Necessità di un approccio case by case rispetto alla riconducibilità di aggiustamenti TP al concetto di corrispettivo per servizi a titolo oneroso
Con la prima domanda il giudice del rinvio ha chiesto alla Corte UE se gli importi fatturati da una società madre (che fornisce servizi commerciali e si assume le responsabilità commerciali connesse all'attività della controllata rumena in qualità di società operativa) ad una società figlia stabilita in un differente Stato membro, sulla base di un metodo raccomandato dalle linee guida OCSE (qui il metodo del margine netto della transazione), possano o meno costituire il corrispettivo di una prestazione di servizi a titolo oneroso che rientra nell'ambito di applicazione della direttiva IVA.
Secondo il Comitato IVA, la diversità tra i due settori considerati esige una valutazione da effettuare caso per caso (v. il Working Paper n. 923 del 28 febbraio 2017, p. 3.2.1).
Al fine di valutare se i TP ed i relativi aggiustamenti siano o meno soggetti all'IVA, già l'avv. gen. De La Tour, nelle sue conclusioni a C-726/23 (v. p. 32), suggeriva che tale valutazione debba avere luogo caso per caso per tre motivi.
In primo luogo, alla luce del fatto che le linee guida dell'OCSE sono state elaborate ai fini delle imposte dirette (v. C‑210/04, p. 39), il Comitato IVA, nel Working Paper n. 923 citato (v. anche le conclusioni del VAT Expert Group (VEG) nel doc. VEG n. 71 del 18 aprile 2018), ha affermato (v. il p. 3.4, pag. 23, del doc. n. 923 cit.) che sussiste una tensione tra le norme in materia di prezzi di trasferimento stabilite ai fini della fiscalità diretta che, sulla base del principio di libera concorrenza, sono intese alla valutazione di libera concorrenza di una transazione (vale a dire il valore normale) e le norme in materia di IVA, generalmente fondate sull'esistenza di una prestazione a titolo oneroso, in cui il corrispettivo è considerato un valore oggettivo (vale a dire il prezzo effettivamente pagato).
Di qui, quindi, tra tali due normative, che si fondano su concetti distintidi soggetto passivo e di base imponibile, differiscono tanto gli obiettivi quanto i mezzi.
In secondo luogo, in materia di T.P., come riferisce altresì il Comitato IVA, esistono diversi tipi di rettifiche di tali valori, dato che alcune di queste sono effettuate dalle autorità fiscali (rettifica primaria), altre invece su base volontaria dai contribuenti (aggiustamento compensativo), mentre alcune vengono effettuate prima della dichiarazione dei redditi, altre a posteriori.
In terzo luogo, l'assoggettamento all'IVA è legato all'analisi delle condizioni, da ricercare caso per caso, previste dall'art. 2, par. 1, lett. c), della Direttiva IVA 2006/112, vale a dire se siano state effettuate prestazioni di servizi a titolo oneroso nel territorio di uno Stato membro da un soggetto passivo che agisce in quanto tale.
L'analisi del concetto di onerosità, affrontata dalla Corte UE in numerosi precedenti (v. tra i tanti C‑527/23, p. 23; C‑90/20, p. 27; C‑21/20, p. 31; C‑295/17, p. 39; C‑11/15, p. 22; C-102/86, p. 11, 12 e 16), presuppone che un'operazione sia soggetta all'IVA solo qualora tra il prestatore ed il beneficiario intercorre un rapporto giuridico nel corso del quale vengano scambiate prestazioni reciproche e la remunerazione percepita dal prestatore costituisce l'effettivo controvalore del servizio fornito al beneficiario, ossia evidenzia un nesso diretto tra il servizio prestato (o il bene ceduto) ed il controvalore ricevuto.
L'esistenza di un tale rapporto giuridico nel caso in commento, che evidenzia l'onerosità della prestazione effettuata dalla società madre verso la controllata rumena, risiede proprio nel contratto tra le due entità, in base al quale ciascuna parte si impegna ad effettuare un certo numero di prestazioni a favore dell'altra, laddove la prima assume a proprio carico, in particolare, sotto il profilo operativo, la maggior parte delle responsabilità commerciali, quali la strategia e la pianificazione, la negoziazione di contratti (quadro) con fornitori terzi, la negoziazione dei termini e delle condizioni dei contratti di finanziamento, l'ingegneria, la finanza, la gestione della flotta delle gru a livello centrale, nonché la gestione della qualità e della sicurezza.
