Corte di Cassazione n. 24349/2025: quando l’obiter diventa un vizio

Giuseppe Chiriatti
30 Ottobre 2025

Con ordinanza n. 24349 del 2 settembre 2025 la Cassazione ha affermato che “le c.d. tabelle milanesi, come quelle di qualunque altro Foro, non hanno alcun valore normativo”. Ad un attento esame sussistono numerosi argomenti per ritenere che la Corte abbia inteso pronunciarsi sulla liquidazione tabellare del solo danno da diffamazione, lasciando in disparte qualsivoglia considerazione sulla tabella milanese per la liquidazione del danno non patrimoniale da lesione del bene salute e sul suo valore para-normativo così come riconosciutole dalla storica sentenza Amatucci (Cass. 12408/2011). Quel che più preoccupa è la recente tendenza della Corte ad esprimersi per il tramite di generici obiter dicta che producono ulteriore confusione in un settore (quello della responsabilità civile) che, al contrario, reclama regole certe già solo per una proficua gestione della fase stragiudiziale.

Introduzione

Con ordinanza n. 24349 del 2 settembre 2025 la Cassazione ha affermato che “le c.d. tabelle milanesi, come quelle di qualunque altro Foro, non hanno alcun valore normativo, non provenendo da un soggetto dotato di potestà legislativa e/o regolamentare”. In particolare, la Corte ha tenuto a specificare che il giudice non è obbligato ad applicare siffatte tabelle né tantomeno, se decide di applicarle, ad applicarle in toto, integrando queste, appunto, solo uno degli strumenti potenzialmente utili per operare un'adeguata valutazione di merito del quantum risarcitorio”.

All'indomani della sua pubblicazione, un autore ha suggestivamente rilevato che l'ordinanza in commento “con mezza facciata di motivazione distrugge 15 anni di certezze” (così su questa rivista BERTI L. Revirement della Cassazione: le tabelle di Milano non hanno valore normativo, 16 settembre 2025).

Il riferimento è ovviamente alla storica sentenza Amatucci (Cass. 12408/2011) che, quindici anni orsono, aveva eletto la tabella milanese a parametro di equità per la liquidazione del danno non patrimoniale da lesione del bene salute. Ed in effetti, non potremo omettere di rilevare come l'ordinanza in commento intervenga a distanza di pochi mesi da un'altra pronuncia che ha messo profondamente in crisi il primato della tabella milanese e cioè l'ormai noto obiter dictum con cui Cass. 11319/2025 ha avallato il ricorso alla Tabella Unica Nazionale ex art. 138 CAP (di seguito TUN) anche al di fuori del perimetro temporale e dei comparti di responsabilità per cui è normativamente prevista la sua applicazione (per un commento di quella pronuncia sia consentito rinviare su questa rivista a CHIRIATTI G. La TUN può essere applicata anche al di fuori di Rc Auto e Rc Sanitaria: quale futuro per la Tabella di Milano? 26 maggio 2025).

D'altro canto, prima di giungere a conclusioni troppo affrettate, occorre tener conto di almeno tre aspetti che, a parere di scrive, consentirebbero di ridimensionare (e di molto) la portata della ordinanza in commento.

La tabella di Milano non ha mai avuto valore normativo

In primo luogo, ci preme evidenziare che l'ordinanza, nella parte in cui nega valore normativo alle tabelle milanesi (così come alle altre tabelle di elaborazione pretoria), è certamente corretta e si pone in assoluta continuità con quanto affermato a suo tempo proprio dalla sentenza Amatucci.

In quella storica pronuncia, infatti, la Cassazione aveva tenuto a chiarire che “l'avere assunto, con operazione di natura sostanzialmente ricognitiva, la tabella milanese a parametro in linea generale attestante la conformità della valutazione equitativa del danno in parola alle disposizioni di cui all'art. 1226 c.c. e art. 2056 c.c., comma 1, non comporterà la ricorribilità in cassazione, per violazione di legge, delle sentenze d'appello che abbiano liquidato il danno in base a diverse tabelle per il solo fatto che non sia stata applicata la tabella di Milano e che la liquidazione sarebbe stata di maggiore entità se fosse stata effettuata sulla base dei valori da quella indicati”.

