Società in liquidazione e procedure concorsuali
24 Ottobre 2025
Se una società di capitali è in liquidazione a seguito dell'accertamento di una causa di scioglimento può essere sottoposta a procedura concorsuale? La disciplina dello scioglimento e della liquidazione delle società di capitali è dettata unitariamente dal codice civile (artt. 2484 – 2496 c.c.). Il procedimento di scioglimento presuppone il verificarsi di una causa che lo legittimi, che deve essere accertata. Lo scioglimento va pubblicizzato mediante iscrizione nel registro delle imprese. Solo dopo tale fase i liquidatori possono procedere alla liquidazione. La società, però, rimane ancora in vita sebbene col solo fine di soddisfare i creditori sociali e distribuire l'eventuale attivo fra i soci. L'estinzione della società si avrà solo dopo il termine della liquidazione, con la cancellazione della società dal registro delle imprese. La società in liquidazione, dunque, è ancora esistente e mantiene la qualità di parte nei procedimenti pendenti e la legittimazione a stare in giudizio per mezzo del proprio rappresentante legale (Cons. Stato, sez. V, 1° luglio 2005, n. 3672; Cass. civ. 23 aprile 2003, n. 6450; Cass. civ., 9 novembre 1988, n. 6026 - cfr. Memento Pratico, Società Commerciali, 2026, Lefebvre Giuffrè). Nella fase di liquidazione, essendo quindi la società ancora in vita e potendo conseguentemente svolgere attività imprenditoriale, è da ritenersi che essa possa essere sottoposta a procedura concorsuale. Il limite ultimo è dato dalla effettiva estinzione della società: solo da questo momento, infatti, non essendo più in vita, essa non potrebbe compere alcun tipo di attività imprenditoriale e di conseguenza non potrebbe essere assoggettata a procedure concorsuali. Che la società in liquidazione possa essere sottoposta agli strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza delle società lo si ricava dalla lettera della legge. Il nuovo codice della crisi di impresa e dell'insolvenza, infatti, all'art. 120-bis c.c.i.i., così come modificato dal d.lgs. n. 136/2024, ha previsto espressamente che l'accesso allo strumento di regolazione della crisi e dell'insolvenza, anche con riserva di deposito della proposta, del piano e degli accordi, è deciso in via esclusiva dagli amministratori o, appunto, dai liquidatori, i quali determinano anche il contenuto della proposta e le condizioni del piano. Inoltre, la Corte di cassazione ha sancito il principio secondo cui il liquidatore di società di capitali è legittimato a proporre istanza di fallimento in proprio ex art. 6 l. fall. senza che rilevino in senso contrario le sue dimissioni dalla carica, trovando applicazione l'istituto della “prorogatio” dei poteri, espressione di un principio generale anche in assenza di specifiche disposizioni (Cass. civ., sez. I, 15 aprile 2019, n. 10523). In generale la giurisprudenza (cfr. Memento Pratico, Società Commerciali, 2026, Lefebvre Giuffrè, cit.) ha ritenuto ammissibile il fallimento di una società commerciale in liquidazione (Trib. Milano, 29 settembre 2015, n. 803; Trib. Milano, 7 ottobre 2015 n. 825; Trib Milano 11 maggio 2015); nonché la possibilità che essa possa accedere all'accordo di ristrutturazione (Trib. Mantova, 28 settembre 2015; Trib. Milano 15 novembre 2011) ed al concordato preventivo (Trib. Milano, 6 agosto 2015, Trib. Milano 24 luglio 2015; Trib. Milano 15 giugno 2015). In conclusione, la risposta al quesito appare essere positiva. Una società di capitali in fase di liquidazione è ancora esistente, idonea a svolgere attività imprenditoriale e, come tale, assoggettabile sia alla liquidazione giudiziale che alle altre procedure concorsuali. I principi generali del diritto, la ratio legis di alcune norme (da ultimo il d.lgs n. 136/2024 che ha modificato l'art. 120-bis c.c.i.i.) e copiosa giurisprudenza avallano tale assunto. |