Misura cautelare inefficace se il Pubblico Ministero non trasmette al Tribunale del riesame il verbale di interrogatorio
23 Ottobre 2025
Massima Anche l'interrogatorio reso davanti al Pubblico Ministero ai sensi dell'art. 375 c.p.p., quando abbia un contenuto oggettivamente favorevole all'indagato e non si limiti alla mera contestazione delle accuse, rientra tra gli elementi sopravvenuti a favore della persona sottoposta alle indagini, la cui omessa trasmissione al Tribunale del riesame ai sensi dell'art. 309, comma 5, c.p.p. comporta la perdita di efficacia della misura cautelare ai sensi del comma 10 della medesima disposizione. Il caso Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trento applicava a Tizio le misure cautelari dell'obbligo di dimora e dell'obbligo di presentazione alla Polizia giudiziaria, ravvisando l'esigenza cautelare di evitare un inquinamento probatorio. Tizio, esercitato il diritto al silenzio di fronte al giudice nell'interrogatorio di garanzia, si sottoponeva ad interrogatorio dinanzi al Pubblico Ministero rilasciando dichiarazioni collaborative. Avverso l'ordinanza cautelare veniva proposto ricorso per riesame al Tribunale di Trento, che dichiarava la sopravvenuta inefficace della misura rilevando che il Pubblico Ministero non aveva trasmesso un atto sopravvenuto favorevole all'indagato, costituito dall'interrogatorio che lo stesso aveva reso dinanzi a lui dopo l'applicazione della misura e nelle more del ricorso. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Trento ricorreva per cassazione osservando che l'interrogatorio reso al Pubblico Ministero non può essere considerato un elemento a favore dell'indagato perché svolge una finalità investigativa e non di controllo e garanzia, come quello previsto dall'art. 294 c.p.p. Rilevava, inoltre, il ricorrente che la trasmissione al Tribunale del riesame del verbale di interrogatorio reso al Pubblico Ministero avrebbe compromesso il segreto investigativo. La Corte di cassazione, condividendo gli argomenti spesi dal Tribunale del riesame, rigettava il ricorso. La questione La questione affrontata dalla Corte di cassazione è la seguente: il verbale di interrogatorio reso innanzi al Pubblico Ministero ai sensi dell'art. 375 c.p.p. rientra tra gli elementi sopravvenuti a favore della persona sottoposta ad indagine che, ai sensi dell'art. 309, comma 5, c.p.p., devono essere trasmessi al Tribunale del riesame, a pena di sopravvenuta inefficacia della misura cautelare impugnata ex art. 309, comma 10, c.p.p.? Le soluzioni giuridiche L'art. 309, comma 5, c.p.p. stabilisce che, nel procedimento di riesame avverso una misura cautelare personale, al Tribunale del riesame, entro cinque giorni dall'avviso di fissazione dell'udienza, siano trasmessi tutti gli atti presentati dal Pubblico Ministero a fondamento della richiesta di applicazione della misura cautelare, nonché “tutti gli elementi sopravvenuti a favore della persona sottoposta alle indagini”. Il comma 10 della medesima norma prevede che, in caso di omessa tempestiva trasmissione dei suddetti atti, l'ordinanza che dispone la misura cautelare perde efficacia. La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che elementi sopravvenuti favorevoli all'indagato, per i quali sussiste l'obbligo di trasmissione al Tribunale del riesame, sono quelli che, entrati nella disponibilità del Pubblico Ministero in tempo utile rispetto alla data di proposizione dell'impugnazione, si presentano anche solo "astrattamente" favorevoli, essendo, invece, rimessa al Tribunale la successiva valutazione, in concreto, della qualificazione del dato e della incidenza dello stesso sul quadro valutativo (cfr. Cass. pen., sez. I, 9 aprile 2015-8 giugno 2015, n. 24406, Rv. 263967; Cass. pen., sez. I, 13 maggio 2010-8 luglio 2010, n. 25991, Rv. 247985; Cass. pen., sez. IV, 22 giugno 2005-19 agosto 2005, n. 31402, Rv. 231749). Con riferimento all'interrogatorio di garanzia, la giurisprudenza di legittimità più risalente lo riteneva necessariamente un elemento sopravvenuto favorevole all'indagato, considerandolo uno degli atti difensivi di maggiore rilievo, specialmente nella fase delle indagini preliminari, in quanto svolge la funzione di rendere edotto l'indagato degli elementi di accusa esistenti a suo carico e di consentire allo stesso una immediata difesa (cfr. Cass. pen., sez. III, 22 marzo 2001-22 maggio 2001, n. 20692, Rv. 219864; Cass. pen., sez. V, 13 dicembre 1999-4 febbraio 2000, n. 6079, Rv. 215470; Cass. pen., sez. V, 3 aprile 1996-7 maggio 1996, n. 4612, Rv. 204854; Cass. pen., sez. V, 28 ottobre 1996-6 dicembre 1996, n. 4612, Rv. 206552). La giurisprudenza maggioritaria e più recente ritiene, invece, che esso non rientri ex se tra gli elementi sopravvenuti a favore della persona sottoposta alle indagini, ma solo se contenga in concreto elementi utili all'indagato e non si limiti alla mera contestazione delle accuse (cfr. Cass. pen., sez. I, 12 gennaio 2000-13 marzo 2000, n. 190, Rv. 215421; Cass. pen., sez. I, 11 