3, 251

G. Guizzi, Spigolature intorno all'applicazione del nuovo art. 2407 c.c., in Soc., 2025, 6,675 (nota a Trib. Bari, sez. spec. impr., 24 aprile 2025)

B. Inzitari, Limitazione della responsabilità dei sindaci secondo il nuovo art. 2407 c.c. ed obblighi di segnalazione nel codice della crisi, in Contr. impr., 2025, 2, 265

A. Picciau, La nuova disciplina della responsabilità dei sindaci: appunti su profili letterali e sistematici, in Soc., 2025, 6, 644

G. Romano, La riforma della responsabilità dei sindaci. Riflessioni ad una prima lettura, in Soc. contr. bil. rev., 2025, 3, 6

R. Rordorf, La responsabilità dei sindaci alla luce del novellato art. 2407 c.c., in Soc., 2025, 6, 625

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