La verifica dell’effettiva conoscenza del processo effettuata in udienza preliminare rileva anche in dibattimento
04 Novembre 2025
Massima A seguito della riforma del processo in absentia (d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150) è superata la dicotomia tra udienza preliminare e dibattimento propria del giudizio contumaciale: il dibattimento è prosecuzione dell'udienza preliminare. Ne consegue che la verifica dell'effettiva conoscenza e della volontaria assenza/presenza dell'imputato compiuta in udienza preliminare si estende al dibattimento, senza necessità di ulteriori verifiche, salve le norme sull'impedimento e sull'allontanamento. Il caso Il ricorrente, comparso davanti al G.u.p. del Tribunale dei minorenni, veniva dichiarato presente al processo e nel corso di quella udienza, sentito dal Presidente sui fatti contestati, rendeva dichiarazioni. Seguivano altre udienze e il dibattimento cui egli non partecipava. Nell'intestazione della sentenza emessa nei suoi confronti egli figurava come assente, nondimeno il suo difensore d'ufficio nel proporre appello non depositava procura speciale ad impugnare ai sensi dell'art. 581 comma 1-quater c.p.p., ritenendo che tale previsione non trovasse applicazione nel caso di specie stante l'accertamento della presenza dell'imputato avvenuta in udienza preliminare. Sennonché il giudice d'appello dichiarava l'inammissibilità dell'impugnazione perché proposta da difensore d'ufficio dell'imputato assente, sprovvisto di procura speciale. Avverso tale decisione il ricorrente proponeva ricorso per cassazione deducendo una serie di motivi, tra i quali risultava assorbente il terzo con cui egli deduceva la nullità della sentenza, avendo i giudici ritenuto erroneamente che il processo di primo grado si fosse svolto in assenza, nonché la violazione dell'art. 581 comma 1-quater c.p.p. non potendo tale norma applicarsi all'imputato presente. La questione La presenza processuale dell'imputato verificata in sede di udienza preliminare conserva la sua efficacia anche nel successivo dibattimento? Le soluzioni giuridiche La Corte analizza l'evoluzione del quadro normativo, soffermandosi sui limiti della disciplina della contumacia che hanno portato dapprima alla riforma attuata dalla l. n. 67 del 2014, con cui è stato introdotto il processo in assenza, per poi giungere alle modifiche apportate dalla riforma Cartabia che, nell'ottica di semplificare e razionalizzare il flusso procedurale, provvede a evitare le duplicazioni di adempimenti e a ridurre i formalismi che risultano in contrasto con le esigenze di efficientamento del processo. Nel soffermarsi sulla ratio delle modifiche apportate dall'ultima Riforma, la Corte richiama la Relazione illustrativa del decreto legislativo n. 150 del 2022 dalla quale si evince, per quanto di interesse nel caso in esame, la chiara volontà di superare la distinzione e dicotomia tra udienza preliminare e dibattimento che nel regime contumaciale comportava una duplicazione del controllo della costituzione delle parti. In particolare, si legge nel Capitolo III della Relazione che una volta compiuta in udienza preliminare la verifica della conoscenza effettiva e della volontaria rinuncia dell'imputato a comparire “è del tutto logico collegare a quella udienza la posizione processuale dell'imputato, senza alcuna necessità di rinnovarne la verifica in una fase successiva che è di mera prosecuzione”. In questa prospettiva, chiarisce ancora la Corte, la verifica dell'assenza in sede dibattimentale trova applicazione soltanto nei casi in cui manchi l'udienza preliminare con conseguente operatività delle disposizioni di cui agli artt. 420 c.p.p.; diversamente, quando l'udienza preliminare si sia svolta, in dibattimento assumono rilievo unicamente le norme che disciplinano l'impedimento o l'allontanamento dell'imputato dall'udienza. Si tratta di lettura interpretativa che trova conferma anche nel dato normativo:
Chiarito ciò la Corte si interroga sull'applicabilità del nuovo regime alla fattispecie in esame considerato che l'udienza preliminare era iniziata prima dell'entrata in vigore della Riforma. La conclusione cui perviene è positiva in ragione del chiaro disposto dell'art. 89 comma 1 del d.lgs. n. 150 del 2022. Tale norma, nel prevedere l'ultrattività della previgente disciplina (salvo quanto previsto ai commi 2 e 3 ) quando nei processi pendenti alla data di entrata in vigore del decreto, sia già stata pronunciata, in qualsiasi stato e grado del procedimento, ordinanza con la quale si è disposto procedersi in assenza dell'imputato, sancisce, per l'argomento a contrariis, l'immediata applicabilità della nuova normativa in tutti i casi in cui nei processi pendenti alla data di entrata in vigore della Riforma sia stata dichiarata la presenza ovvero non sia stata ancora dichiarata l'assenza. Superato anche questo nodo interpretativo, la Corte conclude annullando senza rinvio la sentenza impugnata, in quanto emessa in violazione di legge, avendo dichiarato l'inammissibilità dell'impugnazione in un'ipotesi non prevista dall'art. 581, comma 1-quater, c.p.p. Osservazioni La soluzione adottata dalla Corte è condivisibile e discende dalla lineare applicazione dell'attuale disciplina normativa. Si è scelto, infatti, di collocare gli adempimenti relativi alla verifica della assenza/presenza dell'imputato nella udienza preliminare. Se, dunque, questa è divenuta la sede naturale per tali accertamenti, è naturale ritenere che l'accertamento della presenza effettuato in tale fase intermedia assuma, poi, efficacia «ultrattiva» in dibattimento, senza la necessità di una ripetizione. Il che è solo apparentemente in contrasto con il principio che vuole che il luogo emblematico della presenza personale sia il “processo di cognizione”. Infatti, l'immanenza dell'accertamento incontra un limite nel potere-dovere del giudice del dibattimento, alla luce dell'art. 489, comma 1 c.p.p., di dichiarare la nullità del decreto che dispone il giudizio ogni qual volta dovesse emergere che, nella fase precedente, si sia irritualmente proceduto in assenza, fuori dai presupposti dell'art. 420-bis c.p.p. D'altro canto, che questa sia la corretta interpretazione della disciplina discende oltre che dalle norme richiamate dalla Cassazione nella sua motivazione (art. 429 comma 1 lett. f) c.p.p. e art. 484 comma 2-bis c.p.p.) dal chiaro disposto dell'art 420 comma 2-ter c.p.p. in forza del quale l'imputato che, presente ad una udienza, non compaia nelle successive o che dopo essere comparso, si allontana dall'aula di udienza, deve ritenersi presente. Orbene, nel caso di specie, il ricorrente non solo era stato dichiarato presente all'udienza preliminare, ma in quella sede aveva reso anche dichiarazioni. La sua mancata partecipazione alle successive udienze di rinvio e al dibattimento non poteva, dunque, giustificare l'applicazione della disciplina dell'assenza, dovendo egli essere considerato presente e rappresentato dal difensore. Ne consegue, che correttamente il difensore, nel proporre impugnazione, non ha depositato, come richiesto dall'art. 581 comma 1-quater c.p.p., la procura speciale giacché questo adempimento è necessario a pena di inammissibilità nei soli casi in cui, essendo stata dichiarata l'assenza dell'imputato dal processo, si intende garantire che la scelta processuale del suo difensore, in quanto espressione ed esercizio del diritto di difesa, sia stata condivisa. Nel caso di specie, non occorreva una specifica investitura del legale all'esercizio del diritto di impugnazione, avendo l'imputato partecipato all'udienza preliminare ed essendo quindi edotto del suo status processuale e dei possibili sviluppi della vicenda. D'altro canto, il fatto che erroneamente nel decreto di rinvio a giudizio e nell'intestazione della sentenza egli sia stato indicato come ‘assente' è un dato meramente formale del tutto irrilevante, a fronte dell'inesistenza di dubbi sulla conoscenza da parte dell'imputato dell'avvio di un giudizio a suo carico. È evidente, infatti, che l'errata indicazione non può riverberarsi in danno dell'imputato e deve ritenersi recessiva di fronte alla reale condizione processuale dell'imputato. |