Essa, in altre parole, si impegna ad assumere i rischi economici più importanti relativamente all'attività della società operativa, a condizione che quest'ultima rispetti le istruzioni, le procedure e le decisioni del committente a tale riguardo, oltre ad acquistare e possedere tutti i prodotti ed essere responsabile della vendita e del noleggio dei prodotti, nonché della prestazione dei servizi.
Il contratto, inoltre, prevede una remunerazione pari all'importo necessario per porre la controllata in una situazione corrispondente alle attività da essa svolte ed ai rischi da essa assunti, determinata tra le parti e basata sul metodo del margine netto della transazione, alla luce del fatto che qualora la casa madre abbia diritto a ricevere una remunerazione da parte della controllata per le sue attività contrattuali, la prima emetterà una fattura nei confronti della seconda alla fine di ogni anno, mentre quest'ultima sopporterà l'importo dell'IVA relativa alla remunerazione percepita dalla casa madre in conformità con la legislazione fiscale locale.
Alla luce di ciò, quindi, dal contratto emerge con tutta evidenza l'esistenza sia di una prestazione sia di una remunerazione.
Quanto poi all'individuazione di un servizio individuabile, questo è rintracciabile nella misura in cui la casa madre non soltanto negozia le condizioni dei contratti che saranno conclusi dalla sua società figlia, ma assolve altresì una serie di compiti che concorrono alla vita economica della controllata.
In merito, poi, all'esistenza di un nesso diretto tra il servizio reso e il controvalore ricevuto tra le due società, nonostante la particolare modalità di remunerazione scelta dalle parti (la controllata è tenuta a versare alla controllante l'importo del margine di utile superiore al 2,74%) porti a ritenere che l'importo della remunerazione sia di per sé indeterminato, di contro, però, come anche riferito dall'avv. gen. De La Tour nelle sue conclusioni (p. 46), le modalità di tale remunerazione sono stabilite nel contratto con criteri molto precisi e sono, inquanto tali, prive di incertezze.
L'importo della remunerazione per le prestazioni effettuate dalla casa madre a beneficio della controllata, è quindi perfettamente determinabile sin dalla conclusione di tale contratto.
Del resto la giurisprudenza della Corte UE è costante nel ribadire l'irrilevanza dell'importo del corrispettivo, in particolare la circostanza che esso sia pari, superiore o inferiore ai costi che il soggetto passivo ha sostenuto (v.C‑90/20, p. 45).
Al riguardo, la Corte UE ha affermato che tale nesso diretto non è compromesso quando la remunerazione è prevista sotto forma di forfait o di cessione del 50% del credito derivante dalle vincite provenienti dai premi ottenuti da cavalli nelle competizioni (v. C‑846/19, p. 42 e C‑713/21, p. 49).
In tal caso, il carattere incerto della remunerazione è tale da interrompere il nesso diretto tra il servizio prestato e l'eventuale remunerazione ricevuta. Tuttavia, la cessione del 50% del credito corrispondente alle vincite derivanti dai premi ottenuti da cavalli durante le competizioni è, in quanto tale, esente da incertezze e è il mancato ottenimento di un premio connesso a una vittoria non potrebbe rimettere in discussione l'esistenza della cessione prevista dal contratto, dato che la cessione del 50% delle vincite costituisce una remunerazione determinata in anticipo secondo criteri ben stabiliti, che garantiscono la prevedibilità dell'importo al quale il prestatore di servizi avrebbe diritto in caso di vittoria o di classifica utile del cavallo in una competizione, senza che il concretizzarsi di un siffatto evento sia decisivo al riguardo, a prescindere dal fatto che la cessione dipenda da tale classificazione.
La nozione di onerosità, ai fini Iva, prescinde infatti dalla remuneratività dell'operazione e dall'eventuale lucro perseguito dai soggetti coinvolti, come dimostra la circostanza che rilevano ai fini IVA anche le fattispecie che si contraddistinguono per la corresponsione di introiti inferiori rispetto ai costi effettivamente sostenuti per l'operazione.
In C-412/03, ad esempio (p. 21 e 22), la Corte afferma che la circostanza che un'operazione economica venga svolta ad un prezzo superiore o inferiore al prezzo di costo è irrilevante ai fini della qualificazione di tale operazione come “negozio a titolo oneroso”. Tale nozione presuppone, infatti, unicamente l'esistenza di un nesso diretto tra la cessione di beni o la prestazione di servizi ed il corrispettivo realmente percepito dal soggetto passivo (v. anche C-174/06, p. 32-35 in relazione al caso di un'operazione, considerata imponibile, anche in presenza di una controprestazione il cui valore è notevolmente inferiore a quello del bene).
