Deposito telematico: in caso di «errore fatale» è necessaria la prova della non imputabilità dell’errore?
29 Ottobre 2025
La Suprema Corte ha esaminato la questione se, a fronte di un esito dei controlli automatici che segnala l'esistenza di un errore bloccante, e segnatamente di un «errore fatale», perché il depositante possa essere rimesso in termini ai sensi dell'art. 153 c.p.c. o, in alternativa provvedere ad un successivo pronto nuovo invio, sia o meno necessario che egli alleghi anche la natura od origine di tale errore e la non imputabilità dello stesso a sua negligenza. Il Collegio ha chiarito l'errore fatale è già di per sé causa non imputabile dell'esito negativo dei controlli automatici. Dall'esame delle norme che regolano il deposito telematico degli atti (art. 16-bis, commi 4 e 7, d.l. n. 179/2012, conv. dalla l. n. 221/2012 - ora abrogato dall'art. 11, comma 1, d.lgs. n. 149/2022, ma applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame - e d.m. n. 44/2011 nella versione, ratione temporis applicabile, antecedente alle modifiche recate dal d.m. n. 217/2023), emerge, infatti, che i controlli automatici: a) hanno ad oggetto la busta telematica e non il suo contenuto sostanziale (riguardano l'indirizzo del mittente, il formato del messaggio, la completezza del suo contenuto e le sue dimensioni); b) il controllo automatico obbedisce a criteri meramente tecnici; c) sono condotti automaticamente dal sistema informatico di cui si avvale il gestore dei servizi telematici; d) mentre le anomalie warn ed error consentono, comunque, ai cancellieri di forzare il sistema e di accettare l'atto, quella fatal è, invece, insuperabile e non consente al cancelliere alcuna operazione; e) la segnalazione di «errore fatale», in genere, e in particolare, quella codificata come «codice esito: - 1» non fornisce all'utente alcuna indicazione utile per la sua soluzione: il sintagma «errore fatale» è, infatti, espressione generica e omnicomprensiva che di per sé non evoca necessariamente un errore del depositante, ma esprime soltanto l'impossibilità del sistema di caricare l'atto nel fascicolo telematico. Ove, dunque, il rifiuto del deposito dipenda dall'esito negativo dei controlli automatici per errore fatale, senza ulteriori specificazioni o con indicazioni mute e generiche quale quella di «codice esito: - 1», non vi è spazio per una indagine ulteriore circa l'imputabilità dell'errore bloccante a fatto del depositante. I rimedi riservati alla parte in simili casi, e dunque, gli oneri su di essa gravanti, sono (solo) due e alternativi l'uno all'altro: la formulazione dell'istanza di rimessione in termini o la ripresa spontanea del procedimento di deposito telematico dell'atto mediante un nuovo invio. Nella specie, la Corte ha cassato la decisione con cui la Corte d'appello aveva ritenuto improcedibile l'appello perché tardivamente depositato, ritenendo documentalmente dimostrato che gli appellanti provvidero tempestivamente ad un nuovo deposito, questa volta accettato dal sistema, appena quattro giorni dopo la comunicazione dell'errore «codice esito: -1». Il deposito dell'appello avrebbe, dunque, dovuto ritenersi tempestivo mentre, posto che al nuovo invio la parte aveva prontamente provveduto, con successo, nessun rilievo poteva attribuirsi alla mancata presentazione di tempestiva istanza di rimessione in termini (Cass. n. 29357/2022). |