In altri termini, la sentenza Amatucci non ha inteso riconoscere alla tabella milanese il rango di norma, ma si è limitata ad eleggerla quale parametro di riferimento per verificare il corretto esercizio del potere equitativo ex art. 1226 c.c. da parte del giudice del merito e fermo restando il potere del giudice di fare ricorso anche ad altri criteri liquidativi motivando in sentenza tale scelta (Cass. 14402/2011).

Da qui era quindi venuta ad affermarsi in giurisprudenza la nota definizione della tabella milanese come “para-normativa” (così Cass. 8532/2020) per distinguerla dalle vere e proprie tabelle normative che sono previste dalla legge e che, in quanto tali, devono trovare diretta applicazione senza alcuna possibilità per il giudice di discostarsene (per una compiuta ricognizione sul tema si legga Cass. 10579/2021).

Già solo per tali motivi, l'ordinanza in commento risulta assolutamente corretta (diremmo, anzi, che declina l'ovvio), salvo ritenere che la Corte abbia superficialmente impiegato l'aggettivo “normativo” in luogo di “para-normativo”. Ma quand'anche così fosse, occorre tener conto di un ulteriore aspetto che, a parere di chi scrive, non consente di ritenere superata la sentenza Amatucci. 

Solo la tabella per la liquidazione del danno non patrimoniale da lesione del bene salute ha valore para-normativo

Ci preme infatti evidenziare che la sentenza Amatucci ha riconosciuto valore para-normativo alla sola tabella per la liquidazione del danno non patrimoniale da lesione del bene salute, mentre l'ordinanza in commento trae origine da un caso di diffamazione: in altri termini, risulta poco credibile che la Cassazione possa aver colto una simile occasione per muovere una critica palesemente decontestualizzata a quanto statuito in tutt'altro ambito dalla sentenza Amatucci.

Ciò a maggior ragione ove si consideri che la scelta della sentenza Amatucci cadde sui criteri elaborati dall'Osservatorio di Milano in ragione del fatto che “ben sessanta tribunali, anche di grandi dimensioni (come, ad esempio, Napoli) che, al di là delle diversità delle condizioni economiche e sociali dei diversi contesti territoriali, hanno posto a base del calcolo medio i valori di riferimento per la liquidazione del danno alla persona adottati dal Tribunale di Milano, dei quali è dunque già nei fatti riconosciuta una sorta di vocazione nazionale”: intendiamo dire che il valore para-normativo riconosciuto alla tabella per la liquidazione del danno non patrimoniale da lesione del bene salute veniva giustificato col suo impiego già a suo tempo diffuso su tutto il territorio nazionale e, pertanto, non poteva estendersi automaticamente anche alle altre tabelle elaborate successivamente dall'Osservatorio di Milano (tra cui, appunto, quella per la liquidazione del danno da diffamazione che è stata pubblicata nel 2018 e cioè sette anni dopo la storica sentenza Amatucci).

Tant'è che solo di recente la Cassazione si era espressa sull'applicazione della tabella milanese per la liquidazione del danno da diffamazione dopo i primi anni di necessario “rodaggio” presso i giudici del merito. Ed anzi, ben potremmo ipotizzare che l'ordinanza in commento abbia inteso prendere posizione rispetto a tali pronunce di legittimità in materia.

Ci riferiamo, in particolare, a Cass. 3772/2024 (poi confermata dalla successiva Cass. 8248/2024) in cui la Corte afferma che “anche nella materia della diffamazione a mezzo stampa e relativamente alla liquidazione equitativa del danno non patrimoniale, al fine di garantire non solo un'adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l'uniformità di giudizio in casi analoghi, il danno debba essere liquidato seguendo quelle tabelle, quali elaborate dal Tribunale di Milano, che prevedano parametri oggettivi e diffusamente adoperati, a cominciare dalla notorietà dei diffamante, dalle cariche pubbliche e il ruolo istituzionale o professionale eventualmente ricoperti dal diffamato, dalla natura della condotta diffamatoria, dall'esistenza di condotte diffamatorie singole, reiterate o dall'orchestrazione di vere e proprie campagne stampa”.