L'operazione come negozio a titolo oneroso, quindi, presuppone unicamente l'esistenza di un nesso diretto tra la cessione di beni o la prestazione di servizi ed il corrispettivo realmente percepito dal soggetto passivo (v. C-102/86, p. 12; C-412/03, p. 22; C-263/15, p. 45).
Il principio di onerosità, in ogni caso, non va mai letto in chiave quantitativa, in riferimento all'ammontare della controprestazione, bensì qualitativa, verificando se esiste la controprestazione come scambio del bene o del servizio ricevuto.
In argomento, ad esempio, è stato affermato dalla Corte UE (in C-263/15) che un'opera di ingegneria rurale, realizzata da società commerciali senza scopo di lucro e finanziata per la gran parte con risorse statali e unionali, per la quale le medesime avevano percepito un canone di modesta entità per un periodo di otto anni, fosse rilevanti ai fini IVA ed avesse il carattere della stabilità e per questo fosse attratto nell'alveo delle attività economiche corrispettive dato che l'attività era esercitata al fine di ricavarne introiti aventi carattere di stabilità (v. anche C-263/11, C-219/12, C-174/00, C-267/08).
Ciò posto, nel caso in commento, ai fini dell'individuazione dell'onerosità della prestazione, è stato coerentemente osservato (v. concl. p. 49) che i servizi forniti dalla casa madre incidono sul margine della controllata rumena attraverso i risparmi che le consentono di realizzare o il miglioramento del servizio reso ai clienti finali, derubricando la tesi della ricorrente rumena tesa all'esclusione dall'ambito di applicazione della direttiva IVA, sulla base dell'affermazione che la remunerazione effettuata corrisponde ad un prezzo di trasferimento, non soggetto all'IVA.
Ciò perché l'onerosità di un'operazione va stabilita prendendo in considerazione l'insieme di tutte le circostanze che caratterizzano, in modo concreto, l'operazione medesima, ed il loro dipanarsi all'intero della realtà economica e commerciale, quale criterio fondamentale per l'applicazione del sistema comune dell'IVA (v. C‑90/20, p. 38), anche a prescindere dal fatto che un prezzo di trasferimento all'interno del gruppo sia fissato in modo tale da rispettare il principio di libera concorrenza, in conformità al metodo raccomandato dalle linee guida dell'OCSE ai fini dell'imposizione diretta.
Se è vero che il carattere incerto dell'esistenza di un compenso è tale da spezzare il nesso diretto tra l'operazione posta in essere verso il destinatario ed il compenso eventualmente ricevuto (v. il leading case Tolsma, C‑16/93, p. 19), a maggior ragione come nel caso in commento in cui è variabile, in quanto subordinato al margine operativo positivo ed al risultato finanziario della controllata rumena in un dato anno, ciononostante tale remunerazione non è né gratuita, né aleatoria, né difficilmente quantificabile o incerta ai sensi della giurisprudenza della Corte (v. C‑16/93, p. 19 e C‑432/15, p. 35 e 37).
Le modalità di tale remunerazione, infatti, sono fissate contrattualmente in anticipo e secondo criteri precisi, rendendo di fatto la suddetta remunerazione esente da incertezze (v. C‑713/21, p. 46, 48 e 50).
Ulteriore e condivisibile elemento d'analisi offerto dalla Corte UE in sentenza, al fine di sostenere la sussistenza dell'onerosità del corrispettivo tra le due entità societarie, è relativo alla presenza di tutti quei requisiti che, in relazione al rapporto di controllo societario, fanno propendere per l'evidenza di una interferenza diretta o indiretta della holding nella gestione delle sue controllate (evidente in C-726/23), in assenza della quale, invece, sarebbe derubricata ogni questione tesa all'individuazione dell'onerosità dell'operazione societaria.
Infatti, dalla costante giurisprudenza unionale emerge che il mero acquisto e la mera detenzione di partecipazioni societarie non costituiscono un'attività economica ai sensi dell'art. 9, par. 1, della direttiva IVA, e non implicano, di conseguenza, l'attuazione di transazioni soggette all'IVA ai sensi dell'art. 2 di tale direttiva (v. C‑60/90, p. 16 nonché C‑320/17, p. 27 e 28).