settembre 2002-8 novembre 2002, n. 37695, Rv. 222957; Cass. pen., sez. I, 8 maggio 2003-30 maggio 2003, n. 24061, Rv. 225271; Cass. pen., sez. IV, 13 febbraio 2019-25 marzo 2019, n. 12896, Rv. 275574; Cass. pen., sez. VI, 12 marzo 2025.27 marzo 2025, n. 12151, Rv. 287715). La comunicazione degli atti sopravvenuti favorevoli all'indagato svolge una funzione di garanzia, consentendo al giudice del riesame di valutare la loro incidenza sulla posizione dell'indagato che ha impugnato la misura cautelare emessa nei suoi confronti. Rispetto a tale funzione non rileva che l'interrogatorio sia stato svolto dal giudice o dal pubblico ministero, quanto, piuttosto, che esso contenga dichiarazioni favorevoli all'indagato (ad esempio, collaborative) e non meramente difensive o di negazione dell'addebito. Nel caso preso in esame dalla pronuncia in commento il verbale di interrogatorio assunto dal Pubblico Ministero e non trasmesso al Tribunale del riesame conteneva dichiarazioni collaborative che potevano affievolire o superare le esigenze cautelari di natura probatoria poste a fondamento del presidio cautelare impugnato. Per questo motivo, correttamente, il Tribunale del riesame ha dichiarato l'inefficacia della misura impugnata perché il Pubblico Ministero non aveva trasmesso l'interrogatorio dell'indagato. Osservazioni La pronuncia che si annota ha ritenuto che anche l'interrogatorio reso innanzi al Pubblico Ministero previsto dall'art. 375, comma 2, c.p.p. deve ritenersi incluso tra gli elementi favorevoli sopravvenuti, per i quali l'art. 309, comma 5, c.p.p. impone l'obbligo di trasmissione da parte dell'autorità procedente al Tribunale del riesame, quando abbia un contenuto oggettivamente favorevole all'indagato e non si limiti alla mera contestazione delle accuse. L'assunto è condivisibile. Il riesame, in quanto mezzo di impugnazione totalmente devolutivo, impone al giudice di seconde cure di rivalutare il presidio cautelare sia sotto il profilo della gravità indiziaria che dal punto di vista delle esigenze cautelari e dell'adeguatezza della misura. Per consentire al giudice del riesame una rivalutazione totale e attuale della misura impugnata occorre che esso sia messo a conoscenza non solo degli elementi posti a fondamento dell'ordinanza cautelare, ma anche di quelli ad essa sopravvenuti che incidano in concreto sulle valutazioni svolge dal giudice della cautela. In quest'ottica le dichiarazioni dell'indagato, che non si limiti a negare gli addebiti, assumono una valenza potenzialmente rilevante sulla sua posizione cautelare, a prescindere dalla sede in cui sono state rese (nell'interrogatorio preventivo o in quello di garanzia oppure nell'interrogatorio davanti al pubblico ministero o alla polizia giudiziaria da questi delegata) e il giudice del riesame non può prescinderne per una corretta rivalutazione della misura. Occorre precisare che, da un lato, spetta al Tribunale del riesame apprezzare il carattere favorevole dell'interrogatorio (con valutazione che, se congruamente motivata, sfugge al sindacato di legittimità: cfr. Cass. pen., sez. VI, 12 marzo 2025-27 marzo 2025, n. 12151, Rv. 287715), mentre, dall'altro, spetta al ricorrente eccepire l'omessa trasmissione, indicando perché l'atto assume valenza positiva, idonea a comportare una caducazione della misura (cfr. Cass. pen., sez. IV, 13 febbraio 2019-25 marzo 2019, n. 12896, Rv. 275574). Non può nascondersi che la trasmissione dell'interrogatorio al Tribunale del riesame può compromettere gli sviluppi dell'indagine rendendo note informazioni fornite dall'inquisito. Tuttavia, la Corte ha precisato che le garanzie sottese alla trasmissione dell'atto non possono mai essere recessive rispetto a quelle investigative, potendo quest'ultime essere sufficientemente tutelate oscurando parte del contenuto dell'interrogatorio, onde garantire il segreto investigativo, senza vanificarne la valenza favole per l'indagato. Per completezza, occorre ricordare che la mancata trasmissione al giudice della cautela dell'interrogatorio dell'indagato determina la nullità dell'ordinanza applicativa della misura coercitiva per violazione dell'art. 292, comma 2-ter, c.p.p., stante l'espresso richiamo che detta norma fa all'art. 358 c.p.p. e all'art. 38 disp. att. c.p.p. Tale nullità, a regime intermedio, si traduce in un vizio motivazionale del provvedimento impositivo che, fatto valere in sede di riesame, impone al giudice di valutare se l'elemento trascurato abbia influito o meno nel convincimento del primo giudice, fatta salva la possibilità per il giudice del riesame di integrare autonomamente l'apparato argomentativo. Ne consegue che va esclusa la nullità dell'ordinanza cautelare quando gli elementi favorevoli all'indagato contenuti nel suo interrogatorio, non trasmesso dal Pubblico Ministero al giudice della cautela, siano stati richiamati dal Tribunale del riesame nel provvedimento di conferma della misura impugnata (cfr. Cass. pen., sez. VI, 18 settembre 2003-10 novembre 2003, n. 42765, Rv. 228189). |