Ad un'attenta lettura non è chiaro se, in tali pronunce, la Corte abbia inteso riconoscere valore para-normativo anche alla tabella per la liquidazione del danno da diffamazione (così come aveva fatto la sentenza Amatucci con riguardo alla liquidazione del danno non patrimoniale da lesione del bene salute): pertanto, proprio per tale ragione potremmo ritenere che l'ordinanza in commento abbia inteso dirimere eventuali dubbi sul valore da attribuire alla tabella milanese per la liquidazione del danno da diffamazione, lasciando in disparte qualsivoglia considerazione sulla tabella per la liquidazione del danno non patrimoniale da lesione del bene salute. Ciò a maggior ragione ove si consideri che il futuro di quest'ultima tabella dovrà essere comunque deciso su un altro tavolo (e qui viene in rilievo un aspetto di natura “istituzionale”).

Il rinvio pregiudiziale del Tribunale di Milano e la successiva Cass. 26826/2025

Occorre infatti considerare che, successivamente all'entrata in vigore del D.P.R. 12/2025 e, soprattutto, all'obiter dictum con cui la Cassazione ha ammesso un'applicazione generalizzata dalla nuova TUN (Cass. 11319/2025), il Tribunale di Milano, nella persona del Dott. Damiano Spera, ha disposto con ordinanza del 18 luglio 2025 n. 4915 un rinvio pregiudiziale ex art. 363-bis c.p.c. chiedendo proprio alla Corte di Legittimità se, per i sinistri stradali avvenuti in data anteriore all'entrata in vigore del TUN, il giudice del merito:

  • debba continuare ad applicare la tabella milanese per la liquidazione del danno non patrimoniale da lesione del bene salute in ossequio a quanto a suo tempo statuito dalla sentenza Amatucci;
  • debba invece applicare la TUN, avendo quest'ultima assunto il valore di nuovo parametro di conformità della valutazione equitativa;
  • sia libero di applicare, con adeguata motivazione, o l'una o l'altra in base alle peculiarità della fattispecie concreta.

Ebbene, risulta evidente che il rinvio pregiudiziale disposto dal Tribunale di Milano imporrà alla Corte di Cassazione di pronunciarsi (questa volta sì) sul valore della tabella milanese per la liquidazione del danno non patrimoniale da lesione del bene salute e, quindi, sull'eventuale superamento della sentenza Amatucci.

Appare dunque poco credibile che, in pendenza di un rinvio pregiudiziale destinato a produrre effetti epocali sulla materia del danno biologico, la Suprema Corte abbia inteso pronunciarsi sulla questione e, soprattutto, lo abbia fatto con un'ordinanza avente ad oggetto un caso di diffamazione.

Diversamente, ci ritroveremmo al cospetto di un grave sgarbo istituzionale, soprattutto nei confronti del Primo Presidente della Cassazione che, a distanza di qualche giorno, ha dichiarato la piena ammissibilità del rinvio pregiudiziale, assegnandone la trattazione proprio alla Terza Sezione (sul punto si legga su questa rivista Rinvio pregiudiziale in Cassazione sulla liquidazione del danno biologico, 18 settembre 2025). Ma vi è di più.

L'ordinanza in commento priverebbe di qualsiasi valore non solo la tabella milanese per la liquidazione del danno non patrimoniale da lesione del bene salute (sulla cui “ultrattività” dovrà appunto pronunciarsi la Corte in sede di rinvio pregiudiziale) ma anche quella per la liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale.

Ed infatti, pur dovendosi ribadire che la sentenza Amatucci aveva a suo tempo riconosciuto valore paranormativo esclusivamente alla prima (supra), la recentissima Cass. 26826 del 6 ottobre 2025 ha nondimeno evidenziato come la nuova tabella a punti per la liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale (che è stata licenziata dall'Osservatorio meneghino nel 2022 a seguito delle critiche mosse alla precedente versione a forbice da Cass. 10579/2021) abbia ricevuto “in tutte le pronunce successive di questa stessa Corte una rinnovata e incontestata legittimazione, a riprova che i principi della sentenza del 2011 [n.d.r. la sentenza Amatucci] estendevano la loro preziosa portata ben oltre la fattispecie del danno biologico”.

Per tale ragione, la stessa Cass. 26826/2025 non ha esitato - a distanza di un mese - a stigmatizzare l'ordinanza in commento in quanto “distonica” rispetto alla costante giurisprudenza di legittimità, chiarendo che tale “rinnovata e incontestata legittimazione” della tabella per la liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale resta intatta “anche all'indomani dell'emanazione, da parte del governo, della c.d. TUN”.

Conclusioni: la cattiva abitudine degli obiter dicta

In definitiva, sussisterebbero valide ragioni per ridimensionare (e di molto) la portata dell'ordinanza in commento, che trae origine da un caso di diffamazione e che, già solo per questo, non può essere ragionevolmente letta come una sorta di revirement rispetto a quanto statuito dalla sentenza Amatucci in materia di liquidazione del danno non patrimoniale da lesione del bene salute (tant'è che nel testo dell'ordinanza non si rinviene alcun esplicito richiamo a quello storico precedente).

D'altro canto, l'ordinanza in commento si esprime in termini talmente generici da travolgere, almeno ipoteticamente, qualsivoglia tabella di elaborazione giurisprudenziale, così introducendo un ulteriore elemento di confusione in un settore che, al contrario, reclama regole certe per una proficua gestione (lo si ripete) già solo della fase stragiudiziale.

Oltretutto, l'ordinanza in commento tiene a specificare che il giudice non solo non è obbligato ad applicare le tabelle di elaborazione giurisprudenziale ma “se decide di applicarle, [non è comunque tenuto] ad applicarle in toto, integrando queste, appunto, solo uno degli strumenti potenzialmente utili per operare un'adeguata valutazione di merito del quantum risarcitorio”: il che, si badi, finirebbe per pregiudicare la stessa utilità pratica delle tabelle di fonte pretoria.

Ci preme infatti evidenziare che – a prescindere dal loro valore giuridico - tali strumenti sono comunque il frutto di un'elaborazione attentamente ragionata (e, nel caso di quelle milanesi, di un attento monitoraggio della giurisprudenza di merito): pertanto, un loro impiego meramente parziale potrebbe addirittura stravolgerne il corretto funzionamento, così frustrando quell'esigenza di uniformità di trattamento che la tabella garantisce a differenza della liquidazione equitativa pura.

Non può dunque stupire l'allarmismo con cui l'ordinanza è stata accolta dai primi commentatori e più in generale dagli operatori del settore, che per la seconda volta in pochi mesi si ritrovano spiazzati di fronte ad una pronuncia inutilmente equivoca.

Utilizziamo l‘avverbio “inutilmente” perché la Corte, così come ha deciso di esprimersi sbrigativamente in favore dell'applicazione generalizzata della TUN e ciò sebbene la questione fosse oramai superata dal giudicato interno (Cass. 11319/2025), nell'ordinanza in commento si è pronunciata in termini non meno superficiali e generici sul valore di tutte le tabelle di elaborazione giurisprudenziale e non solo di quelle che, per tipologia di danno, avrebbero potuto essere applicate nel caso de quo (e cioè il danno da diffamazione).

Quel che più preoccupa, dunque, non è tanto il principio espresso dall'ordinanza in commento quanto la tendenza della Corte a pronunciarsi per il tramite di generici quanto ambigui obiter dicta che compromettono la funzione nomofilattica ad essa assegnata dall'art. 65 R.D. 12/1941 (“La corte suprema di cassazione, quale organo supremo della giustizia, assicura l'esatta osservanza e l'uniforme interpretazione della legge”).

In tal prospettiva, quindi, l'iniziativa del Tribunale di Milano (e cioè disporre il rinvio pregiudiziale alla luce di quanto affermato da Cass. 11319/2025) risulterà ancor più meritoria poiché riporta all'ordine la Corte di Legittimità, ricordandole i propri doveri. Nell'auspicio che la scelta del Primo Presidente di assegnare il rinvio proprio alla Terza Sezione (invece che alle Sezioni Unite) non vanifichi quell'iniziativa.

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